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Autore: _Eleuthera_    12/07/2012    42 recensioni
Ma questa storia mi ronza in testa da troppo tempo, e io ho bisogno di raccontarla.
C'è un tizio nella sala di lettura. Legge lo stesso libro da tre giorni, assorto e silenzioso.
Quello che la giovane libraia Cathy non sa è che quello strano individuo è Loki, il Dio degli Inganni, in fuga, in cerca di un nascondiglio...
[Post The Avengers] [One-Shot]
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I may not be an explorer, or an adventurer, or a treasure-seeker, or a gunfighter, Mr. O'Connell, but I am proud of what I am. 
I am a librarian!
(Evelyn Carnahan, The Mummy, 1999)

 
Qui gira un sacco di gente strana.

Ad esempio, ogni tanto passa un tizio che mi porta alla cassa questi terribili romanzi rosa, sostenendo che siano un regalo per sua moglie e chiedendomi di impacchettarli, ma io sono sicura che in realtà se li legge lui.

C’è anche una ragazza che ogni volta che entra qui si ferma davanti allo scaffale delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco e poi viene a chiedermi quand’è che esce il prossimo libro, pur sapendo che ci vorranno ancora secoli.

Poi c’è una signora che compra solo rigorosamente le biografie di gente famosa morta da poco. Si chiama Mrs Stradford, ed è adorabile. Ogni tanto mi porta le ciambelle con la glassa di sciroppo d’acero.

Sono tre anni da quando ho aperto la mia libreria e questi casi umani sono quasi la mia famiglia. Li adoro, perché invece che andare da Chapters vengono da me, anche se non ho Starbucks inglobato tra gli scaffali  ma solo una saletta di lettura.

Niente a che vedere con la Shakespeare & Co, anche se quando ho aperto il mio scopo era di creare qualcosa di molto simile. Non credo di esserci riuscita, ma la mia libreria è piena di libri vecchi e nuovi, di scaffali nascosti e ripiani da scoprire. E a quanto pare, questo attira ogni sorta di bizzarri individui.
Il punto è che credevo di essermi abituata a relazionarmi con questa gente. Mi sentivo sicura nel mio piccolo mondo, ma poi è successo qualcosa.

Niente di grave… almeno credo.

Quanto mi sento stupida a parlarne. È che sono un po’ confusa.

Ma questa storia mi ronza in testa da troppo tempo, e io ho bisogno di raccontarla.

--


Mi accorsi di lui perché leggeva sempre lo stesso libro e non lo comprava mai.

Ogni tanto andavo a dare un’occhiata alla saletta di lettura di sopra, e per tre giorni di fila me lo trovai lì, in un angolo appartato, con un grande libro aperto sulle ginocchia.

Inizialmente non ci feci caso, ma dopo un po’ mi incuriosii. Mi sarebbe piaciuto avvicinarmi e sbirciare il titolo del libro appena visibile sulla copertina. Spesso mi fermavo a chiacchierare con i clienti, ma il modo in cui quel tizio cercava la solitudine nell’angolo più nascosto del soppalco mi spingeva a lasciarlo in pace.

Tuttavia la sala di lettura serviva solo per sfogliare i libri, o per leggerli dopo averli comprati. In fondo era una libreria, non una biblioteca. Questo dovevo farglielo notare.

Mi avvicinai. Lui sollevò lo sguardo solo quando gli fui proprio davanti. Aveva dei bei lineamenti regolari, capelli neri, e uno sguardo molto ostile.

«Buongiorno» dissi con gentilezza. «Ho notato che sono praticamente tre giorni che legge quel libro».

L’altro alzò un sopracciglio. «Già. È molto interessante».

Tornò a leggere senza fare una piega. Perplessa, afferrai il dorso del libro, abbassandolo un po’ in modo da catturare la sua attenzione. I suoi occhi si sollevarono di nuovo verso di me.

«Il punto è che se lo vuole leggere, lo deve comprare» aggiunsi, ignorando la vivida irritazione nel suo sguardo. «Altrimenti la dovrò mandare via. Mi dispiace».

Gli rivolsi un sorriso e me la filai. Non lo volevo cacciare, in fondo stava solo leggendo e sembrava un tipo a posto. Un po’ poco furbo, forse. Io quando vado in fumetteria leggo sempre l’ultimo numero di Naruto senza comprarlo, e il proprietario non se n’è mai accorto.

Poco dopo lo vidi scendere le scale e dirigersi verso l’uscita. Non aveva il libro con sé e mi lanciò un’occhiata piena di astio. Sul momento ci rimasi male, ma poi intrapresi una complessa discussione su A Dance with Dragons con Charlotte, e mi dimenticai di lui.

--

Il giorno seguente, il tizio si presentò alla cassa con il libro e una banconota da venti dollari.

Stavo sistemando la vetrina delle novità, e sbirciai la scena con la coda dell’occhio mentre Neil gli dava il resto e lo scontrino. Mi avvicinai furtivamente alla cassa mentre lo sconosciuto saliva le scale con il libro sotto il braccio.

«Quel tipo è assurdo» bisbigliai a Neil, senza perderlo di vista.

«Perché?»

«Ha passato almeno tre giorni a leggere quel libro nella saletta di sopra. Quando gli ho fatto notare che avrebbe dovuto comprarlo, se n’è andato indispettito. Oggi è tornato, lo ha comprato, e ora se ne sta andando a leggerlo».

Neil aggrottò le sopracciglia. «Non mi sembra molto strano».

«Scusa, ma non ha nient’altro da fare tutto il giorno?»

Neil alzò le spalle. «Sì, è un po’ bizzarro. Ne girano tanti come lui da queste parti» commentò, lanciando un’occhiata allusiva nella mia direzione. Sorrisi, incrociando le braccia platealmente.

«Molto divertente, Neil». Mi chinai per sollevare uno scatolone con i nuovi arrivi. «A proposito, che libro è che legge?»

«Perché non vai di sopra e glielo chiedi?»

Mi voltai, trovandomi davanti il ghigno di Neil. Non era un ghigno qualunque. Era quel ghigno.

«Che, sei scemo?»

«Facciamo una scommessa. Secondo me non hai il coraggio di andar su e importunarlo di nuovo e chiedergli di che parla il libro che legge con così tanto interesse».

Roteai gli occhi. «Ti pare che abbia tempo per queste cose?»

Neil non disse nulla, continuando a sorridere con aria di sfida, ed io capitolai nel giro di dieci secondi.

«Va bene, va bene, ci vado più tardi, okay?»

Quando verso la fine della giornata salii le scale del soppalco con la scusa di dover andare a cercare un libro di storiografia latina, sentii Neil ridacchiare dietro di me.

Lo identificai subito, seduto al solito posto. Mossi qualche passo verso di lui, ma stavolta si accorse di me molto prima, e mi fulminò con due occhi color del ghiaccio che non avevo affatto notato fino a quel momento. La saletta era quasi deserta e pensai che, in fondo, anche se avessi fatto una figuraccia nessuno l’avrebbe mai saputo.

«Allora, vedo che alla fine l’ha comprato, il libro» esordii con eccessiva allegria.

«A quanto pare non avevo alternative» commentò aspramente l’altro.

Sembrava che quel tizio si portasse dietro un eterno cattivo umore.

«Non volevo mica obbligarla a comprarlo» replicai «E’ solo che questa è una libreria e-»

«Sì, ho capito» mi liquidò, riprendendo a leggere.

Decisa ad ottenere la sua attenzione a qualunque costo, mi piazzai davanti a lui, tentando un’altra carta. «Lei non è di qui, vero?»

Finalmente il tizio alzò lo sguardo dal libro e mi rivolse quello che mi parve un mezzo sorriso.

«Si nota così tanto?»

Annuii vigorosamente. Non era vero, non era così palese, ma ero contenta di aver indovinato.

«E’ inglese? Il suo accento mi sembra inglese».

Il mezzo sorriso mi lasciò supporre che avessi ragione. Fece per tornare a leggere, e io mi sporsi prontamente in avanti, sbirciando fra le pagine.

«”Il Ragnarok”… però! Si interessa di mitologia norrena?»

Dalla sua espressione capii che la conversazione era durata abbastanza.

«Be’, la lascio leggere in pace allora. Comunque, chiudiamo fra un paio d’ore». Gli rivolsi un sorriso nervoso e mi allontanai.

Scesi le scale velocemente e battei le mani sul banco, facendo sobbalzare Neil, distratto.

«Ho vinto e stravinto! Sta leggendo un libro di mitologia».

Neil fece una smorfia. «Non era tanto difficile. Vuoi un applauso?».

Lo mandai a quel paese, mentre Mrs Stradford si avvicinava alla cassa con la biografia di Steve Jobs.

--

Lo sconosciuto inglese se ne andò poco prima dell’orario di chiusura, il libro in mano e il bavero della giacca alzato. Non mi degnò di uno sguardo. Non avevo mai avuto un cliente abituale così burbero. Lo guardai allontanarsi verso la stazione dello Skytrain mentre fuori iniziava a nevischiare. Aveva un che di eroico, quasi. Un’eleganza indolente, incompresa, e rabbiosa.

Credo che quello fu il momento in cui decisi di accettare la sfida.

--


Il giorno dopo aspettai il pomeriggio per salire in soppalco.

Non appena lo vidi, lo puntai decisa e gli piazzai sul tavolino di fianco alla poltrona un volume tascabile sulle cinquecento pagine.

Lui alzò lo sguardo, sorpreso. «E questo cosa sarebbe?»

«American Gods, di Neil Gaiman. E’ un libro stupendo».

Fece una smorfia seccata. «Sto già leggendo questo…».

«Parla di mitologia nordica, è per questo che ho pensato che potesse interessarle. Vede, i personaggi sono dèi che vivono nel nostro tempo, ma nessuno crede più in loro. Vanno in giro per il mondo ridotti quasi ad esseri umani. E’ molto, molto interessante, se poi le piace la mitologia, è uno spasso».

Notai con orgoglio che sebbene mi stesse fissando con un cipiglio glaciale, sembrava che il mio racconto lo avesse incuriosito. Afferrai la palla al balzo e sorrisi incoraggiante.

«Lo sfogli. Prometto che poi non la costringo a comprarlo».

Quando salii di nuovo le scale, più tardi, lo trovai immerso nella lettura di American Gods. Aveva quella curiosa espressione concentrata che hanno le persone quando si stanno perdendo dentro ad un libro. Girai alla larga, e me tornai al pianterreno con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

--

Il mattino dopo dovetti nascondere la mia impazienza quando entrai nella saletta nel modo più casuale possibile.

«Allora, le è piaciuto American Gods

Alzò gli occhi con aria di sufficienza. «L’ho sfogliato, non è male».

Capii che stava facendo di tutto pur di non darmi la minima soddisfazione. «Non mi prenda in giro!» esclamai, indicando il tascabile sul tavolino «Ha passato tutto il pomeriggio a leggerlo. Lo avrà finito, di questo passo!»

Lui abbassò lo sguardo. Sembrava indeciso se dire o meno la verità.

«Sono solo all'ottavo capitolo» mormorò alla fine, alzando gli occhi. Il mio broncio crollò in una risata, e questa volta lui mi rivolse addirittura un sorriso intero.

«Be’, allora la lascio leggere. Il meglio deve ancora venire». Mi diressi verso le scale nascondendo un sogghigno dietro la riproduzione del First folio di Shakespeare che tenevo tra le braccia.

Poco prima dell’orario di chiusura, il tizio si avvicinò alla cassa e comperò American Gods con un atteggiamento tremendamente sostenuto. Neil mi fece l’occhiolino da lontano, ma lo ignorai sdegnosamente.

--

«Che cosa la porta a Vancouver?» trovai il coraggio di chiedere mentre mettevo a posto uno scaffale poco lontano. Era quasi l’ora di chiusura ed era rimasto solo lui.

«E’ complicato da spiegare».

Feci una smorfia. «Non volevo essere indiscreta».

«Diciamo che mi sono preso del tempo per stare da solo».

Mi voltai, sorpresa. Non mi ero aspettata una vera risposta alla mia domanda. «Problemi a casa?»

Lui sogghignò. «Non ne ha idea».

«Se la può consolare, i miei hanno divorziato quando avevo quindici anni» dissi, cercando di non metterlo a disagio facendogli l’interrogatorio. «Ho una sorella più grande con cui ho sempre litigato, ma ultimamente andiamo d’accordo. Ha una figlia di quattro anni che è un tesoro».

Mi voltai appena, osservandolo. Sembrava preso dalla lettura, ma ero certa che mi stesse ascoltando. Mi dava l’idea di uno a cui non sfugge nulla.

«Lei ha fratelli o sorelle?»

Mi pentii immediatamente di averglielo chiesto. Tutto nei suoi occhi si rabbuiò, e per un attimo mi fece quasi spavento.

«Ho un fratellastro».

Lo squadrai, preoccupata. «Non oso chiederle se andate d’accordo».

«Lo odio».


«Ecco, appunto».

Aspettai che continuasse a parlare, ma sembrava essere stato risucchiato da pensieri che io non potevo conoscere. Mi allontanai con discrezione, appuntandomi a mente di non tirare più fuori il discorso “parenti” in sua presenza.

--

«Certo che per essere una libraia, lei è alquanto poco silenziosa».

Fu la prima frecciatina che ricevetti da lui. Non l’avevo ancora mai sentito fare dell’umorismo. Ne rimasi piuttosto spiazzata, cosa che tentai di mascherare facendo della devastante auto ironia.

«E’ un tratto unico di noi libraie canadesi. Un effetto collaterale dello sciroppo d’acero». Era una pessima battuta, e infatti sul suo volto non spuntò nemmeno l’ombra di un sorriso. Sprofondai.

«Se le do fastidio, me ne torno di sotto» borbottai avvilita, guardando verso le scale.

«Sa perché vengo sempre qui?»

Colta alla sprovvista, mi voltai di nuovo verso di lui. «Perché?»

«Perché qualche anno fa, quando ero… in Inghilterra, passavo quasi tutto il mio tempo sui libri. Abitavo in una casa molto spaziosa, con una grande biblioteca».

«Come quella della Bella e la Bestia

Avrei voluto rimangiarmi tutto quando vidi l’espressione impassibile di lui. Dovevo piantarla di fare battute. Tanto era inglese, non le avrebbe capite.

«Ad ogni modo, questo posto… me la ricorda moltissimo».

Sorrisi. Non sapevo niente di lui, ma ero contenta che ogni tanto mi lasciasse intravedere qualcosa. «Be’, può passare qui tutto il tempo che vuole, se le fa piacere».

Mi rivolse uno sguardo indecifrabile, ma alla fine si decise a lasciarmi intravedere anche un sorriso.

--

Dopo alcuni giorni di più o meno occasionali scambi di battute, decisi di passare alle presentazioni. Ero incuriosita da morire.

«Comunque, io sono Cathy» dissi. Feci per porgergli la mano, ma ebbi l’impressione che non avesse alcuna intenzione di stringerla, e la lasciai cadere lungo il fianco.

Attesi che si presentasse a sua volta, ma non aprì bocca. Corrugai la fronte.

«Lei come si chiama?» lo incoraggiai.

Passò un altro istante in silenzio, ed ebbi paura che non volesse affatto dirmelo, il suo nome. Chinai il capo con un sospiro, aspettando la delusione.

«Loki».

Alzai la testa di scatto. «Che ha detto?»

Lui non batté ciglio. «E’ il mio nome».

«Loki? Come il dio norreno?»

Lui annuì.

«Il dio dell’inganno, giusto? Quello che ha partorito il cavallo a otto zampe o una cosa del genere»

«Ci sono versioni contrastanti di quel mito» replicò lui, impassibile.

Sorrisi. «Quindi anche i suoi genitori erano appassionati di mitologia!»

«In un certo senso».

«Ah, be’, i miei mi hanno chiamata “Catherine” perché il libro preferito di mia mamma è Cime Tempestose…»

Ad essere sincera, non credevo che si chiamasse veramente Loki. Era un po’ troppo assurdo persino per un inglese.

--


«Ormai quel libro lo saprà a memoria».

«Non ancora».

«Spero che almeno lei sia un po’ più fortunato del suo omonimo» mi chinai sul libro «“…perciò il dio venne incatenato ad una roccia, mentre il veleno di serpente gli colava sul viso provocandogli atroci dolori”. Questa è pesante, eh».

«Abbastanza» mormorò lui con un filo di voce.

Gli lanciai un’occhiata. «Credo che lei si lasci impressionare un po’ troppo da questi miti».

«C’è sempre un fondo di verità in ogni leggenda».

Sbuffai. «Potrebbe fare una pausa, ogni tanto. Leggere qualcos’altro. Che ne so, qualcosa tipo Harry Potter».

Mi restituì uno sguardo perplesso. Sgranai gli occhi.

«Harry Potter. Non lo conosce?»

«Veramente no».

 «Come sarebbe a dire, no? Lei è inglese, diamine!»

Rimase in silenzio.

Sconvolta, mi alzai e tornai con tutti e sette i libri tra le braccia.

Glieli misi sul tavolino con aria quasi minacciosa.

«Adesso te li leggi» sbottai, dimenticandomi anche le buone maniere.

Lui alzò un sopracciglio. «Non ho tempo, devo leggere questo, è molto importante».

«No, lei adesso non si muove finché non li ha letti tutti!»

Ci fissammo per un attimo. Nessuno dei due sembrava intenzionato a cedere e lo sguardo durò diversi secondi, colmo di tensione. Poi, senza distogliere gli occhi, Loki allungò lentamente la mano verso Harry Potter e il Calice di Fuoco.

«Quello è il quarto libro, non può iniziare a leggere da lì» ringhiai.

«Io faccio quello che voglio».

In tutta risposta, gli strappai il libro e gli misi tra le mani Harry Potter e la Pietra Filosofale.

«Buona lettura» lo salutai con zelo, e me ne tornai di sotto il più in fretta possibile.

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«Cathy, c’è gente che ha letto l’ultimo libro in una notte sola».

«Okay, Neil, va bene, ma lui li ha finiti tutti in due giorni!»

«Si vede che gli piacciono» commentò Neil, allontanandosi.

Stavo sistemando uno scaffale, quando Loki si avvicinò.

«Mi stavo chiedendo se fosse possibile parlare con la persona che ha scritto questi libri» sussurrò con voce tetra.

«Con la Rowling? Be', non credo. Come mai?» domandai.

Lui tentennò un po’ prima di rispondere. «Vorrei saperne di più su questa bacchetta di sambuco».

Alzai un sopracciglio, ridacchiando. «E perché, non avrai mica la smania di conquistare il mondo anche tu?»

Lui non rispose, ma per la prima volta il suo sguardo mi fece veramente paura.

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«Comunque, il Canada è un gran bel posto dove andare se si vuole fuggire da qualcosa» dissi un giorno. Lui mi guardò con curiosità.

«Anche Wolverine, quando voleva chiudere con il proprio passato, e non voleva che la gente con cui aveva a che fare lo trovasse, è andato a vivere sulle Montagne Rocciose. Non proprio a Vancouver, ma è sempre Canada!» proseguii io. L’altro mi restituì uno sguardo vacuo.

«Wolverine» articolai. «Quello dei fumetti».

«Non mi interesso di… fumetti».

«Sì, bè, da qui a non conoscere Wolverine…»

Restammo in silenzio per un po’.

«L’hanno trovato, alla fine?»

«Che cosa?»

«Wolverine. L’hanno trovato si o no?»

«Bè, alla fine sì».

Lui assunse un’espressione talmente strana - non preoccupata, non delusa, ma terribile come una condanna, che per una volta mi resi conto di essere completamente senza parole. Rimasi lì, in piedi, zitta. Era come se qualunque cosa stesse succedendo dentro di lui fosse totalmente al di là della mia portata. Forse non mi teneva abbastanza in considerazione da nascondermi meticolosamente il suo dolore, e così me ne lasciava osservare dei brandelli.

Non mi avrebbe mai concesso nulla di più, ma in fondo era abbastanza. Qualunque cosa gli stesse dilaniando l’anima, avevo l’impressione che non l’avrei mai capita.

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«Ad ogni modo» dissi, forse dopo un giorno, o una settimana «credo che se Wolverine si fosse rintanato in una libreria invece che andare a fare il boscaiolo sulle montagne, avrebbe avuto molte più chance di restare nascosto quanto voleva».

Non mi aspettavo il suo sorriso, e mi colpì come una pugnalata non appena pronunciai l’ultima parola. Sembrava dicesse: non importa, ma grazie. Credo che ricorderò quel momento per sempre.

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«C’era un libro che leggevo in continuazione da piccolo. Parlava della battaglia che Odino aveva ingaggiato contro i Giganti di Ghiaccio, liberando Midgard dalla loro furia».

Gli avevo chiesto qual era il suo libro preferito e mi aveva risposto con voce incrinata.

«Scommetto che è un gran bel libro» dissi con dolcezza. Lui sorrise.

«Sì, lo è».

«Magari ce l’ho, posso cercarlo».

«Ne dubito».

Non gli chiesi il titolo, perché aveva assunto un’espressione talmente avvilita da farmi star male.

Mi piaceva parlare con lui, mi piaceva il mistero che si portava negli occhi, mi piaceva il modo un po’ ambiguo in cui sorrideva.

Ma avrei tanto voluto vederlo un po’ felice, almeno per una volta.

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Un giorno, improvvisamente, non venne più in libreria.

Non ci avevo fatto subito caso, ma ero salita in soppalco, e lui non c’era. Non lo vidi tutto il giorno, né quello dopo, e nemmeno quello dopo ancora.

Cercai di non darci troppo peso, ma ero preoccupata. C’era un pacchetto sullo scaffale dietro il bancone.

Avevo fatto arrivare l’edizione illustrata di Stardust di Neil Gaiman. Gliela volevo regalare.

--


Il giorno seguente ricevetti la visita più strana che mi sia mai capitata.

Stavo controllando qualcosa al computer, quindi non vidi subito i due tizi che si erano avvicinati con passo spedito alla cassa.

«Può concederci un attimo del suo tempo, Miss Evelyn?»

Alzai lo sguardo, trovandomi davanti due uomini.

«Dipende. Lei chi sarebbe, Jonathan oppure O’Connell?» replicai.

Il mio interlocutore, un tizio con il pizzetto e un paio di occhiali scuri, ridacchiò.

«Apprezzo che lei abbia colto la citazione».

Sorrisi. Il suo compare, biondo e prestante, non aveva ancora aperto bocca.

«Come posso aiutarvi?» domandai.

«Volevamo solo chiederle se ha visto quest’uomo, signorina» disse allora il biondo, allungandomi una fotografia.

Come la presi in mano, il cuore mi balzò in gola. La foto era sfocata e scura, ma Loki era riconoscibilissimo.

«Dalla minuzia con qui sta osservando l’immagine, direi che lo ha già visto eccome» commentò l’uomo con gli occhiali.

«Sì…» risposi, continuando a guardare la foto «Veniva qui ogni tanto, ma sono giorni che non lo vedo. Gli è successo qualcosa?»

I due si scambiarono un’occhiata, non dissero nulla, e io mi irritai.

«Scusi… ma non ci ha riconosciuti?» chiese quasi timidamente il biondo.

«Be’, no…?» feci io. I loro volti non mi dicevano nulla.

«Lo perdoni, sa, ma lui è abituato a folle adoranti che lo circondano lanciando petali di rosa, quando passa per strada» lo schernì l’altro. Si sporse sul bancone, avvicinandosi a me con aria da cospiratore «Lui è Capitan America».

Sollevai un sopracciglio. «Siamo in Canada».

Il biondo strinse le labbra mentre io gli restituivo la fotografia.

«Spero che non gli sia successo niente di grave» dissi. I due non risposero. Dietro di loro, Mrs Stradford si era messa diligentemente in coda stringendo tra le mani la biografia di Eduard Khil.

«Grazie per il suo aiuto, Miss Evelyn» il tizio con il pizzetto trascinò via l’altro. Ebbi l’impressione che mi avesse fatto l’occhiolino, dietro alle lenti scuri.

«Vieni, Rogers, andiamo a fare un giro a Gastown. Dimmi, li avevano già inventati ai tuoi tempi i pancakes?»

Quella sera Neil mi spiegò che i due tizi erano probabilmente Steve Rogers e Tony Stark, alias Capitan America e Iron Man. Io alzai le spalle, indifferente, ma in realtà continuai a pensarci per giorni. Mi chiedevo se avessero trovato Loki, ma soprattutto, perché lo stessero cercando.

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Sono passati due mesi da quel giorno, e io non ho più rivisto né Loki, né quegli altri due.

Ci penso spesso, ma la vita mi richiama prepotentemente alla realtà, con le sue scadenze, e i suoi compiti.

Incarto romanzi rosa. Spiego pazientemente per l’ennesima volta che non è ancora stata dichiarata la data d’uscita del nuovo libro di G.R.R. Martin. Faccio uno sconto a Mrs Stradford. La gente continua a morire, e lei continua a comprare biografie.

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Stamattina però ho ricevuto un’altra visita.

Neil mi è venuto incontro mentre scendevo le scale, una pila di libri tra le braccia.

«Cat, c’è qualcuno che vuole parlare con te».

Davanti alla cassa c’era un uomo molto alto e muscoloso, biondo, con gli occhi azzurri. Ne rimasi colpita. Aveva un fisico possente, ma qualcosa dentro di lui sembrava immensamente smarrita. Era in giacca e cravatta, ma appariva a disagio.

Mi avvicinai.

«Buongiorno, mi cercava?»

 «Voi siete Cathy?»

«Sì, sono io» risposi, perplessa dal fatto che si rivolgesse a me con tanta galanteria. Forse era europeo…

Lui abbozzò un sorriso. «Sono il fratello di Loki».

Vi giuro che per un attimo tutto il mondo è scomparso, ed è rimasto solo lui. Ho sentito il cuore mancare un battito. Dopo tutto quel tempo non mi aspettavo affatto di ricevere sue notizie.

Cercai di mascherare lo shock, scrutando l’individuo. «Mi faccia indovinare… non si chiamerà mica Thor?»

«Be', sì».

«I vostri genitori erano decisamente molto appassionati di mitologia norrena» mormorai.

L’altro non parve cogliere l’umorismo. Mi ricordò come anche Loki non apprezzasse la maggior parte delle mie battute, e mi si annodò lo stomaco.

«Che fine ha fatto suo fratello? Sono mesi che non lo vedo» proseguii.

Thor fece una pausa prima di rispondermi. «È tornato a casa».

«Ah…» Non sapevo se essere felice perché almeno sapevo dove fosse, o triste, perché se n’era andato sul serio. «Mi aveva detto che c’erano stati dei problemi, a casa. Sono felice che sia tutto a posto».

L’uomo non disse niente, e un terribile presentimento mi colse all’improvviso. «Lui sta bene, vero?»

Thor sembrò soppesare bene le parole, prima di pronunciarle. «Non del tutto. Mio fratello non potrà… lasciare casa per un bel po’».

«In che senso?» domandai a bruciapelo, ma Thor si era messo a frugare nella tasca della giacca. Ne estrasse un pacchetto. Lo scartò con cautela, prima di porgermi il contenuto.

«Ha voluto che vi portassi questo».

Quando presi in mano il libro, mi resi conto che mi tremavano le mani.

«Era il suo preferito quando eravamo ragazzi» continuò Thor «parla di…»

«…della battaglia contro i Giganti di Ghiaccio. Lo so» dissi.

Thor mi rivolse un sorriso triste, mi salutò, e iniziò a incamminarsi. Io non reagii. A momenti non osavo nemmeno aprire il libro, lo tenevo tra le mani con quella sacralità che solo noi lettori conosciamo. Mi sentivo come se Loki fosse lì, dentro quelle pagine, e credo che avessi quasi l’irrazionale paura di aprire il libro e scoprire che tutti i fogli erano completamente bianchi.

Era quasi fuori dal negozio quando tornai bruscamente alla realtà. «Aspetti!» esclamai. Mi voltai, trafficando con gli oggetti sullo scaffale, ma quando mi girai di nuovo, lui se n’era andato.

Non avevo fatto neanche in tempo a dargli Stardust.

--

Il libro di Loki è sul mio comodino. Non l’ho ancora letto. Ogni tanto ho l’impressione che mi stia fissando, e che mi dica “leggimi, leggimi!”. A volte i libri ti chiamano. Io però non credo di essere pronta a rispondere.

Non ho più avuto sue notizie. Penso che debba essere successo qualcosa di terribile, per aver addirittura chiesto al fratello di venire apposta dall’altra parte del mondo a portarmi un libro. Penso anche al fatto che, qualunque cosa sia successa, lui abbia avuto la lucidità di chiedere che quel libro mi fosse consegnato. Lo trovo terribile e bellissimo.

Mi domando se ci sia qualche secondo fine in quel volumetto sul mio comodino, se ci sia la stessa ambiguità che c’era nel suo sorriso, ma sono pensieri che mi sorprendono prima di addormentarmi, e la mattina dopo li ho già dimenticati.

Lui no, non lo dimentico.  La sua storia è avvolta dal mistero e io non ho abbastanza frammenti per poter ricostruire l’intero racconto.

Non so nulla, se non quello che ho visto. Conosco solo i piccoli momenti che abbiamo vissuto tra gli scaffali. Sono i momenti che mi mozzano il respiro quando qualcuno mi porta alla cassa Harry Potter, o mi chiede un libro di Neil Gaiman.

A dire il vero non so perché quello strano uomo con gli occhi di ghiaccio sia diventato così importante per me, così tanto da spingermi a raccontarvi tutto questo.
Forse è solo perché a me piacciono le storie. Mi piace raccontarle, leggerle, e a volte viverle.

Però la sera, quando chiudo il negozio e mi incammino verso la fermata dello Skytrain, mi sento schiacciare dai ricordi.

So benissimo che non lo rivedrò mai più.

Non ho idea di dove sia veramente, né di chi sia veramente, ma spero che ovunque si trovi, sia almeno un po’ felice. Avrei tanto voluto scacciare quel dolore tremendo che aveva negli occhi. Ci ho provato, credo. Ma non penso di esserci mai riuscita.

Vorrei tanto rivederlo.

Ogni tanto sogno a occhi aperti, e lo immagino tornare, con quell’espressione seria e gli occhi molto, molto più sereni di prima.

Lo so che non succederà, non sono mica stupida.

Ma se dovesse accadere, io sarò lì ad aspettarlo con l’edizione illustrata di Stardust che ora riposa sullo scaffale dietro al bancone, in attesa.

Lui mi farà un sorriso, e allora io avrò una nuova storia da poter raccontare.















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Prendete questa storia con la stessa leggerezza con cui l'ho scritta io. E' forse assurdo che Loki si nasconda in una libreria, dopo un'ipotetica fuga da Asgard a seguito de The Avengers, così come può essere assurdo che finisca per stabilire un qualche contatto con la libraia in questione. Non mi premeva scrivere una storia plausibile in ogni piccolissimo particolare tecnico, ma narrare una vicenda, dispiegare un racconto, comunicare delle emozioni. E nella vita reale spesso le storie sono imperfette.
Qualche appunto:
- Evelyn Carnahan, Mr O'Connel, Jonathan, sono personaggi del film La Mummia del 1999, dove la protagonista è una bibliotecaria.
- Gastown è un quartiere di Vancouver molto pittoresco, mentre lo Skytrain è la metropolitana. Chapters è una grande catena di librerie canadesi. Ho vissuto a Vancouver sei mesi e ci tenevo a inserire il Canada in una fan fiction, prima o poi.
- American Gods è un libro stupendo di Neil Gaiman. Se non si fosse capito, Gaiman è il mio autore preferito. Leggetelo, se ne avete l'occasione.
- Eduard Khil, di cui Mrs Stradford compra la biografia, è lui: http://www.youtube.com/watch?v=1orMXD_Ijbs
- La Shakespeare e co. è una libreria molto bella di antiquariato e non. Si trova a Parigi, sulla riva della Senna, di fianco alla cattedrale di Notre-Dame.

Questa fan fiction è dedicata ad Alice, canadese quanto me.
E' stata lei a dirmi qualche settimana fa mi piacerebbe vederlo almeno un po' felice, Loki, prima o poi. Non ha idea di quanto le sia grata per averlo detto.

Un abbraccio,
Eleu
   
 
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