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Autore: Chibi Tantei    12/07/2012    1 recensioni
"In quel caldo pomeriggio, riuscivo a sentire solo tre cose: le cicale, i miei passi agitati e l’assordante battito frenetico del mio cuore.
[...]Per una volta, toccava a me fare la prima mossa.
Smisi di fare su e giù per la stanza, m’impuntai con i piedi davanti al letto, feci un profondo respiro, un lungo passo deciso, e mi fiondai sul letto, prendendo il telefono."
Questa FF è nata sotto richiesta.
Spero che oltre all'"acquirente" possa piacere anche a voi :)
Buona lettura.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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E per una volta non sono io la protagonista delle mie storie originali!
Ureey!(?)





In quel caldo pomeriggio, riuscivo a sentire solo tre cose: le cicale, i miei passi agitati e l’assordante battito frenetico del mio cuore.
Fissavo il telefono, poggiato sul mio letto, in attesa di acquistare abbastanza coraggio da prenderlo a due mani, digitare il suo numero, aspettare che rispondesse e chiedergli di uscire.
Dopo tutto non era difficile, no?
Un gelato con quel caldo infernale ci stava, giusto?
E ci stava ancora meglio se fino al giorno prima mi chiedeva di uscire, prossimamente.
Si, un tempo molto vago, ma già il fatto che avesse buttato lì l’idea mi bastava ed avanzava.

Per una volta, toccava a me fare la prima mossa.
Smisi di fare su e giù per la stanza, m’impuntai con i piedi davanti al letto, feci un profondo respiro, un lungo passo deciso, e mi fiondai sul letto, prendendo il telefono.
Mi sedetti, guardai l’oggetto nelle mie mani e digitai il numero.
<< Coraggio Giù >> fù tutto quello che dissi, prima di premere la cornetta verde e portarla lentamente all’ orecchio.

Ci furono due interminabili squilli, molto pesanti per il mio cuore: quei cinque secondi di distacco tra un rumore e l’altro era riempito dalle mille palpitazioni del mio cuore. Di solito in stato d’agitazione mi mordicchiavo le unghie, oppure attorcigliavo con furia una mia ciocca di biondi capelli. Ma non sta volta.
Ero immobile.
Non sapevo nemmeno se sarei riuscita a spiccicar parola, caso mai qualcuno avesse risposto alla mia chiamata.
Desideravo ardentemente che nessuno sentisse il telefono in casa; meglio ancora se non ci fosse stato nessuno a sentirlo.
Desiderio migliore di tutti? Avrei voluto fare un balzo indietro nel tempo per impedire al mio cervello di concepire una tale idea.
Non so come, ma semmai questo mio folle istinto si sarebbe potuto realizzare, di poter tornare indietro, il cambiamento di rotta del mio cervello sarebbe stato una passeggiata.

Iniziai a tremare leggermente al terzo squillo.
Forse era la paura che qualcuno potesse rispondere da un momento all’altro, o forse era la felicità che faceva capolino da sotto l’agitazione, quando, al quarto squillo, nessuno rispondeva ancora.
Un lieve sorriso comparve per poco sulle mie labbra.
Qualcuno dall’altra parte, aveva alzato la cornetta.
<< Pronto? >>
 

Avevo la pelle d’oca.
Mi ero fatta la doccia tre volte nell’arco di mezz’ora e avevo scartato mezzo armadio prima di riuscire a vedere qualcosa di decente. Una camicetta bianca con mezze maniche a palloncino, dei pinocchietto  marroncino chiaro e sandali del medesimo colore.
Come al solito, a mezza corsa dell’autobus, ripensai al mio abbigliamento, ma non potevo tornare indietro e cambiarmi.
Quello non era il mio stile. Decisamente no.
Ma per una volta volevo apparire così, semplice e, magari ai suoi occhi, carina …
Ero in anticipo di un quarto d’ora.
Per una volta che lo ero, lo ero di troppo. Chissà quanto lo avrei dovuto aspettare?
Magari lui s’immaginava un mio ritardo, e così avrebbe ritardato anche lui.
Si, ma di quanto?

Mentre continuavo con queste mie paranoie mentali, sentii una voce dietro di me, alquanto sorpresa.
<< Già qui? >>
<< Potrei dirti la stessa cosa. >>
“Cazzo dici Giulia? Potevi salutarlo come si deve! Idiota!”
<< Ti trovo bene. Come stai? >>
Per fortuna lui era più solare di me, in queste occasioni. Mi toccò una spalla (provocandomi non pochi brividi) e si avvicinò per baciarmi sulle guancie.
Il solito gesto da amici.

Iniziammo a camminare, parlando del più e del meno, fino ad arrivare alla gelateria.
Entrambi prendemmo i gusti crema: lui zabaione, bacio e stracciatella; io mi feci dare doppia razione di nocciola e una sola di yogurt.
Ci avviammo verso un parco, mentre ci gustavamo il gelato.
Solo che il caldo tirava un brutto scherzo: stava facendo sciogliere il nostro dessert molto velocemente, e noi dovemmo aumentare i ritmo dei nostri morsi/leccate per evitare che tutto colasse giù.
Alla fine avevamo tutta la bocca sporca di gelato. Ci guardammo in faccia e scoppiammo a ridere.
Ridemmo per molto tempo, con i passanti intorno che ci guardavano male.
Loro non potevano capire che per me, anche quel buffo momento, era speciale.
Vedere la sua bocca, le sue labbra sottili, i suoi baffetti sporchi di gelato … mio Dio, quanto avrei dato per poterlo baciare!

Mi ripresi da quei pensieri quando lui mi chiese dei fazzoletti.
Dalla tasca ne tirai fuori un pacchetto, ma purtroppo conteneva una brutta sorpresa:
<< Cavolo! >>
<< Che c’è? >>
<< C’è solo un fazzoletto … >>
<< Ah. E ora …? >>
Ci fù un breve silenzio, poi tirai fuori il fazzoletto e lo strappai a metà, porgendogliene una parte.
<< Così va bene per entrambi, no? >>
<< … >>
<< Cosa? >>
<< Tienilo tu. Io … troverò un altro modo per pulirmi, tranquilla. >> disse mentre si guardava intorno e mi abbozzò un sorriso.
Lo guardai con fare sospetto, mentre lo ringraziavo e prendevo possesso dell’altra metà del fazzoletto.
Quello sguardo non mi piaceva molto … o forse si?

Il tempo passava, il sole calava e lui aveva ancora il gelato appiccicoso sulle labbra, mia grande tentazione.
Alla fine, cercando di risultare scherzosa, gli dissi:<>
Ok, avevo appena detto la cosa meno adatta al mondo, seppur pertinente alla situazione. Almeno credo.
Non ce la facevo a guardarlo nei suoi profondi occhi marroni: li sentivo attaccati su di me, sul mio profilo, mentre continuavo a guardare avanti e a far finta di sorridere.
Vidi con la coda dell’occhio il suo pollice passare piano sulle labbra, poi agli angoli della bocca, cercando di pulirli, e passandoselo infine nella bocca, per assaporarne il sapore.
Cercai di deglutire il maniera meno vistosa possibile, mentre affrettavo il passo.
 
<< Aspetta … >>
Sentii solo questo, e soltanto questo fù necessario  per farmi fermare.
Le sue grandi mani abbronzate mi presero e mi girarono, così che i nostri  visi si ritrovassero uno davanti all’altro. Avevo il cuore a mille: il sole al tramonto lo faceva come risplendere, con i corti capelli neri che brillavano,  e io non riuscivo a guardarlo in volto. Ero no imbarazzata, di più. Temevo che il fuoco che sentivo sulle guancie si riflettesse anche al di fuori delle mie sensazione, comparendo in maniera troppo vistosa.
Nessuno dei due disse niente, fino a quando lui non iniziò ad avvicinarsi alle mie labbra.
Chiudemmo gli occhi, ed improvvisamente le nostre bocce entrarono in contatto. Le sue labbra erano calde, morbide, dolci … ed appiccicose. Al sapore di zabaione.
Devo ammettere però, che non mi dispiacque più di tanto: mi diede una scusa per aprire la bocca e iniziare a leccargli le labbra per pulirle. Finita la pulizia, iniziò lui a giocare con la mia di lingua, unendola alla sua in una danza che mi dava i brividi ad ogni movimento.
<< Perdonami … Magari lo preferivi più fresco e dolce … >>
Mi disse, dopo esserci sciolti da quel lungo e appassionato bacio.
<< Sinceramente non pensavo che sarebbe mai stato così … il nostro primo bacio. >>
<< Che? >> Mi fece lui con fare interrogativo. << Io mi riferivo al gelato. >>


___________________________________________________
se tutto ciò è qui, è colpa di 
Forelsket u_u
mi ha convinto lei a non lasciarlo su Word.
Avrei voluto mettere fra le avvertenze "One-short", ma non lo trovavo. D:

Chibi Tantei

  
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