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Autore: Candy Floss    10/07/2012    3 recensioni
Post-Reichenbach, accenni di slash, spoilers!
"Hai bisogno di lui, hai bisogno di sapere che vive, che sta bene, per quanto le circostanze lo permettano.
Hai bisogno di essere certo che da qualche parte lui ci sia, con le sue osservazioni ovvie e i suoi ragionamenti semplici, con la sua lealtà e con la sua anima che ti fanno capire che finché lui c'è, per il mondo c'è ancora speranza.
L'umanità avrebbe meno bisogno di gente come te, Sherlock Holmes, e più di gente come lui. "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Alla mia Sherlock, 
Dalla tua John



Respirare. L'hai sempre considerata un'occupazione noiosa. Come la necessità di nutrirsi, o dormire.

Come il desiderio sessuale che durante la tua vita ha piagato alcuni dei tuoi giorni, soprattutto la tua adolescenza.

Eppure fra tutto questo sei sempre riuscito a barcamenarti, più o meno.

Hai continuato a respirare, a nutrirti (a giorni alterni), a dormire (poco, ma lo hai fatto) e a masturbarti (il meno possibile).

Tuttavia adesso, alla veneranda età di trent'anni e qualcosa, ti ritrovi davanti ad una necessità che non riesci a soddisfare.

E' un rompicapo che non ti fa dormire la notte, un cruccio, un tarlo che lentamente, centimetro dopo centimetro, ti sta mangiando dentro.

Osservi lo schermo collegato ad una telecamera a circuito chiuso piazzata dentro Baker Street, numero 221 B, e rimani in silenzio.

John è lì, è ritornato, dopo sette mesi e cinque giorni di assenza.

E' seduto nella sua solita poltrona ed osserva la tua, di solita poltrona, un'espressione indecifrabile per molti, ma che tu riesci a leggere come un sorriso, o una lacrima, o una goccia di sangue adagiata sul vetrino di un microscopio.

John è triste.

Rideresti della puerilità di una frase del genere, se tu fossi ancora in grado di ridere, ma a volte solo le parole di un bambino possono esprimere veramente  come stanno le cose.

Sarebbe più clinicamente giusto dire che è depresso. Più melodrammatico dire che è disperato. Ma dentro di te ti dici che è triste, perché John merita una spiegazione semplice e concreta.

Interrompi la tua immobilità per prendere una nota dalla sigaretta, l'ennesima. Sei fermo in quella posizione da quasi un'ora, ti muovi solo per compiere il gesto meccanico di portare il filtro alle labbra. 

Volevi vederlo. Avevi bisogno di vederlo.

Probabilmente se sapesse arrossirebbe e ti direbbe che il tuo è un comportamento morboso. Ma John pensa che tu sia morto, e non può sapere che dal giorno… Da quel giorno, hai continuato a osservarlo, nei momenti in cui sei in grado di prenderti una pausa, mentre cerchi di distruggere la ragnatela che il Ragno, Moriarty, ha impiegato tanto tempo a tessere.

All'inizio ti dicevi che era per il desiderio di sapere che si trovava al sicuro, lontano dalle grinfie dei tirapiedi di Moriarty -il Cecchino per primo, Sebastian Moran- ma oramai sei venuto a patti col fatto che il tuo è il puro e doloroso bisogno di vederlo, di guardarlo mentre cammina, mentre si fa il tè, mentre cucina, mentre sospira e indossa quello sguardo così triste. 

Il vederlo mentre pensa a te.

Ti passi una mano tra i capelli scompigliando ancora di più i riccioli corvini che oramai hanno davvero bisogno di un taglio. (Non ti fideresti di lasciare avvicinare Molly ai tuoi capelli con delle forbici nemmeno se la tua vita dipendesse da quello).

John si è risistemato sulla poltrona, ha gettato la testa all'indietro e ha allungato le gambe di fronte a sé, l'arco del collo dei piedi completamente teso.

Noti questi particolari e te ne cibi, perché ormai di lui hai dedotto tutto.

Ha perso peso perché non mangia più regolarmente né abbastanza, accetta con riluttanza le attenzioni di Mrs Hudson, di Sarah e di Harry.

I cerchi scuri sotto ai suoi occhi parlano di notti insonni, interrotte da incubi (dell'Afghanistan? Della caduta?) e di pensieri che si rincorrono sul suo viso onesto e sincero. Li leggi come i sottotitoli della vita di un altro, una vita intrecciata alla tua.

Hai osservato mentre allontanava gli amici e ritornava a zoppicare, il tremore alla mano si accentuava e lo sguardo diventava di giorno in giorno più cupo e distante.

Hai osservato mentre l'uomo che ami si distruggeva per te, e ora provi il bisogno compulsivo di correre da lui e scuoterlo urlando: "Non cambiare per me, perché non me lo merito".

Tu, il grande e algido Sherlock Holmes, innamorato.

Ah, il vecchio Jim si sarebbe fatto una grassa risata in proposito. Dubiti in ogni caso che non fosse a conoscenza di questo particolare.

Eppure non importa, perché Jim è morto e tu sei morto, o almeno dovresti esserlo, e vorresti che John sapesse che non è così, non fosse per il fatto che se lo sapesse non sarebbe più al sicuro.

Allunghi una mano e tocchi lo schermo tiepido del vecchio pc della stanza d'albergo, sentendo le dita formicolare per il contatto con l'elettricità statica che ti percorre la cute dei polpastrelli.

E' uno di quei mostri messi in commercio all'inizio degli anni duemila, quelli col tubo catodico e con l'intelaiatura in plastica grigia, rumorosi e ingombranti.

Non è stato difficile manipolarlo a tuo piacimento, eliminare i virus infiltratisi da anni e anni di porno e collegarlo alla rete del tuo vecchio appartamento.

Non hai mai avuto bisogno di nessuno, Sherlock Holmes, e adesso la mancanza di quest'uomo, di questo meraviglioso, ordinario, straordinario uomo ti fa sentire come quelle zucche di Halloween che preparavi con Mycroft quando eravate piccoli.

E' come se qualcuno fosse venuto con un cucchiaio, ti avesse svuotato e poi riempito di fuoco freddo.

Il tuo cuore, sì… Ce l'hanno fatta a bruciartelo dal petto.

La stanza d'albergo in cui ti trovi è buia e silenziosa, a parte per il baluginare della punta della sigaretta, per i tuoi quieti respiri e per il ronzare sordo del pc dalla scrivania.

Ci sono quadri alle pareti, ma non vi hai fatto troppo caso. La telecamera nascosta che serve ai proprietari per mettere in rete filmini hard dei loro clienti non ti inquieta. E' una camera da due soldi di un albergo da due soldi, ma la qualità non ti interessa, al momento.

John all'improvviso si alza riportandoti all'hic et nunc, resta immobile, impalato per qualche istante, poi avanza e sparisce dall'inquadratura.

Sbatti le palpebre una, due, tre volte, lentamente, continui a respirare regolarmente, schiacci la paglia nel posacenere che porta il logo dell'albergo, bachelite nera e una sigla di dubbio gusto stampata in verde. 

Ponderi brevemente se spegnere l'impianto e metterti a dormire -il giorno dopo devi recarti a Edimburgo per parlare con una fonte- ma John ricompare sullo schermo e la tua attenzione è nuovamente catturata dal centro dei tuoi pensieri.

Se ci fosse stato uno spettatore curioso e indesiderato all'interno della stanza (dai le spalle alla telecamera spiona ed illegale), non avrebbe notato alcun cambiamento nella tua postura e nella tua espressione, ma senti il cuore arrestarsi per una frazione di secondo e poi ripartire, sbattere contro le pareti della tua gabbia toracica.

Osservi la SIG Sauer P226* che stringe tra le dita con la consueta sicurezza del soldato addestrato a maneggiare armi, la stessa pistola che più volte vi ha salvato la vita durante le vostre indagini, e senti la tua fronte imperlarsi di sudore.

Stringi le lenzuola tra le dita con una violenza tale che le nocche sbiancano.

Mantieni il controllo del respiro, ma ti costa fatica.

John intanto si è risistemato in poltrona, e l'espressione sul suo viso è mutata impercettibilmente. La tristezza sembra essere più profonda, alterata appena dalla linea dura della bocca -risoluzione- e da una certa qual rigidezza della postura, strascico della disciplina ferrea che non l'ha mai abbandonato, ma che durante la vostra convivenza si era ammorbidita.

Il silenzio nella camera d'albergo è mutato. C'è chi direbbe che si potrebbe tagliare con un coltello, ma semplicemente ogni tuo pensiero è focalizzato sull'immagine di John, il tuo John, che si porta la pistola alla bocca. Il tuo respiro accelera, la tua calma serafica viene distrutta. 

Una scena che grottescamente ti riporta alla mente la fine di James Moriarty.

-Avanti, John, non… Non fare l'idiota…- mormori inutilmente, facendo di te stesso l'idiota. Sei a centinaia di chilometri da quel maledetto appartamento e non puoi fare nulla. 

John non può sentirti.

Credi che nemmeno ti vorrebbe sentire, ma non è importante, in quel momento.

Quello stupido è addestrato, sa che con un colpo alla tempia ha delle possibilità di salvarsi -un po' meno di non riportare danni cerebrali permanenti- e che con un colpo in bocca c'è la quasi certezza di una morte immediata.

Sei conscio dell'inutilità di qualunque reazione da parte tua, ma un gemito ti sfugge dalle labbra quando l'indice della sua mano sinistra si posa leggero sul grilletto della nove millimetri e trattieni il respiro, incapace di far arrivare aria ai polmoni.

Se John davvero, davvero, si suicidasse -per causa tua, per la tua assenza, per il tuo abbandono- non potresti continuare a vivere, ne sei consapevole con una lucidità che non hai mai avuto prima d'ora. 

Il mondo senza John, semplicemente, non avrebbe più senso.

Hai bisogno di lui, hai bisogno di sapere che vive, che sta bene, per quanto le circostanze lo permettano. 

Hai bisogno di essere certo che da qualche parte lui ci sia, con le sue osservazioni ovvie e i suoi ragionamenti semplici, con la sua lealtà e con la sua anima che ti fanno capire che finché lui c'è, per il mondo c'è ancora speranza.

L'umanità avrebbe meno bisogno di gente come te, Sherlock Holmes, e più di gente come lui. 

Questo decerebrato si sta puntando una maledetta pistola al cranio e nei suoi occhi ti sembra di poter leggere tutta l'intenzione di fare pressione su quel maledetto, dannato grilletto.

-Mio… John… NO!- urli alla stanza vuota e provi l'impulso di scaraventare tutto a terra, di distruggere ciò che ti sta attorno, di fare qualunque cosa, purché John non si suicidi per una persona inutile come te.

Il mondo sembra immobilizzarsi in un secondo lungo un'eternità.

Poi, lentamente, molto lentamente, John ritira la pistola dalle sue labbra, se la poggia sulle ginocchia, e crolla.

Assistere alla totale disfatta di un uomo forte come lui  è uno spettacolo orribile e al tempo stesso ipnotico.

Inizia con il movimento quasi confortante della pistola che cade a terra, innocua, e riesci anche a tirare un sospiro di sollievo, prima che tutto vada in pezzi.

L'uomo inquadrato dalla telecamera balza in piedi e ribalta con un calcio il tavolino da caffè che da sempre ha accolto una quantità invidiabile di tazze da tè, scartoffie e vari pezzi di esseri umani morti.

Poi è la volta del ripiano sopra il caminetto, spogliato con un colpo di mano di tutti i suoi ninnoli, teschio compreso, che va a rotolare miseramente e poco dignitosamente in un angolo.

Sei quasi grato dell'assenza di sonoro, perché le urla strazianti del tuo migliore amico, nonché persona più importante della tua miserabile vita, sarebbero troppo da sopportare. 

Vedi la porta d'ingresso aprirsi e un'allarmata Mrs Hudson entrare, allertata dal baccano che sei sicuro sia stato udito fino in strada.

Alla vista dell'anziana e fragile donna John pare raggelarsi e vedi la furia cieca abbandonare il suo corpo.

Crolla in ginocchio e tu vorresti essere lì per impedire la sua caduta, dimenticando per un istante, ma per un istante soltanto, che ne sei la causa.

L'anziana padrona di casa non perde tempo a esaminare la distruzione del suo alloggio per correre da John, avvolgendolo in un abbraccio materno che tu sai profumare di tè e Kasbah Nights.

John trema e pare un bambino mentre Mrs Hudson gli carezza la schiena e pronuncia inaudibili parole di conforto.

Non provi alcun sentimento in particolare per le lacrime che ti solcano il viso, perché nemmeno ti sei reso conto che hanno cominciato a rotolare lungo le tue guance esangui.

Resti lì per un tempo infinito. 

John lentamente riacquista l'autocontrollo e aiuta l'anziana donna a rimettere un po' di ordine. Questa sparisce in cucina e ritorna con un tè fumante -niente zucchero, niente latte.

La tazza viene amorevolmente sistemata tra le mani ancora un poco tremanti di un uomo che avevi sempre visto conservare un autocontrollo di ferro. Sei tu, Sherlock, ad averlo distrutto dall'interno. 

Ti asciughi il viso col dorso della mano e la tua mente corre al giorno in cui hai conosciuto quel soldato appena tornato dall'Afghanistan. Desideri intensamente di non aver mai accettato la sua proposta di vivere insieme, perché ti rendi conto di averlo rovinato.

Anche quando, e se, tornerete insieme -se mai ti rivorrà indietro- lo hai cambiato per sempre.

Provare qualcosa non è un vantaggio, Sherlock. In quel momento le parole che Mycroft aveva pronunciato quella fredda notte di Natale ti rimbombano nel cervello come l'eco in una caverna. Vorresti scacciarle, ma continuano a girare e rigirare nel tuo cervello come la nota ripetuta all'infinito da un disco rotto. 

E' troppo tardi, mio caro fratello, pensi, è troppo tardi perché ormai troppi cuori sono stati spezzati.

La stanza, ora, è nuovamente vuota. Il teschio giace abbandonato nel suo angolo, ignorato dal riordino frettoloso.

Tutto è tornato tranquillo, tranne per la tua mente che ribolle di pensieri cupi e di una promessa.

Tornerò, John. Tornerò da te. E a quel punto nessuno, nemmeno il diavolo in persona o tutti gli uomini del re potranno separarci.

Spegni il computer con movimenti lenti e meccanici. La stanza è ora immersa nella completa oscurità.

Sogni di una stanza mille miglia lontana, di un corpo amato, profumo di tè e di lacrime amare.

 

oooooooooooooooooooooo

*La SIG Sauer P226 è una pistola semiautomatica in dotazione alle forze speciali britanniche. Ho presunto che fosse la pistola di John.

 

Nda: 

Dunque. Parliamone.

Questa storia appartiene completamente e innegabilmente alla mia Oscar, la meravigliosa Darseey. E' indegna di lei e del suo talento e bravura, ma gliel'avevo promessa. Si sarebbe meritata di meglio, ma sfortunatamente si è ritrovata una come me come Bosie, quindi dovremo accontentarci.

Mi aveva chiesto, ormai diversi mesi fa, una storia che mostrasse, per cambiare le carte in tavola, la dipendenza di Sherlock da John, invece del contrario. 

Per me è impossibile eliminare completamente la viscerale abnegazione che il medico mostra nei confronti del detective, ma spero sia trasparito dalle mie parole il più sottile legame che Sherlock sente di avere con John.   

Insomma, la smetto di blaterare e ringrazio quell'angelo ad avermi spronato a scrivere e soprattutto delle sue parole e dei suoi complimenti, che spesso sento di non meritare.

Spero di riuscire a essere più produttiva, ora che ho finito la maturità! ^^

Good night, and good luck.

  
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