La ragazza che non scese a patti
Il mio nome, lettori, rimarrà segreto ancora per un po’, perché non voglio che voi abbiate pregiudizi nel sentire la storia che mi accingo a raccontare. C’era una volta, perché così cominciano tutte le storie, un principe ramingo, esiliato dal suo regno per amore di una donna che lo tradì e una fanciulla la cui bellezza non stava nel solo corpo, ma nel suo carattere. E la nostra storia comincia nel castello della Regina Samantah. La donna, il diavolo (come la chiamavano i vecchi all’epoca) era salita al trono alla morte del marito, il buon re Gaio, dicendo che il figlio del Re era morto nell’assalto al castello da parte delle Armate dei Corvi, si vocifereva che fosse stata la regina a farli entrare, ma non vi era nulla di certo, in quel castello, quella notte era successo qualcosa che nessuno conosceva, si sapeva solo, e questa era la versione ufficiale, che la regina Samantah era scesa a patti con i Corvi e ora loro erano le sue guardie. La corte era rimasta illesa, per la maggior parte, ma il malcontento saliva e il fatto che la Regina avesse dato alla luce un erede maschio (anche se non si sapeva bene da chi, insomma re Gaio era molto vecchio quando si era sposato con Samantah) che era l’arrogante principe del Nulla, come lo chiamavano al Villaggio di Edmurbiye. Chi aveva coniato quel soprannome? Il suo nome era Giulia, ed era l’unica figlia del falegname. Era strana, al Villaggio tutti la schernivano e la evitavano. Era forse perché la sua bellezza aveva qualcosa di sovrannaturale, ma ora dopo anni pensando chiaramente credo che fossero i suoi occhi, color del cielo del Nord, se qualcuno di voi, lettori lo ha mai visto, così cristallini e puri che spaventavano i bambini. O forse era il contrasto che essi avevano sulla sua pelle quasi di porcellana. Qualcuno diceva che era una diavolo salito in terra dall’Inferno per portare gli uomini alla dannazione. Altri pensavano, ma badate bene, non dicevano ad alta voce, che fosse un angelo, sceso dal cielo per proteggere gli uomini; fatto sta che Giulia crebbe da sola col padre al confine estremo del Bosco degli Aceri e che poco gliene importava dell’essere ritenuta strana, forse si riteneva strana perfino lei. Fu così che gli anni passarono su Edmurbiye, tutti i bambini divennero adulti e cominciarono a vedere in Giulia qualcosa che non vedevano nelle altre ragazze, per questo molte la odiavano; la destestavano, la invidiavano. Rebecca, ad esempio, invidiava di lei i suoi capelli color della notte più scura quella senza stelle, quel nero traslucido. Myrian desteva di lei il suo sguardo che ti fissava sempre dritto negli occhi; Elisabetha invidiava di lei la sua pelle di porcellana e le lentiggini che le ricoprivano il nasino che era il sogno di qualsiasi scultore delle epoche antiche. Era un mercoledì mattina, giorno in cui l’arrogante principe del Nulla veniva a ritirare i tributi. Si trattava delle tasse che la Regina esigeva: quattro ragazze e un ragazzo da ogni villaggio. Così quella mattina anche Giulia si era presentata nella Piazza Grande, dalla quale volgendosi a Est si poteva vedere il Castello della regina. Il principe cominciò la sua ispezione, era volere della regina che scegliesse le ragazze che erano di suo gradimento; così portò con sé Martah la figlia del panettiere, Elisabetha, Katarina e.. la piazza scese nel silenzio più assoluto quando il principe tese la sua mano a Giulia. Non lo aveva fatto con nessuna delle ragazze, era bastato un cenno del capo, la ragazza alzò gli occhi al cielo e lo sorpassò le braccia incrociate davanti al seno, sbattendo contro la sua spalla volontariamente. Tutte le ragazze furono ammassate in una carrozza di legno scarno che non le proteggeva minimamente dal gelo di dicembre. Tutte si stringevano nei pochi abiti che si erano portate da casa, Giulia al contrario, forse perché abituata alle temperature molot più gelide della valle del Nord, dalla quale si erano trasferiti lei e suo padre quando la bambina aveva solo cinque anni, non sembrava curarsi delle ventate ghiacciate che le colpivano. Matt, il ragazzo che era stato scelto, aveva già la febbre, era di salute cagionevole e le ragazze provavano a ripararlo come meglio potevano. «ey, corvo, come ti chiami?» domandò il ragazzo dal carro affianco, il carro di Fells Kingdoms, era bello con i suoi capelli biondi appiccicati alla fronte e gli occhi grigioazzurri: «Giulia»rispose quella semplicemente. «piacere, Giulia, io sono Marc»le tese una mano attraverso le aste di legno, la ragazza la fissò con aria truce. Lui la ritirò. «non sei del Sud vero? Tu vieni dal Nord, te lo si vede scritto in faccia, hai i lineamenti molto più fini delle tue compagne di viaggio»Giulia fece del suo meglio per ignorarlo, ma per un’ora buona lui si perse a parlare della sua casa vicino alle Cascate Bollenti e alle Terme di Kingsdom. Fino a che il principe arrogante non si intromise e con un sonoro colpo di frusta si preparò a farlo tacere, quello che capitò non se l’aspettava, Giulia aveva tirato fuori la mano e con il braccio aveva fermato la frusta che si era avvolta attorno al suo braccio: «di un po’, principino, ti hanno mai insegnato a schioccare la lingua piuttosto che la frusta? Sai ottieni più risultati» quello fece fermare il carro e si avvicinò pericolosamente al volto della ragazza: «fidati, tesorino, la lingua la so usare benissimo. Vuoi provare?» domandò avvicinandosi ancora di più, per un momento le ragazze pensarono che Giulia non avrebbe reagito e invece quando fu abbastanza vicino gli sputò in un occhio. «Pagherai per questo ragazzina» le intimò e poi dato l’ordine di ripartire si diressero verso il castello della Regina Samantah. Furono scortate nello loro camere, e le ragazze furono divise in un dormitorio di quattro camere; ce ne stavano in ventine in una sola camera. Giulia se ne stava sempre un po’ in disparte. Dovevano essere le ancelle della Regina, ma non si capiva perché ogni due mesi le ancelle cambiavano e il principe tornava a riscuotere i tributi. Fu il giorno dopo che Giulia, Martah e un’altra ragazza che si chiamava Beatrice furono condotte nella sala della regina per aiutarla a prepararsi per la giornata. La regina Samantah era di una bellezza inumana, aveva lunghi capelli biondi che le ricadevano lungo la schiena e si intrecciavano in lunghe trecce, due occhi color della liquirizia e una pelle quasi cerulea, trasparente. Si vestiva semplicemente, con una tunica verde tenuta in vita da una cintura di cuio, non rispecchiava la figura che veniva loro raccontato al villaggio. Era anche gentile e Martha e Beatrice finirono per affezionarsi presto alla regina, che però sembrava tenere un’occhio ben aperto e puntato su Giulia, intendiamoci non è che non facesse bene il suo lavoro anzi, ma c’era qualcosa nella sua bellezza che impensieriva la regina. Qualcosa che la spaventava a morte anche se non era ancora disposta ad ammetterlo. Fu così, che circa dopo una settimana, quando già era sparita nel nulla una ragazza di Fells Kingsdom nel nulla più assoluto e di lei non si era saputo più niente, la regina interpellò la sciamano di corte, un uomo anziano che però l’aveva sempre protetta lungo tutto l’arco della sua vita. «Ella porta con sé una bellezza che non le deriva dal corpo, sebbene schiere di uomini si batteranno per esso, ma dal suo carattere, dal suo spirito ribelle che le da la forza del vento» era stato il responso dello sciamano in trance «di ella, oh mia regina, timore devi avere. Ella porta con sé una brezza nuova, ella combatte per i suoi ideali e non scende a patti» la regina vedeva realizzarsi tutti i suoi sospetti «uccidila, regina, imprigiona nel Diamante Nero del tuo cuore il suo spirito battagliero e sarai invincibile, permettile di diventare un’arma e lei ti distruggerà» detto questo lo sciamano cadde a terra in preda alle convulsioni. «ma bada» disse con voce metallica, quando la regina si abbassò per aiutarlo a sopportare le convulsioni «come lei può essere la tua rovina può essere anche la tua redenzione..» rivolse gli occhi in alto «non c’è posto per due regine su un solo trono»
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