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Autore: ssj4gohan    13/07/2012    1 recensioni
Bahamas, un paradiso terrestre. Due giovani ragazzi si ritrovano sull'isola senza sapere chi sono e come sono arrivati fin lì. Vengono soccorsi dalla gente del luogo e adottati come se fossero figli della stessa isola. Col passare del tempo però riscoprono in sé stessi un dono particolare che cambierà il loro modo di rapportarsi con l'ambiente circostante, ignari che altri danno loro la caccia a causa di questo strano potere.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sealife



Capitolo I


La notte era finita. Il buio pian piano si trasformava in un chiaro ricordo, presentando il nuovo giorno come un meraviglioso dipinto dalle striature violacee. Il sole si stagliava all’orizzonte, oltre il mare. Il cielo aveva assunto uno strano colore, non v’era più la presenza della notte ma il lieve venticello continuava a soffiare. Le cime delle palme ondeggiavano senza mai avvertire senso di disagio. La sabbia era fredda, umida, densa. Le impronte, i castelli di sabbia e le buche sparse su tutta la spiaggia ormai appartenevano a ciò che il giorno stava cancellando. Finalmente un po’ di serenità dopo una lunga fatica. Sarebbe stato un giorno di riposo, eppure Shawn era lì, seduto in riva al mare, tracciando delle linee sulla sabbia.

Il suo sguardo era rivolto verso il sole, gli occhi semichiusi, cercando di non perdersi lo spettacolo mattutino. Lo faceva spesso, anzi quasi ogni mattina. Una sorta di rituale per lui contemplare ciò che il nuovo giorno potesse offrire al mondo. Già, il mondo poteva ancora offrire ciò che molti ormai reputavano superfluo: indifferenza verso le cose ritenute scontate e banali. Continuò a fissare il movimento del sole che per farsi osservare si innalzava sempre più nel cielo, rendendo tutto il paesaggio ancora più luminoso.

Una mano toccò la spalla di Shawn. Non si voltò a vedere chi fosse. Sapeva già che si sarebbe seduta accanto a lui.

«Sarebbe meglio che tu andassi dentro a vestirti. Potrebbe venire gente e noi non sembriamo proprio degli isolani.»

Sebbene non vedesse il suo volto, Shawn immaginò un sorriso.

«Quanto durerà ancora?» questa volta il ragazzo abbassò lo sguardo, tracciando questa volta sulla sabbia dei segni con le dita. La forma risultante era simile ad un pesce, con un cerchio ovale a formare un corpo ed un triangolo alla sommità come una coda.

«Sarei la prima a dirtelo. Purtroppo non mi è stato concesso il dono della preveggenza ma dopotutto meglio così, mi sarei persa tutte le sorprese.»

Questa volta il ragazzo fu preso per un braccio e quasi obbligato ad alzarsi. Non oppose molta resistenza e lasciò accompagnarsi mentre si drizzava in piedi. Si pulì le gambe meglio che poteva, lasciando che i granelli di sabbia venissero trasportati dal vento.

«Ogni giorno diventa più bello vedere il mattino. Forse perché vorrei che tutto svanisca insieme al buio.» si portò la mano tra i capelli neri, cercando per lo meno di sistemarseli al meglio.

«Non ti libererai tanto facilmente di me.» intervenne seccata la ragazza, ma il suo tono era molto ironico tanto da far sorridere Shawn.

«Di cosa mi lamento, poi. Non mi manca nulla. Ho una splendida isola su cui restare in vacanza tutto l’anno. Una ragazza stupenda. Un mare meraviglioso. Splenditi turisti che fanno sembrare la fatica del lavoro come una giornata in un parco divertimenti. Non mi manca proprio nulla.» guardò per un attimo la forma del pesce da lui disegnato sulla sabbia.

«A parte… A parte questa ossessione.» con uno scatto d’ira cancellò la sua opera che assunse successivamente la forma di un piede. Visibilmente arrabbiato, la ragazza lo seguì con lo sguardo mentre entrava nel bungalow, successivamente osservò la sua impronta sulla sabbia. L’immagine durò pochi secondi, prima che l’acqua cominciasse a rendere il tutto un impasto omogeneo.

La ragazza rimase per un momento a guardare la spiaggia, cercando di non bagnarsi i piedi, ricordando da quanto tempo Shawn fosse del tutto intrattabile soprattutto quando voleva a tutti i costi ritrovare la memoria.

A dire la verità anche lei lo voleva, ma forse era meglio non sapere quello che il destino voleva tenere nascosto. Con un ultimo, grande respiro, la ragazza seguì Shawn nell’abitazione.

Lo trovò disteso sull’amaca accanto alla finestra che dava sul mare. Stava dondolandosi delicatamente facendosi leva con un braccio accanto alla parete. Era ancora nudo.

«Potresti rivestirti per cortesia?»

Shawn la guardò, senza espressione. Era evidente che pensava ad altro. D’un tratto agitò la testa come per scacciare incubi ad occhi aperti. Si alzò dall’amaca per recuperare gli indumenti posti sul letto.

«Ti chiedo scusa, non so cosa mi prende quando cerco di scavare tra i miei ricordi. Sembra come se stessi attraversando un ponte e all’improvviso cado rovinosamente in un baratro. Sarà la curiosità di sapere chi ero, cosa facevo e come ero soprattutto. La cosa che mi fa più paura è pensare che tu sia mia sorella, Maya.»

La ragazza lo guardò quasi divertita. Si scostò i lunghi capelli neri, ancora umidi a causa della brezza marina. La sottili labbra rosee gli fecero perdere i dubbi.

«E’ dunque per questo che qualche volta non mi parli? Credi davvero di essere mio fratello? Anche io vorrei ricordare, ma purtroppo credo ci voglia del tempo, ne abbiamo già parlato. Vuoi passare tutta la tua vita nella speranza che il passato ritorni? Come hai detto tu, non ci manca nulla, stiamo bene così anche senza il passato e per questo motivo smettila e rivestiti!»

Shawn avrebbe potuto interpretare male quelle parole ma nella voce di Maya non c’era durezza, solo un po’ di rassegnazione associata ad ironia. Era anche la verità dopotutto.

Dopo essersi rimesso calzoncini marroni e camicia hawaiana verde, si sfregò le mani.

«Bene, ora levati quella camicetta striminzita e andiamo a fare una passeggiata sulla collina. Almeno lì fa meno caldo e staremo lontani dai turisti. La barca sarà in compagnia di Cody.»

Per l’ennesima volta, Shawn vide Maya sorridere.


Il sole era già alto ormai. I raggi solari filtravano attraverso i rami degli alberi. La passeggiata era stata meno monotona del solito. Avevano occupato il tempo raccontandosi ricordi ipotetici ed un falso passato. Era l’unico modo per riuscire a non pensare veramente al triste buco che presentava la loro mente. Erano quasi giunti nei pressi della cascata sulla cima della collina, nel bel mezzo della vegetazione.

«Sai, non so se te l’ho raccontato, una volta il solito Generale McCanzie… Te lo ricordi vero? Quello dai grossi baffi bianchi ed i calzoni larghi.»

Maya annuì ridendo, strattonandogli la mano per riuscire a superare un piccolo sentiero in salita cosparso di piccole pietre.

«Sì, dunque, mi chiese se potevo recuperare la pistola di suo nonno. Si trovava sul fondo del mare dopo che la sua nave affondò.»

Maya annuì ancora e questa volta si aggrappò con forza al braccio di Shawn perché stava per scivolare.

«Sì, ricordo che stava facendo la stessa fine della nave. Alla fine hai recuperato anche lui dal fondo. Per fortuna non ha ingoiato anche la pistola oltre che l’acqua.»

Shawn rise di gusto ed aiutò la ragazza a oltrepassare il sentiero sorreggendola per i fianchi.

«Già, un vero peccato però scoprire poi che si trattasse della nave sbagliata. Tutta quella fatica per niente.»

«Dai, vedila in un altro modo. Avresti potuto lasciarlo lì ad affogare nella speranza di compiere qualcosa in cui credeva.»

Shawn si rabbuiò. Si fermò di colpo ed abbassò lo sguardo. Maya lo sentì borbottare qualcosa ma non capì le sue parole. Quando girò la testa per vederlo negli occhi si accorse che stava pensando ad altro.

«Shawn?” lo chiamò. «Che succede?»

«Vidi un pesce…» riuscì a sussurrare il ragazzo. «Un pesce…»

«Shawn… Ascolta.»

«Mi parlò. Capisci? Mi parlò!» la interruppe a voce alta. Alzò di colpo la testa come contrariato.

«Mi parlò dicendomi…»

A quel punto aprì la bocca come per parlare ma non ne uscì alcun suono. Stava boccheggiando come i pesci fanno sott’acqua.

Maya scoppiò a ridere e gli mise una mano d’avanti alla bocca. «Stasera ne avrai la possibilità. A momenti credevo fossi annegato in compagnia di McCanzie.»

Col sorriso sulle labbra, entrambi udirono lo scroscio dell’acqua proveniente da dietro i cespugli.

Maya scostò le foglie delle piante per ammirare ancora una volta lo spettacolo provocato dalla cascata. La seguì Shawn che rimase al suo fianco dopo aver oltrepassato la vegetazione.

La cascata scorreva lungo il dorso di una collinetta e terminava in un bacino naturale costeggiato da alberi e flora locale. Maya strattonò Shawn affinché la seguisse nei pressi del bacino.

«Meno male che i turisti non hanno il permesso di arrivare fin qui, altrimenti non avremmo potuto avere un angolo di paradiso tutto per noi.» sintetizzò Maya.

Shawn sembrava nervoso e si guardava attorno.

«Io ho sempre la strana sensazione di essere osservato. Sai che su queste cose non mi sbaglio.» tornò a guardala, questa volta con aria piuttosto preoccupata. «Senti, oggi non facciamoci il bagno, solo per oggi. Accontentami, ti prego.»

Maya lo guardò inclinando da un lato la testa. Sorrise per qualche secondo prima di sfiorargli la guancia con la mano.

«Non c’è bisogno di essere così cupi. Mi bagno solo un po’ i piedi, va bene?»

Shawn rimase in silenzio. Continuava a guardarsi attorno e ogni tanto osservava il terreno ai bordi dell’acqua. Il suo respiro si faceva più affannoso.

«Ti prego. C’è qualcuno che ci guarda.»

Maya si guardò intorno. Si udiva solo il cinguettio degli uccelli sugli alberi e il rumore provocato dalle onde sulla scogliera, e ovviamente la cascata.

«Sì, c’è qualcuno. Va bene, stendiamoci qui e aspettiamo.»

«Non credo ci abbiano visto in questi giorni mentre venivamo qui. Sarebbero già scappati.»

«In effetti, vedere te nudo fa una certa impressione.» ironizzò Maya.

«Grazie per il complimento. La prossima volta appenderò una tua foto al bar di Cody.»

Maya rise e stendendosi, chiuse gli occhi.


«Maya. Svegliati!»

La ragazza si destò di soprassalto. Aveva il battito del cuore accelerato e respirava con affanno. Guardò Shawn. Era accanto a lei. Forse si era addormentata, eppure non voleva dormire, aveva solo chiuso gli occhi. Le era bastato un attimo per addormentarsi. Forse era successo altro. Sì, sentiva la sua mano bagnata. L’aveva immersa nell’acqua e si era rilassata a tal punto di riposare.

Shawn le porse un piccolo asciugamano che portava nello zainetto. «Tieni, ti sei addormentata quasi subito. Non è successo nulla, non preoccuparti, solo, è giunto il tempo di tornare a casa.»

Maya non disse una parola, si limitò ad annuire e con foga si asciugò la mano. La respirazione non si normalizzò e le ci volle un po’ per calmarsi.

Si rimise in piedi e dando una mano a Shawn si avviarono per far rientro al bungalow. Il solito sentiero le causava come al solito l’opportunità di scivolare e di arrivare con largo anticipo alla spiaggia.

«Sai che ore sono? Mi sembra abbastanza presto.» chiese Maya guardandosi il polso privo di orologio.

«Presto. Guarda lì, bagnanti!» cambiò discorso Shawn indicando dei turisti mentre facevano il bagno nella baia.

Il ragazzo si sedette sulla panca in legno fuori dal bungalow ed osservava alcuni surfisti a diversi metri dalla riva. Il mare non era particolarmente agitato ma la corrente marina sembrava più forte del vento.

Più in lontananza notò una canoa con una sola persona a bordo. Stava superando i surfisti in un’attraversata della baia. Gli strani tipi in tuta nera attillata stavano facendo ritorno. Shawn li vide seccati, probabilmente per l’assenza di onde che avevano causato il mancato divertimento. Gli passarono accanto ancora bagnati fradici e lo salutarono con un cenno della mano. Con le tavole sotto braccio stavano proseguendo verso il sentiero che conduceva al bar di Cody per poi far rotta all’albergo.

Maya uscì dal bungalow con un bicchiere di limonata e un panino già preparato. Shawn la guardò mentre si sedette accanto a lui sulla panca.

«Tranquillo, sono per te.» sorrise la ragazza mentre gli porgeva quello che doveva essere un pranzo sostanzioso.

Shawn cominciò a deglutire la limonata e a mandar giù qualche boccone. Dopo la passeggiata mattutina ci voleva proprio.

Maya indicò qualcosa in mare aperto. «Guarda, è una bambina, sola con una piccola canoa. I genitori sono proprio incoscienti a farla andare da sola verso il largo.»

Shawn continuò il pranzo. «Starà solo facendo l’attraversata della baia. Dall’altra parte ci sarà Cody col suo bel vestitino ad urlare per farla rientrare.»

Maya scosse la testa e rubò di mano la limonata a Shawn.

«Saranno sempre incoscienti. Ai tuoi figli darai questa stessa educazione?»

Il ragazzo la guardò mentre trangugiava la sua limonata. Rimase ancora con la mano a mezz’aria in presa sul bicchiere.

«Perché no? Dopo una certa età i figli dovrebbero avere la libertà di fare quello che vogliono. Solo non pretendo le giustificazioni per ciò che accade in seguito.»

«Sei un egoista Shawn! Dici questo solo perché a parlare per te è uno…» Shawn la guardò sott’occhio «uno… Oh al diavolo Shawn, lo sai bene.»

«Sarà mica la povera bestiola che c’è in te ad avere compassione dei cuccioli? Ma ovvio che non vorrei far fare ai miei figli la stessa cosa, ciò non vuol dire che non bisogna far provare cose sbagliate. Come puoi far capire ciò che è giusto e ciò che non è giusto se prima non hanno qualcosa con cui confrontarsi?»

«Magari esiste qualcosa simile all’esperienza.»

«Appunto!» Shawn agitò le braccia come segno di resa. «Se non fai fare esperienza ai tuoi figli come vuoi che capiscano cosa non dovranno fare e cosa invece è giusto?»

«Io parlavo di comunicazione. Bisogna comunicare loro che c’è stato qualcuno in precedenza che ha sbagliato e che quindi è giusto non ripetere l’errore.»

Shawn scosse la testa rammaricato.

«Voi siete esperte di comunicazione. E’ per questo che noi siamo la rappresentazione di ciò che c’è negli animali e voi il baluardo della civiltà. Anche noi comunichiamo ma non con i vostri metodi.»

«E’ vecchia Shawn. So come siete fatti voi. Tu piuttosto non ci comprendi. E ricordati che noi rappresentiamo la parte più bella del... Shawn!» urlò infine indicando la canoa in mezzo al mare.

Il ragazzo ebbe il tempo necessario per vedere la canoa ribaltarsi a causa di un’onda alzatasi improvvisamente. La forza era stata tale da far sobbalzare la piccola imbarcazione e di capovolgerla. I turisti che per un momento erano stati estranei all’evento, cominciarono ad urlare all’indirizzo della bambina rimasta intrappolata sotto la canoa. Maya vide i suoi genitori correre in mare per andare a recuperarla e intanto gridavano aiuto.

Maya guardò per un istante Shawn. Il suo volto era teso e in quegli occhi azzurri si capiva ciò che le labbra non riuscivano a dire.

«Non se ne parla nemmeno.» fu dura la reazione di Shawn che parve molto meno preoccupato della ragazza.

«Tu sei più veloce di me, ma se rifiuti ci andrò io. Hai tre secondi di tempo per rifletterci. Puoi arrivarci prima di tutti Shawn. Salva quella bambina per la miseria!»

«Tutti devono prendersi le proprie responsabilità!» urlò all’unisono il ragazzo.

«Ne discuteremo dopo. Ci vado io.»

Maya si era alzata dalla panca e stava levandosi la maglietta per poi raggiungere il mare. Shawn scosse la testa e si portò una mano tra i capelli. Si strofinò gli occhi prima di alzarsi e fermare Maya.

«Ne parleremo dopo…» le sussurrò prima di passarle accanto.

Il ragazzo superò tutti quelli che erano corsi in mare per cercare di raggiungere la bambina. Molti stavano riprendendo tutta la tragedia col cellulare. Maya ascoltò alcuni bagnanti mentre ricostruivano tutta la scena ma erano rimasti immobili perché incapaci di intervenire. Avrebbe voluto buttarli in mare uno ad uno per vedere chi di loro sarebbe riuscito a trascinarsi fino a riva con le proprie forze.

Gli uomini erano cambiati, lo sapeva. Erano veramente pochi quelli che si davano realmente da fare, tutti gli altri erano fermi, tutti lì, a guardare. La bambina non si sarebbe salvata solo col supporto spirituale, e per sua fortuna, forse, poteva essere ancora portata in salvo da Shawn. L’unica cosa che aveva dimenticato a dirgli era quella di non spaventarla.

Shawn cominciò finalmente a nuotare. Nuotava più agilmente ora che si era liberato dei vestiti. Ad un tratto fu risucchiato in acqua e sparì. I turisti emisero un altro grido e questa volta all’indirizzo del ragazzo.

Era rimasto sotto la superficie per troppo tempo e nessuno lo vide risalire. Nel frattempo un gruppo di volontari si diresse verso l’albergo per chiedere aiuto alla guardia costiera. Maya incrociò le dita e si inginocchiò sulla sabbia.

La situazione peggiorò ancora quando un piccolo gruppo che si era mobilitato per salvare a nuoto la bambina intravide in lontananza la sagoma di una pinna: uno squalo. I soccorritori cercarono di tornare indietro. Lo squalo sembrava intenzionato solo alla bambina e per fortuna era distante dalla riva.

Maya era impassibile. Teneva le dita incrociate e apparentemente sembrava tesa e preoccupata.

Shawn ti prego, sta’ attento!” continuava a ripetere tra sé e sé.

D’un tratto ci fu uno stupore generale. Si intravide il giubbottino giallo della bambina tornare a riva in maniera repentina. Improbabile che la stessa bambina fosse così veloce nel nuoto. Il problema vero era rappresentato dalla pinna dello squalo che le era dietro. I bagnanti continuarono, nonostante la strana situazione, a filmare l’accaduto come testimonianza.

A dieci metri dalla riva il giubbottino si fermò di colpo e la pinna dello squalo cambiò direzione verso il mare aperto fino a scomparire del tutto sotto le profondità. Maya intravide quello che probabilmente poteva essere il padre della bambina. Corse in acqua cercando di riprendersi sua figlia. Un comportamento naturale, come tutte le altre specie di animali.

Quando un proprio figlio è in difficoltà, è il coraggio dei propri genitori a ridargli la vita. Questo era quello che aveva sempre pensato Maya, ma a quanto pare non era sempre così.

La bambina continuò ad avvicinarsi alla riva, ma questa volta sembrava spinta da qualcuno. Un ragazzo emerse dall’acqua e prese in braccio la bambina. Non aveva indumenti e per fortuna si fermò fino a quando l’acqua gli lambiva l’ombelico. Consegnò ad un padre il proprio figlio e si diresse verso Maya. La ragazza fu pronta a porgergli almeno gli indumenti di ricambio. Poco importava se questi si bagnarono, in fin dei conti erano sempre immersi nell’acqua.

I soccorsi erano ormai arrivati e caricarono la bambina sul loro mezzo per portarla in ospedale. Qualche giorno in balia dei medici l’avrebbe fatta tornare in mare molto presto e di questo Maya ne era profondamente contenta.

Shawn cominciò a tremare e subito si allontanò entrando nel bungalow, nonostante gli applausi e le grida dei turisti. Con un’ovazione e uno scroscio di applausi invocavano il nome dell’eroe che però era già fuggito.


«Ti prego asciugami, mi sento… male!» continuava a gemere il ragazzo. Era in preda a convulsioni e gli spasmi causati da un dolore all’addome lo facevano contorcere sull’amaca.

Maya prese un asciugamano ampio e lo coprì in modo tale da asciugarlo. Avvertiva il rumore causato dalle vertebre al solo tocco con le dita. Dalla bocca gli fuoriuscì del liquido gelatinoso che però cadde sul pavimento.

«Tieni qui, su. Forza Shawn, metti la mano qui! Vado a prenderti qualcosa da bere.»

Il ragazzo tenne stretto un lembo dell’asciugamano e cominciò a tremare di meno.

«La prossima volta… non ti darò ascolto.» riuscì a dire balbettando.

«Sei stato bravo.» lo rincuorò Maya. «Dai apri la bocca, da bravo. Ahm…» gli imitò con la bocca aperta il gesto da compiere.

Shawn mandò giù un po’ acqua prima di espellere tutto il liquido gelatinoso che aveva ancora dentro di sé. Si sentì ancora male ma durò solo per qualche istante.

«Vattene! Avrei dovuto lasciarla lì a morire piuttosto che sentirmi così.»

«Avete un brutto carattere voi. Per fortuna non ne faccio parte anche io altrimenti chissà quanta gente innocente avremmo fatto soffrire. E poi, guardati, fai schifo.»

Shawn rise aprendo la bocca. Gli colava ancora un po’ di quello strano liquido ma dopotutto sembrava stare meglio.

«E’ strano il tuo modo di essere premurosa con me. Invece di dirmi se sto meglio, ammetti che faccio schifo.»

«Ma è la verità.» sorrise. «Ti senti meglio ora?» lo aiutò ad asciugarsi la bocca.

«Capisci ora la provenienza dei miei dubbi?» concluse sputando per terra ed alzando lo sguardo per incrociare quello di Maya.

«E sarei io quella che cerca di non comunicare? Shawn oggi hai fatto una cosa per la quale sarò sempre fiera di te. Ora ripulisciti, esci fuori e prenditi ciò che ti spetta.»

«Non voglio ricompense.»

«Il rispetto è quello che conta di più. Potremo forse rivivere un altro giorno così?»

«Spero di no. Anzi ora vado da Cody ad ubriacarmi.» si congedò alzandosi dall’amaca e recuperando i vestiti nuovi.

«Aspetta, vengo anche io a salutarla. Dopo che avrò recuperato i tuoi vestiti dal mare, si intende.»

   
 
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