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Autore: Scillutta    13/07/2012    3 recensioni
Immaginatevi un Vegeta terribilmente stanco dopo un durissimo allenamento e frustato da spiacevoli e inopportuni pensieri su un reietto di terza classe di nostra conoscenza, che decide di concedersi un lungo e meritato bagno in perfetta solitudine. Aggiungetivi una persona indesiderata con delle mani paradisiache... ed ecco qui che esce fuori questa storia.
Delirio avuto durante una noiosissima e stressante ora di storia.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Persone indesiderate
 

«Dio, che stanchezza!» esalo con il poco fiato che mi rimane.
Mi trascino pietosamente in camera da letto e crollo sul materasso con la faccia in giù. Non mi sento più né le gambe, né le braccia, né i piedi… sembra che al posto dei muscoli abbia della carne macinata. Sanguino copiosamente un po’ dappertutto e penso fugacemente che forse dovrei alzarmi dal letto se non voglio imbrattare le lenzuola e sorbirmi una sfuriata biblica dalla mia cara mogliettina Bulma, ma poi mi faccio notare che questo implicherebbe uno spreco di energia, energia che al momento non possiedo, quindi rimango placidamente sdraiato a sonnecchiare.

Ho bisogno di riposarmi e di ricaricarmi, perché so già che Bulma non si limiterà solo a una sgridata ma passerà anche alle mani, e io sono il Principe dei Saiyan e che diamine!, e non posso permettere che venga arrecato alcun danno al mio prezioso faccino e al mio corpo statuario. Certo, nel corso degli anni ne ho passate di tutti i colori -tanto che oramai non c’è alcun punto del mio corpo che non abbia una cicatrice-, sanguino un giorno sì e uno no, mi espongo a sedute di allenamento di circa 25 ore al giorno… ma questi sono dettagli irrilevanti. Il punto è un altro. Ho bisogno di preservare il mio tanto decantato orgoglio. “Sono o non sono l’invincibile Principe dei Saiyan?!”

Prendo coraggio e provo ad alzarmi…

Sento qualcosa scricchiolare sinistramente e non appena piego il braccio lancio un urlo degno di una donnicciola di prim’ordine. Forse, ma dico forse, ho esagerato un po’ con gli allenamenti, stavolta. Ma è solo un impressione dovuta alla stanchezza, tutto qui. Ora mi rimetto in piedi e vado a farmi una bella doccia, sì.
 
…sì.

“Allora perché sono ancora spaparanzato qui?”

Non posso farmi trovare in queste condizioni. Nessuno deve assistere a questa scena così pietosa: Vegeta, l’orgoglioso, testardo, invincibile, inarrivabile, terribile, unico […] Principe dei Saiyan non può ridursi in questo stato! Ne va del mio onore.

Ma il materasso è così comodo… le lenzuola così fresche e delicate e profumate… e sono così stanco…

Sospiro con goduria. Piego la testa di lato e chiudo pian piano gli occhi.

“Ohhh, che pace!” Mi sembra di vedere tante nuvolette bianche, un cielo azzurro e limpido, un prato con tanti fiorellini colorati dove correre liberamente, stormi di uccellini cinguettanti e Kakaroth che mi saluta allegramente e mi prende per man…

Ehi, aspetta un fottuto momento.
 
«AHHH!!! Che orroreee!» grido come un invasato in preda ad un cieco terrore. “OhmioDiohmioDio!” Ho appena sognato quello stupido, mediocre, inutile reitto di terza classe! Salto dal letto come una molla e di conseguenza un fitta atroce mi trafigge il corpo.

«Ahhh! Che dolore!» cado con le chiappe a terra, aggiungendo un ulteriore motivo per urlare e bestemmiare. Mi massaggio i miei poveri glutei ("Così sodi"), che per la botta devono aver subito qualche serio danno. Sbuffo e appoggio la schiena sul letto. Ma la mia tortura non ha mai fine? Perché adesso di punto in bianco sogno stupide nuvolette bianche, prati verdi e Kakaroth con quella sua faccia da ebete? Dove sono finiti i meravigliosi sogni di morte, distruzione, sangue e battaglie? Mi mancano così tanto…

È tutta colpa di Kakaroth. È sempre colpa sua. Mi perseguita anche nei sogni. Non mi dà tregua, è asfissiante. “Ma come fa a romperli anche quando non è presente?!” Avvicino le gambe al petto e le circondo con le braccia, iniziando ad dondolare avanti e indietro. Devo sembrare folle, ma non mi interessa. Ora il mio obbiettivo è riuscire a trovare un modo per scacciarmi via dalla mente quel benedetto incubo.

Ecco, ci mancava solo questo: quell’idiota è anche più bravo a rompere i cosiddetti! Sbuffo nuovamente con esasperazione e rivolgo lo sguardo al mio amato e fedele letto che in questo momento mi pare irraggiungibile. Le lenzuola, che all’inizio erano bianche, ora tendono a un rosso scarlatto. Bulma mi ucciderà lentamente. Quella donna è sadica e inquietante. Fa venire la pelle d’oca anche al sottoscritto. “Chi me l’ha fatta fare a sposarla?”

Quelle macchie di sangue, però, sono la prova di qualcos’altro… Del sacrificio. Il mio. Quello è il sangue che verso ogni giorno per arrivare al livello di quell’ infimo essere. Quello è il sangue che verso ogni giorno per essere il migliore, per sentirmi potente e invincibile. Il degno Principe dei Saiyan. Sono stato abituato fin da piccolo a essere considerato il più forte e pretendo che anche adesso sia così. Non posso essere superato, battuto e umiliato da qualcuno inferiore a me. Non lo accetto. È anche se ciò è successo fin troppe volte -troppe per i miei gusti- non mi arrenderò mai. Fosse l’ultima cosa che faccio. Parola di Vegeta.

Dopo aver riflettuto a lungo sui vari aspetti filosofici che quelle macchie rossastre hanno per me, riesco a rintracciare un barlume della sperduta forza e a rialzarmi in piedi. Il gemito che mi esce dalla bocca è troppo forte per il mio povero orgoglio che oggi ha subito più traumi di quanto mi costi ammetterlo. Comunque riesco a muovere le gambe e a zoppicare fino al bagno.

Quel sudicio sogno è ancora impresso nella mia corteccia celebrale e non intende sloggiare, quindi l’unica soluzione che la mia geniale mente ha partorito è quella di farmi un lunghissimo bagno ristoratore. Mi dirigo con impazienza verso la grossissima vasca da bagno e apro i due rubinetti. Dopo che l’acqua ha raggiunto un buon livello aggiungo il bagnoschiuma.

Mi volto per togliermi i residui della mia inseparabile tuta blu e noto con raccapriccio che ho lasciato una scia di sangue sulle piastrelle bianche del pavimento. È ufficiale: Bulma farà giocare Trunks con le mie ossa. È un pensiero alquanto macabro, ma è la dura realtà perché io non mi sogno minimamente di pulire il bagno né tantomeno di lavare le lenzuola. 
È probabile che l’abbia già detto ma io sono il Principe dei Saiyan. E il Principe dei Saiyan non si abbassa a fare le faccende domestiche. Quelle al massimo le può fare Kakaroth, anche se non credo che in tutta la sua imbecillità ne sarebbe in grado…

Un momento.

Perché ora sto pensando a quel cretino, troglodita di un Kakaroth? Ma cosa mi sta prendendo?
Urge questo bagno. Qui la situazione sta degenerando.                                                                                                     
Mi passo una mano sulla faccia per schiarirmi le idee e getto i vestiti a terra. Chiudo i due rubinetti e controllo l’acqua: perfetta. Non penso che Kakaroth sia capace di fare un bagno così…

“NOOO, di nuovo! Basta!”, ne ho fin sopra le punte dei capelli -ed è tutto dire.

Mi immergo nell’acqua e una sensazione di puro benessere mi avvolge le membra stanche.                                                              
«Mhhh, fantastico!» sospiro con appagamento. Appoggio la testa sulla vasca e mi lascio cullare da questo dolce paradiso. Le ferite si stanno rimarginando e i muscoli stanno prendendo un bel sospiro di sollievo. È così bello che vorrei restare immerso fino a raggrinzirmi. Da quanto tempo non mi concedevo un momento di beato relax? O meglio, mi sono mai concesso un momento di beato relax? Dovrei farlo più spesso, aiuta molto. Dopotutto Bulma ha ragione su qualcosa, ma non glielo dirò mai, ci mancherebbe. Finirebbe per montarsi ancora di più quella testa azzurra e nessuno ci tiene.

Prendo una spugna e comincio a strofinarmi il corpo. Lentamente passo la spugna su tutti i lembi di pelle a cui riesco ad arrivare. Su e giù, su e giù. Mi sembra di sentire il mio corpo ringraziare per le meritate attenzioni. Io gli chiedo scusa mentalmente perché in quest’ultimo periodo l’ho massacrato come si deve. Il profumo di arancia e pesca del bagnoschiuma, che di solito mi provoca conati di vomito, mi rilassa ancora di più, tanto che mi sembra di essere fatto unicamente d’acqua. Dopo aver finito di lavarmi, appoggio la spugna da qualche parte e rimetto la testa nel punto di prima. Chiudo gli occhi e non penso a niente.

 
Credo di essermi appisolato perché ad un certo punto sento una presenza vicino a me. Sono troppo insonnolito e rilassato perché reagisca. Per di più, mi consolo con il fatto che questa presenza non ha cattive intenzioni dal momento che ha iniziato a farmi un delizioso massaggio alla testa. Deve essere Bulma. “Da quando in qua si mette a fare massaggi? Soprattutto al sottoscritto?” Ma non conta, l’importante è che non smetta.

«Non fermarti» mugugno. Bulma si allunga per prendere qualcosa, interrompendo così il mio angolo di paradiso. Aggrotto la fronte e arriccio le labbra.

«Ti avevo detto di non fermarti» dico severamente. Stranamente mia moglie non risponde e non è da lei. Quella donna ha un insano talento nell’avere un opinione su tutto e nel volerla sbandierare ai quattro venti, tralasciando il fatto che molte volte non importi a nessuno, compreso me. Beh, in particolare me.

Sto per parlare di nuovo, quando avverto una strana sostanza colare sui miei capelli.                             
“Ma che diavolo…”                                                                                                                                                           
Quelle sante mani ricominciano da dove avevano smesso e tutto il mio discorso evapora con un puff! dalla mia mente. “Mi sta lavando i capelli.” È assurdo.

Il massaggio, se possibile, è ancora meglio di prima e così appoggio completamente la testa sulla vasca, scoprendo tutto il collo. Sento Bulma cambiare posizione per adeguarsi alla mia altezza. Mi giunge al naso un odore inaspettato. Non è sconosciuto, anzi direi quasi famigliare, ma non è di donna.                                                                                                                         
“Ora, che cazzo sta succeden…” Improvvisamente, sento vacillare tutte le mie supposizioni. Sono lì lì per alzarmi, quando…                                                                                                                                                                                                  
Le dita si sono spostate vicino alla fronte, sull’attaccatura dei capelli. E io mi perdo. Me ne vado completamente. Sbarello. Adesso, può farmi quello che vuole. Sono creta tra le sue mani. Eccolo il mio punto debole. Come per Achille era il tallone, per il magnifico Vegeta è la fronte. È patetico, lo so, ma quando mi toccano lì, possono farmi fare quello che più desiderano.                                                                                                                         «Sì, proprio lì…» sospiro. Da dove è uscita quella voce da hot line? È veramente la mia?                                                                                                                                            
Le mani di fata esaudiscono il mio desiderio inconscio e premono di più. “Oh Gesù, Giuseppe e Maria!” Mi sento così bene, come mai prima d’ora. Come può esistere una simile goduria? È paragonabile solo al sesso, cazzo. Devo iniziare ad apprezzare di più mia moglie. In fin dei conti, non è tanto male. Beh, rimane una bisbetica, irritante, inopportuna, fastidiosa, isterica donna, ma con delle mani magiche. Mani che si sono spostate verso la nuca e che grattano con dovuta pressione. Come se agisse di volontà propria, la testa si alza leggermente dalla vasca per lasciare spazio alle “Magnifiche” di continuare per bene questo splendido lavoro. Mi sposerei quelle mani seduta stante. Se le mettessero in commercio farebbero faville.

L’acqua si sposta, scontrandosi sul mio torace e scoprendolo sempre di più. Comincio ad accarezzarmi le cosce per rendere il momento ancora più perfetto. Bulma si avvicina e percepisco il suo fiato tra l’orecchio e il collo. Mi si forma la pelle d’oca. Il suo profumo resta lo stesso di prima: sa di sole, terra, cotone e latte. È un profumo naturale, pulito. Senza alcun tipo di sostanza chimica. Aggrotto le fronte e mi chiedo se sia realmente Bulma… “Ma chi altri potrebbe essere? Nessuno ha la chiave, no? … NO?!”  

Il massaggio è finito e ora le mani passano delicate tra i miei capelli, come se li spazzolassero. Non mi sono mai pettinato i capelli, figurarsi se qualcuno l’ha mai fatto per me. I Saiyan non hanno bisogno di queste cose tipicamente umane e io mi sono sempre rifiutato di farle. Però, nonostante questo, non chiederei niente di più bello che quelle mani tra i miei capelli.

Sento un insolito formicolio che si diffonde nel bassoventre. È una gorgoglio che non ha nulla a che fare con la fame. Ghigno apertamente. Le forze le ho recuperate, sono pulito, rilassato, eccitato e ho una moglie bendisposta, servizievole e dalle mani d’oro. Non c’è nessuno in casa e la vasca è in grado di ospitare ben più di una persona. Cosa potrei desiderare di più?!

Per coglierla di sorpresa, allungo repentinamente una mano per afferrarle il polso. Il problema è che trovo qualcosa che non mi sarei aspettato.

La prima cosa che tocco sono dei capelli. Capelli che non dovrebbero essere così lunghi e tantomeno così sparati in aria.

La seconda cosa che tocco sono quelle mani dalle mille meraviglie. Mani che sono troppo grandi e hanno delle dita decisamente troppo lunghe.

La terza, e ultima, cosa che tocco è un polso. Polso che è troppo spesso e robusto. Decisamente da uomo.

Sono pietrificato e sconcertato. Il mio corpo è un pezzo di marmo, tanto è immobile. Anche i miei pensieri si sono cristallizzati. Si sono inceppati, come un disco, e girano all’infinito senza la possibilità di ripartire. Non è possibile. Non ci credo. Mi rifiuto di crederci.

La temperatura della stanza sembra essere precipitata sotto zero, come se qualcuno si fosse risucchiato tutto il calore. Regna il silenzio. Un silenzio così carico di tensione da essere quasi palpabile. Nessuno dei due accenna a muoversi. È come una di quelle scene da film horror di bassa lega, quando la musica si interrompe di colpo e aleggia quella tipica calma prima di una tempesta.

Batto convulsamente le palpebre, come un allocco. Tocco nuovamente quei capelli, quelle mani e quel polso per assicurarmi che non sia tutto frutto della mia mente stanca e malata. Perché deve essere malata, altrimenti non si spiegherebbe come mai io stia toccando quei capelli, quelle mani e quel polso. Sento che anche… che anche lu… che anche chi ha il dono di avere quelle mani paradisiache sta trattenendo il fiato. “Pensavi di poterla fare franca, eh?”

Ritasto nuovamente quella pelle e, avuta la mia conferma, mi alzo così velocemente dalla vasca che mi sembra di aver sperimentato per la prima volta la sensazione del teletrasporto. L’acqua schizza ovunque, inondando ogni cosa, soprattutto Lui, che, sia per non bagnarsi sia per istinto di sopravvivenza, cerca di scappare. Ma forse si è dimenticato chi ha di fronte…

Gli tengo così stretto il polso da percepire i suoi battiti cardiaci fin troppo elevati. Non ci penso neanche a lasciarlo andare, quel brutto figlio di una donna reitta. Sorrido in modo sadico, pregustando quello di cui tra poco sarà vittima, e sono certo di avere uno malvagio scintillio negli occhi. Per la terza legge della dinamica, Kakaroth, già con il corpo slanciato verso l’unica via d’uscita, rimbalza all’indietro finendo con il suo sedere da imbecille disteso sulle piastrelle bagnate. Accarezzandosi le chiappe, emette un «Ahia-ahia, che male» alquanto patetico. “Tsè, è questo sarebbe l’uomo più forte dell’universo?”                                                                                                     
Non mollo la presa intorno al suo polso, mentre lo guardo bofonchiare qualcosa come «E’ questo il ringraziamento che merito?» con un broncio degno di un bambino di cinque anni. Deve pagare per quello che mi ha fatto. Per l’umiliazione a cui mi ha sottoposto. “Mi ha lavato i capelli, e che cazzo!” La vendetta non è solo un piatto che va servito freddo e gustato lentamente, è puro afrodisiaco che ti scorre impazzito nelle vene e che pompa solo potenza e adrenalina, rendendoti un killer perfetto. E io, modesti a parte, sono nato per essere tale. La vendetta, la lotta, il sangue, il duro lavoro, la distruzione, la potenza, il superamento dei propri limiti, la competizione. È  tutto nel mio DNA da guerriero.

Il mio sguardo deve essere di fuoco perché, tutto a un tratto, quel patetico essere rammenta che c’è qualcun altro insieme a lui e che quel qualcun altro potrebbe fargli il culo ancora più piatto di quanto non sia già. Kakaroth, con straordinaria lentezza, alza la testa e mi guarda dubbioso. Dubbioso, ok?! Si sta, forse, domandando il perché del mio sguardo a dir poco omicida?! Quel neurone solitario che ruota nel buco nero che si trova al posto del cervello, non ci arriva? Digrigno i denti e stringo di più il polso. Kakaroth comincia a capire che probabilmente deve darsela a gambe. Striscia le chiappe a terra, nella speranza di poter mettere un po’ di distanza tra me e lui. È una preda, una preda in trappola. “Ohhh, da quanto aspettavo questo momento. Kakaroth che striscia ai miei piedi, nel posto che gli spetta.”

Il decerebrato, ora,  ha uno sguardo leggermente terrorizzato. In fin dei conti, il povero neurone non è morto ancora. Lo spirito di autoconservazione ha sempre la meglio. Gioisco dentro di me. È puro nettare vitale vederlo così. 
                                                                                     
Quindi non comprendo perché gli occhi di Kakaroth iniziano ad abbassarsi, seguendo la linea del mio corpo. Mi sta radiografando e questo non va bene. Affatto. E non posso in alcun modo arrestare il rossore che mi imporpora le guance quando quel troglodita si sofferma su quel punto e osa addirittura sgranare gli occhi. Kakaroth continua a fissarlo intensamente e con clinico interesse, così che il maledetto rossore non accenna a sparire… mi sembra di avere delle carbonelle ardenti sulle guance, ci potrei facilmente friggere delle uova.

Un rivolo di sudore mi cola giù dalla tempia e il cuore batte come se volesse crearsi un varco tra le costole. “Che mi succede?” La stanza è circondata da un silenzio imbarazzante e i vapori del bagno rendono tutto più soffuso. Kakaroth, ancora del tutto preso, deglutisce.

 
Ora è troppo. Troppo, cazzo! “Ha osato sgranare gli occhi e deglutire guardando il mio… il mio… il mio regale pisello?! Come ha osatooooooooo???!!!”
«Kakaaaroooth!!!» urlo come se ne andasse della mia vita. Lui era così tanto “coinvolto” che, per lo spavento, si sottrae dalla mia presa e fa un salto di quasi un metro, gridando come una donnicciola di quattro soldi. Sono così incazzato che mi sembra di poter sbuffare fumo dalle orecchie. Sono così tanto indiavolato che non mi rendo conto che è riuscito a divincolarsi facilmente dalla mia mano e che questo implica che l’avrebbe potuto fare fin dall’inizio. Questo, a sua volta, implica qualcos’altro, ma non mi ci voglio soffermare. Adesso ho ben altro da fare.

Le braccia mi tremano e l’occhio è preda di un convulso ticchettio. Il mio sguardo di puro odio, raccapriccio e vendetta, segue i movimenti di quel patetico essere incredibilmente stupido che a quanto pare non ci tiene particolarmente alla sua incolumità, dal momento che non solo non si è già teletrasportato in un luogo più sicuro, ma sta arretrando pian piano verso la porta, con i palmi delle mani rivolti verso di me, e con un espressione bonaria stampata sulla faccia.

«Vegeta, cerca di calmarti. Non è successo niente, in fin dei conti. Eheheh, ti ho solo lavato i capelli…» pronuncia queste parole, ridendo, come se fosse normale avere una persona pronta a torturarti da un momento all’altro. Beh, forse per Kakaroth, è normale amministrazione. Si gratta la testa, come fa di solito quando è imbarazzato e cerca di scusarsi. Assume l’aria di un bambino, quando fa così…

«Arghhh!» grido con le braccia alzate in alto, assomigliando vagamente a una donna isterica, ne sono consapevole. “Cosa cazzo vado a pensare?!” Ora lo ammazzo. Lentamente. Trarrò piacere dalle sue urla. Oh sì…

«Vegeta, ma che ti prende? Il massaggio non ti è piaciuto?»

Ha veramente detto quello che penso abbia detto? Non ho mai messo in dubbio che fosse solo un gigantesco idiota, ma non credevo che la sua stoltezza arrivasse a tanto.

«Kakaroth, esci fuori. Subito» sibilo a denti stretti. Ho deciso di lasciarlo vivere stavolta. Riflettendoci meglio, ho bisogno di un avversario degno della mia incommensurabile forza. E purtroppo, anche se lo ammetterò solo in presenza dei miei avvocati, quel pervertito che ho di fronte è l’unico degno di tale onore. Perciò non lo sbranerò. Ma solo per questo, eh.   

                                                                         
Stando a contatto con l’acqua ormai fredda, mi si sono congelati i piedi. Allora, faccio per uscire dalla vasca, quando mi accorgo che Kakaroth mi sta ancora fissando. Ma non sta fissando solo quello, sta fissando anche quello dietro e sorride, sorride con aria di compiacimento, come se gradisse lo spettacolo che gli si presenta davanti. E ha uno strano e ingiustificato luccichio malizioso negli occhi.                                                                               Quando penso che peggio di così non mi potrebbe andare, ecco che quel depravato-maniaco-sessuale si lecca il labbro con spudoratezza.
 
Passano solo pochi millesimi di secondo prima che: «Kakaaaroooth!!! COSA CAZZO STAVI GUARDANDO, BRUTTO PORCO PERVERTITO DEPRAVATO TROGLODITA IMBECILLE INFIMO REIETTO DI TERZA CLASSE???!!!»
«V-Vegeta non fare così… n-non è quello che sembra» bisbiglia.

Io, nudo come mamma mi ha fatto, in preda a una furia e a uno scorno mai provati fin ora, mi dirigo a grandi passi verso di lui, pronto a pestarlo come un punching ball e al diavolo i miei buoni propositi. Dandomi definitivamente la prova di non avere un barlume di intelligenza e che il massimo che ci si può aspettare da un mentecatto del genere è solo che riesca a strafogarsi in due minuti un pranzo degno di una casata reale, lui abbassa nuovamente quei suoi benedetti occhi e non riesce a nascondere un’immotivata gioia che gli illumina il viso, e che gli dona particolarmente.  
    
«Esciiiiiiiiiiiiiii!!!» strepito con gli occhi fuori dalle orbite e con un rossore che tenda al porpora. Afferro la prima cosa che trovo, che casualmente è una paperella di gomma, e gliela lancio in testa.
«Nonono, fa maleee!!!» la paperella descrive un arco nell’aria, calando perfettamente sulla testa di Kakaroth e provocando un rumore un po’ ridicolo. L’imbecille capisce che qui le cose si stanno facendo serie e sta per aprire la porta, quando scivola sull’acqua, cadendo con la faccia a terra, a due centimetri dalla mia adorata tuta. Si sente un crack! parecchio forte.                                                                                                    
“Spero sia il suo naso”                                                                                                                      
Sono alla ricerca di qualcosa che lo induca a scappare, perché non ho alcuna intenzione di toccare quello schifoso maniaco. Intanto il suddetto maniaco, a riprova che è un maniaco, prende la mia tuta e fugge a gambe levate, lasciando una nuvoletta al suo posto. Io non intendo dargliela vinta, deve pagarla cara. Rovisto tra i mobili del bagno e finalmente trovo quello che mi garantirà la sua morte. Sogghigno malefico e mi metto al suo inseguimento.

«Kakaroth, vieni qui. Ho qualcosa per te» canticchio con fare melodioso.
«Tanto non ci casco» grida. “Mio Dio, ma si può essere così scemi?”

Lo raggiungo in un battito di ciglia e con nonchalance faccio dondolare quello che ho in mano.

«AHHH!!! Vegeta n-no… non oserai vero?» bisbiglia con voce terrorizzata. È sbiancato, trema e rivoli di sudore freddo gli imperlano le labbra. Se non fosse Kakaroth e se io fossi più magnanimo, mi farebbe quasi pena.
«Kakaroth, su, mi conosci… potrei mai fare una cosa del genere?» dico con dolcezza.
«Uff, menomale. Per un momento ho pensato che dicessi sul serio» pronuncia con sollievo e con un’ingenuità commovente. Si passa una mano tra i capelli, asciugandosi la fronte. «Quindi, io me ne…» fa per continuare, ma si blocca.

Sorrido sadicamente e uno spiraglio di luce proveniente dalla finestra alla mia sinistra illumina sinistramente la punta della siringa, creando un’atmosfera perfetta. «Kakaroth, dopo tutto questo tempo pensavo che mi conoscessi un po’ meglio…» mugugno con finto dispiacere.
«Nooo, Vegetaaa! Ti prometto che non ti guarderò più il pisellino» urla disperato, ma ormai è troppo tardi.
«Addio Kakaroth»
 
 
Un urlo agonizzante rompe il silenzio della casa.

 



***
 



«Ehi Vegeta, lo sai che oggi ho incontrato Chichi al supermercato? Mi ha raccontato una cosa stranissima. Ha detto che Goku è ritornato a casa bianco come un cadavere e con uno sguardo vacuo. Non ha detto una parola, ha pure saltato la cena. Ti rendi conto?!» mi dice mia moglie allarmata. È sinceramente preoccupata per quel cretino, ciò significa che la situazione è drammatica. Sogghigno velatamente.

«Già» è il mio indispensabile contributo alla conversazione, ma per Bulma non è un problema.

«Hai ragione. E non è finita qui. Senti senti, insomma si è rifiutato di mangiare e quando Chichi è andata a vedere se fosse ancora sano di mente o avesse battuto la testa da qualche parte, l’ha trovato rintanato in un angolo, con le ginocchia al petto che si dondolava sul posto, ripetendo come un ossesso: “Cattivocattivosolopunturasolopunturapisellinopisellino”. La povera Chichi era sconvolta. E chi la biasima. Secondo me, i troppi allenamenti gli hanno fuso quei pochi neuroni che si ritrovava. Ed è per questo che anche tu dovresti smetterla con tutte quelle ore di asfissiante addestramento. Che ti avevo detto? Questa è la fine che farai. E io sono troppo giovane e bella per meritarmi un marito pazzo. Santi Saiyan…» la lascio brontolare in santa pace, mentre io rifletto sulle sue parole. Non fatevi strane idee, non sto rimuginando sui saggi consiglia di Bulma –non potrebbero importarmene di meno-, quanto sul fatto che Kakaroth (cretino-idiota-imbecille-troglodita-decerebrato-inutile…) continua a sostenere che ho il “pisellino”. Che ignobile affronto! Ma come si permette, quell’infimo essere? Voglio proprio vedere se in confronto al suo, il mio è così piccolo, tsè… 
“Pisellino…” Aggrotto la fronte e arriccio le labbra. “Miserabile infame. Dopo che è stato lì con la bava alla bocca a rimirarselo per bene, osa sostiene che è piccolo. Ingrato”                                                                                                                          
Però, ne è valsa la pena.

Devo assumere un’espressione parecchio grottesca perché riesco a distogliere l’attenzione di Bulma dalle sue unghie e dalle sue sconclusionate chiacchiere a vuoto.
«Vegeta, ma che ti prende? Hai una faccia diabolica» mi guarda con apprensione.
«Oh, nulla» mi gratto le tempie per coprirmi il viso.
«Come vuoi. Ehi, ma lo sai che oggi hai dei capelli proprio belli? Sono lisci e lucenti. Sei andato dal parrucchiere, per caso?»





Sproloqui Scilluttosi:
Questa one shot non ha senso, ne sono consapevole.                                                                           
Ma amo Dragon Ball. Sì, l’ho detto. Ho 16 anni e guardo ancora lo stesso cartone animato che guardavo quando ne avevo 6. Ogni anno ho un appuntamento fisso con Italia uno. E non ha alcuna importanza se oramai lo so a memoria. Non ci posso fare niente: ho sempre da imparare da Dragon Ball. E inoltre amo questi due: Gokue Vegeta. Sono LA coppia. Sono destinati a stare insieme. Sono fatti l’uno per l’altro. Si completano. Sono le parti perfette di una stessa mela -meglio di così non riesco a spiegarlo-. E non mi interessa se sono uomini, se hanno già delle mogli e dei figli, se si odiano, se sono solo amici -ok, prima di tutto non sono solo amici: basti pensare a Dragon Ball GT dove la loro “attrazione” è mooolto palese-, loro devono stare insieme. Non accetto obbiezioni. Sono la forma dell’amore più complessa, distorta, conturbante, appassionante, eccitante, malata che ci sia. Si odiano e si amano. Si cercano in continuazione e teniamo conto che all’inizio loro erano nemici, avrebbero dovuto odiarsi fino alla fine, giusto? -ecco un altro motivo del perché adoro questo cartone-. Un ulteriore motivo per amarli: sono anche una coppia fluff. Sono tutto, in pratica. E poi quando li vedo insieme la mia mente viaggia…
Ok, basta, penso di avervi stressato abbastanza. Chiedo perdono, ma quando inizio a parlare di questi due mi perdo -si è notato-.
Scillutta vi saluta in tutte le lingue che conosce
Ciao. Bye bye. Hasta luego. Au revoir.
 



 
   
 
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