Giochi da Tavolo
-Mamma. Mamma, è
vivo.- la voce concitata di Mamoru la coglie
impreparata.
-Chi? Mamoru,
di cosa parli?- chiede, ma la linea è disturbata. Sente solo rumori indistinti che
si mescolano con le parole di suo figlio e non capisce subito chi sia
dall’altra parte del telefono quando la voce cambia.
-Atsuko.- dice.
-Mamoru?- chiede lei.
-Atsuko.-
E il telefono le scivola di mano. Cade a terra.
Atsuko
è nervosa. Si torce le mani da mezz’ora, lo sguardo fisso di fronte a sé,
impassibile. Ma suo marito sa quanto sia ansiosa,
mentre batte le palpebre rapidamente e controlla per l’ennesima volta l’ora.
Le poggia una mano sulla spalla, e lei sembra perdere quel poco di rigidezza
che ha assunto, rilassandosi un poco.
La notizia è giunta troppo inaspettata, continua a ripetersi come una
cantilena, come ad ergere un muro di protezione attorno a lei, come a
convincersi che non sia vero. Anche se vuole con tutta sé
stessa che lo sia. Ma la paura che sia solo un sogno
la distrugge, e non riesce a cedere all’emozione.
Non era
preparata. E’ arrabbiata. E’ incredula. Ha paura. Non ci crede. Ed ha così paura.
Fissa il
punto dal quale suo figlio dovrebbe uscire da un momento all’altro, seguito da
quella persona che vuole e non vuole rivedere allo
stesso tempo.
Era quasi sera, quando le diedero la notizia. Era con sua madre, ed era venerdì. Di
solito il venerdì sera la famiglia si riuniva in salotto e si divertiva con
qualche gioco da tavolo. All’inizio non andava quasi mai a nessuno, ma alla
fine tutti si ritrovavano a ridere come degli idioti di fronte al mimo riuscito
male di qualcuno o alla risposta sbagliata di qualcun altro.
Atsuko era piccola. Era molto piccola.
Atsuko era piccola ed amava il venerdì sera, perché suo padre pareva sempre
divertirsi un mondo, ed ogni volta che proponeva di riunirsi a quel tavolo lei
si lasciava sempre convincere.
Era quasi sera, quando un uomo si
presentò alla sua porta e parlò con sua madre.
-Daisuke è morto in un incidente.-
Era stata
una brutta botta. Ricordarlo le fa socchiudere gli occhi, mentre sente il
rumore rombante dell’aereo in arrivo anche da dentro l’aeroporto.
Le fa
male la testa, e non fa altro che pensare che dovrebbe
essere lì da sola, e non con suo marito, o suo figlio. Ci dovrebbe essere
solamente lei, ad urlare in faccia a chi sta arrivando la sua rabbia ed il suo dolore.
Ricorda esattamente le sei parole con cui le comunicarono la morte di
suo padre. A come per giorni nella sua testa non avesse sentito altro che
quelle, ripetute all’infinito. Il suo primo pensiero era andato ai
giochi da tavolo del venerdì sera che non si sarebbero potuti più fare.
La morte
di suo padre aveva provocato in lei e in sua madre un vuoto enorme, ed entrambe
avevano dovuto fare il possibile per ignorare il dolore sordo che le invadeva.
Atsuko
aveva cominciato ad odiare il calcio. Ed i giochi da
tavolo.
Suo
figlio Mamoru era riuscito a farle cambiare idea solo
per il primo punto.
Quando
non percepisce più le ventole del motore rimbombarle vicine nell’orecchio,
volta appena il capo, e nota l’aereo fermo fuori dai
finestroni.
Sente il panico strisciarle su per la schiena, e chiude le mani di suo marito
in una morsa ferrea, che viene ricambiata. Ora è
felice di non essere lì da sola.
Non passa
molto tempo che il primo passeggero sbuca nell’ampio corridoio dell’aeroporto,
seguito presto da tutti gli altri.
La
tensione è insopportabile, Atsuko si sente impazzire,
mentre senza accorgersene è già in punta di piedi per controllare
quando lui arriverà.
Le sudano
le mani, mentre mentalmente si ripete per l’ennesima volta tutto ciò che dovrà
rimproverare a sua padre. E’ decisa a dare sfogo ad
ogni granello di rabbia presente nel suo corpo, di urlargli in faccia quanto
sia stato orribile rimanere senza di lui, di come sia stato
desolante non sapere che fosse ancora sano, salvo, vivo, di come sia stato tremendo non sapere nulla delle sue
condizioni e di come sia stato triste non poter più fare giochi da tavolo il
venerdì sera, con la casa vuota e silenziosa.
Stringendo
le labbra si ricorda che deve farlo. Non deve cedere, perché non saprebbe
trattenersi. E così pensa solo alla sua rabbia, che
sente così bruciante dentro di sè.
Ma quando, ecco, vede in lontananza la fascia
arancione di suo figlio, non può fare a meno di sentire un tuffo al cuore. La
rabbia non fa altro che incrinarsi, mentre i suoi occhi neri incrociano un paio
di occhiali scuri incorniciati da folti capelli
ingrigiti.
Nota le
labbra piene circondate da barba quasi bianca, il cappello rosso, la
corporatura più esile ma inconfondibile di suo padre.
Sente una
calda lacrima scenderle giù per la guancia. Se la
sfrega via con forza, mordendosi il labbro.
Suo
marito le annuisce, le fa cenno di andare. Suo figlio
incrocia il suo sguardo e si apre in un sorriso
enorme.
E Atsuko non ce la fa più.
E corre, corre verso suo padre, le lacrime che ormai
scendono copiose e lavano via tutta la sua rabbia, che non è mai esistita.
Puliscono ogni risentimento mentre dandosi lo slancio
si butta tra le braccia di suo padre, che ha fatto appena in tempo ad
individuarla e ad accoglierla tra le sue mani grandi e forti.
Singhiozza
sul suo petto, Atsuko, come non fa da
quando era bambina. Stringe suo padre a sé, mentre suo marito e suo figlio
si stringono l’uno all’altro e li guardano. Così uniti
che non è possibile scioglierli.
-Oggi è venerdì.- esordisce quindi Daisuke,
mentre le carezza la schiena e poggia la fronte tra i suoi capelli –Hai ancora
quella vecchia edizione del Monopoli, a casa?- chiede.
E Atsuko ride tra le lacrime, annuendo.
Perché ha sempre conservato i giochi del venerdì, nel suo cuore. Ha sempre conservato suo padre.
Ed è così felice che sia lì.
*
Fic partecipante all’Ohana means family indotto da Camy e Roby <3
Salve a
tutti! Che dire. Prima di tutto, ringrazio Camy e Roby che hanno indotto
questo bellissimo contest <3 poi, mi congratulo con le altre fic in
concorso, perché sono davvero belle *A*!! In bocca al lupo a tutti!!
La protagonista di questa fic è la madre di Mamoru, Atsuko. Nessuno ha mai trattato il suo ricongiungimento con
il padre, e l’ho trovato uno buono spunto. Ho
preferito non esplicitare il concetto di famiglia, ma di farlo intendere, prima
per quanto riguarda la famiglia Atsuko-Hiroshi-Mamoru,
poi
Ancora grazie alle Ohana e un altro in bocca in lupo
a tutti!
Greta.