Ho sempre
pensato che le giornate di pioggia fossero bellissime. E’ come se il mondo
fosse coperto da un velo, un velo che ha la capacità
di nascondere tutto il male presente nel mondo e nel tuo animo.
Anche Hogwarts, quando banchi di nuvole nere prendono
il posto del cielo e grandine e neve imperversano nell’etere, strano a dirsi,
sembra ancora più bella.
Il
castello è vuoto, freddo, spoglio. Ed a volte la
solitudine è davvero stupenda ed indispensabile. Tutti rintanati nei rispettivi
dormitori o al massimo in Sala Grande. I corridoi, illuminati solo dalle
fiaccole murarie, sono deserti. Ci sono solo io, raggomitolata sul piccolo
davanzale di un finestrone, grande poco meno delle
mie gambe distese, ad ammirare la tempesta che si scatena sul mondo, penseriosa.
Lampi e
fulmini illuminano a scatti il mio viso, mentre i miei
occhi dorati sono fissi su quelle immagini. Quando ho
bisogno, riesco a sgombrare i miei pensieri da qualunque
preoccupazione...riesco a sentirmi così leggera.
Mi
aggiusto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre porto le ginocchia al
petto e mi sistemo meglio per non cadere.
C’è un
libro affianco a me, finito da pochi minuti, che sosta coperto da una sciarpa
che ho appena tolto.
Dei passi
ridestano i miei pensieri, facendomi voltare.
E’ lui,
infondo al corridoio: ma non è avvolto nella sua divisa dove in genere lo
stemma di Serperverde brilla
orgoglioso.
Porta una
camicia bianca arrotolata a tre quarti, mentre un cravatta
verde-argento penzola allentata. Cammina, le mani in tasca, con la sua
solita aria austera.
Non lo sopporto, lo odio davvero.
Mi volto
di nuovo verso il finestrone quando la sua voce echeggia nel corridoio, fino a farsi
sempre più vicina mentre continua a camminare.
“ Granger, sei sola. Dove sono i
tuoi amichetti? Ti hanno lasciato sola in un momento come
questo?” dice, deridendomi.
“ Loro
non sanno” mormoro solo, guardando fuori.
“ E come
potrebbero: è successo solo l’altra notte...” asserisce come se stesse parlando dell’ultima partita di Quiddich.
Con un
balzo si siede sul davanzale, affiancandomi, mentre io resto con le gambe
raggomitolate al petto, guardando la tempesta fuori.
“ Stai
piangendo? Se è così ti capisco, sei solo una...” fa beffardo, ma le parole vengono smorzate da un mio urlo
quasi soffocato.
Mi volto
e lo fisso, carica di rabbia.
“ Di solo
un’altra parola e giuro che ti lancio un Avada Kedavra senza nessun ripensamento” sibilo a denti stretti,
i pugni chiusi in grembo.
“ Oh si certo, vuoi vendicare i tuoi genitori che sono morti. Ops...uccisi” si corregge ridendo, mentre si posiziona come me sul davanzale, portandosi le gambe piegate
al petto. Il suo sguardo vaga fuori, come il mio, che cerca di restare calmo.
“ Erano
deboli, i miei genitori mi hanno detto che è stato
facile ucciderli, un gioco da ragaz...”
Un sonoro
rumore echeggia nel corridoio deserto, mentre la mia mano resta premuta contro
la sua guancia sinistra, dove si fa formando un alone rosso.
Una
lacrima scende sul viso di Draco,
gli occhi si velano di un sentimento a me sconosciuto. Ma la sua espressione non muta di molto, come se a piangere
non fosse lui.
Resto
interdetta e faccio lentamente scivolare la mano giù dalla sua guancia, che di
peso cade sulla sua spalla.
“
Scusami...” sussurra, attirandomi a lui ed
abbracciandomi.
“ Ma cosa...” provo a dire, ma lui mi
stringe, scuotendo la testa.
“ Io sono
un bastardo, uno stronzo. Volevo farti sentire come
mi sento io adesso...”
So a cosa
si riferisce. Ho saputo che anche i suoi genitori sono morti, catturati dagli Auror oggi stesso.
“...perchè
tu eri lì e non piangevi” aggiunge, mentre sento una goccia calda cadere sulla
mia spalla: sta ancora piangendo e non avevo mai visto Draco
piangere.
Un’altra
lacrima segue la prima, solcando le sue gote pallide fino a giungere sulle sue
labbra, fino a ricadere sulla mia spalla.
Inizialmente
resto immobile, mentre lui mi abbraccia e singhiozza, senza riuscire a fare
nulla.
Ma poi non
ci riesco, è più forte di me. Sento il calore della sua mano accanto alla mia così intreccio le dita della sinistra con le sue.
Lui
sussulta.
La mia
mano libera lentamente si avvicina al suo viso, fino a sfiorarglielo. Quando lui sente il contatto leggero delle mie dita sulla
sua guancia umida, chiude gli occhi, abbassando la testa, tacito invito a continuare
a sfiorarlo.
“ Hanno
ucciso i tuoi genitori...scusami” sussurra, ancora gli occhi socchiusi e la
testa chinata appoggiata sulla mia spalla.
Si sente colpevole e distrutto, mi ritrovo a pensare, mentre la
mia mano accarezza la sua guancia e i suoi occhi
chiusi, qualche volta, permettono a qualche lacrima di uscire.
E’ come
se il nostro corpo e la nostra anima fossero collegati
da una corda invisibile, perché io mi ritrovo a piangere senza emettere alcun
suono, ma lui sembra accorgersene perchè scioglie l’abbraccio e alza lo sguardo
arrossato verso di me facendomi perdere in quelle pozze d’argento che ora
sembra fuso.
“
Io...non volevo piangere. L’avevo ripromesso a me stessa” mormoro, tra un
singhiozzo ed un altro.
Mi
stringe la mano come per farmi sentire che lui mi è vicino e con l’altra sale
sulla sua guancia, per sfiorami la mano.
“ Anche io non volevo piangere” mi dice, mentre mi carezza la
mano che ancora ho sulla sua guancia, ormai bagnata dalle sue lacrime.
“ A me
non resta più nessuno dopo l’altra notte. Dopo che i miei
genitori sono morti, nel tentativo di scappare dagli Auror
intervenuti sul posto. I miei hanno avuto quello che meritavano
ma...mi sento comunque abbandonato” confessa, mentre sento il suo cuore
battere.
Gli cingo
la vita con le mie braccia, stringendolo a me, mentre il pianto si fa sempre
più forte. Vorrei smettere, ma davvero non riesco. La
mia testa è poggiata sulla sua spalla, riesco a sentire il profumo della pelle
del suo collo: è così rilassante che riesco perfino a chiudere gli occhi,
mentre lo stringo ancora di più a me, così come fa lui, poggiando la sua testa
sulla mia, mentre, lo sento, si rilassa, carezzandomi con una mano i capelli,
mentre l’altra mi stringe in vita.
Nessuno
ha colpa in una guerra, e forse non esiste neanche il male ed il bene. Esistono
solo persone che si uccidono per prevalere l’una sull’altra: la guerra non ha
regole.
Lo dimostra il fatto che due ragazzi, costretti ad odiarsi, ora
stiano in un corridoio a piangere, aggrappati alla vita dell’altro.
Dev’essere
una bellissima scena, questa: due ragazzi in un silenzioso corridoio isolato,
stanno raggomitolati insieme su un piccolo davanzale, vicinissimi, mentre si
tengono per mano abbracciati.
Dev’essere una bellissima scena per
chi non sa che lui è Draco Malfoy
ed io sono Hermione Granger. Ecco, chi lo sa non userebbe il
termine “bellissima” ma più insolita o meglio, assurda.
E’ strano
il silenzio che incombe su di noi, ma non sembra pesare. E
ci basta sentire il contatto dell’altro per stare bene.
Siamo
solo due ragazzi, infondo: non esistono cognomi adesso, non esistono stirpi,
non esiste nulla.
Ci aiutiamo a vicenda, ci capiamo a vicenda, anche nei nostri
silenzi.
Siamo
solo due ragazzi: due ragazzi che piangono.
“
Quand’eravamo agitate o semplicemente tristi, quando sembrava che il mondo ci
stesse cadendo addosso io e mia madre facevamo un
gioco. Lei mi stringeva, mi faceva appoggiare la testa sul suo petto ed io
sentivo i battiti del suo cuore, mentre lei mi carezzava i capelli e cantava
una canzone.
Ogni
volta che sentivo un battito, sorridevo, perché mia madre mi sussurrava che lei
era con me...e questa era la cosa importante. Poi toccava a me, la facevo
adagiare al mio petto e le dicevo che anche io ero con
lei e questa era la cosa importante...” mormoro,
adagiando prima Draco al mio petto e facendogli
sentire i battiti del mio cuore.
Sembra un
bambino indifeso, mentre mi abbraccia e si accoccola contro di me.
Prendo a
carezzargli i capelli, mentre dolci parole di una melodia quasi dimenticata
affiorano tra i miei ricordi.
“...e
sono qui, accanto a te. Non ti lascerò mai, ti proteggerò.
Avrai il mio amore, il mio corpo e la mia anima.
Niente ci potrà dividere...”
Draco
mi stringe ancora di più, come se un moto di gratitudine gli avesse pervaso
l’anima.
“ Hermione...io sono rimasto davvero solo” mormora
d’improvviso, mentre il suo cuore accelera di due battiti.
So cosa
intende dire. Io ho Harry, Ron
e tanti altri che sapranno donarmi l’affetto di una famiglia. Lui invece non ha nessuno, tanto meno l’affetto di una famiglia,
anche se forse non l’ha mai ricevuto, in verità.
Alza lo
sguardo, sciogliendo lentamente l’abbraccio, mentre mi porta contro il suo
petto: è arrivato il suo turno.
Non
ricorda le parole della canzone di mia madre, ma dice
che ha dei ricordi di una dolce melodia, di quand’era piccolo, che gli cantava
la sua.
“...Io e te insieme, comunque andrà. Non disperare perché sarò il tuo cuore,
quand’esso cesserà di battere. Sarò la tua mente, quand’essa
cesserà di ragionare. Sarò la tua vita, quand’essa ti sarà portata
via...” sussurra mentre mi carezza i capelli.
C’è tanta disperazione in quelle parole, riesco a sentirlo. Ma sono dolci e una lacrima mi scende lungo la guancia. I
miei genitori non ci sono più. Sento che solo in quel momento riesco a
realizzarlo.
Alzo lo
sguardo, fissando quegli occhi ammalianti, velati d’umido. I nostri menti si
sfiorano, le nostre bocche fondono il respiro, i
nostri nasi si accarezzano.
“ Non sei
solo...ci sono io, ora” sussurro con un sorriso flebile, a fior di labbra,
mentre lui si avvicina di quel millimetro in più sfiorandomi la bocca con la
sua. Non è un bacio passionale, solo dolce, tenero e pieno d’amore...forse
proprio bisognoso d’amore.
“ Credo
di aver bisogno di te” dice con voce debole, mentre io intreccio più forte la
mia mano con la sua.
Mi bacia
con estrema lentezza, spostando le labbra accanto alle mie dove lascia altri
baci. Io chiudo gli occhi, sentendo quel calore che mai avevo
provato prima. Sento le sue labbra salire sulla mia guancia arrossata e
poi scendere, dolcemente, di nuovo sulle mie labbra, dove si posano, dandomi
soffici baci forse leggermente umidi e caldi.
Forse
eravamo diventati davvero un appiglio l’uno per l’altra, quasi la nostra vita dipendesse da quell’abbraccio e
quei baci.
Ed è
bello rimanere così, abbracciati, sentire i battiti calmi dell’altro, mentre il
calore ed il profumo di lui t’invade l’anima.
“ Hermione Granger, mi ha rapito
l’anima. Tienila con cura” mi raccomanda abbozzando un sorriso carico di
gratitudine, mentre mi dona un bacio e scivola giù dal davanzale.
Lo fisso,
in mezzo al corridoio, mentre si allontana all’indietro, guardandomi.
Solo dopo
molti passi si volta, dandomi le spalle, sparendo
dietro un angolo.
In quel
momento Hogwarts si riversa dalla Sala Grande e dai
dormitori: iniziano le attività pomeridiane.
Il caos
pervade i corridoi ed io sto ancora lì, mentre mi asciugo le lacrime e rido: sembra un controsenso.
Scendo
dal davanzale, mettendomi la sciarpa al collo e avviandomi verso
Fuori
continua a piovere, forse più di prima. Ho sempre pensato che le giornate di
pioggia fossero bellissime perché puoi essere un fantasma che cammina tra la
folla: sembra che nelle giornate di pioggia tutti siano persi nei loro
pensieri. Attraverso l’orda di gente che occupa i corridoi
come se fossi invisibile, senza dover dare spiegazioni, senza dover parlare.
E se qualcuno mi dovesse chiedere qualcosa, saprei come rispondere.
“ Hermione, stai piangendo...”
“ No Harry. Non sono lacrime: ero fuori,
sotto la pioggia”.
šsšt›s›
Bene! Non
uccidetemi per questa one-shot
senza senso che ho scritto adesso, in due minuti. Sarà che qui piove e sono un
po’ malinconica. Spero non vi faccia sentire male essendo troppo...sdolcinata,
ecco. Ma lo sapete come sono fatta, alle volte la mia
parte pazza si fa sentire!^_______^
Baci,
Erin.