Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: NoireNeige    15/07/2012    4 recensioni
"Rimasero immobili così, come perfette statue di marmo, per pochi attimi infiniti, lui pietrificato, sconvolto e con la bocca leggermente dischiusa in attesa di una reazione, incapace di staccare gli occhi da lei…
Lei, lei che ora lo guardava con inquietudine, curiosità… paura."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Snake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti i fan di Kuroshitsuji!!Questa è la prima fanfiction che scrivo a proposito di questo manga e ho deciso di cimentarmi nell'impresa perchè sono rimasta molto affascinata dal personaggio di Snake, che adesso amo molto °v° Sinceramente non so come sia venuta e devo ammettere che ero parecchio titubante e indecisa se metterla qui o no, perchè avevo paura che non piacesse. All'inizio infatti doveva essere una longfic ambientata all'incirca verso i numeri 11, 12 e così via, anche se non parla di zombie e cose varie...poi però per mancanza di tempo e soprattutto di idee ho dovuto ridurla a una one-shot e non penso che la continuerò, ma mi va bene così:)
Alla fine quindi ho pensato che non avevo nulla da perderci e l'ho postata!^w^
Spero che la gradiate anche se è qualcosa di decisamente umile ^///^ Ringrazio già chi sarà così carino da recensire o semplicemente da spendere qualche minuto a leggerla:)
Il resto lo lascio a voi ^u^
NoireNeige >///<


Pelle

 

I passi risuonarono lenti sul ponte legnoso, ma lui non si voltò. Restò immobile a fissare il mare sotto di sé che sciabordava e si muoveva senza sosta, le onde si infrangevano delicatamente contro la chiglia della nave producendo quel suono lento e strascicato, dolce come il sogno più bello e atteso. La luna si rifletteva nell’acqua simile ad un pallido viso dal sorriso timido e i suoi raggi risplendevano tra i capelli di Snake, rendendoli fili d’argento.
«Com’è difficile restare chiusi in una stanza in mezzo a così tante persone, vero?Anche voi avete cercato un po’ di pace Milord?» la voce della ragazza fu soffice come neve ma chiara e con una punta di divertimento. Lei appoggiò le mani al parapetto affiancandosi al valletto che sobbalzò improvvisamente spaventato. Il primo istinto fu quello di guardare chi gli aveva rivolto la parola, ma subito si convinse che non era la cosa migliore da fare, ondevitare che la sconosciuta scappasse via urlando disgustata dalla sua pelle di rettile. Come tutti, del resto.
Evitò accuratamente di guardarla in viso, nonostante sentisse i suoi occhi puntati su di sé. Si schiarì la gola impacciato, rendendosi conto solo in quell’istante di non sapere assolutamente cosa dire. Erano molto rare le volte in cui era stato costretto a parlare con qualcuno.
«Ehm… I-io non sono un lord…» balbettò, poi si chiese che importanza avesse rivelare un simile particolare ai fini della conversazione. Forse ora la ragazza si sarebbe allontanata, sapendo che lui non era nobile. Forse era una di quelle persone che disdegnava la gente comune e l’avrebbe guardato comunque con disprezzo, anche senza guardarlo in viso. E lui sarebbe rimasto nuovamente solo, visto che tutti i suoi amici serpenti erano rimasti chiusi nella stiva.
Era stato uno stupido.
Contro ogni probabilità e con suo immenso stupore però, la ragazza ridacchiò alzando il viso verso il cielo cosparso di stelle lucenti e lasciò che i lunghi capelli invisibili al buio le grondassero lungo le spalle nude e scivolassero tra le pieghe del corpetto rigido di colore indistinto.
«Ciò non esclude che siate qui alla ricerca di pace, anzi fortifica le mie supposizioni. D’altra parte, nessuno vi biasimerebbe… c’è un tale baccano lì dentro» mormorò, come persa nei suoi pensieri. All’improvviso si voltò verso Snake e gli rivolse un sorriso leggermente troppo sfrontato per una signorina. Il ragazzo fu di nuovo colto alla sprovvista e prima che potesse rendersene conto, il suo volto si era girato verso quello di lei. Nonostante fossero immersi nell’oscurità della notte, non potè fare a meno di notare lo scintillio negli occhi di lei, di colore indefinito, le labbra abbastanza carnose, il collo piccolo, i seti abbondanti stretti nel lungo vestito che correva fino a terra dispiegandosi in un’ampia gonna… Non riusciva a vedere le fattezze dell’abito, ma non se ne preoccupò poiché il suo sguardo cadde per pochi altri secondi ancora sul suo viso e poi si voltò in tutta fretta con il cuore in gola e la delusione che gli bloccava il petto come un macigno.
“Tutto quello che non dovevi fare, lo hai fatto… Ora si metterà ad urlare!”
Attese con riluttanza quel momento, ma nulla successe nei minuti successivi. Anzi, la sconosciuta gli si avvicinò di qualche passo, lentamente. Snake sentì il frusciare delle stoffe contro il legno e si irrigidì come mai gli era capitato.
«Va tutto bene?» chiese la ragazza e nella sua voce trasparì una sottile nota di apprensione.
Il valletto provò il morboso istinto di dirle la verità, di rivelarle chi era e di raccontarle la sua storia, tutta per intero. Avrebbe voluto parlare con qualcuno, con chiunque volesse ascoltarlo anche solo per un po’, di Joker, di Big Sis e tutti gli altri del circo… Avrebbe desiderato tanto avere delle risposte, o anche solo avere un motivo per cui ridere sinceramente. Perché a parte loro, nessuno lo aveva mai accettato per ciò che era realmente… Nessuno a parte Smile o meglio, come aveva scoperto essere in seguito, Ciel Phantomhive. La sua pelle bianca, viscida e coperta di piccole squame lucenti era il marchio della sua diversità. Il simbolo del suo degrado. Ma lui non la odiava, anzi… amava essere simile agli animali a cui era tanto affezionato. Semplicemente, odiava se stesso per non essere come tutti gli altri avrebbero voluto che fosse. Si odiava perché non era capace di rialzarsi dopo essere stato deriso, perché era debole. Perché non era stato in grado di proteggere la sua  famiglia…
Quando la guardò di nuovo, incapace di fermasi, i suoi occhi smarriti sembrarono due profondi laghi ambrati, colmi di disperazione.
«Sono solo…» articolò a fatica, boccheggiando come se i suoi polmoni cercassero disperatamente l’aria fresca «un po’ confuso…» mormorò infine, dopo una pausa in cui mille pensieri gli vorticavano in testa alla rinfusa. Non riusciva a vedere altro se non volti, volti che si sovrapponevano gli uni agli altri così velocemente da non permettergli nemmeno di riconoscerli.
Vedendolo arretrare, la ragazza si affrettò a parlare preoccupata «Posso aiutarti?» chiese con timore, lo sguardo triste che lo fissava compassionevole.
Snake si tirò indietro e i visi sparirono per lasciare il posto unicamente a quello della sconosciuta.
«No… Non potete, milady» mormorò tristemente. Non avrebbe voluto rispondere così… forse per non farla andare via non avrebbe dovuto rispondere così. Ma a cosa sarebbero servite ormai le menzogne?
Era solo e sarebbe restato solo per tutta la sua…
Senza che se lo aspettasse, prima ancora di poter muovere un solo muscolo, la ragazza percorse la poca distanza che ora li separava e posò delicatamente le piccole dita fredde contro la guancia di lui. Aveva avvertito il suo smarrimento, il suo terrore verso qualcosa di sconosciuto e indomabile…
Rimasero immobili così, come perfette statue di marmo, per pochi attimi infiniti, lui pietrificato, sconvolto e con la bocca leggermente dischiusa in attesa di una reazione, incapace di staccare gli occhi da lei…
Lei, lei che ora lo guardava con inquietudine, curiosità… paura. Aprì la bocca ma non ne uscì nessun suono e serrò nuovamente le labbra. Snake percepì un leggero tremito alle dita che gli stavano toccando la pelle squamata. Chiuse gli occhi e sospirò. Non era triste, né deluso, solo rassegnato… Sapeva cosa stava per succedere e non biasimava quella donna per il panico che la stava attanagliando in quel momento.
«La tua pelle…» ora la sua voce era un sussurro appena percettibile, portato via dal vento insieme all’odore di salsedine. Il rumore incessante delle onde del mare coprì quel suono soffice e delicato.
I due dondolarono lentamente, cullati dal rullio della nave e lui strinse con la mano sinistra il polso di lei, serrando le dita una per una attorno all’esile circonferenza delicata.
«Lo so» le rispose in tono arrendevole con un debole, triste sorriso. Era pronto a lasciarla fuggire, ora che anche lei sapeva. Lo era sempre stato, non si era illuso mai che potesse parlare tanto a lungo da raccontarle veramente la sua storia…
«… È bellissima» disse la ragazza improvvisamente, rivolgendogli un sorriso pieno di stupore e meraviglia. Nei suoi occhi non c’era alcuna traccia di orrore o spavento, ma solo incanto. Solo guardandola, appariva senza fiato per la sorpresa, e non come Snake si era aspettato.
Il valletto sentì il sangue raggelarsi nelle vene, sicuro di aver udito male le sue parole. Eppure non scappava, non si muoveva nemmeno, e lasciava che lui la toccasse come se tutto fosse stato naturale e al posto giusto.
No, non poteva essere vero. Niente di quello che stava vivendo poteva essere reale, quella donna non esisteva davvero.
Le sue dita tremarono e salirono su, fino alla mano di lei per sfiorarla e poi ricadere inerti lungo il fianco sinistro.
«C-cosa?» domandò e udì la sua voce strozzata e incredula. Poi, una nota a lui estranea  proveniente dall’interno stesso del suo corpo, dalle sue ossa quasi, raggiunse le sue orecchie e per un solo attimo gli venne l’istinto di ridere, ma sparì subito.
«La tua pelle, giovane maggiordomo… è bellissima» ripetè la ragazza allontanando finalmente il braccio, dopo aver saggiato per tutto quel tempo le dure e lisce scaglie da rettile.
«Sembra quasi…» le venne da ridere nel pronunciare quelle parole, mentre si guardava la mano interessata «quella di un serpente. È incantata»
Il valletto non riusciva a capacitarsi di quel che stava accadendo davanti ai suoi occhi. Ne era sicuro, quella ragazza lo aveva toccato con le sue stesse mani; era rimasta immobile per secondi, minuti interi, senza dire nulla e alla fine gli aveva detto… che la sua pelle era incantata. Quasi aveva le lacrime agli occhi, ma quando si sfiorò la guancia non sentì nulla. Abbassò lo sguardo, perché non sapeva cosa fare in una situazione simile. Come rispondi a qualcosa del genere?
«Giovane maggiordomo… hai gli occhi tristi. Perché?» domandò la ragazza piegando il viso per poterlo guardare negli occhi. Snake ricambiò lo sguardo e le rivolse un debolissimo sorriso perso.
«Credevo di essere solo…» disse più a se stesso che a lei.
La sconosciuta si rimise in posizione eretta e fece una leggera riverenza muovendosi con grazia. «Nessuno al mondo è mai solo; nessuno. Che si tratti di una presenza gradita o di qualcuno che desidereremmo non avere al nostro fianco… ci sarà sempre qualcuno con noi a ricordarci che siamo ancora vivi. Non scordarlo, giovane maggiordomo. Buona serata» gli voltò le spalle con un nuovo frusciare di vesti contro il legno e si incamminò sul ponte, verso una delle tante entrare che portavano all’interno della nave, ognuna ad un luogo diverso.
Mentre la donna si allontanava nel buio, Snake notò un particolare che lo lasciò perplesso, ma non gli diede troppa importanza e rimase a fissarla. Guardò i suoi capelli muoversi al ritmo del vento freddo e tuttavia piacevole. Una dolce e pungente fragranza di lavanda gli arrivò addosso e provò calore dentro di lui, così tanto quasi da avvertire la pelle bruciare dall’interno. Eppure lo trovò gradevole e si permise di chiudere gli occhi godendosi quella sensazione sconosciuta.
Mentre tornava dentro rise, rendendosi conto che ciò che aveva provato nel sentire le parole di quella ragazza, quel sentimento che non era riuscito a riconoscere… Era semplicemente pura e chiara felicità. Quella ingenua, infinita e semplice, che non ha bisogno di spiegazioni. Quella che provava stando insieme ai suoi amici…
Quando tornò al tavolo di Ciel gli si avvicinò cautamente e aspettò che lui finisse di mangiare, poi gli rivolse la sua domanda.
«Smile…» cominciò con un po’ di apprensione. Il ragazzino lo guardò storto alzando un sopracciglio.
«Che c’è?» chiese in tono brusco.
«È possibile che una nobildonna indossi un vestito rattoppato?» domandò cercando di nascondere il rossore alle guance. Il conte storse la bocca e si alzò dalla sedia riponendo il tovagliolo educatamente.
«Che diavolerie vai dicendo?!?Certo che no!Come ti vengono in mente certe cose?» rispose bruscamente. Snake si accigliò, avendo avuto la prova definitiva alle sue ipotesi.
Chi eri, tu, che non sei mai stata sola e avevi lo sguardo triste di chi mente?Una sirena forse?”










   
 
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