Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: WibblyWobbly    12/07/2012    5 recensioni
[Traduzione] In una lunga chiacchierata, Sherlock esamina le caratteristiche che il piccolo Hamish ha preso da lui e da John.
Note: AU, Parentlock
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutti!
E' la prima volta che mi dedico a una vera e propria traduzione, ma questa storia è così bella che volevo condividerla.
Se avete qualcosa da farmi notare sulla traduzione, non esitate.
Qui trovate il testo originale di CrayolaDinosaurs http://archiveofourown.org/works/443067#main
Buona lettura ^^


Sherlock sedeva guardando fisso davanti a se. L’umidità della terra gli inzuppava i pantaloni, il freddo del marmo si infiltrava attraverso la giacca.
Guardava come le nuvole si facevano strada nel cielo blu metallizzato; turbinando e ondeggiando, come uno strano promemoria della precarietà della natura.
Stirò le piccole pieghe  dei suoi pantaloni sgualciti, tirando via un filo immaginario  dal risvolto. A malapena notò John avvicinarsi, rapido e silenzioso.
John si fermò e prima di sedersi accanto a Sherlock, distolse lo sguardo verso il sole per qualche minuto. Sherlock non alzò gli occhi, non salutò il compagno. Sospirò e tornò a guardare la sua nuvola.
Passò un’ora, forse due, prima che Sherlock iniziasse a parlare: difficilmente prestava attenzione al sole per poterlo sapere.
“Hamish è senza ombra di dubbio tuo figlio”
John avrebbe voluto protestare ma Sherlock alzò una mano prima che potesse dire qualcosa.
 “No, no. Lo so, geneticamente non si può negare che è mio figlio. E’ stato maledetto con il gene degli Holmes.  E mentre questa è un’ottima cosa per l’intelligenza… di tanto in tanto mi auguro  che possa renderlo più forte. Gli Holmes non sono fatti per integrarsi e Hamish quasi certamente non ci riuscirà… ha preso troppo da me. Quei capelli ondulati, le ginocchia nodose, la pelle chiara, gli occhi iridescenti quasi alieni… tutte queste cose le ha prese da me”
Sherlock  si guardò le mani: giacevano unite e immobili sul suo grembo.  La sua voce si addolcì mentre continuava
 “Ma è anche tuo. In qualche modo è tuo figlio, John. Sa come gestirmi. Sa combattere il peggiore dei miei stati d’animo. E questa cosa ha scritto “Watson” in ogni sua parte”.
Alzò lo sguardo per incontrare quello di John.
“Lui sorride e io vedo te. Il suo senso dell’umorismo è assolutamente il tuo. Non so il perché o il come, ma hai lasciato un’impronta di te stesso in nostro figlio. In quale altro modo avrebbe potuto sapere come preparare una perfetta tazza di the? Queste cose le ha prese da te”

“Sono sicuro che l’hai notato, sembra aver acquisito anche alcune delle mie abitudini meno desiderabili: la testarda necessità di avere ragione, la conversazione a volte incessante”
John sbuffò, ma Sherlock lo ignorò.
“L’occasionale disprezzo delle sue necessità fisiche, la personalità che dà leggermente dipendenza; ricorderai, sono sicuro, l’episodio del lecca lecca; sono mie particolarità.”

Un silenzio complice avvolse i due uomini. Le nuvole si erano distese sino a loro, oscurando il luogo. Sherlock si passò una mano tra i capelli, tenendo costante quel contatto visivo che   molti  trovavano insopportabile, ma che egli sapeva piacere a John.
“La tua influenza su di lui è naturale e innegabile. E non l’annullerei neanche se potessi”
“Suona il clarinetto, per l’amor del cielo! Nemmeno uno strumento a corde. Posso incolpare solo te per questo” 
John sorrise e Sherlock distolse lo sguardo, continuò
“In ogni caso, se qualcuno può dare dignità a uno strumento a fiato, quel qualcuno è Hamish Watson-Holmes. Con il contributo dell’unico consulente detective del mondo e del suo medico militare, non potrebbe essere meno di straordinario”
La spalla di John urtò quella di Sherlock, il quale ridacchiò
“Riderai di questo o forse già lo sai… quel ragazzino mi ha completamente nelle sue mani. E’ così pieno di amore e affetto… tutto quello che io non sono mai stato. La sua risata può rendere vivace  anche il più noioso dei momenti”
 “Ricordi la festa per il suo quinto compleanno?”
Sherlock continuò, John annuì lentamente e sorrise con affetto.
“Certo che te lo ricordi. E’ stato indimenticabile. Hamish è riuscito a dedurre correttamente che Lestrade e mio fratello avevano” - Sherlock scacciò un brivido - “fatto l’atto, diciamo così”
John sorrise al suo disagio.
“E proprio quella sera, mentre guardavamo la televisione, Hamish entrò in stanza e si fermò, come se stesse per fare uno di quei discorsi che cambiano il mondo… guardando indietro, suppongo che lo fosse. Portò le mani dietro la schiena e annunciò ‘Papà. Babbo[1]. Vi voglio bene’ ”
John circondò le spalle di Sherlock con un braccio e Sherlock si concesse di piegare la testa all’indietro.
 “ ‘Vi voglio bene’. Tre semplici parole. Separate non hanno alcun significato, insieme… e da quando queste tre parole sono state pronunciate, in modo sfrontato da un bambino, il mio bambino… il nostro bambino… la mia vita è ampiamente cambiata. E questo, questo viene da te. Quel…  quel sentimento. Tutto da te. Non sono mai stato in grado di esprimere qualcosa che comprendesse le emozioni con qualcosa che andasse  anche vicino alla certezza. Quindi, grazie. Grazie per… beh, tutto”

Il braccio che gli circondava le spalle, le strinse ancora un po’.
 “Non ho mai pensato che avrei trovato una persona che potesse amarmi… mai nemmeno sognato che un giorno ce ne sarebbero state due; due esseri umani straordinari che hanno la forza e la compassione non solo di amarmi ma anche di annunciarlo al mondo”
John si sfiorò una guancia per asciugare una lacrima mentre Sherlock non guardava.
Sherlock poi continuò: “Non so cosa avrei fatto senza di lui… Hamish è tutto. E ancora una volta, questo l’ha preso da te”
Continuò: “Sai che non condivido le stupide nozioni che le persone hanno sull’esistenza di un potere superiore, qualcuno onnisciente che ci guarda dall’alto. Ma se qualcosa è stato progettato da una Divinità, siete voi due. Se qualcosa era destinata ad essere, quel qualcosa eravamo noi tre”
Sherlock si schiarì la voce, John semplicemente chiuse per un attimo gli occhi pieni di lacrime.
“Ieri sera, Hamish pregava. Non sapeva che stessi ascoltando. Ha detto: ‘Senti, non so se ci sei, ma papà dice sempre che ci sono cose in questo mondo che nemmeno babbo può spiegare quindi…  se ci sei… credo di avere qualcosa da dire. Ho bisogno che tu dica a papà…’ ” - La voce di Sherlock si incrinò, le sue mani chiuse a pugno - “Ha detto: ‘Dì a papa che mi prenderò io cura di babbo al suo posto. Digli che staremo bene’. Immagina, sette anni e si prende cura di me”
Una lacrima rigò il viso di Sherlock, si portò le ginocchia al petto e si asciugò il volto. Il peso confortante aveva lasciato le sue spalle.
 “John, mi sono bloccato… non riuscivo a muovermi. Ha pregato ancora per un po’, inviandoti una lettera attraverso messaggeri celesti. Per tutto il tempo sono stato fuori dalla sua porta, cercando di sentire e incapace di comprendere… lottando per respirare e per restare in piedi. E poi… poi ho colto la fine della sua preghiera. Ha detto che gli manchi davvero tanto”
Quando Sherlock si alzò, cercando di togliere lo sporco da i suoi pantaloni, le lacrime scorrevano liberamente sul suo viso. Stirò la giacca con le mani e si voltò. E mentre guardava svanire lentamente quell’ultima immagine dell’uomo che amava, sorrise triste.
Fece un passo avanti e posò la mano sulla lapide liscia che gli aveva fatto da schienale. Osservò le parole ormai familiari, cercando di concentrarsi sulla forma piuttosto che sul significato.

John H. Watson
Soldato. Dottore. Padre. Amico.

Sherlock prese un gladiolo [2] po’ stropicciato dalla giacca e lo posizionò delicatamente sulla curva gentile della pietra nera, carezzando l’insensibile e implacabile gelo. Chiuse gli occhi e disse le sue ultime parole all’uomo che, tempo prima, era diventato il suo cuore.

“Gli manchi davvero tanto. E questo, questo, mio caro John, l’ha preso da me”






Note:
[1] Nell'originale, l'autrice scrive che Hamish si rivolge a John e Sherlock con "papa" e "father". La traduzione letterale di "father" mi sembrava troppo impersonale, così ho optato per "babbo"

[2] Da varie ricerche  (per esempio qui: http://www.inseparabile.com/pianteefiori/Gladiolo_Gladiolus.htm ) si comprende che il nome scientifico "Gladiolus" deriva dal vocabolo latino "gladiolum = piccola spada" e si riferisce alla forma delle foglie sottili e allungate particolari del fiore.
Nel linguaggio dei fiori significa "tu mi hai ferito il cuore", proprio per richiamare le foglie simili a lunghe lame. C'è chi sostiene che in questa simbologia si debba avvertire un tono di tristezza, perchè la ferita è da attribuire all'abbandono, e c'è invece chi afferma che in essa si fa riferimento al classico colpo di fulmine.
In più indica la schermaglia amorosa, l'infatuazione, il ricordo... ma anche forza, sincerità e integrità morale.
Diciamo che ogni fonte dice la sua, ma questo dovrebbe essere il significato generale.


 

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: WibblyWobbly