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Autore: Echelon98    13/07/2012    0 recensioni
Era lei, ne ero certo, non era più agitata ma si mostrava in quello che era: una tigre. Non so se tra noi poteva funzionare, ma non avrei mai lasciato perdere una ragazza così.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I belive in nothing, not the saten not in god
 

Per ogni Echelon il giorno perfetto è quello dove Jared Leto, Shannon Leto e Tomislav Milicevic, o meglio Tomo, per loro questi tre musicisti sono molto più che membri di una band, sono idoli, nelle loro canzoni c’è la loro vita, ed è così anche per Irene.

 

-Irene

 

17 giugno, Milano

Concerto dei Mars a Milano, evento più unico che raro e ovviamente io ero lì con la mia migliore amica Noemi. Ragazze e ragazzi tutti uniti per una sola cosa, vedere 3 pazzi scatenarsi sul palco, ragazzi e ragazzi uniti per emozionarsi, scatenarsi, ballare, cantare e piangere insieme ai loro idoli e a ragazzi che capivano cosa provavano, era questo che avevo sempre amato dei loro concerti, moltissimi Echelon riuniti in un solo posto senza differenza di età, sesso, altezza, peso, nessuno ti discriminava perché eri diverso dalla massa.

Io e Noemi riuscimmo a prendere i posti migliori, prima fila, a pochi metri dal palco.

I: Oddio, siamo davvero qui, sono strafelice. Si urlavo come una bimba minchia, non l’avevo fatto apposta però

N: Ire, calmati, si siamo qui, sono felice anche io ma calmati, ti verrà un attacco di cuore altrimenti e non potrai più vedere il concerto ahahahahahah

I: Giusto, hai ragione. Mi sedetti sull’erba e aprii lo zainetto, ne tirai fuori una bottiglietta d’acqua e ne bevvi un sorso, poi la passai a Noemi che bevve e la richiuse. Le ore passavano noi ridevamo e scherzavamo con altri fan che, come noi, aspettavano con pazienza le 21.30.

 

-Jared

 

Era ora, finalmente salimmo sul palco di Milano, è sempre stata una delle mie città preferite, con la gente che ti sfrecciava attorno veloce e tu che sembri sempre fermo, forse non ci ero abituato a tutta quella indifferenza da parte della gente.

Shannon: “Jared, è ora, andiamo”. Salii sul palco insieme a mio fratello e a quel barbone di Tomo, si gli volevo molto bene, erano la mia famiglia.

Diedi il meglio di me, volevo fare capire agli Echelon che noi eravamo li, per loro, anche se non fisicamente, volevo fargli capire che ogni volta che mettevano un nostro cd o ascoltavano una nostra canzone, era come se noi fossimo li con loro, sempre!

Ecco la mia canzone preferita.

 

We were the Kings and Queens of a promise
We were the phantoms of ourselves

 

La cantavo sempre al meglio di me, ci mettevo tutto me stesso perché amavo il suo testo, la sua musica, la amavo.

Eravamo al gran finale, era quasi mezzanotte oramai, in scaletta c’erano solo altre due canzoni, Hurricane e This is War, il gran finale che tutti gli Echelon si meritavano. Le eseguimmo alla perfezione, ma c’era un’ ultima canzone che volevo fare, anche se non era in scaletta quella sera, e volevo eseguirla con una ragazza che avevo notato dall’inizio, era bella, capelli lunghi, magra ma non troppo, ma non era quello che mi attirava a lei, era il suo modo di muoversi, di cantare, trasmetteva emozioni che mai nessun altro mi aveva dato. Andai dietro le quinte e dissi la mia idea a Shannon e a Tomo, che approvarono subito. Presi la mia chitarra e ritornai di corsa sul palco, ma prima di iniziare scesi e andai a prendere per mano quella ragazza in prima fila che appena mi vide sbiancò le sorrisi e mi sorrise, si fece condurre tranquillamente sul palco, anche se tremava, mi fece sorridere, rimanevo sempre spiazzato di fronte all’effetto che facevo alle fan, ma lei era diversa, me lo sentivo.

 

-Irene

 

Il concerto andava avanti alla perfezione, dopo Closer to the Edge risuonò il grido di un aquila, sembrava li con noi, ma tutti noi sapevamo cosa voleva dire, Kings and Queens stava per iniziare, ci scatenammo tutti come pazzi, chi cantava, chi ballava, decidemmo di fare un cerchio umano, erano partiti in due poi in tre e così via fino a formare un enorme cerchio che ballava e cantava, era bellissimo. Le canzoni passarono veloci e sapevo che il concerto sarebbe finito con This is War, era logico, tutti noi lo sapevamo. Ecco il momento del gran finale, da una parte non vedevo l’ora di vedere cosa si erano inventati, ma dall’altra ero triste, perché sapevo cosa sarebbe successo dopo, sarebbe rimasto solo un bellissimo ricordo di loro e di quella magica serata. Finita This Is War Jared, Shannon e Tomo andarono via, solo dopo i ringraziamenti ovviamente e tutti si stavano preparando per andare, quando Jared tornò sul palco, da solo e con la chitarra in mano, ma la posò a terra e scese dal palco, veniva verso di me, presi a tremare, si avvicinava sempre di più, mi prese la mano che avevo sulla transenna e mi portò sul palco con lui, ok adesso potevo anche morire contenta. Mi guardò negli occhi e mi fece sedere per terra accanto a lui, prese la chitarra e iniziò a suonare 100 Suns, una delle mie canzoni preferite. Cantai con lui, ci misi tutta la passione possibile, iniziai a piangere come una bambina, quella canzone mi faceva quell’ effetto, loro mi facevano quell’effetto, lui mi faceva quell’effetto.

 

-Jared

 

Cantare con lei quella canzone era perfetto, aveva una voce magnifica, decisi che volevo conoscerla meglio. Sapevo che parlava inglese, glielo avevo chiesto mentre salivamo sul palco.

J: “Come ti chiami?” Chiesi al microfono poi glielo passai, lo prese ancora un po’ tremante, ma sicura

I: “Irene” Irene, era un nome bellissimo, non ne avevo mai sentito uno così melodioso.

J: Bene Irene, lo sai che per noi ogni fan è speciale e oggi te l’ho dimostrato” la baciai sulla guancia e le sussurrai di non andarsene dopo il concerto, lei annuì e la riaccompagnai giù dal palco.

 

-Irene

 

Beh che dire, era fantastico stare la sopra, ma adesso ero curiosa, perché mi aveva detto di non andarmene?

N: “Beh…cosa aspetti andiamo?”

I: “Se vuoi vai, io sto qui ancora un po’…ci sentiamo domani ok?” La baciai sulla guancia e mi misi in un angolo ad aspettare che i ragazzi se ne andassero.

Senza che me ne accorgessi Tomo mi si avvicinò, si presentò e mi condusse dietro le quinte del palco, sembrava un sogno, e li ero grata di aver convinto mia madre a mandarmi in Inghilterra quando avevo 18 anni, erano passati 2 anni ma lo ricordavo alla perfezione. Parlammo del più e del meno, vivevo da sola quindi non dovevo preoccuparmi dell’orario. Decidemmo di andare a prendere una pizza tutti insieme e fu così che nacque la mia amicizia con i Mars, in una bellissima serata di giugno.

 

-Jared

 

Era lei, ne ero certo, non era più agitata ma si mostrava in quello che era: una tigre. Non so se tra noi poteva funzionare, ma non avrei mai lasciato perdere una ragazza così.

  
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