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Autore: Lilith02    15/07/2012    1 recensioni
Questa storia parla di una ragazza in attesa dei colori che hanno caratterizzato la sua infanzia, ma che ora l'hanno abbandonata, e di come lei si sia rifugiata in un suo mondo nell'attesa del ritorno dei colori.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Colori, solo colori



La ragazza se ne stava seduta a un tavolino di un bar aspettando che arrivasse l'ora per il pulman che l'avrebbe riportata a casa.
Come tutti i giorni da un mese a quella parte era sola, sola in quella città con cui non aveva nessun legame, sola in quel paese che ormai da anni non sentiva più suo, sola in quel mondo che più gli anni passavano più diventava egoista.
Ma lei non si sentiva sola, questo sentimento non aveva mai fatto parte di lei e non perchè fosse sempre circondata da persone che l'amavano e gli volevano bene, ma tutt'altro, talvolta era lei stessa a ricercare la solitudine, poiché spesso avere qualcuno al proprio fianco poteva risultare una scocciatura, un qualcosa che le impediva di fare ciò che voleva, e ciò che voleva era leggere.
Leggere era tutto quello che desiderava, il resto era noia.
Ecco perché diceva di non aver mai percepito la solitudine. Ecco perché non aveva mai sentito il bisogno di avere al proprio fianco qualcuno, certo ciò non voleva dire che anche lei non sognanasse un giorno di sposarsi avere dei figli e vivere "per sempre felice e contenta", ma semplicemente i libri erano meglio della realtà, e i loro personaggi migliori delle persone reali. Quando leggeva la realtà spativa e tutto intorno a lei si trasformava in ciò che stava leggendo. Ella si immergeva così a fondo nella lettura che nella sua testa immagini reali di ciò che leggeva scorrevano come proiettate sulla parete della sua mente attraverso una cinepresa immaginaria.
Insomma, leggere era la sua aria, la sua vita, ciò da cui ogni giorno traeva l'energia necessaria per poter andare avanti in questo mondo ormai per lei insignificante. Della realtà, ormai, niente la stupiva più, niente la esaltava o la rendeva felice come  come era stato nella sua infanzia, dove ogni giorno era costellato da migliaia di colori, ormai, ora, tutto era sempre della stessa tonalità, tutto era sempre spento e banale.
Ma lei, segretamente aspettava.
Apettava che qualcuno, o qualcosa, riuscisse a portarla via dal suo mondo, aspettava con desiderio sempre maggiore, ogni anno che passava, di poter rivedere quei colori, quei colori che avevano caratterizzato la sua infanzia, quei colori che significavano felicità, spensieratezza, e non distacco e apatia.
E nel frattempo che aspettava leggeva certo, ma guardava anche.
Guardava la gente che passava, gli animali, la natura ed ogni singola cosa che gli capitava sotto gli occhi. Fra tutte le cose che passavano ce ne era una che appariva sempre con più frequenza rispetto alle altre davanti a lei. Un display, il display del suo cellulare, e controllava, controllava l'ora, aspettando e contando i minuti e i secondi che la separavano dai colori e da quel qualcuno o qualcosa che l'avrebbe strappata dalla sua realtà.
Leggere.
Guardare.
Aspettare.
E poi?      Colori, solo colori.
  
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