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Autore: Mao_chan91    27/01/2007    5 recensioni
Vite si sfiorano, scontrano, intrecciano.
L'egoismo diventa chiave della sincerità; il passato qualcosa da allontanare.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Riza Hawkeye
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo primo

Questa fan-fiction è un’AU, dunque ambientata in un universo alternativo, in questo caso semplicemente il mondo moderno. Niente alchimia od altro, dunque, ma determinate situazioni interpersonali sono le stesse,o almeno inizialmente.

Disclaimer: I personaggi qui presenti non appartengono a me, ma alla somma Hiromu Arakawa, autrice di FMA. Mi appartiene solo questa fan-fiction ed ogni singola frase, idea o concetto (Esclusa la citazione, ehm.).

Per favore, non biasimarti.

Anche se il mondo non perdona, io ti perdonerò.

Per favore, non biasimarti.

Anche se non perdoni il mondo, io ti perdonerò.

Quindi ti prego dimmi.

Cosa ti costerà, perdonarmi?

-Frederica Bernkastel (Higurashi no naku koro ni, Onikakushi-hen)

-

Quando ne sente la necessità, il meglio che Riza Hawkeye possa fare per scaldarsi è sfregare le mani tra di loro, fissando senza concentrazione la finestra e la neve che cade, morbidamente celando ogni cosa, soffocando rumori e, molte volte si ritrova a sperarlo, persone.

Tutto perde colore confondendosi nell’oceano tumultuoso ed oblioso della neve che le riposa gli occhi, che nasconde il blu della rabbia, il verde della gioia negata e delle speranze infrante, il rosso delle passioni spente.

Lei è il sostegno confortevole di chi ha bisogno di lei per ritornare a vivere; lei è la buona predicatrice che per insegnare agli altri ha bisogno prima d’imparare da sé.

E’ una lastra di vetro che rifletterà bene solo se levigata e ripulita con cura ed a lungo; e fino ad allora non avrà giusta cognizione di quanto la circonda, sostando a compatire a lungo ogni persona.

-

Un’occhiata poco gentile accoglie subito Roy Mustang, primario dell’ospedale cittadino, imbarazzandolo ed intimorendolo.

Ride scioccamente, mentre la donna in tallieur scuro stringe gli occhi un poco, serrando le labbra sinuose senza gioia, levandosi nella sua discreta altezza dalla sedia girevole dal sedile morbidamente blu; lui si raddrizza gli occhiali sul naso, tentando di darsi un minimo di contegno, e si batte una pacca leggera sul camice bianco.

"Oh, non guardarmi male, via, Riza! Non ricordo di aver fatto nulla di male, ultimamente."

"Signorina Riza."

"Er... "

"Signorina Riza, donna esperta e capace."

"Va bene, va bene, mia regina. Cosa ho fatto di male questa volta?"

"Oh, nulla. Insomma, visto che non ho alcun significato per te non hai fatto nulla. Non ho certo diritti, vattene pure in giro con ogni sgualdrina ti piaccia."

"Riza... "

"Se ti interessa ti ho visto con Vanessa."

"Ehm... "

"...e con Janet, e Kate, e qualcun altra di cui non conosco il nome."

"Sono solo colleghe, colleghe...oh, accidenti, potrei giustificarmi, ma in effetti sono venuto qui d’urgenza."

"...e com’è che le colleghe che incontri fuori dal lavoro non sono mai quelle care signore sui cinquanta dai fianchi ampi, ma sempre ragazzine formose? Idiota. Idiota."

"Va bene, ma... "

"Essere inutile ed indegno di fiducia."

"Ti prego, litighiamo dopo. C’è un paziente di cui dovresti occuparti per un po’. E’ un caso particolare, ma so che lo tratterai con cura."

"Mollalo qui e vattene."

Lui tira su un angolo della bocca ansimando leggermente per lo sfinimento arrecatogli dalla discussione, e le si avvicina con circospezione, come animale in territorio nemico, mentr’ella tira un leggero calcio ad una sedia.

Oh, come, come vorrebbe possedere una pistola di cui scaricare ogni singolo colpo sul muro, come lo vorrebbe.

"Riza, per favore. So di lui perché la sua famiglia è stata portata d’urgenza in ospedale, ed il padre era un mio vecchio conoscente. Non c’è stato granché da fare per i genitori, ed il fratello minore è in coma. Lui ha subito un fortissimo shock. Vorrei affidartelo, perché di te mi fido."

"Non c’è problema."

"Non so. E’ giovane, e tu sei delusa. Potresti tradirmi per dispetto."

Lui le ammicca, e lei sente un qualcosa di nervoso vibrarle dal petto risalendole furioso alla gola, ma lo strangola con la fermezza di un serial killer con le mani fasciate nel bianco di guanti di plastica.

"Vattene, Roy. Lascialo qui e vattene."

Lui sospira, e ritiene di non essere stato molto spiritoso, ma quando è in bilico su fili sottili sdrammatizzare è quanto meglio gli riesca.

O così era stato convinto fino ad ora, quantomeno.

Scrolla le spalle a caso chino, mortificato, e lei si morde un dito fingendo di scostare una ciocca di capelli biondi dal viso tondeggiante ed affusolato.

In pochi minuti i suoi passi si allontanano, e lo studio modesto è percosso da quelli di un ragazzo biondo, di gesti freddi ed arroganti.

Riza inarca leggermente un sopracciglio, cercando di lasciarsi distrarre dall’eclettico ondeggiare della treccia bionda sulle spalle del ragazzo per non osservare le mani di Mustang tormentarsi con gesto casuale mentre esce dalla stanza.

Ha sempre amato quelle mani così grandi e confortevoli.

-

La prima cosa che nota del ragazzo, invitandolo a sedersi, è la sua statura affatto eccelsa per l’età che può

stimargli dal viso: diciotto, forse diciannove anni.

E non è osservazione fatta a caso, perché capita che le persone basse chinino lo sguardo, non lo levino a lungo, ritenendosi facilitati e necessitanti di celarsi; quantomeno quelli con trascorsi dolorosi.

Eppure lui ha uno sguardo chiaro e perforante che pare giudicarla e trapassarla; si morde le labbra, ma sembra sfidarla ad ogni respiro.

"Riza Hawkeye." ricompone i suoi modi gentili tendendogli la mano, gli occhi nocciola fissi per non dargliela affatto vinta.

Lui le sfiora appena la mano, ed ha la voce seccata di un bambino isterico, per quanto profonda "Edward Elric."

"Bene, piccolo. Suppongo che per i primi incontri potresti parlarmi un po’ di te, anche di cose sciocche. Ogni cosa è importante. Devo conoscerti."

"E’ un sottile tentativo di seduzione, questo? Per carità, signora, ho diciott’anni da pochi mesi, mi ritengo ancora minorenne..." tende un sorriso di sfida, pungente ed aspro.

L’aria attorno a lei comincia a caricarla di litigiosità come una tempesta colma d’ansia; mantiene il suo celeberrimo contegno come maschera di creta ed a stento.

"Signorina Hawkeye, ragazzo. Ho ventinove anni e qualche mese, non oltre, te lo assicuro. Ma questo non ha alcuna rilevanza ai fini della seduta, quindi ti prego di venirmi incontro, non di cercare di farmi venire voglia di strangolarti." sibila dolcemente, ostentando un ampio sorriso.

"Se ha intenzione di mantenere le distanza non mi parli come ad un ragazzino e mi dia del lei. E non ho alcuna cazzo di voglia di parlare di me. Non so, parliamo di lei. E’ sposata? E’ particolarmente isterica perché nel pieno del suo ciclo mestruale?"

Ella si preme fortemente le dita sulla fronte, tremando leggermente, ma d’un’agitazione ben poco esternata; sorride nervosamente, ripetendosi a lungo che l’omicidio è un delitto perseguibile a norma di legge, non importa quanto snervante sia la vittima.

"Signor Elric, non ho alcuna intenzione di assecondare la stupidità di un ragazzino immaturo e viziato. Il mondo non cadrà ai suoi piedi per il suo bel faccino –nemmeno tanto grazioso una volta che glielo avrò sfigurato, prometto-, glielo assicuro, e nulla le dà il diritto di provocarmi sperando di ottenere un po’ di attenzione. Se fosse stato un pazzo ora sarebbe da uno psichiatra, non da questa miserabile psicologa che pare non tollerare; mi dica, è pazzo, dunque,non il solito ragazzino traumatizzato?" ringhia gentilmente, per poi mordersi la lingua e maledirsi a lungo.

Lui stringe gli occhi di scatto, balzando in piedi con scatto felino "Non me n’è mai fregato niente di questa cazzo di psicanalisi, non si permetta di giudicarmi, non ne ha il diritto, cazzo, alcun diritto! Lei non sa nulla, dunque non parli, non parli!” ulula, gli occhi così ardenti da intimorirla, come pronto ad aggredirla furiosamente.

Si volta invece ed esce sbattendo la porta, correndo via da un qualcosa che è scattato nella sua testa e lui, lui soltanto ha potuto scorgere.

Lei s’inquieta e lo segue di corsa, con un’agilità e rapidità impensabili per una donna in equilibrio su tacchi delle dimensioni dei suoi, ma accidenti, avendo l’adrenalina di una vita flebile e quasi in bilico iniziato a contorcerlesi nelle vene convulsamente, essendosi tesi i suoi muscoli, allungati i suoi passi.

-

Edward è senza fiato e fermo davanti all’autostrada colma di automobili, ruote roventi pronte a mangiarselo sino alle interiora con un solo scatto; correre è quanto desidera fare; sopravvivere è quanto di cui non colga appieno l’importanza.

Un passo.

Un passo e via, sarà giusto così.

E’ tutto così snervante, snervante.

Ogni cosa mi dà il voltastomaco.

Non lo farò, ma potrei.

Al non si risveglierà.

Neanche io.

Lei è stravolta ed agitata come un cagnolino al primo distacco dal padrone, un bambino al divorzio dei genitori; non sa cosa accadrà, e non osa supporlo.

Lui è il ragazzino, il classico ragazzino che si getta tra le auto per raccogliere il suo pallone colorato, guidato appena dall’ingenuità, e lei ha responsabilità della sua vita, come adulta.

Ha responsabilità della sua vita perché quando qualcosa la colpisce vuole provare a capirla, non importa quanto tempo debba impiegarci.

E la vita di Riza prende la sua prima forma e valore mentre gli si slancia alle spalle, lo vede schivare appena gli autoveicoli, ed a occhio nemmeno tentandoci davvero.

Allunga la mano affondando le unghie nel cappuccio della sua felpa, traendolo giù e crollando con lui sul marciapiede, stanca della corsa ma fieramente incapace di darglielo a vedere.

"Perché? Perché? Sei seccante, sei una donna seccantissima. Non hai diritto d’interessarti della mia vita. Nessun diritto."

La donna gli lacera la pelle trapassandola forte con lo sguardo affilato e bruciante, denudandolo a tal punto che si senta un ragazzino debole ed indifeso, violentando a lungo i suoi sentimenti incrinati come sadica torturatrice, per ammansirlo, per soggiogarlo alla ragione che deve avere su di lui.

Per lei è tutto cambiato da quando ha temuto per la sua vita e si è sentita colpevole, qualcosa che tante volte avrebbe avuto motivo di provare ma non ha mai provato affluisce al suo interno incantandola nel curioso vorticare di dubbi, turbamento ch’ora li incatena indissolubilmente; li ha incatenati dal momento in cui lei ha sentito qualcosa dentro, e lui la di lei presa garbata e sconvolta all’indumento ch’aveva indosso.

"Da oggi sei mia responsabilità, Edward, e non provare a dire di no. Sei incapace di badare a te stesso, hai l’età perché tu possa compiere scelte tue – non quella di seguirmi o no, ovvio-, e dubito tu abbia parenti con la possibilità di gestirti. Da chi diavolo vivi, al momento?"

"Ma che... "

"Frena la volgarità, ragazzo. No, non ho intenzione di avere una relazione con te, e , m’i importa di te perché per cinque minuti sei stato mio paziente, perché sei un ragazzino, e mi hai scossa. E , m’interesserebbe mettere le corna a quel bastardo di Mustang, anche." esordisce trionfante e velenosa, affatto pentita.

E la rassegnazione cede posto ad un leggero e bieco sorriso sul volto di lui.

"Oh. Se si tratta di questo sì, posso aiutarti. Non ce l’ho in gran simpatia. A pelle."

Si guardano per pochi istanti, seduti in terra e graffiati l’uno delle prese e spintoni dell’altro, frenando appena l’impulso di ridere chinando il capo "Oh, ma siamo ridicoli. Alziamoci, eh, signora Hawkeye! "

"Signorina. Oh, al diavolo, chiamami Riza, lo memorizzerai più facilmente."

Lentamente, lui pare sollevare un angolo della bocca; ma è solo un’impressione d’ella, mentre si rialzano, mentre manda al diavolo ogni principio del decalogo del buon psicologo lasciando entrare nella sua vita un paziente, più all’interno di essa di quanto possa immaginare.

-

Note: Questa storia è venuta su assai più complessa (dal punto di vista umano, non sono capace di fare altro) di quanto mi aspettassi, ed anche più corposa. Posso realmente dirmene soddisfatta.

La scelta del pairing non è stata casuale, perché se presi in una certa maniera questi due bimbi possono essere collegati.

Ora, da questo capitolo non parrà molto, ma più avanti spero di sì.

Non ho catalogato la fan-fiction come OOC, perché ritengo che lo sia un poco ma plausibilmente.

Senza che nessuno dei due abbia passato le esatte esperienze vissute nella storia originale, supponevo che sarebbero potuti essere circa così, ma ancora plausibili, o almeno spero.

E’ stato tutto un lavoro complesso, e spero nemmeno giudicherete la storia dal pairing inusuale (Io stessa in verità apprezzo molto come pairing il Royai e l’EdWin), ma per contenuti ed il modo in cui ho cercato di dare un senso a tutto.

Davvero, c’è dietro molto impegno.

Un mio piccolo invito è poi di notare come fondamentalmente vicende e vicende siano presenti ma finiscano per ridursi d’importanza una volta che si procede con l’evolversi dei personaggi, perché il fulcro sono soprattutto loro, logicamente.

Non sono mai stata davvero per il raccontare storie, ma persone e sentimenti.

Se pian piano riuscirò a comunicarvi qualcosa, ed inizialmente almeno a farvi interessare alla storia, spero me lo renderete noto commentando.

Da parte mia farò del mio meglio anche per postare regolarmente, ma incoraggiamenti (E recensioni, ribadisco), sono apprezzatissimi.

  
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