FIUMI CARICHI DI TE
Grazie India, per accogliere i miei pensieri errabondi. Grazie rossi cieli di Bombay, per essere la patria da cui parto tutte le sere. Grazie verde delle dolci colline di Niyamgiri per essere il letto che avvolge il mio sguardo quando sono troppo stanca. Grazie profondo azzurro dell'oceano, che accarezza il cielo e la sabbia bianca che sfioro con le dita, accarezzandola. Grazie risciacquo leggero del rigagnolo che lambisce una capanna vicino ad Agra, che apre la sua porta a me, che non sono altro che una vagabonda, libera di tutto, ricca di nulla. Portando, racchiudendo dentro di me tutti questi ricordi, tutte queste sensazioni, forse mai provate ma così vive, camminavo ancora per le strade bianche del sud, cercando di confondermi tra la folla che si spostava traballante e insicura, urtandomi e non vedendomi. Note sottili, profumi perduti nell'aria, sapori che non sfioreranno mai più il mio palato: ecco tutto quello che mi lascio alle spalle, senza voltarmi. Cammino senza una meta, verso il porto forse, forse mi lascio semplicemente trascinare e sballottare, affidandomi completamente a questa folla di sconosciuti che mi conosce intimamente. Loro, al contrario di me, sanno dove portarmi. E lo fanno senza indugi, lasciandomi sulla porta rossa di casa sua. La porta per cui ero partita anni e anni or sono, quando presi quell'aereo, con solo uno zaino in spalla e una lettera bruciata in mano. Sono passati vent'anni, eppure la porta è ancora qui, esattamente come me l'aveva mostrata tanto tempo fa, sorridendo con orgoglio per la sua eredità. Mi aveva chiesto di seguirlo e io l'ho fatto. Solo qualche anno dopo.
Mi hanno rapito.
Ogni
singolo chicco di riso, ogni singolo filo d'erba, ogni singola
porzione di cielo che vedevo diversa ogni notte, mi ha portato via
con sé, nascondendomi in giardini e palazzi, perdendomi nella
giungla, abbandonandomi tra le spire di un paese che ho sentito
subito mio. Nulla del grigiore di Milano rimpiangevo, nulla del
bianco asettico della mia vecchia casa ancora ricordavo, sommersa
dall'infinità dei colori che sono l'anima di questa gente, di cui
faccio parte anche io. Perfino la mia pelle bianca si è subito
uniformata, prendendo una sfumatura indiana. Anche lei deve aver
sentito l'aria di casa.
Ma
ora tutti questi pensieri sono inutili, sono arrivata alla mia meta,
nulla potrà distrarmi. Busso leggermente, mentre abbasso la
maniglia. Il silenzio che vive dentro di me non è nulla in confronto
a quello che vige in questa casa buia. Perfino la città trattiene il
respiro, mentre apro completamente la porta, trovando solo il buio e
la polvere.
Non mi ha aspettato.
Spossata,
come se tutta la fatica accumulata in questi anni si fosse liberata
sulle mie spalle, cado a terra, facendo correre via i minuscoli
granelli di polvere. Ecco, ora sento di nuovo i rumori, gli elefanti
che camminano tra le biciclette, le macchine che strombazzano, il mio
cuore che si spezza.
A
fatica mi alzo, solo dopo aver permesso alle mie iridi spente di
adeguarsi a quel buio spezzato. Riesco a camminare, appoggiandomi ai
mobili di legno scuro, toccando quelle superfici che le sue dita
stanche chissà quante volte hanno accarezzato. Le lascio scivolare,
finché non incontro l'argento scurito dall'aria sottile che
incornicia una fotografia. I miei occhi cercando disperati un raggio
di quel sole che mi ha bruciato la pelle, mentre le mie dita
afferrano l'oggetto, con forza. La delicatezza l'ho dimenticata
ormai, da troppo tempo.
Eccoti,
che sorridi all'obiettivo, abbracciato ad una donna che
non sono io.
Ho aspettato troppo.
La
fotografia mi scivola via dalle mani, mentre mi immergo in pensieri
che mai erano cresciuti nella mia mente, che ora mi sembra piena di
edera sanguinante.
Le
mie guance sono piene di lacrime che riflettono il tramonto che
avvolge Bangalore, lasciandomi sola in un momento, con però il
ricordo di quel rosso cupo, forte, unico. Cammino leggera, lasciando
cadere lo zaino a terra, spogliandomi velocemente di tutti questi
anni passati a ricordarlo fugacemente, senza mai fare troppo peso
alla sua ultima frase “Non
sono bravo a lasciar scorrere la sabbia”.
L'aveva lasciata scorrere fin troppo, la clessidra era rotta da un
pezzo.
E allora mi lascio tutto alle spalle, come avevo sempre fatto, mi lascio alle spalle anche il ricordo di come si respira, persa nell'osservazione di quel cielo che mi parla e mi sussurra parole all'orecchio.. “Sei libera ora, davvero”. Forse sì, sono davvero libera. Non un pensiero, non un'immagine, non un sussurro, non un profumo, non un sapore, nulla e tutto.
Finalmente
l'avevo raggiunto, il nulla
che tanto speravo di trovare, sperduto chissà dove in qualche
capanna abbandonata, in mezzo a colline e giungla, forse in bocca ad
una tigre, forse dentro un tempio, forse in un tempo abbandonato.
Pagine
ingiallite di libri che mi ero ripromessa di leggere volano
nell'aria, spargendo le parole assieme ai petali dei fiori e alle
foglie di tè scappate dalle mani delle raccoglitrici. Parole ormai
inutili, che forse è meglio perdere. Lascio cadere nell'acqua rossa
del Gange tutte quelle sensazioni che mi erano scappate dalle mani,
tutte quelle note che non mi ero mai decisa ad ascoltare, tutti quei
suoni che mi ero rifiutata di accogliere, non penso più
costantemente a cosa ho perso. Che senso avrebbe?
È
meglio scivolare, affogare lentamente, perdersi ancora e ancora.
Tornare non è più una scelta o una prospettiva, non è più nulla.
Ora che ho trovato ciò che intimamente cercavo, perché dovrei
vagare ancora negli aeroporti, volare sulle montagne, cercarlo con lo
sguardo tra tutti quei volti che animano Delhi?
No,
non ora che posso dimenticare.
Ha
ragione il vento, sono libera, libera da lui.
Grazie
India, per avermi donato la libertà, per avermene fatto prendere a
mani piene, sollevandola ed avvicinandola al viso, assuefacendomi
dell'odore di spezie che emana. Dell'odore delle piantagioni di tè
nero, dell'odore dei colori usati per dipingere gli elefanti,
dell'odore del latte delle mucche sacre, dell'odore dell'acqua che
scarseggia, dell'odore della polvere arancione che staziona sulle
strade.
Dell'odore
di te, che non
ci sei più.
* * *
Pubblico ora un pezzo che mi sta molto a cuore, all'inizio è stato pensato come parte di una storia più lunga (che avevo anche iniziato a pubblicare ma poi cancellata vista la mia incapacità a portarla a termine) poi rivisto e completato. Un piccolo assaggio di un viaggio, dei colori e dei sapori di una terra lontana e viva. Della perdita e del tempo che fugge..
Spero
davvero che vi piaccia, c'è molto di me in questo scritto, dei miei
sogni e delle mie paure.. Fatemi sapere cosa ne pensate, se
condividete gli stessi sentimenti o se la pensate diversamente..
insomma, fatevi vivi che siete sempre ben accetti ^^
Alla
prossima
Lethe