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Autore: Sylphs    11/07/2012    10 recensioni
Cosa sarebbe successo se la sera del cinque Novembre Evey avesse tolto la maschera a V?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ossa e muscoli
 

 
 
 
 
 
“Non capisco” sussurrò Evey.
La Galleria delle Ombre era avvolta in un’atmosfera calda, quasi soporifera, che ricacciava lontano le tenebre e l’ambiguità di cui era stata sempre piena e che circondava in un dolce abbraccio di penombra e di torpore i due corpi allacciati in una stretta prudente. La luce soffusa delle lampade rischiarava appena i volti dipinti nei numerosi quadri, atteggiati ad una calma ieratica, e il lampeggiante juke box, da cui scaturiva una canzone lenta e romantica, intrisa da una melodiosa voce femminile.
La ragazza si sentiva tranquilla, al sicuro. Era nel rifugio sotterraneo del più famigerato terrorista della storia, di colui che l’aveva torturata e plasmata in una creatura completamente diversa da quella spaventata e ingenua di un tempo e che si era ripromessa di odiare fino alla morte, ma non provava la minima ansia, né il desiderio di andar via e di chiudere i ponti una volta per tutte con quella storia. Certo non si aspettava di avvertire paura - quell’emozione non aveva più alcun significato per lei – ma era profondamente sorpresa dal piacere che le provocava il ballo a cui aveva acconsentito, e la presa ferma ma gentile delle braccia di V intorno ai suoi fianchi magri.
“Cosa?” rispose piano la voce bassa e profonda di lui, echeggiando tra le note della canzone. Evey fremette nel sentirla, e le sue palpebre si socchiusero istintivamente per il desiderio. Non poteva ingannare se stessa, lei non odiava più V. Molte cose di quell’uomo ancora le sfuggivano e non si fidava affatto di lui (come avrebbe potuto?), ma il timore che aveva nutrito nei suoi riguardi nel corso del primo soggiorno passato nella sua dimora e l’astio che le era esploso dentro a seguito dei supplizi che le aveva inflitto erano scomparsi completamente dal suo cuore, e a sostituirli era giunta una potente fascinazione, un’innegabile attaccamento al suo mondo oscuro e ingannevole, alle sue parole suadenti, ai suoi modi bizzarri e garbati allo stesso tempo. Era tornata da lui così come aveva promesso, contro ogni buonsenso, e non riusciva assolutamente a pentirsene. Anzi, avrebbe voluto che quella canzone non terminasse mai, che quel ballo durasse per sempre e si portasse via tutti i sogni di vendetta del suo cavaliere, cancellandogli dalla mente la rabbia e la sete di sangue che non lo abbandonavano mai e lasciandogli la brama, più che comune, di vivere serenamente la sua vita, lontano, insieme.
Alzò gli occhi, determinati e fermi ma ancora giovani e puri, e maledisse la perpetua presenza della maschera che nascondeva completamente il volto dell’uomo, negandole persino di incontrare il suo sguardo: “Come sia possibile che tu sia una delle esperienze più forti che mi siano capitate” continuò, godendo dell’abbraccio con cui gli cingeva le spalle larghe e del senso di protezione che le infondeva quel corpo alto e muscoloso: “Senza che sappia nulla di te! Non so dove sei nato, chi erano i tuoi genitori, se avevi fratelli, sorelle…”
Fece una piccola pausa. La faccia sorridente di Guy Fawkes era abbassata verso di lei, congelata in un’eterna espressione di beffardo trionfo, ma poteva percepire l’attesa e la trepidazione che si celavano dietro di essa, lo sguardo di quegli occhi invisibili che non aveva mai veduto prima e in cui forse avrebbe potuto trovare amore, o quantomeno quella stima che credeva egli provasse nei suoi confronti. Allungò le mani a toccare la fredda superficie di un bianco perlaceo: “Non so nemmeno che aspetto hai veramente…”
“Evey, ti prego!” le dita guantate di lui le circondarono i polsi, con la pronta rapidità che compariva in ogni suo movimento, e la fermarono: “C’è un viso sotto questa maschera, ma non sono io. Io non sono quel viso più di quanto non lo siano i muscoli che lo abitano, e le ossa ancora più sotto i muscoli”.
Gli occhi nocciola della ragazza lo fissarono, intensi e tranquilli, i suoi lineamenti resi ancora più vulnerabili dal cranio rasato erano composti in un’espressione di profonda calma. Comprendeva il senso delle sue parole, da quando l’aveva torturata era riuscita a comprenderlo in modo molto più profondo, tanto che l’aveva addirittura perdonato, nonostante il male che le aveva causato…ma durante quel periodo terribile l’aveva vista com’era davvero, senza maschere di sorta, nuda e priva di veli al cospetto del terrore e della sofferenza, sotto la pioggia, mentre la guardava da dietro, aveva scoperto se stessa e l’aveva invocata così intimamente da…
Era il momento che anche lui si scoprisse, che cessasse di nascondersi dietro le sembianze di un defunto eroe del passato per mostrare la sua vera essenza almeno a lei, la sua creatura, la sua compagna, il suo successore. E non dubitava affatto di se stessa, non temeva di potersi sconvolgere di fronte a quella vista, perché nel profondo del cuore sapeva.
“Le tue mani!”
“Oh…sì…” guanti di cuoio nero a coprire la carne ustionata e deforme, un fare imbarazzato: “Ecco, così va meglio! Spero di non averti fatto passare l’appetito”.
“No, no, figurati. Stai…stai bene?”
“Sì sì, sto benissimo!”
“Posso chiederti com’è successo?”
Una pausa più lunga del necessario, una rapida riflessione, infine la risposta, evasiva e strappata con le pinze: “C’è stato un incendio, tanto tempo fa. Storia antica per alcuni. Devo dire che non è un argomento adatto alla tavola, vuoi una tazza di tè insieme al pane?”
“Difficilmente il nostro aspetto rispecchia ciò che siamo davvero, V” Evey smise di ballare, senza staccare le mani dalle ampie spalle del suo silenzioso compagno, e parlò con tutta la franchezza di cui era capace: “Un tempo non ti avrei mai fatto una simile richiesta, perché avevo troppa paura di indagare oltre la superficie. Ma adesso sono pronta, e voglio guardarti per davvero. Se hai un minimo di rispetto per me, o di fiducia nei miei confronti, non impedirmelo”.
L’uomo esitava, la guardava fisso da dietro quell’eterno sogghigno ed Evey si prestava senza condizioni a quel muto esame, l’ennesimo da che lo aveva conosciuto, la sera in cui i Castigatori l’avevano aggredita e la sua ombra imponente era emersa dall’intrico di vicoli oscuri recitando parole eleganti e prive di senso. Allora l’aveva guardato con un misto di timore e di curiosità, mentre si esibiva nella sua danza letale e in poche rapide mosse uccideva i suoi assalitori, e non gli aveva attribuito un’esistenza effettiva, l’aveva considerato piuttosto un parto della sua fantasia, un incontro irreale che a breve sarebbe finito e di cui non avrebbe patito alcuna conseguenza.
Ma ora era tutto differente. Ora lo percepiva nella sua interezza, vedeva i muscoli e le ossa anziché una fredda maschera e un insieme di neri indumenti, e coglieva il senso nascosto nei suoi discorsi intricati e ingannevoli. Lui usava le bugie per dire la verità, e se al principio era stata capace solamente di captare un inganno, adesso era giunta al suo significato. Lui era realtà e non illusione.
“V” gli prese il viso fra le mani, senza togliergli la maschera, e lo avvicinò al proprio mentre la canzone sfumava e con essa l’atmosfera irreale. C’era silenzio nella Galleria delle Ombre, un silenzio rotto unicamente dalla voce della ragazza e dal suono dei loro respiri: “Fidati di me, V”.
“Evey” le fece eco l’uomo, con quella voce così dolorosamente intensa e vibrante, un concentrato di sfumature, di inganni e di verità nascoste che ogni volta la disarmava completamente: “Non vedrai nulla di me dietro la maschera. Vedrai…” indugiò, le dita guantate strette dolcemente sulle spalle esili della ragazza, e il ricordo danzò tra di loro con velocità sconcertante, trasmesso da un’anima all’altra come se fossero una sola cosa.
“Quello che mi hanno fatto è mostruoso!”
“E loro hanno creato un mostro”.
Le labbra di Evey si curvarono in un debole sorriso: “Voglio vedere solo la verità, V”.
Gli “occhi” di lui si sgranarono leggermente, la presa sul suo corpo si allentò mentre i loro volti si scrutavano nel silenzio e nella penombra del rifugio sotterraneo, la sera di una rivoluzione che avrebbe cambiato il destino di Londra e di tutti i suoi abitanti ma che in quel momento sembrava quasi sospesa, inesistente.
“Niente più inganni” sussurrò l’uomo, come rivolto a se stesso: “Niente bugie”.
“Solo la verità” concluse Evey, determinata.
Non poteva vederlo, ma sapeva sempre quali sentimenti trasmetteva la sua fisionomia e lo scorse sorridere, finalmente calmo e sereno, e annuire con un impercettibile cenno del capo. Lei si era spogliata di ogni patina e camuffamento sotto la pioggia purificatrice, fondendosi con essa, con qualsiasi dio esistesse e con tutte le creature del mondo, con Valerie, Suthler, Gordon e Prothero, dinnanzi allo sguardo colpito e rispettoso di un V che per una volta era stato sopraffatto dai ricordi e dai sentimenti troppo a lungo sepolti e rinnegati, e lui avrebbe fatto lo stesso la notte della sua rivoluzione, lo stesso giorno in cui, vent’anni prima, era avanzato, nudo e vero, tra le fiamme dell’incendio, e aveva gridato al cielo tutto il suo odio e la sua rabbia.
La ragazza sfiorò per un attimo il freddo viso di Guy Fawkes, di quell’idea che aveva divorato l’uomo e lo aveva privato di se stesso, e lo scostò dolcemente dai muscoli e dalle ossa che per anni e anni l’avevano abitato e che avevano finito per divenire un tutt’uno con esso, un sogghignante messaggio che quella sera tutti avrebbero indossato e professato. E così per la prima e unica volta Evey Emmonds vide l’uomo e non l’idea, il risultato delle mostruosità e delle violenze che il governo aveva inflitto e ancora infliggeva scolpito con cruda chiarezza nel corpo di colui che vi avrebbe posto fine una volta per tutte, l’orrore di cui suo fratello e Valerie erano caduti vittima concentrato in una faccia che la guardava pur non avendo occhi, e non distolse lo sguardo neppure per un secondo, né la sua espressione mutò. Prima sarebbe stata dominata dalla paura, e non avrebbe potuto guardare la verità in faccia.
Adesso la guardò, lei, il futuro, fissò il passato capendolo, accettandolo e preparandosi a cancellarlo con la forza della sua libertà e della sua determinazione che era stato egli stesso a fornirle, e gli sorrise, ponendogli sulle labbra rovinate dalla corruzione e dall’avarizia di piccoli uomini che lo Stato aveva reso giganteschi un lieve e significativo bacio, in cui passato e futuro si fusero e in cui, per un istante, passò anche dell’amore puro e semplice, l’amore tra un uomo e una donna.
V chinò il capo, appoggiandolo sulla spalla della ragazza, liberandosi di un peso immane con un profondo e sollevato sospiro, e le bisbigliò all’orecchio un’unica parola: “Grazie”.  
      
  
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