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Autore: myosotiis    09/07/2012    4 recensioni
SpaMano | one-shot | 886 words.
17 marzo.
Era il suo compleanno.
Ma nessuno quel giorno gli aveva donato qualcosa.
Tutti per Feliciano. Lui rimaneva la sua ombra, l’ombra mai considerata del suo caro fratello.
Ma anche lui aveva dei sentimenti.
Anche lui aveva un cuore.
Soffriva nel vedere ciò.
Eppure nessuno se ne accorgeva.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si riempì il proprio bicchiere di champagne ed uscì, dirigendosi sul balcone.
Osservò per poco tempo il panorama notturno di Roma, la sua città natale e capitale della sua nazione, l’Italia.
Il paesaggio era illuminato dalle molteplici luci mentre, alzando lo sguardo, si poteva benissimo ammirare l’infinita volta celeste, dipinta da milioni di stelle, che parevano minuscoli diamanti. Al centro, invece, c’era la Luna così tonda e lattea che, circondata da quelle stelle, brillava in cielo, donando ancora più bellezza, eleganza e luminosità al panorama.

Lovino alzò lo sguardo verso il cielo, facendosi accarezzare il volto chiaro dalla leggera e fresca brezza notturna.
Giocherellava con il proprio bicchiere facendo ondeggiare l’alcolico dentro di esso, mentre socchiuse gli occhi, con tutta la tranquillità possibile.

17 marzo.
Era il suo compleanno.
Avevano organizzato una grande festa proprio in quel palazzo.
Avevano invitato tutte le nazioni.
Ma nessuno quel giorno gli aveva donato qualcosa.
Tutti per Feliciano. Lui rimaneva la sua ombra, l’ombra mai considerata del suo caro fratello.
Ma anche lui aveva dei sentimenti.
Anche lui aveva un cuore.
Soffriva nel vedere ciò.
Eppure nessuno se ne accorgeva.

Al rimanere impalato nel bel mezzo di quella stupida, stupidissima festa ad osservare suo fratello che scartava regali su regali, preferì isolarsi lì, su quel balcone, a bere champagne.
Almeno sarebbe stato tranquillo, non si sarebbe arrabbiato, non sarebbe esploso davanti a tutti, non avrebbe visto nulla. Eppure non era ciò che voleva.
Una lacrima gli rigò improvvisamente una gota, leggermente arrossata.
Lui non era forte come voleva sembrare, lui era debole. Molto debole.
Ma purtroppo, troppo orgoglioso per poterlo ammettere.
Poco dopo, scese anche un’altra lacrima.
Ed un’altra.
Fino a scoppiare in un silenzioso pianto.
Le lacrime, copione, scendevano rapide fino ad arrivare a bagnare leggermente la manica del suo smoking. Singhiozzava sommessamente.
Soffriva.
Soffriva tanto.
Eppure nessuno se ne accorgeva.

Sentì pronunciare il suo nome da una voce molto familiare. Quella voce…
Quella voce calda e ammaliante fin troppo familiare: Antonio.
Era arrivato tardi ed aveva corso, come al suo solito; infatti il suo respiro era molto affannato.
Si sfregò velocemente la manica della giacca nera sul viso, per asciugarsi le lacrime, ma molto grossolanamente. Gli occhi rimanevano lucidi e le guance arrossate, ma fece finta di nulla, bevendo un altro sorso di champagne.
Sentì dei passi. Dei passi sempre più vicini.
E poi, di nuovo quella voce.

  «Lovi? Che ci fai qui tutto solo? È la tua festa, dovresti entrare… »

Ecco.
Quel silenzio che padroneggiava sul balcone venne interrotto dallo spagnolo, che si avvicinava sempre più all’italiano, con le mani unite dietro la schiena, come per nascondere qualcosa.
Lovino rimase in silenzio, con lo sguardo rivolto verso il cielo.
Ma poco dopo, sbuffò, molto rumorosamente e, cercando di nascondere la voce ancora lievemente tremolante per il pianto, ripose.

«Fatti gli affari tuoi, bastardo. »

«Non fare così… » Disse, andandogli vicino. « Dai, entra. L’abbiamo organizzata anche per te, la festa. »

Lovino si portò una mano sulla fronte, sospirando. Cercò di trattenere le lacrime, coprendosi però gli occhi, senza guardare in faccia l’altro che, lo stava fissando, in attesa della sua massima attenzione.

«Smettila, Spain. Non è giornata. »

«Potresti voltarti un momento verso di me, almeno? Chiedo solo di guardarmi un momento negli occhi, niente di più. »

L’iberico, nel dire quelle parole, mostrò un enorme mazzo di rose rosse che nascondeva appunto dietro la sua schiena. Al centro, nel bel mezzo di tutti quei fiori di quel colore così acceso e brillante, c’era un bigliettino.
Un bigliettino, che molto probabilmente avrebbe cambiato la serata all’italiano.

«Ti ho appena detto che non è serat-…» Si bloccò di colpo nel vedere quei meravigliosi fiori.

«Solo per te, Lovi. »

Stavolta Antonio cambiò espressione nel dirlo, sfoggiando uno di quei soliti sorrisi solari e contagiosi, capaci di far tornare il buon umore.
L’italiano dunque strappò dalle sue mani il mazzo di rose sbuffando, per poi prendere il biglietto ed aprirlo. Lo lesse.
Una volta.
Due volte.
Tre volte.
Due semplici parole, che lo fecero restare senza fiato e portò a far scendere dal suo viso nuove lacrime, mentre l’ispanico, lo avvolse tra le braccia, in un tenero e caloroso abbraccio.
”Te amo”.

«Ti amo. »

Ruppe poi quel abbraccio, in modo da poterlo baciare delicatamente sulle labbra.
Senza rendersene conto l’italiano appassionò quel bacio, alzandosi quasi in punta di piedi.
Appena le loro labbra si distanziarono, Antonio avvolse il ragazzo in un altro abbraccio, ancora più forte, sussurrandogli all’orecchio una frase in spagnolo e facendo cadere a terra i fiori.

«Feliz Cumpleaños, mi corazòn.»

«Sei un bastardo, sei riuscito a fare tardi anche alla mia festa di compleanno! »

E spinse via l’ispanico, liberandosi dall’amplesso.
Rimase pochi secondi immobile, per poi passarsi di nuovo la manica ormai umida dello smoking sul viso, ma sorridendo.
Un sorriso lieve ma splendente e sincero, che fu come un tuffo al cuore per l’iberico.

Prima l’italiano stava soffrendo.
Stava soffrendo tantissimo.
Eppure nessuno se ne accorgeva.
Nessuno riusciva a capire che aveva solo bisogno di sentirsi amato da qualcuno.

Nessuno.


A parte Antonio.


«Ohi, bastardo spagnolo. »

«Si, Lovi?»


«Ti amo anch’io.»
   
 
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