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Autore: OnceAgain_    09/07/2012    3 recensioni
Quelli di lei erano occhi grigi, occhi da giacimento.
Si riuscivano a vedere il fuoco e il pane, la speranza e la ribellione, che si fondevano, si separavano e si riunivano in qualcosa di nuovo, di speciale, vagamente pericoloso, ma sicuramente spettacolare. Una promessa che stava lentamente nascendo, una promessa di libertà che nessuno però era riuscito ancora a scovare.
Quelli di lui erano occhi azzurri, occhi da città.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Occhi. 
Occhi di speranza o di ribellione. 
Occhi di città o di giacimento. 
Occhi azzurri.
Occhi grigi. 
Occhi all'opposto.
Occhi speciali.
Occhi perfetti.
Occhi.




Quelli di lei erano occhi grigi, occhi da giacimento.
 
Erano attenti, sempre vigili, occhi da cacciatrice, quelli.
Erano freddi e distaccati, quegli occhi, come la sua espressione abituale del resto.
Erano vuoti, i suoi occhi.
 
Ogni cosa era vuota in quel momento, il nulla rimbalzava su tutti i lati della piazza, nel silenzio degli abitanti del 12, nei loro sguardi attoniti e nelle loro menti che per un istante si erano fermate. E il nulla si rifletteva nei suoi occhi.  Il vuoto sembrava aver preso anche un colore, da tanto era intenso. Il vuoto era grigio, il cielo era grigio, i palazzi erano grigi, i suoi occhi erano grigi.
 
Quelli di lei erano occhi grigi, occhi da giacimento.
 
Un leggero venticello iniziò a farsi sentire, soffiando via i rimasugli di grida grigie, di grida estreme, un urlo disperato di poche parole:  “mi offro volontaria, volontaria come tributo”  di grida disperate, grida di una bambina che era stata salvata grazie all’impossibile, salvata grazie a quegli occhi grigi. Un vento un po’ più forte iniziò a farsi sentire, portando con sé un odore pesante, che opprimeva quasi più del vuoto. Nessuno riusciva ad attribuire un’immagine a quell’odore, era l’odore del nulla. Era grigio anche quello, come i suoi occhi.
 
Quelli di lei erano occhi grigi, occhi da giacimento.
 
I suoi occhi erano come le migliaia che la stavano osservando.
Distaccati, attenti, vuoti. Grigi.
Gli stessi occhi che la guardavano, magari , anzi sicuramente, erano quelli che aveva incontrato solo quella mattina al forno, o per le strade del distretto.
Occhi amici, occhi che forse qualche volta erano riusciti a trasmetterle sicurezza, occhi che le ricordavano terribilmente suo padre, occhi identici ai suoi. Grigi.
Anche quei pochi occhi azzurri che erano presenti sembravano grigi nel vuoto.
Ma c’erano anche altri occhi che la osservavano, un po’ più di sottecchi, perché si sentivano diversi.
 
Quelli di lui erano occhi azzurri, occhi da città.
 
Erano impauriti, forse un po’ shockati, occhi da preda, quelli.
Erano caldi e coinvolti quegli occhi, come il suo carattere del resto.
Erano pieni, i suoi occhi.
 
Erano pieni come ben poche cose in quel momento, pieni come la voce di Effie Trinket che aveva appena finito di parlare, pieni come l’aria che si era appena incastrata ad un nome, portandolo in giro per tutta la piazza, in modo che ogni cittadino del distretto 12 che era presente riuscisse a sentirlo, riempiendo il vuoto nella mente che si era appena creato. Un nome che non tutti conoscevano, un nome associato ad un negozio che in pochi si potevano permettere, un nome caldo, che si adattava al carattere di colui che lo portava. Peeta Mellark. Un nome associato a due pozze azzurre.
 
Quelli di lui erano occhi azzurri, occhi da città.
 

In quell’istante, mentre si potevano sentire soltanto i passi malfermi del ragazzo, che finirono per andarsi a posare di fianco alla presentatrice, il venticello che aveva portato fino ad allora l’odore del nulla portò sul palcoscenico una fragranza strana, che sapeva di buono. Odore di caldo, odore di casa, odore di chi non aveva mai perso un pasto, odore che in un qualche perverso modo riusciva anche a tranquillizzare. Odore di pane.
Il pane che l’aveva nutrita, l’aveva fatta sperare dopo tanto tempo, quando lei lo credeva impossibile. Il pane che l’aveva salvata.
Successe tutto in un istante, successe tutto troppo in fretta. Il grigio e l’azzurro si scontrarono, si mescolarono. Si amalgamarono perfettamente.
 
Quelli di lei erano occhi grigi, occhi da giacimento.
Quelli di lui erano occhi azzurri , occhi da città.

 
Ma visti da vicino erano l’opposto di quello che si poteva pensare.
 
Il grigio era la promessa di ribellione, era pieno di odio, rabbia e determinazione. Occhi forti come il suo animo, occhi distruttivi. Occhi che bruciavano.
 
Occhi come il fuoco quelli di lei.
 
L’azzurro era la dolcezza, era però vuoto, vuoto dall’amore che ogni ragazzo dovrebbe ricevere, il vuoto di una famiglia assente. Il vuoto che si tramutava in speranza, speranza di trovare una sicurezza vera, una casa da amare, un calore che venisse veramente dal cuore. Occhi che salvavano con uno sguardo.
 
Occhi come il pane quelli di lui.
 
La preda e il cacciatore.
Il calore e la freddezza.
Il vuoto e il pieno.
La città e il giacimento.
L’azzurro e il grigio.
 
Erano complementari quelle due paia di occhi. Alternavano perfettamente il pieno al vuoto, il caldo al freddo, la dolcezza all’odio, la speranza alla distruzione. L’azzurro al grigio.
C’era molta agitazione in quel momento, ma si riusciva a vedere solo una cosa.
 
Quelli di lei erano occhi grigi, occhi da giacimento.
 
Si riuscivano a vedere il fuoco e il pane, la speranza e la ribellione, che si fondevano, si separavano e si riunivano in qualcosa di nuovo, di speciale, vagamente pericoloso, ma sicuramente spettacolare. Una promessa che stava lentamente nascendo, una promessa di libertà che nessuno però era riuscito ancora a scovare.
 
Quelli di lui erano occhi azzurri, occhi da città.
 
Una magia che poteva compiersi soltanto grazie a un gioco di sguardi, un gioco al quale però era necessario partecipare in due. Occhi particolari, uguali ad altri mille, ma diversi nel loro genere. Occhi spettacolari che avevano in serbo grandi progetti. Occhi che in poco tempo però sarebbero potuti restare chiusi per sempre.
 
Occhi che si completavano, i loro.






 

Just my corner:
Lo so, lo so. faccio schifo. me ne vado per 1854278720 secoli e me ne esco con sta robina qui.
ma capitemi con l'oratorio e tutto il resto ho avuto pochissimo tempo.
Ddddicevamo, è la mia prima opera (parolona) sugli  Hunger Games, ma amo sti libri da un sacco di tempo, 
solo che non volevo rovinre la bellezza dei libri con le mie cacchine (?) .
ok facciamo le serie (per quanto questo mi sia possibile LOL
*si siede bene, raddrizza gli occhiali e fa finta di essere intelligente* 
quest'idea mi è venuta rileggendo il momento della mietitura,
secondo me viene descritto abbastanza maluccio sotto certi aspetti, tipo i sentimenti
degli abitanti del 12, o quello che succede quando Kat e Peeta incrociano gli occhi dopo 
tutto quel tempo, di cui non si dice niente D:
aaaaallora per vostra fortuna ho provveduto io a rimediare e ho scritto sta roba.
Non so neanche se mi piace o no, vedete un po' voi!
Comunque ora me ne vado che sto scrivendo troppo.
Lasciatemi una recensione e tutte quelle robe lì ok?
#kisskiss
-Gaia.

  
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