Home.
Era
strano
per lei respirare ancora quell’aria che le appariva
così famigliare nonostante
gli anni che erano passati dall’ultima volta.
Si,
perché
lei, il luogotenente della tredicesima compagnia Rukia Kuchiki, non era
la
prima volta che scendeva sulla terra in quel piccolo quartiere noto
come
Karakura. Erano passati undici lunghi anni terrestri dalla sua ultima
permanenza sulla terra e a lei sembrava solo il giorno precedente
l’ultima
volta che i suoi sandali si erano poggiati sull’asfalto
ruvido di quelle
strade.
Si
mise a
camminare con calma gettando sguardi interessati ai negozi ormai chiusi
vista
l’ora tarda.
Era
ancora
tutto terribilmente famigliare.
I
chiacchericci provenienti dalle case circostanti, i rumori di qualche
sporadica
macchina che sfrecciava nella sera, qualche canto di ubriaco che usciva
da quel
vecchio baretto all’angolo. Sembrava passato un solo giorno
dal suo ultimo
saluto a quella cittadina, eppure se guardava più
attentamente poteva vedere il
cambio di gestione di quel negozio appartenuto ad un simpatico
vecchietto,
qualche crepa sulle case più famigliari o qualche nuova
costruzione che un po’
contrastava con quella calma famigliare che la circondava.
Erano
passati undici anni in un batter di ciglia e con loro avevano portato
via quel
che restava di quella purezza fanciullesca che l’aveva sempre
caratterizzata,
trasformandola in una donna vera e propria.
Rukia
si
rese conto di essere cambiata più lei di quel quartiere in
quel lasso di tempo
e questo le fece venire una stretta al cuore.
Era
così,
gli animi umani sono molto più mutevoli delle immense
costruzioni e delle
colate di cemento e mattoni. Se già ora sentiva stridere
dentro di lei i suoi
ricordi nel notare quel particolare così cambiato non poteva
minimamente
immaginare come avrebbe reagito quando avrebbe raggiunto la meta del
suo breve
viaggio li.
Proseguì
a
camminare senza una meta per parecchio tempo, senza un solo pensiero
che le
facesse aggrottare la fronte, senza un solo rimpianto per non essere al
lavoro
e stare perdendo tempo che avrebbe potuto impiegare meglio.
Erano
undici
anni che non si concedeva una pausa di ozio del genere e ora la voleva
godere
fino in fondo, lasciandosi per una sera almeno alle spalle quella
quotidianità
piena di impegni e obblighi.
Si,
per
Rukia Kuchiki era difficile soddisfare le pretese di tutti quelli che
la
circondavano, adempiendo bene al suo ruolo di luogotenente e di
discendente
della casata Kuchiki. Erano tutti obblighi che nell’ultimo
periodo aveva
sentito stretti e allora si era finalmente decisa a fare quel viaggio
che
rimandava da troppo tempo.
Probabilmente
non l’aveva rimandato per l’enorme mole di lavoro
che ogni giorno la affliggeva
ma a causa della paura che aveva nel tornare in quel posto.
Si,
perché
quel luogo già una volta in passato aveva completamente
sconvolto la sua vita e
la sua anima e proprio ora non era pronta a farsi sconvolgere
nuovamente.
Probabilmente
però il suo capitano Jushiro Ukitake aveva ritenuto il
momento che quel viaggio
avvenisse perché l’aveva letteralmente obbligata a
prendersi una vacanza di una
sera per tornare la, per tornare ad essere la Rukia Kuchiki di un tempo.
Il
suo
capitano le aveva detto che un ragazzotto appena entrato in compagnia,
spaventato dalla sua freddezza, determinazione e severità,
era andato a
chiedere al capitano se fosse una prerogativa della famiglia Kuchiki
l’essere
così glaciali. Ed era stato proprio in quel momento che
Ukitake aveva ricordato
quanto fosse diversa una manciata di anni prima, quando per la prima
volta era
stata scelta per andare sulla terra. Sarà stato per quel
motivo che l’aveva
quasi obbligata a tornare a trovare quelle persone che le erano state
vicine in
quel periodo in cui aveva vissuto in un gigai.
Ed
ora
eccola li, che vagava timidamente per quelle vie che aveva definito casa qualche anno prima.
Milioni
di
ricordi la stavano lentamente investendo facendo nascere in lei uno
stato di
malinconia che da tempo non provava. Fu mentre camminava in quello
stato che le
sue gambe la portarono automaticamente davanti a
quell’abitazione ancora così
terribilmente familiare. La osservò per qualche minuto quasi
con aria
reverenziale, attenta a non macchiare con il presente tutti quei
ricordi che
quella casa racchiudeva.
Con
un sorriso
nostalgico varcò la porta con lentezza e timore, sperando
che nessuno facesse
caso a lei ma che la considerassero uno di quelli spiriti che vi
passavano
abitualmente. Non appena varcò l’ingresso una
risata femminile la fece
bloccare. Non apparteneva a Karin o Yuzu quella risata, non riusciva a
riconoscerla e non aveva qualcosa di famigliare. Un nodo si
formò nella sua
gola, mentre il terrore di quello che avrebbe trovato in salotto
invadeva tutte
le sue membra.
Mosse
qualche passo verso il locale illuminato e sbirciò timida
all’interno.
Inizialmente
i suoi occhi si posarono sulla donna che rideva, una bellissima donna
dai
lunghi capelli neri e dal corpo prosperoso che rideva divertita
guardando
qualcun altro. Rukia allungò il collo e rimase qualche
secondo senza una sola
parola.
Era
lui.
Era
quella
testa d’ananas che tante volte aveva insultato, li, in piedi,
con in braccio un
bambino di pochi mesi.
Era
lui, era
li con in braccio un bambino ed era esattamente come lo ricordava.
I
capelli
arancioni scompigliati che incorniciavano il viso corrucciato, che in
quel
momento osservava a disagio il bambino tra le sue braccia, quelle
labbra
sottili, quegli zigomi leggermente pronunciati e quegli occhi che
possedevano
quella scintilla piena di amore per il prossimo.
Accadde
un
attimo dopo, quando la donna si alzò ed andò ad
affiancare Ichigo togliendogli
il bambino dalle braccia e dando un bacio sulla guancia
all’arancio che in
Rukia si fece chiara la consapevolezza di essere ormai appartenente al
passato.
Il ragazzo abbracciò teneramente la donna, accarezzandole
dolcemente i capelli.
Chi
altri
poteva essere quel bambino se non il figlio di Ichigo e quella donna?
Perché
non
ci aveva pensato subito e aveva aspettato di poter ammirare
ciò che era
diventato Ichigo per doverlo capire?
Perché
si
era fatta convincere a tornare sulla terra nonostante sapesse quello
che molto
probabilmente avrebbe incontrato?
E
fu in quel
momento che sul suo viso candido si fece largo un’espressione
terribilmente
umana.
Grosse
lacrime le inondarono gli occhi blu e prima che potessero fuoriuscire
Rukia
approfittò del suo shumpo ormai quasi perfetto per
allontanarsi il più
possibile da quel posto.
Mezz’ora
dopo era seduta su un prato e ancora non capiva il perché
stesse piangendo. In
fondo era stata lei che aveva deciso di non tornare più
sulla terra dopo che
Ichigo aveva perso i suoi poteri, era stata lei a non approfittare di
un gigai
e di un permesso per andare sulla terra per poterlo vedere, era lei che
aveva
fatto si che lui si ricreasse una vita sua.
Eppure
dentro di lei la sua anima si era sempre aggrappata alla speranza che
lui non
l’avrebbe mai dimenticata e l’avrebbe aspettata.
Ma
era stata
terribilmente egoista a pensare che lui non si sarebbe fatto una vita
solo per
lei. Lei, quella che era piombata nella sua vita una volta e
l’aveva cambiata
inesorabilmente senza chiedere un permesso o un solo parere.
Doveva
smettere di essere così egoista, così
terribilmente egoista da arrabbiarsi con
la testa d’ananas per
essersi fatto una
famiglia. Rukia prese un profondo respiro e appoggiò la
schiena al fusto di un
albero dove, vista la stanchezza accumulata quel giorno, cadde in un
profondo
sonno.
***
La
ragazza
venne svegliata da una mano che la scrollava con grazia e quasi si
spaventò quando
si trovò seduta sull’erba umida di un parco di
prima mattina, mentre l’alba
iniziava a schiarire quella distesa d’erba e si intravedeva
tra le cime degli
alberi.
Rukia
alzò
la testa ed incontrò gli occhi color pece del suo migliore
amico. I due si guardarono
con un sorriso triste, finché Renji non prese per mano la
mora e l’aiutò ad
alzarsi mormorandole che era meglio tornare alla Soul Society. La
ragazza si
alzò in silenzio e si fece guidare verso la farfalla
infernale che
l’accompagnava. Prima di varcare quella porta però
diede un’ultima occhiata
alla distesa di Karakura che si apriva davanti a lei.
Quell’aria
che la sera prima aveva sentito così familiare ora quasi le
pesava, perché lei
non aveva neanche più Ichigo che l’aspettava in
quel posto.
Tutto
era
cambiato da dieci anni prima e lei non aveva motivo di rimanere li
oltre e lo
sapeva. Qualcosa però dentro di lei la stava costringendo a
rimanere e quel
qualcosa le bruciava il cuore. Quel cuore che aveva scoperto quando era
arrivata per la prima volta sulla terra, quei sentimenti che
così spesso
l’avevano fatta definire “terribilmente
umana” stavano riaffiorando in lei con
la potenza di un uragano.
Rukia
cercò
gli occhi di Renji, che trovò pronti che la osservavano.
-Cos’è
successo Rukia?-
Chiese
lui
con un filo di voce vedendo sul volto della ragazza una persona che da
tempo si
era nascosta dietro una maschera di freddezza e superiorità.
Lei lo guardò con
quegli occhi blu, che tornarono due oceani immensi come un tempo in cui
ci si
poteva specchiare e si poteva leggere un’anima tormentata e
non erano quegli
occhi distanti e vuoti che negli ultimi anni tutti avevano visto.
-Lui
ha
un’altra.-
Rispose
lei
semplicemente, abbassando lo sguardo per
non permettere a nessuno di vedere quella lacrima che
ancora una volta
si apprestava a scendere. Renji non rispose subito, conscio del fatto
che non
sarebbero bastate due parole consolatrici e magari una pacca sulla
spalla per
tornare a vedere il sorriso di Rukia. Tra i due cadde quindi il
silenzio e il
rosso, non riuscendo a vedere la sua migliore amica in quelle
condizioni, coprì
con un passo la distanza che gli separava e
l’abbracciò fraternamente. Rukia si
appoggiò all’ampio petto di Renji e
iniziò a singhiozzare, mentre lui le
accarezzava la schiena per non farla sentire così
immensamente sola.
Rimasero
in
quella posizione per parecchi minuti, finché Rukia non si
staccò dall’abbraccio
e guardando l’amico disse:
-Renji,
posso andarlo a salutare? Ieri non ce l’ho fatta
però vorrei conoscere quella
donna che è riuscita a conquistarlo.-
Tra
i due
passò uno sguardo d’intesa e Renji sorrise
accondiscendente, rispondendo poi,
mentre le accarezzava il capo:
-Certo,
dirò
al tuo capitano che anche questa mattina te la potrai prendere come
meritato
riposo, ok?-
Rukia
ricambiò con un sorriso timido e si mise subito a correre
verso casa Kurosaki,
per approfittare di quel momento in cui si sentiva così
sicura di se stessa.
Dopo
pochi
minuti arrivò di fronte all’ingresso e titubante
schiacciò il campanello.
Si
sentiva
come una bambina il giorno prima del suo compleanno, emozionata per i
regali
che avrebbe aperto da li a breve e un po’ in ansia per quello
che sarebbe
potuto succedere. Ad un certo punto fu tentata di scappare via e
abbandonare
tutto, tornando alla Soul Society e alla sua normale vita.
Però quando qualcuno
aprì la porta si immobilizzò.
Lentamente
una testa arancione spuntò da dietro quella spessa apertura
in legno e due
occhi vispi si soffermarono sulla figura all’ingresso.
Silenzio.
Due
sguardi
si incrociarono incerti, due cuori iniziarono a battere, due menti
tornarono ai
ricordi degli occhi che stavano fissando.
E
tutto poi
fu così naturale.
Un
sorriso
timido si dipinse sulle labbra sottili di Rukia, mentre uno
più spavaldo e
sorpreso su quelle di Ichigo.
Due
vecchie
conoscenze si misero a parlare, accomodandosi in giardino e
dimenticando tutto
quello che gli circondava.
Gelosie,
lavori, obblighi, tutto scomparve dalle menti di quei due ragazzi
lasciando
spazio solo per l’altro.
Erano
due
mondi che tornavano in sincronia dopo anni, mondi che non avevano fatto
altro
che aspettarsi.
Scoprirono
che Ichigo era diventato medico, pediatra per l’esattezza, e
Rukia
luogotenente, che tutti e due ancora vivevano con le rispettive
famiglie e
tante altre cose che erano cambiate da una decina d’anni
prima.
Arrivò
però
il momento di quella fatidica domanda.
-Ichi..-
Iniziò la luogotenente con voce tremante – Ieri
sera sono stata qui e ti ho
visto con una donna e un bambino.-
Una
risata
nacque spontanea sulle labbra di Ichigo, che poi rispose al viso
irritato della
ragazza che non capiva il perché di quella risata:
-Non
mi dire
che non l’hai riconosciuta?!-
Gli
occhi
blu di Rukia si fecero attenti e velati dalla preoccupazione. Era
arrivato il
momento della tanto attesa verità.
Il
cuore le
tamburellava in petto come non faceva da tempo, quella risposta
definitiva che
aveva agognato per tutta la notte stava per giungere, facendo uscire
Rukia
finalmente da quel bivio in cui si trovava e facendole prendere
definitivamente
la strada del suo destino.
Ichigo
rise
nuovamente vedendo gli occhi preoccupati di lei e rispose con uno
sguardo
soddisfatto:
-Cos’è,
saresti gelosa se lei fosse la mia donna?-
Rukia
non
tradì nessuna emozione, ma dentro di lei si
scatenò l’inferno. Ma Ichigo
Kurosaki la conosceva troppo bene e sapeva perfettamente che, anche se
i suoi
occhi dimostravano calma, dentro di lei stava morendo, quindi si
affrettò ad
aggiungere:
-Sapevo
che
era cambiata, però non mi aspettavo che tu non riconoscessi
Tatsuki!!-
***
Quando
dopo
pranzo il luogotenente della tredicesima compagnia Rukia Kuchiki
tornò al suo
ufficio una luce nuova illuminava i suoi occhi o almeno, una luce che
ad alcuni
pareva nuova e ad altri invece solo una luce che era tornata, che aveva
caratterizzato quegli occhi blu per molto tempo tanti anni addietro.
I
viaggi del
luogotenente Kuchiki sulla terra si fecero molto più
frequenti e il suo sorriso
sempre più sincero e felice. Tra i nuovi arrivati nella
compagnia si diceva che
la luogotenente avesse un amante sulla terra, che non era altri che
colui il
quale aveva salvato la Soul Society tanti anni prima.
E
quindi
nessuno si stupì quando Ichigo Kurosaki un bel po’
di anni dopo iniziò a
frequentare assiduamente la villa Kuchiki e a passare li la maggior
parte del
suo tempo dopo essere diventato uno spirito.
*Nota
dell’autrice*
Questa
fic è
stata peggio di un parto. L’inizio l’ho scritto
velocemente, senza problemi ma
quando sono arrivata al punto in cui Rukia vede Ichigo ed
un’altra donna sono
entrata in crisi.
Nell’idea
originale quella donna doveva essere la moglie di Ichigo e Rukia non
doveva
tornare da lui a parlare ma doveva diventare un’ombra della
gran donna che era
stata distrutta dai rimorsi. Il problema è che amo troppo la
coppia
Ichigo-Rukia e proprio non ce l’ho fatta!! Volevo poi
scrivere i due finali
diversi, ma era orribile a vedersi quindi alla fine ho optato per
l’happy
ending, anche se non mi convince pienamente..! xD
Vabbè, buone
vacanza ragazzoni! <3