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Autore: spongy    29/01/2007    13 recensioni
Capitolo extra:

Scusa per quella enorme macchia di cioccolata. C’è stato un piccolo incidente comprendente i miei fantasticamente immaturi (mica come me) amici e delle Cioccorane folli. Temo, dal modo in cui Sirius sta ridendo convulsamente sul tappeto, che qualcuno le abbia stregate.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuori, una tempesta sconvolgeva il delicato equilibrio di un ecosistema venutosi a creare nel corso di anni gloriosi, nei quali Hogwarts aveva ottenuto il suo prestigio.
Il tempo rifletteva perfettamente lo stato d’animo della ragazza.
Era stesa sul letto, immobile, gli occhi chiusi, ma perfettamente sveglia e in pieno possesso delle sue sviluppate facoltà mentali. Era il fremito che di tanto in tanto muoveva le sue palpebre a tradirla, si capiva che quella sera non era mai caduta in un sonno profondo.
Rifletteva. Rifletteva su come un ragazzo di 16 anni potesse farla penare tanto.
Su come un semplice individuo di sesso maschile, potesse turbare la sua solidità, che mai aveva minacciato di crollare.

Poco distante, il protagonista di quel filo ininterrotto di pensieri, dormiva beatamente, un sorriso stampato sul volto dai lineamenti perfetti. Ancora una volta era riuscito a far infuriare Evans. La sua Evans.


***




Il mattino dopo Lily Evans fissava il suo viso delicato riflesso nello specchio, i grandi occhi reclamanti riposo, la chioma rossa insolitamente in disordine e un insopportabile dolore alla testa.
E tutto questo per Potter.
Il giorno prima, aveva nuovamente urlato contro il muro di sicurezza in se stesso e noncurante arroganza, che la separava da quel ragazzo. Si disse che se avesse continuato di questo passo, il suo cuore non avrebbe retto a lungo e presto sarebbe morta d’infarto. Un sorriso perfetto sbocciò sul viso stanco di quella creatura.
Decise che il suo incubo non l’avrebbe più perseguitata, che non avrebbe più pensato a James Potter.
Ma si sbagliava di grosso.


***




La Sala Grande era gremita di studenti affamati quanto assonnati. Il tavolo più animato, era indubbiamente quello di Grifondoro: la sola presenza di James Potter e Sirius Black, bastava a smuovere l’intera fazione femminile della scuola, che li attorniava in atteggiamenti adoranti e, a quanto ne pensava Lily, molto fastidiosi.
La rossa era seduta come al solito all’estremo della lunga tavolata, il più lontano possibile da quelli che considerava i due più grandi idioti della scuola, se non di tutta l’Inghilterra, esempio lampante dell’arretratezza che continuava ad attanagliare il mondo.
Ma la cosa che più la turbava era l’inquietante prostrazione di almeno una decina di ragazze ai loro piedi.
Si chiedeva cosa ci trovassero tutte quelle sgallettate in Black e Potter; non capivano che quei sedicenni pieni di sé ci giocavano un po’, per poi gettarle via?
Tutta la strada che si era fatta per la rivendicazione dei diritti delle donne andava persa dinnanzi a quei due individui.
Un bacio leggero sfiorò la guancia di Lily, riportandola alla realtà e due grandi, profondi occhi neri la scrutarono con dolcezza: Alice, la sua unica vera amica.
Adorava quella ragazza, era un misto di generosità, simpatia e logorroici discorsi, di cui il più delle volte non afferrava neanche il significato, poiché non avevano effettivamente né capo né coda. Era così spontanea e sincera che si chiedeva come i professori riuscissero sempre a farsi abbindolare dalle sue goffe bugie.
Forse era merito dei suoi occhi puliti ed innocenti. Lily era sempre stata ammaliata da quegli occhi così brillanti, ci si sarebbe facilmente potuta perdere; d’altronde, quella era la parte dell’anatomia umana che più adorava.
Sfortunatamente, il ragazzo che si ostinava ad odiare e a rimproverare a gran voce ogni qualvolta lo trovasse affaccendato in uno dei suoi stupidi scherzi, dunque ogni volta che aveva la sfortuna di vederlo, era dotato di occhi nocciola semplicemente stupendi, che avevano fatto sciogliere più di cinque generazioni di dolci fanciulle, praticamente l’intera Hogwarts.

James Potter sedeva attorniato dai suoi più fidati amici, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus, e da un numero spropositato di ragazze, che ormai si era abituato ad ignorare.

“Felpato, hai visto ieri l’espressione di Evans?”

“Sì... sì era abbastanza incazz... arrabbiata.” Sirius era appena stato ripreso, o meglio folgorato, da uno degli sguardi più minacciosi dell’austera professoressa McGranitt. James scoppiò in una risata fragorosa .

“Ahaha... se-ehehee-i davvero un caso disperato... riesci sempre a farti beccare... Seriamente hai fatto un corso apposta?”

“Piantala, idiota.” Mugugnò Sirius, tra i denti.

Una voce diversa si inserì nel discorso.

“James, piuttosto, credi davvero che arrampicarsi su un banco durante l’ora di Trasfigurazione, per di più (santo cielo) facendo perdere un numero approssimativamente vicino al centinaio di punti alla nostra casa, e dedicare una canzone decisamente patetica alla povera Evans, sia una cosa così fantastica?
Prova ad utilizzare quei pochi neuroni impolverati di cui Madre Natura ti ha sbadatamente dotato...”

Remus, forse l’unico in quel gruppo dotato di un po’ di senno, parve trattenersi con estrema difficoltà dall’alzare gli occhi al cielo, mentre pronunciava le suddette, esasperate, parole. In tutta risposta, ricevette un’occhiata ostentatamente contrariata dall’amico.

“Ma stai scherzando?! La mia è tutta una tecnica di conquista... e stai sicuro che Evans, prima o poi, cascherà ai miei piedi. E... per favore... la prossima volta, lascia a me il ruolo del Don Giovanni, che almeno in fatto di donne, ho più esperienza di te.”

Detto ciò, le sopracciglia aggrottate sul bel viso di James, lasciarono nuovamente il posto ad un’espressione che ricordava tristemente una scena di contemplazione divina. Ed effettivamente, il ragazzo era intento a guardare il “suo” angelo.
Sirius gli passò fraternamente una mano tra i capelli, se possibile, scompigliandoli ancor di più.
Era lui “il caso disperato”.
E gli amici lo avevano capito fin troppo presto.

“L’angelo” in questione, era immerso in una fitta conversazione con la sua migliore amica; si discuteva di lezioni e del fatto che tra meno di un quarto d’ora sarebbe iniziata la prima delle due ore di Storia della Magia.

Dall’espressione afflitta di Alice, era evidente che doveva essersi figurata la prospettiva di trascorrere quella lezione inesorabilmente lunga, tentando di tenere gli occhi aperti, mentre la monotona voce del professor Ruf svolgeva la sua azione soporifera sugli alunni.

Si alzò sconfortata, seguendo la massa di compagni che si accingeva ad affrontare quella che molto probabilmente era la materia più noiosa del mondo magico.


***




Lily camminava speditamente lungo il corridoio che portava all’aula di Storia della Magia, seguita da Alice. La moretta faticava a tenere il passo dell’amica, e la sua piccola figura formosa creava un buffo contrasto con quella slanciata che si apprestava a seguire.
Tutto era insolitamente tranquillo. Molto strano. Potter non aveva ancora agito.
Magari si era rassegnato, magari aveva rinunciato a quelle stupide sceneggiate che metteva in atto al solo scopo di farsi notar...
Lily si ritrovò improvvisamente a terra. Immersa nei suoi pensieri, era andata a cozzare contro qualcosa di imponente, cadendo rovinosamente all’indietro.
Alzò lo sguardo, scansandosi dagli occhi alcune ciocche di capelli dispettose, e capì, con estremo sconforto, che quel “qualcosa” era il suo più grande incubo.

“Potter, potresti spiegarmi perché mi sbarri la strada in questo modo?” sibilò.

“Buongiorno anche a te, Evans” disse il ragazzo, le mani sui fianchi, tremendamente bello.

“E tu, potresti spiegarmi perché cerchi sempre il contatto fisico con il sottoscritto? Guarda che ti basterebbe chiedere...”

La ragazza, ancora sdraiata a terra, sui gomiti, si affrettò ad alzarsi, rifiutando la mano galantemente portagli da James, un’espressione di totale disprezzo sul volto.

Era pronta a ribattere, la bocca aperta, quando il giovane le lanciò un bacio con la mano e tornò di corsa dai suoi amici, contento.
Da quella posizione aveva potuto scorgere le mutandine candide della ragazza, tra le pieghe della gonna grigia.

Giunti finalmente in classe, gli alunni presero posto nell’atmosfera sonnacchiosa che regnava perennemente in quell’aula. Sirius decise saggiamente di occupare il banco meno visibile dalla cattedra e sedervici assieme alla sua nuova conquista, una seducente biondina di Corvonero, casa con cui i Grifondoro dividevano le lezioni di Storia della Magia. Peter, invece, decise di affiancare Susan Habbot, ragazza - con le fossette (!) - per cui aveva da sempre una cotta. Peter adorava quelle fossette.
Così, non per la prima volta, i Malandrini si ritrovarono separati, dal momento che James non aveva la minima intenzione di sedersi al banco di Remus, che lo avrebbe infinitamente tormentato affinché prendesse appunti.
Dunque, con uno scatto fulmineo anticipò Alice, appropriandosi prepotentemente del posto affianco a Lily.
La moretta, che si stava sedendo tranquillamente, gli si ritrovò inevitabilmente in braccio e un lieve rossore colorò le sue guance: quello su cui si era appena seduta, era pur sempre uno dei ragazzi più belli della scuola.

“Per me possiamo anche rimanere così, ma credo che un letto sarebbe più comodo, no?” fece James, con un sorriso malizioso.

Alice si alzò di scatto, il viso in fiamme, facendo rovesciare il banco e attirando a sè persino lo sguardo del professore-fantasma che mai aveva prestato attenzione a ciò che smuoveva la classe.

“Cosa succede, Borins?”

“Robins, professore, Robins. Non succede nulla, sono solo stata maldestra e... ho rovesciato il banco.” Rispose spavaldamente la ragazza.

Alice raggiunse Remus, seduto infondo alla classe e accanto al quale stava l'ultimo posto rimasto libero, in uno stato di agitazione decisamente evidente.
Si stava chiedendo come facesse la sua amica a restare indifferente di fronte a Potter. La ammirava.
James rivolse un sorriso perfetto alla sua compagna di banco. Lily lo guardava allibita, così come lo aveva osservato mentre “importunava” con tutta la sfacciataggine di cui era dotato, la sua amica. La quale, però, se ne era appena resa conto, ora guardava Potter con un’espressione non arrabbiata, non costernatamene imbarazzata.
Era divertita. Piacevolmente divertita.
Com’era possibile che anche la sua Alice potesse cadere nella trappola di quel maledettissimo essere?
Più lo guardava, più si rendeva conto che il suo proposito di quella mattina, quello che prevedeva di ignorarlo completamente, non sarebbe mai stato possibile.
No. Lei detestava troppo James Potter.

Dal canto suo, il giovane la fissava, così preso dalla sua bellezza da non accorgersi neanche che lo sguardo severo e disgustato di quella dea, era rivolto proprio a lui.





  
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