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Autore: Umiko_chan    10/07/2012    5 recensioni
“Quanto sei contorta!” esclamò, stupendola. “Tu sei come un caso difficile e complicato: mescoli talmente tanti sentimenti inutili, che anche se io fossi Holmes, non riuscirei mai a risolvere i tuoi ragionamenti! Purtroppo mi è impossibile decifrare correttamente… il cuore della ragazza che amo!”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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falleninlove
shinichi&ran

Al mio Watson.




Non aveva mai sofferto di claustrofobia, ma quella cabina telefonica iniziava a sembrargli troppo stretta. Per la prima volta in vita sua si sentiva in trappola, anche se il modo per uscirne era proprio lì, nella tasca anteriore del suo zaino. Era fra l’incudine e il martello: prendere l’antidoto oppure no? Se non lo avesse fatto, Ran lo avrebbe raggiunto e avrebbe scoperto la sua vera identità, ma se avesse scelto di nasconderle la verità per l’ennesima volta, non sarebbe potuto tornare in Giappone.
“Mi scusi,” le sentì chiedere ad un passante, in inglese. “Ha visto un ragazzo giapponese?”
"Oh, quel ragazzo…” rispose ingenuamente la donna, con forte accento anglosassone, “...è appena entrato in quella cabina telefonica!”
“Grazie” mormorò distrattamente.
Okay, era l’ora di prendere una decisione. E il prima possibile. La strada era deserta, e i passi di Ran sul marciapiede risuonavano minacciosi, fino ad arrivare alle orecchie del bambino, che frugava furiosamente nel suo zaino. Non aveva altra scelta.
“Shinichi! Ormai non puoi più scappare!” esclamò lei. Era davvero arrabbiata. “Avanti! Spiegami la situazione!”
Una pausa. Non voleva uscire, dunque?
“SHINICHI!”
Finalmente la porta della cabina si aprì con un cigolio. Qualche secondo dopo, il detective era lì di fronte a lei, con la sua solita espressione annoiata.
“Cosa dovrei spiegare?” le chiese. “Anch’io sono venuto per puro caso a Londra, tutto qui.”
“Allora perché sei fuggito?” replicò lei, sull’orlo delle lacrime.
"Be', ecco… Avevo perso l’occasione di dirti che sarei venuto qui, e mi sentivo un po’ in imbarazzo…”
Odiava dirle bugie. Ma c’era un altro modo?
“Perché non me l’hai detto?” lo accusò Ran, nascondendosi dietro la frangia scura. “Hai avuto molte occasioni per dirmelo, no?”
Scacco matto. Perché riusciva sempre a metterlo con le spalle al muro?
“E pensare che ero così contenta…” continuò. “E avevo fatto tante ricerche, tormentandomi per te. Che stupida!”
Ancora lacrime sul suo volto. Era una tentazione indiscutibile quella di abbracciarla e consolarla.
“Lei aveva proprio ragione: l’amore è zero! Per quanto se ne accumuli, si finisce sempre sconfitti!”
“Ma che diavolo stai dicendo?” Era riuscita a confonderlo, per l’ennesima volta.
“La signorina Minerva Glass ha detto così!” urlò Ran, perdendo la pazienza.
“M-Minerva Glass…?! Allora hai incontrato la famosa Regina del tennis!”
“Certo! L’ho vista a Baker Street! C’è qualcosa di male?!”
Continuava a piangere, per quanto si sforzasse di trattenere le lacrime.
“A Baker Street?” insisté il detective. “C’era forse un bambino con lei?”
“Esatto. Era suo fratello minore…”
“Ha detto di essere venuto lì perché si era ricordato di qualcosa?”
Nessuna risposta, solo singhiozzi.
“Ehi, calmati…” le disse dolcemente.
“Dovrei calmarmi…?!” replicò Ran, stizzita. “Non capisci cosa provo? Sei un detective, no? Allora dovresti dedurre i miei sentimenti! Idiota!”
E scappò via, verso il ponte. Per quanto Shinichi la chiamasse e le intimasse di fermarsi, lei continuava a correre. Ogni tanto perdeva di vista il suo delicato vestitino lilla, e allora accelerava. Non l’avrebbe lasciata scappare. Anche lui doveva dirle una cosa…
Le afferrò il polso per impedirle di fuggire ancora. Non riusciva a capire perché urlasse o perché si divincolasse a quel modo. Sapeva solo che non poteva lasciarla andare. Sentiva su di sé lo sguardo incuriosito dei passanti, ma non gliene importava. In fondo non potevano capire ciò che stava per dire, no?
“Quanto sei contorta!” esclamò, stupendola. “Tu sei come un caso difficile e complicato: mescoli talmente tanti sentimenti inutili, che anche se io fossi Holmes, non riuscirei mai a risolvere i tuoi ragionamenti! Purtroppo mi è impossibile decifrare correttamente… il cuore della ragazza che amo!”

 

Ti tirasti su a sedere, di scatto, sudato e ansimante. Ancora quel sogno, eh? Quello che, da un po’ di tempo a questa parte ti turbava, ti divorava da dentro. Il perché, non lo sapevi nemmeno tu. Che ti stava succedendo, Shinichi?
Sbuffasti e ti asciugasti la fronte con la manica del pigiama, prima di lasciarti cadere nuovamente sul cuscino e fissare intensamente una minuscola crepa sul candido intonaco del soffitto. Chissà cosa ci trovavi di così interessante in quella piccola incrinatura. Forse ci riconoscevi la tua situazione, quello che quel sogno ti stava facendo vivere. Quel semplice frutto della tua immaginazione che stava pian piano corrodendo gli ingranaggi di quella macchina perfetta che era la tua mente. Da quasi una settimana eri fermo su un caso che persino un bambino avrebbe potuto risolvere , e certo non mi riferisco a Conan! Cosa stava succedendo al grande investigatore liceale Shinichi Kudo, il Detective dell’Est, l’ancora di salvezza della polizia giapponese? Potevi saperlo solo tu. Ma tu brancolavi nel buio più assoluto, e non c’era più nessuno a guidarti.
E quel sogno ti stava distruggendo. Ti faceva pensare a quello che avevi perso, a quello che non potevi più avere. Non sapevi come finiva il sogno, e non avevi alcuna intenzione di scoprirlo. Non volevi vedere la reazione di Ran alle tue parole. Volevi che almeno nelle tue fantasie Ran ti sorridesse, puntando i suoi occhi azzurro-lilla nei tuoi, così maledettamente blu. Sorridesti a quell’idea.
Ormai l’Organizzazione era stata sconfitta da un pezzo. Ma Ran non ti aveva mai perdonato le bugie che le avevi raccontato, seppur per proteggerla. Ma cosa ti aspettavi? Che ti accogliesse con baci e carezze? Sicuramente lo avresti preferito di gran lunga, ma meglio di chiunque altro sapevi che era impossibile. Lo schiaffo che ti aveva rifilato bruciava ancora. Ma a farti male ancor di più erano state le sue lacrime. L’avevi vista piangere tante volte, ma mai come quella ti eri sentito più colpevole. In quel momento avevi iniziato a capire per quale motivo tanta gente si togliesse la vita: quel dolore che ti attanagliava era troppo anche per te. Ma l’idea del suicidio non ti aveva sfiorato nemmeno per un secondo. Anche se di ragioni ne avevi, eccome se ne avevi!
Ti alzasti, seppur di malavoglia. Odiavi andare a scuola, odiavi dover vedere tutti i santi giorni il broncio di Ran, anche se quando aveva quell’aria accigliata era tremendamente carina.
Non avevi alcuna voglia di andare a scuola, ma dovevi farlo. Afferrasti la divisa del liceo Teitan e ti avviasti giù per le scale.

Quante volte ancora avresti riletto quel libro? Lo stavi sfogliando per l’ennesima volta, ma non ti avrebbe annoiato mai. Il Segno dei Quattro era senza dubbio il romanzo di Conan Doyle che preferivi. Ad ogni lettura ne scoprivi aspetti nuovi che non avevi mai notato prima. Quella storia era così affascinante e misteriosa!
“Shinichi…” ti chiamò timidamente qualcuno.
Nonostante tu conoscessi quella voce meglio di qualunque altra, schizzasti dalla sedia, colto di sorpresa. Non ti eri ricordato che le avevi dato le chiavi di casa tua.
“Ran! Ma sei impazzita?!” le chiedesti, mettendoti una mano sul cuore e cercando di calmare il respiro affannato. Ma, dentro di te, non potevi essere più felice.
“Ti ho spaventato?” chiese lei, ingenuamente. “Scusami, non volevo.”
Sorrise. E quando lei sorrideva la tua razionalità andava a farsi friggere.
“F-fa niente” borbottasti, cercando di rimettere in moto il sistema nervoso. Ma lei sorrise di nuovo.
“Che ci fai qui?” le chiedesti, fingendoti seccato.
“Non montarti la testa,” ti ammonì. “Sono ancora arrabbiata con te!”
“E allora che ci fai qui?” replicasti. Quella semplice conversazione era quello che bramavi da una settimana a quella parte.
“Be’, sono arrabbiata, ma non insensibile. Buon compleanno, Shinichi!”
Aveva la mano aperta tesa verso di te. Sul palmo era poggiato un delizioso pacchetto avvolto in carta blu, decorato con un grande fiocco argentato.
Come avevi fatto a dimenticarti di nuovo del tuo compleanno?
“G-grazie” balbettasti, colto alla sprovvista. E a Ran non sfuggì.
“Te ne eri dimenticato?”
“Be’, non esattamen…”
La sua risata ti interruppe.
“Sei proprio uno stupido!” mormorò Ran divertita.
E mentre tu le davi contro, lei continuò a ridere.
“Dovresti dare una pulita ogni tanto, sai?” ti disse guardandosi intorno, poco dopo.
Borbottasti qualcosa, annoiato.
“No, sul serio, Shinichi. Questa casa è in uno stato pietoso!”
Non le rispondesti. Osservavi il pavimento con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Quando alzasti lo sguardo, Ran stava fissando con disappunto un punto vicino a te.
“Sherlock Holmes? Di nuovo?” chiese, scettica, alludendo al romanzo che ti era caduto.
“Sì. Ti crea problemi?” ribattesti, mentre ti chinavi a raccogliere il pezzo a te più caro della tua collezione.
“Cos’ha di speciale il tuo caro Holmes? Puoi spiegarmelo, perché io non lo capisco proprio!”
“Era un genio, Ran! La sua mente era una macchina infallibile!”
“Ma è solo il personaggio di un romanzo!”
“Ciò non toglie che Sherlock Holmes sia il più grande investigatore mai esistito!”
“Oh, andiamo, Shinichi! Deve averlo commesso anche lui un errore, un errore qualsiasi! Non puoi prendere per buona qualsiasi cosa Holmes dica!”
Ammutolisti.
“Shinichi…?” ti richiamò, ma tu la ignorasti.
“In effetti un errore l’ha commesso…” sussurrasti. Odiavi ammetterlo, ma su quel punto Holmes aveva più che torto. Lo avevi sempre pensato. O meglio, da quando avevi capito cosa provavi davvero per Ran.
“Cosa?” ti chiese, palesemente confusa. Non si aspettava che tu cedessi così.
“Sherlock Holmes considerava l’amore una distrazione, un sentimento irrazionale, un fastidio. Lo dice chiaramente nel caso di Uno scandalo in Boemia, in cui fronteggia Irene Adler, l’unica donna che riuscirà a batterlo in tutta la sua carriera. Non aveva mai dimostrato amore nei suoi confronti, ma è certo che non fosse una semplice rivale per lui. Aveva respinto i suoi sentimenti brutalmente, e io penso che, in fondo, non se lo sia mai perdonato. Sono sicuro che lui amasse Irene Adler. E se l’è lasciata scappare. Ma io non voglio fare lo stesso errore” sussurrasti, tutto d’un fiato, avvicinandoti a Ran. Era l’ora di chiarire le cose.
L’avevi lasciata a bocca aperta.
“Sh-Shinichi?”
Le prendesti le mani, intrappolandola nella presa mortale dei tuoi occhi azzurri.
“Non ho idea di come Holmes sia potuto vivere senza l’amore,” concludesti. “Io so solo che senza te non posso vivere.”
L’avevi lasciata senza parole. Al contrario delle tue aspettative non avevi avuto paura mentre le dicevi quello che provavi. Le parole erano uscite da sole, non sapevi nemmeno di essere in grado di dire cose del genere.
"Shinichi..." sussurrò lei, senza spostare lo sguardo.
Poi ti gettò le braccia al collo e iniziò a piangere.
In quel momento non ti importava più di nulla. La realtà superava di gran lunga i tuoi sogni più fantasiosi. Perché nella realtà potevi sentire l’abbraccio di Ran, i vostri corpi vicini, le sue lacrime sulla tua maglietta.
Forse un giorno le avresti raccontato del tuo sogno, e allora sareste andati a Londra insieme. Ma per adesso bastava quell’abbraccio per essere felice, quell’abbraccio e nient’altro.

   
 
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