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Autore: Diamante_rosso_fragola    12/07/2012    0 recensioni
Ridigitò su Google la parola 'gioco di ruolo gratuito', scartò quelli di guerra (lei aveva sempre preferito costruire piuttosto che distruggere, anche se non era digiuna dei giochi di strategia e non era proprio una frana), si imbattè in uno fantasy (che scartò) in uno di fantascienza (che la ispirava molto: aveva l'aria di essere proprio una sfida di scrittura, ma forse proprio la sua complessità la scoraggiò) e infine si imbattè in uno storico. Ambientato nel Medioevo. Lei aveva sempre apprezzato molto la storia, e il periodo medievale la affascinava. Aveva deciso: e fu così che si iscrisse a un gioco di ruolo online.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1




Anna si svegliò. Non sapeva che ore fossero, non sapeva se fuori piovesse o ci fosse il sole. Beh, a dire il vero il rumore della pioggia non lo sentiva. Quindi, sapeva che almeno non pioveva. Cioè, lo avrebbe saputo se se lo fosse chiesto.

 

Era quasi due mesi che era a casa senza lavoro. Gli ultimi anni aveva sempre dato il massimo, in un mese una volta era anche arrivata a fare tre lavori insieme. Alla fine dei vari contratti la risposta era sempre la stessa: “non ti rinnoviamo” oppure: “Vorremmo tanto assumerti ma non ne abbiamo la possibilità al momento, per cui tanti saluti” ma lei tempo neanche un mese e già lavorava da un'altra parte. Così facendo aveva fatto pochissime vacanze negli ultimi quattro anni, ma non era quello il punto.

 

Era sfibrata. Era stanca di vedersi sempre mettere da parte quando la salute l'abbandonava, o quando lei non serviva più. Pensava di avere diritto a riposarsi un poco, dopo anni di duro lavoro... l'ultimo lavoro lo aveva perso per via della salute.

Il mal di schiena era stato insopportabile quel mese, e aveva il mal di testa fisso tutti i giorni. Forse era la posizione alla scrivania, china sul computer, che le faceva venire tutti quei dolori...

 

Aveva avuto due brutti incidenti che le avevano rovinato la schiena, e di riflesso la cervicale le si infiammava praticamente tutti i giorni aggravando i suoi mal di testa che comunque aveva fin da quando era piccola.

 

Ma non era nemmeno quello il problema peggiore. In fondo, a novembre si era decisa (lavorava ancora a novembre) e aveva comprato un materasso ortopedico costosissimo, che le avrebbe sicuramente giovato.

 

 

Il fatto era che almeno da quattro anni soffriva di depressione grave.

Essendo orgogliosa e combattiva, aveva provato da sola a reagire all'esaurimento nervoso che aveva avuto pochi mesi prima del suo matrimonio. Ma le era stato impossibile. Aveva cambiato completamente zona ed era lontana dalla sua famiglia, dai suoi amici, dai boschetti pieni di verde che tanto le scaldavano il cuore... per andare ad abitare in un paesino sperduto alle porte di Milano.

 

Il senso di solitudine che arrivava a provare le toglieva il fiato. La suocera non riusciva a perdonarle di averle “rubato il figlio” per cui alla disperata solitudine si aggiungeva un senso di rifiuto con conseguente rabbia che certo non aiutava. Il marito, sebbene più grande di lei, si era come paralizzato davanti alle responsabilità che avere una famiglia tutta sua comportava, essendo sempre stato in una campana di vetro creata con amore soffocante dai suoi genitori; per cui Anna aveva dovuto prendere le redini della sua nuova famiglia in attesa che il marito si risvegliasse dall'empasse.

 

Tutto questo mentre si sentiva avvolgere sempre più in un'oppressiva cappa nera che le aveva tolto ogni barlume di vita. Non riusciva più nemmeno a sorridere. Sebbene riusciva a fare una chiaccherata in cui era apparentemente serena, era sufficiente toccare uno dei punti sensibili che tanto la facevano soffrire per farla scoppiare in un pianto senza possibilità di ricevere conforto.... nulla la faceva stare meglio. Non aveva nemmeno la forza di curare la casa, appena tornava tra quelle quattro mura si sentiva svuotare di ogni scintilla vitale, di ogni intenzione, e rimaneva a fissare il disordine impotente. Si sentiva impazzire. In tutto quello, il marito le stava accanto come poteva, ma erano più le volte che si demoralizzava lui e lei doveva provvedere a tirarlo su di morale, preferibilmente dando al marito un'alternativa rispetto allo shopping (lui ragionava così: sono depresso, devo comprarmi qualcosa!! ma se lei cercava di insegnargli cosa fosse un bilancio famigliare lui improvvisamente cambiava argomento dicendo di sentirsi un fallito) che non le volte che lui riuscisse davvero a farla stare meglio.

Passarono così tre anni; al quarto lei capì che semplicemente non poteva curarsi da sola. Prese un appuntamento col suo medico di base, ci fece una bella chiaccherata dove scoppiò a piangere più volte e il medico le prescrisse dei farmaci. L'incubo era iniziato.

 

 

Il primo farmaco era troppo forte. Le dava senso di vertigini, sentiva perdere il controllo del proprio corpo, si sentiva svenire. Fu così che le vennero i primi attacchi d'ansia. Fortissimi. Come naturale conseguenza, andando in iperventilazione, dopo un attacco si sentiva completamente priva di energie e frastornata.

Fu così che le prescrisse anche un ansiolitico... troppo forte anche quello.

Non si capiva cos'era peggio: il senso di annichilimento dovuto all'attacco d'ansia o il completo abbattimento delle energie dovute al farmaco. Una volta stette così male che la suocera dovette venire a pulire casa al posto suo. Orgogliosa com'era, Anna cercava di alzarsi dal letto per fare la sua parte di mestieri, ma inevitabilmente dopo due secondi si accasciava a terra perché era troppo debole per stare in piedi. Subito dopo scoppiava a piangere per quanto si sentiva impotente e umiliata dal suo stato di salute, mentre il marito accorreva a consolarla.

 

Sua suocera non l'aveva mai vista così e si spaventò parecchio. E iniziò ad ammorbidirsi.

 

Il medico le prescrisse un altro farmaco, con un altro ansiolitico.

 

Ma era troppo blando. Anna se ne stava ormai rinchiusa in casa, terrorizzata all'idea di uscire e incontrare gente, terrorizzata anche solo all'idea di dover guardare qualcuno negli occhi e parlarci. E le crisi d'ansia erano una nube minacciosa che potevano presentarsi da un momento all'altro.

 

Uno di quei giorni in cui pensava che solo l'oblio della morte potesse essere una soluzione, venne a trovarla una nuova conoscente. Mentre si parlava del fatto che lei non stesse bene, l'amica fanatica sostenitrice dell'omeopatia disprezzava i farmaci che lei assumeva e si mise a leggere il foglietto illustrativo del farmaco. Con gesto teatrale esclamò “Omioddiooo...” Con indifferenza Anna chiese “Che c'è?” “Aumento dello stato depressivo e pensieri suicidari... che brutta roba!” e si rimise a snocciolare le proprietà benefiche del tiglio.

 

Anna non diede a vedere nulla. Ma come la signora uscì prese il foglietto, che non aveva letto per non impressionarsi, e lo lesse avidamente.

 

“Effetti negativi: in caso di peggioramento dello stato depressivo e insorgenza di pensieri suicidari persistenti contattare immediatamente il medico” Anna prese subito in mano il telefono: “Marco, portami subito al pronto soccorso!”

 

Al pronto soccorso le cambiarono immediatamente farmaci e la reindirizzarono al cps più vicino. Anna nemmeno sapeva cosa fosse un cps fino a quel momento, ad ogni modo ubbidiente prese un appuntamento. Al cps le confermarono i farmaci con una piccola variazione sulla quantità di ansiolitico, e le chiesero quali fossero le ragioni di un disagio simile.

 

Anna con estrema lucidità spiegò a tutto tondo la situazione, i preparativi estenuanti del matrimonio che praticamente aveva organizzato da sola, a soli ventun anni per via dell'indifferenza dei suoi genitori e l'ostruzionismo dei suoceri, litigando con il mondo per ogni minimo particolare. L'esaurimento nervoso; le liti e incomprensioni con la famiglia del marito, le nuove responsabilità che si era ritrovata ad affrontare praticamente da sola perché lontana da tutto e da tutti, l'incidente d'auto avuto solo quattro mesi dopo del matrimonio che destabilizzò non solo la sua salute ma sopprattutto le finanze di famiglia, il dover affrontare tutto questo senza il sostegno pratico del marito, spaventato dal mondo reale forse più di quanto non lo fosse lei. Tutto quello che la dottoressa ebbe a dire fu: “complimenti, le è chiara la situazione quindi. Ci lavori su e ci rivediamo tra sei mesi” Anna non fu per niente d'accordo. Per tre anni ci aveva “lavorato su” da sola. Decise quindi di rivolgersi a un medico privato, e forte delle diatribe avute con l'assicurazione (aveva dovuto mettere in mezzo un avvocato, nonostante il marito andasse in panico e le rinfacciasse che ora non solo avrebbero dovuto pagare per le sue visite mediche ma avrebbero dovuto pagare anche l'avvocato se lei non fosse riuscita a spuntarla) sapeva bene come scegliere un medico anche senza passaparola.

 

Fu così che a novembre, mentre ancora lavorava, contattò una psichiatra. Dopo alcuni primi colloqui, fu inserita in una terapia di gruppo nel mese di Dicembre. Lei a novembre aveva perso il lavoro per via della sua salute precaria, ma invece di tornare subito nella mischia decise di richiedere il sussidio di disoccupazione: aveva diritto anche lei ad avere un minimo di riposo.. e si sarebbe concentrata sul curarsi.

 

Cosa che ovviamente fu un po' traumatica. Le prime sedute, a sentire i guai degli altri in cura come lei, si chiese cosa facesse lì. Lei non aveva una vita così incasinata come l'avevano alcuni, era solo molto molto triste. Poi, col tempo, si rese conto di non essere poi così “tanto meglio”, ma che tutti sguazzavano nello stesso fango, a volte con dinamiche molto simili. Si ritrovava a dire a se stessa, che se nel mondo ci fosse stato un sufficiente numero di buoni amici non ci sarebbe stato bisogno di psichiatri, perché le chiaccherate che si facevano nella seduta di gruppo le ricordavano le chiaccherate accorate che faceva con le sue amiche di un tempo, dove ci si raccontava anche i particolarì più cupi e si cercava insieme di trovare una soluzione. E anche se una soluzione non c'era, lei cercava con tutte le sue forze di far stare meglio chi aveva davanti. Fu per questo che in parecchi erano affezionati a lei... nel posto dove era cresciuta.... tanto che quando lei si trasferì alcune cose in sua assenza precipitarono... ma non poteva più risolvere i problemi di tutti, ora ne aveva di seri lei e avrebbe dovuto sbrigarsela da sola.

 

La psichiatra si complimentò con lei per il suo intuito e per la sua capacità di autoanalisi. Le disse che era una psichiatra mancata e questo la inorgoglì per un po'. Ma a parte questo intenso lavoro interiore che avveniva una volta a settimana... la sua realtà era che passava l'intero giorno chiusa in casa senza nessuno che le telefonasse, nessuno che andasse a trovarla, nessun contatto insomma. Spesso non apriva nemmeno le persiane alle finestre.

Ogni tanto però prendeva degli impegni con un'amica, una signora che abitava nella via parallela alla sua e con la quale si erano subito sentite in sintonia. Questa signora aveva l'età di sua madre, e lei aveva a sua volta una figlia dell'età di Anna. Prendeva spesso degli impegni con lei, anche solo per uscire di casa, ma ogni volta era una lotta tra la voglia di non mettere piede fuori della soglia e la voglia di non dare buca. Ogni volta che doveva uscire di casa si scatenava un vero e proprio conflitto interiore costellato di sensi di colpa, paure, ansie e senso del dovere.

 

Ma di fatto le restava un sacco di tempo passato in penosa solitudine, chiusa in una casa messa nel bel mezzo del nulla. Fu così che pensò che forse un videogioco di quelli che piacevano a lei, quelli in cui si costruisce qualcosa piuttosto che demolire, l'avrebbe aiutata a passare delle ore piacevolissime. Ma, cresciuta dai suoi genitori nella cultura della parsimonia, essendo che non lavorava e percepiva un sussidio ridotto, si sentiva in colpa all'idea di comprarsi un videogioco per il pc. Decise quindi di iscriversi a uno di quei giochi gratuiti online.

 

Accese il computer e digitò la parola “giochi gratuiti online” su Google. Saltando i giochi flash, che generalmente non la prendevano più di tanto, si imbattè in alcune diciture: “gioco di ruolo online”.

Lei era cresciuta in mezzo a una tribù di fratelli tutti maschi. Sapeva bene cosa significasse. “ottimo!”, si disse,“Sarebbe un bell'esercizio di scrittura, e poi mi sono sempre piaciuti i giochi basati sull'invenzione e sul 'facciamo finta'”

 

Ridigitò su Google la parola 'gioco di ruolo gratuito', scartò quelli di guerra (lei aveva sempre preferito costruire piuttosto che distruggere, anche se non era digiuna dei giochi di strategia e non era proprio una frana), si imbattè in uno fantasy (che scartò) in uno di fantascienza (che la ispirava molto: aveva l'aria di essere proprio una sfida di scrittura, ma forse proprio la sua complessità la scoraggiò) e infine si imbattè in uno storico. Ambientato nel Medioevo. Lei aveva sempre apprezzato molto la storia, e il periodo medievale la affascinava. Aveva deciso: e fu così che si iscrisse a un gioco di ruolo online.

 

 

 

  
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