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Autore: falloutcitty    09/07/2012    0 recensioni
Mi trovavo da solo, lontano dalla mia patria e dai miei cari e stavo morendo di tisi: la vita non avrebbe potuto essere più bella. Non avevo un solo problema al mondo. Le poche volte che mi lamentavo del tempo e del fatto che non esistessero più le mezze stagioni nessuno mi capiva. Nessuno parlava la mia lingua.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La MIA Morte
 
Mi trovavo da solo, lontano dalla mia patria e dai miei cari e stavo morendo di tisi: la vita non avrebbe potuto essere più bella. Non avevo un solo problema al mondo. Le poche volte che mi lamentavo del tempo e del fatto che non esistessero più le mezze stagioni nessuno mi capiva.
Nessuno parlava la mia lingua.
E nonostante ciò continuavo a discorrere allegramente con la mia cartella clinica, cercando dentro di me il coraggio per chiederle di uscire. Ogni volta che mi sembrava di trovarlo...niente. Tanto lei non mi avrebbe capito. Ero pur sempre in una terra straniera dove nessuno parlava la mia lingua. Così tra una tosse colorita e l'altra mi immaginavo come sarebbe stata la nostra vita insieme...magari con dei figli, due graziose cartellette femmine, Giovanna e Isotta, e un bellissimo trespolo per la flebo maschio, Pietro. Pietro avrebbe avuto gli occhi di sua madre e il naso della mia. Avremmo vissuto in un grande archivio, nei sotterranei di un tribunale, in disuso. La vita avrebbe potuto essere bellissima.
Fantasticherie come queste mi permettevano di rimanere lucido e di vivere la mia Morte con serenità.
Sono ben pochi gli uomini che possono affermare di essere stati felici quando hanno incontrato la Morte: ebbene io non solo ero felice, ma quando questa mi ha detto che non era giunta la mia ora mi sono arrabbiato e ho preteso delle scuse formali. Non ci si comporta così! Non si illude un uomo a questo modo burlandosi dei suoi sentimenti e delle sue aspettative! Non è corretto! E non si addice a una persona per bene come la Morte.
Fu così che guarii dalla tisi ma nonostante non fosse giunta la mia ora non mi rassegnai. Tentai di rivedere quella donna ancora e ancora:
- Una volta mi gettai giù dal quarto piano di un palazzo, ma niente!
- Decisi di andare a fare il militare...fui l'unico sopravvissuto del mio plotone e passai addirittura per un eroe di guerra.
- Frequentai dei corsi di paracadutismo e tutte le volte mi lanciavo nel vuoto senza aprire il paracaute, ma qualche mio compagno mi si avvicinava credendo in un guasto dell'attrezzatura per aiutarmi.
- Feci un numero impressionante di incidenti in macchina, ma a quanto pare non ero buono nemmeno in quello!
- Mi lanciai nella vasca degli squali in un acqua-parco con le vene dei polsi recise, ma quelle bestiacce erano talmente rimbambite che azzannarono e uccisero (beato lui) quello che si era gettato nella vasca per salvarmi!
- Iniziai a drogarmi ma alla fine ero sempre così fuori che perdevo di vista il mio obbiettivo principale e non riuscivo mai a incontrare la Morte.
- Nemmeno quella volta che mi intromisi in una sparatoria riuscii a guadagnarmi una pallottola, non dico per morire, ma nemmeno per finire all'ospedale!
- A nulla valsero i miei sforzi di annegarmi, e nemmeno quelli di riempirmi di pillole...
Tutti i tentativi mi portarono al massimo a vederla di sfuggita da lontano, la donna che amavo. E più la vedevo sfuggente e distante, più me ne innamoravo. Tentai di dimenticarla frequentando altre donne, ma nessuna esercitava un tale potere su di me come Lei. Eppure le donne, potevo averle tutte. Tutte le donne del mondo erano più che felici di essere le mie amiche, le mie amanti e addirittura le mie mogli. Sono sempre stato un bell'uomo. Però l'unica donna che volevo avere, e che in compenso non era voluta da nessun altro, non la potevo avere...una situazione davvero frustrante!
Il giorno in cui finalmente morii avevo 107 anni, ero in perfetta salute. Ero nel mio letto che stavo leggendo un libro di cucina francese quando improvvisamente eccola, la vedo. Era splendente in quella sua veste nera che torreggiava su di me, eppure mi guardava con sguardo amorevole e materno. Le sue orbite vuote sembravano invitarmi a baciarle per constatarne la vacuità. Mi disse che era il momento di andare. Dopo tanti anni di fedeltà mi aveva reputato degno del suo amore e mi voleva portare con sé. Strinse la mia mano tra le sue nude falangi ed io ricambiai la stretta. Avvicinai le mie labbra ai suoi denti scoperti e perfetti: la baciai con passione e con quel trasporto che si confà al desiderio. Con voce calda mi disse che mi aveva aspettato a lungo, mi avvolse nel suo mantello di spine e mi portò con sé nella sua dimora, che onestamente non saprei collocare geograficamente.

Abbiamo avuto una bellissima bambina che naturalmente è nata morta. E' tutta sua madre e io la adoro...passiamo intere giornate a giocare insieme mentre la mamma è fuori per lavoro. Le "mie ragazze" le chiamo, senza di loro non sarei niente: non potrei vivere senza di loro..."vivere", non credo si possa parlare di vivere, almeno non nel senso classico del termine. Indubbiamente non c'é niente di "vivo" nella mia vita, o per meglio dire esistenza. Curioso che quella gioia che normalmente si trae dalla vita mi sia giunta solamente nella morte...
Vabbé adesso devo andare...non vorrei mai che le mie ragazze, non vedendomi arrivare, prendessero un colpo (non che questo potrebbe avere particolari ripercussioni sulla loro salute, al massimo sul quieto vivere familiare...già non mi piace fare il mantenuto e poi non vorrei che si dicesse che non sono nemmeno mai a casa!).
  
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