Videogiochi > Kingdom Hearts
Ricorda la storia  |      
Autore: CaskaLangley    30/01/2007    8 recensioni
"Non si possono salvare sempre tutti."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kairi, Re Topolino, Riku, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Kingdom Hearts II
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
AMENDS

AMENDS

11. Erica ~ Solitudine

There's nowhere left to hide
in no one to confide
the truth burns deep inside
and will never die

[ Muse, Sing for absolution ]

Per la prima volta dopo tanto tempo aveva sognato.

Aveva sognato una scena di quando erano bambini. Poteva essere pochi anni prima, o molti, non fa differenza. Erano bambini dentro. Era quel brevissimo momento delle loro vite in cui l’arrivo di Kairi non aveva ancora dato una ragione per partire, ma solo un’altra per cui restare.

Stavano costruendo qualcosa con la sabbia.

Era stata Kairi a cominciare. Aveva fatto una grande palla di sabbia. Poi un’altra un po’ più piccola, sopra, e si era fermata per contemplare l’opera, indecisa.

Quello era lo sguardo di quando la sua mente provava a tornare lontano. Attingeva a ricordi di cose che loro non potevano conoscere. Assumeva sempre un’aria un po’ frustrata, dopo. Si era messa a fare una terza palla.

"E’ un gelato al contrario?" aveva chiesto perplesso Sora.

"E’ un pupazzo."

"Non sembra un pupazzo" aveva constatato Riku.

"Non un pupazzo come…pupazzo" aveva sospirato "Non riesco a spiegarmi. Non capisco…"

Vedendola triste, Sora aveva cercato di tirarle su il morale: "Ti aiutiamo? Magari capiamo cos’è!"

In quel momento lei aveva terminato la terza palla, e i suoi occhi si erano ravvivati un pochino.

Si era guardata frettolosamente attorno, come temendo che un’idea potesse sfuggirle, e aveva detto: "Conchiglie! Per favore, aiutatemi a cercare delle conchiglie!"

Lui e Sora si erano subito mobilitati, mentre lei gironzolava alla ricerca frenetica di qualcos’altro. Si erano riempiti le tasche di conchiglie ed erano tornati alla strana scultura, che sembrava un po’ una torre, o uno di quei biberon di plastica con dentro il liquido zuccherato che si vendono alle bancarelle di dolciumi.

Kairi li aveva ringraziati e si era messa ad applicare velocemente le conchiglie con dimensioni simili in fila, tre sulle prime due palle, poi aveva preso due sassolini, e li aveva incastonati parallelamente sulla terza. Poco più sotto aveva tracciato una lunga mezzaluna con un dito. Il suo viso era luminoso, pervaso da uno strano entusiasmo.

"Due rametti!"

"Gli fai le corna?" aveva chiesto Sora.

"No, le braccia. Dove possono esserci due rametti?"

"Vado a prenderteli io" aveva detto Riku, ed era andato sulla riva, in quel punto un po’ stagnante dove si fermavano tutti i detriti che la corrente trascinava con se al mattino. Per un po’ si era fermato a scegliere i rametti migliori, poi aveva capito che uno valeva l’altro. Il suo riflesso nell’acqua era putrido, sporco.

Kairi aveva ficcato i bastoncini nel pupazzo, e aveva fatto un buco nella sabbia per tenere in piedi una paletta. Sora le aveva portato una foglia di palma, e siccome voleva avvolgerla attorno alla terza palla, ma era troppo rigida, loro due gliel’avevano ammorbidita e spezzata in alcuni punti perché potesse usarla.

Alla fine Kairi aveva messo il secchiello riverso sulla cima, come un cappello, e frugando tra le conchiglie ne aveva trovata una affusolata. L’aveva collocata sotto le conchiglie parallele, sopra la mezza luna, e in quel momento, al culmine della felicità, aveva detto: "E’ un pupazzo di neve!"

Lui e Sora si erano guardati, poi avevano guardato lei, e poi si erano messi al suo fianco per contemplare il risultato: un buffo ometto con gli occhi strabici, le braccia storte e il sorriso stupidotto.

Lui lo aveva guardato serio, convinto di riuscire a capirci qualcosa, mentre Sora non si era vergognato a chiedere: "Che cos’è un pupazzo di neve?"

"E’ questo."

"E qual è la neve?"

"La sabbia."

"…ma la sabbia è la sabbia. Cos’è la neve?"

Kairi lo aveva guardato negli occhi, stupita.

"Non sai che cos’è la neve, Sora?"

"Ne abbiamo parlato a scuola una volta" aveva detto Riku, facendo mente locale, ma i suoi ricordi in merito erano decisamente confusi. Si parlava delle elementari, e non era stata di certo una lezione memorabile. "E’ una cosa atmosferica, come la pioggia. La maestra aveva detto che non era importante perché non esisteva più."

"Sì che esiste!" aveva detto Kairi "Viene giù dal cielo quando fa freddo. La puoi usare proprio come la sabbia, ma è più…come la sabbia bagnata, non si sgretola. E’ umida. E’ bianca, e poi se fa proprio tanto freddo si ghiaccia, e diventa scivolosa, e ci puoi anche pattinare sopra."

Sora la ascoltava in un misto di timore reverenziale ed entusiasmo.

"Io non l’ho mai vista, qui non è mai venuta…"

"Somiglia…allo zucchero a velo. Quello che si mette sulle torte. E i bambini ci fanno i pupazzi così" indicò il suo "Però usano i guanti, perché è freddissima e ti vengono le mani tutte rosse quando la tocchi. E la foglia sarebbe una sciarpa, e il secchiello un cappello" aveva riso "E il naso una carota!"

"E la paletta?"

"Mmmh…una scopa."

"Uao…"

Sora si era avvicinato al pupazzo, che aveva all’improvviso acquisito fascino da vendere.

"Esiste davvero una cosa del genere…fa male se va negli occhi?"

"No, se non è tanto ghiacciata."

"Che bello! Potremmo tirarcela addosso, Riku!"

"Sì, proprio così! Si fanno delle palline e si lanciano per colpirsi."

"Sarebbe una gara fortissima, vero Riku?"

Anche se era lì, lui era rimasto in disparte. Aveva provato come un senso di ostilità verso Kairi, una sottile, formicolante invidia sotto la pelle.

Riku non aveva mai visto la neve. Non l’avrebbe vista mai.

Fissando con astio il pupazzo di sabbia, che scimmiottava in modo patetico e fastidioso qualcosa che poteva solo immaginare, aveva detto come un ordine: "Dobbiamo vedere la neve."

Sora si era accorato, e Kairi aveva sorriso: "Vi piacerebbe. Voi vi divertireste tantissimo a fare la battaglia con le palle di neve."

Adesso che tutto quello si era perso per sempre, come quel pupazzo dopo una notte di pioggia, Riku si rendeva conto che non era stato che uno dei tanti momenti.

Uno dei tanti momenti in cui aveva appoggiato un mattone sulla sua strada per andare lontano.

Ogni mattone, un passo più distante dai suoi amici.

Poi aprì gli occhi e il sole scomparve.

*

Lui e il Re sterminavano Nobodies da settimane. Forse mesi. Chi poteva dirlo, magari era stato solamente un lungo, eterno giorno vuoto e buio.

Credeva di aver cominciato a seguire il Re per quel contorto senso del dovere che cresceva dalla radice della gratitudine. Adesso stava cominciando a capire di averlo fatto perché voleva essere sorvegliato da lui.

Riku non si fidava di se stesso.

Non si sarebbe mai più fidato di se stesso.

Si sentiva divorare dentro, riempire lo stomaco. Era qualcosa che avanzava. A volte montava potente come un pugno, altre era lenta, insinuante, appena percettibile, ma non si fermava mai.

Qualsiasi cosa sarebbe diventato, il Re era l’unico che aveva il potere di fermarlo.

Finalmente, di ucciderlo.

Il Re.

…o Sora.

Adesso stai sognando, Sora?

*

"Ti mancheranno molto."

"Chi?"

Domanda stupida.

Erano seduti su una collina nei pressi di Twilight Town. Il panorama era accettabile, per quello che poteva valere. L’aria era fredda come sempre. Attorno a loro, gradazioni di blu. Blu come il velluto, blu come le fasi della notte, poi come il blu quando diventa nero.

Non c’erano blu brillanti come gli occhi di Sora, né azzurri come quelli di Kairi.

Dopotutto, era meglio così.

"I tuoi amici."

Riku abbassò gli occhi e sorrise. I ciuffi d’erba alta si scuotevano tutti insieme.

Gli mancava il passato.

Tutto quello che era andato, e Sora e Kairi con esso.

Ma nel tempo presente, in quel momento, a Riku non mancava niente. Solo la sensazione di un cuore nel petto.

"A volte. Per poco."

Il Re proiettava la sua ombra inconfondibile sul prato illuminato pallidamente dall’enorme cuore che illuminava fioco il cielo.

Sul lato giusto del mondo qualcuno stava sognando la luna.

Su quel lato, la cosa più splendente, irraggiungibile di tutte, erano quei cuori.

Persino Riku si fermava a fissarli, e gli sembrava di vederli muoversi, a volte. Li immaginava come farfalle schiacciate l’una contro l’altra.

Il Re si sdraiò sull’erba con le mani dietro alla testa, come un ragazzino sulla spiaggia. In qualche modo miracoloso, era sempre straordinariamente positivo e semplice. Era divertente, rideva spesso. Gli faceva anche degli scherzi, a volte, a cui lui non sapeva bene come reagire, perché aveva già rovinato la propria vita abbastanza anche senza appendere il Re dei mondi per la coda da qualche parte e attirarsi così ancora più nemici di quanti già non ne avesse.

Gli ricordava Sora, spesso.

Il Re chiuse gli occhi, facendo il finto tonto, e gli porse la domanda che a cadenza regolare gli aveva porto in molti modi da quando si erano rincontrati al castello dell’oblio. In quel caso fu particolarmente diretto.

"Perché non ritorni?"

Strana cosa da chiedere quando la realtà era che, anche volendo, non sarebbero potuti tornare proprio da nessuna parte. Ma il Re era fatto così, parlava come se l’impossibile fosse una questione di punti di vista, e come se le difficoltà fossero relative alla forza d’animo necessaria per farle cadere.

Era davvero così simile a Sora.

"Non posso" - era sempre stata la sua risposta. Il Re se lo aspettava, e sorrise divertito come davanti alle insistenze di un bambino.

"Sei giovane, Riku. Troppo giovane per tutte le responsabilità che ti stai dando."

"…Sono fatto così."

Il Re rise. Riku esitò per un attimo, poi si lasciò cadere come lui sull’erba.

Chiuse gli occhi e si sforzò di sentire il rumore delle onde, lontano, lontanissimo.

"Senza il Keyblade Master, la principessa è sola. Non vuoi proteggerla?"

"Che Principessa?"

"La Principessa Kairi."

Riku scoppiò a ridere.

"Kairi non è una principessa. Giocava sempre vicino alle pozze d’acqua stantia, e si riempiva di fango. A volte con gli altri diventava manesca, ma era il nostro segreto. Sora è ancora un bambino, ha un’immagine troppo idilliaca delle donne. Ma c’era da sentirla quando si arrabbiava, Maleficent era niente!"

Il Re sorrise divertito: "E’ la tempra delle principesse. Bisogna averla, per proteggere un cuore così puro."

Riku sorrise lievemente.

"Allora credo che saprà proteggersi meglio da sola di quanto non potrei fare io" una pausa "Forse l’unico modo che ho di proteggerla è di starle lontano."

Il Re lo guardò. Poi sospirò.

"E’ ancora molto presto, vero?"

"Infinitamente."

Il Re tacque, e sospirò sereno l’aria fredda delle colline.

Riku girò la testa e si rivolse a lui con un ghigno appena accennato: "Perché non ci torni tu a casa? C’è una regina che ti aspetta, e tante altre persone con lei."

"Più sono le persone che ti aspettano, Riku, più sono le cose che devi assicurare di portare con te al tuo ritorno…" scosse la testa "Anche per me è ancora presto."

"Certo che un Re ne ha di responsabilità, eh?"

"Ha anche abbastanza potere da assolverle. E’ giusto così. Però…" sospirò "Ti confesso un segreto. Dammi la tua parola che lo manterrai."

Riku rise e disse solennemente: "Ve lo giuro, Vostra Maestà."

Il Re sorrise tra se e se: "Mi fa davvero male l’idea della regina sempre sola in quel palazzo enorme. A volte vorrei avere meno responsabilità e stare con lei. Ma avere meno responsabilità significherebbe avere meno potere…e senza potere a sufficienza non potrei fare niente per proteggere la regina e tutti gli altri" tornò allegro "Quindi, suppongo vada bene così. Invece tu…"

"Lascia stare, Re."

Il Re rise e mostrò le mani guantate in segno di resa.

Riku chiuse gli occhi e sorrise.

"…diciamo che non sei il solo ad avere delle responsabilità."

*

A volte la sensazione che qualcosa pasteggiasse con le sue viscere diventava fisica, e Riku voleva solo fermarsi a un angolo di strada a vomitare.

Il Re era sulle tracce dell’Organizzazione. Riku dubitava seriamente che se li avesse trovati si sarebbero lanciati allo sterminio di massa indiscriminato, quindi si chiedeva a che cosa servisse tutto quell’avanti e indietro, se tanto non avrebbe portato una soluzione radicale e definitiva. Comunque si guardava bene dal dirlo al Re, e si limitava a seguirlo nella ridicola illusione di riscattarsi ai suoi occhi. Agli occhi di tutti. Agli occhi di se stesso. Agli occhi del cielo. Accidenti, di qualsiasi paio di occhi sulla faccia di quel maledettissimo universo.

Smetterla di guardare gli altri e vedere riflesso in loro il volto del burattino di Maleficent.

Smetterla di guardare in se stesso e vedere il mostro che aveva messo in pericolo la vita dei suoi amici.

Ma a volte il Re si rivolgeva a lui con una tale fiducia che Riku aveva paura.

Lui non si fidava di se stesso. Non voleva che qualcuno si fidasse di lui, specialmente qualcuno di così importante il cui tradimento sarebbe stato così grave.

Aveva già tradito qualcuno di importante per altri motivi, un’altra volta.

Era stato sufficientemente devastante.

*

Il Re gli aveva parlato di Ansem il Saggio, e delle sue ricerche. Gli aveva detto che ci aveva riflettuto a lungo, per poi capire che per lui forse sarebbe stato importante saperlo.

Per Riku non era importante. Non cambiava niente. Nulla cambiava mai niente.

Anche il freddo, il vento, e la pioggia, non cambiavano i colori di quei mondi oscuri.

Né lui né il Re possedevano il potere necessario per muoversi a piacimento da un lato all’altro, e si limitavano a saltare occasionalmente in corridoi ancora aperti, consapevoli di rischiare di tutto, dalle trappole alle vere e proprie imboscate, fino ad arrivare alle semplici casualità che li portavano dalla parte opposta in cui sarebbero dovuti essere. Poco importava, visto che stavano cercando qualcosa che non sapevano dove potesse essere trovato, quindi che strada facessero per cercarlo non aveva la benché minima importanza.

Vagavano nell’oscurità da così tanto tempo, che se Riku avesse rivisto il sole i suoi occhi avrebbero pianto.

Solo nei suoi rarissimi sogni poteva rivedere la luce.

Quei sogni dove Sora e Kairi erano seduti sull’albero di Paopu con lui, e la loro vita senza pensieri scivolava giorno dopo giorno leggera come sabbia nel vento.

Avevano tanti pensieri positivi, allora. Li condividevano quasi tutti. Erano sogni di viaggi, perlopiù, ma era bello anche vivere così, costruendo spazi con la mente, insieme, al sicuro nella loro piccola isola.

…era bello anche vivere così, ma a Riku non bastava.

La cosa che più gli faceva rabbia era il pensiero che tornando indietro, avrebbe avuto così voglia di tutto che forse avrebbe rifatto ogni cosa.

Si sarebbe comunque allontanato da loro. Sprezzante, pieno di odio, e di disperazione.

Si sarebbe sentito ancora solo. Quella solitudine l’avrebbe reso ancora un mostro.

Lo sapeva. Lo temeva. Nonostante si pentisse così tanto che si sarebbe scavato le budella se solo fosse servito ad estirpare una piccola parte di quel senso di perdita e mancanza insopportabile.

Sì, Sora e Kairi gli mancavano.

Gli mancavano immensamente.

Gli mancavano quei sogni, quella vita.

Quell’esistenza immobile, levigata dal nulla.

Ma luminosa.

Così luminosa.

*

Avevano combattuto un gruppetto di Heartless.

Affrontavano Nobody da talmente tanto tempo, che quel manipolo di goffi esserini neri lo aveva quasi divertito, e aveva quasi divertito anche il Re, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Ma quando tutto era finito, e anche l’ultimo cuore si era dissolto nell’aria, Riku era stato colto di nuovo dall’orrenda e vivida certezza: quello era ciò che sarebbe stato di lui.

Perché questo era ciò che era: un mostro.

Dentro di lui, il suo cuore era ancora avvelenato.

Forse non esisteva modo di guarirsi da quella cosa.

Non in un mondo senza un raggio di sole. Non in un mondo senza i suoi amici.

Questo era quello che lo aspettava, tirare fuori quel mostro. Lasciarsi annullare da lui, questa volta.

E poi un Keyblade lo avrebbe ammazzato.

Forse sarebbe stato il Re.

Forse sarebbe stato Sora.

Il suo cuore sarebbe scomparso in quel modo, come una bolla di sapone.

Né Sora, né Kairi, lo avrebbero pianto a quel punto. Non dopo aver ferito così tante volte a morte la loro fiducia.

E forse chissà. Forse sarebbe stato Riku ad ucciderli.

Avrebbe ucciso i suoi amici.

Avrebbe perso anche il ricordo della luce.

E poi…solamente altra solitudine.

"A te non succederà."

Riku guardò in basso. Il Re lo fissava severamente. In fin dei conti non somigliava poi tanto a Sora, era decisamente più sensibile. Ridacchiò a questo pensiero.

"Forse sarebbe un bene. Un attimo sarei lì, e un attimo dopo…" tracciò col dito un linea che saliva verso l’alto, poi si fermò "…puff. Niente più Riku."

"Non puoi parlare così. Non devi dimenticarti che sei un prescelto del Keyblade."

Riku sorrise amaramente.

Il suo Keyblade, certo.

La prova della propria follia materializzatasi tra le sue mani.

Ancora lo impugnava dopo la battaglia.

"Questa è una falsa speranza. Un’illusione."

Lo fece sparire.

"Una finzione."

Il Re si avvicinò e senza parlare gli porse il suo Keyblade d’oro.

Riku lo guardò brillare nell’oscurità come un piccolo miracolo.

"Prendilo" gli ordinò gentilmente.

"Non posso."

"Forza."

Riku lo guardò un attimo nei grandi occhi per capire che cosa avesse in mente, poi non ancora del tutto convinto prese il Keyblade e attese.

Dopo un po’, il Re sorrise.

Il Keyblade non scompariva.

Non lo stava respingendo.

Provò a muoverlo, incredulo. Era leggero, ma fendeva l’aria con forza, facendola quasi fischiare.

Con un ghigno lo puntò sopra la testa del Re e disse: "Adesso potrei dimostrarti qual è il mio destino."

Il Re aprì la mano e il Keyblade tornò da lui. Fece una breve risata da bambino: "Non ti montare la testa, giovanotto."

Anche Riku rise per un attimo, e si spostò da davanti agli occhi la frangia che stava diventando lunghissima.

"Tu sei una persona decisamente interessante, Riku" gli disse divertito il Re.

"Sì. Non appartengo all’oscurità e non posso tornare nella luce. Al momento la mia vita è praticamente un’eresia. Anch’io lo trovo interessante."

"Devi solo riuscire a fidarti di nuovo di te stesso."

Lui sorrise cinico. Il Re rimase serio.

"Non devi scomparire nelle tenebre."

*

Erano di nuovo a Twilight Town. Era come se qualcosa li calamitasse insistentemente lì.

L’umidità dei vicoli stretti sembrava penetrare il tessuto dei soprabiti neri.

"Dimmi qualcosa del Keyblade Master."

"Di Sora?"

Il Re annuì. Riku lo guardò per cercare di capire se davvero gli interessasse, o fosse solamente un modo come un altro per far leva sulla nostalgia per smuovergli il cuore (sempre perché somigliava un po’ a Sora, sapeva essere davvero molto poco sottile a volte). Non capiva che il suo cuore era già sufficientemente smosso. Aveva la nausea, a furia di essere smosso.

"Mi sarebbe piaciuto avere più tempo per conoscerlo" spiegò il Re.

Riku rallentò il passo.

"Sora…"

…sarebbe dovuto essere a casa.

Sulla loro isola, di nuovo alla sua vita normale, di nuovo da Kairi.

Sarebbe dovuto, invece era rimasto.

Era rimasto per lui.

"…a volte credo che sia davvero stupido."

Il Re rise, e si sporse dal vicolo per controllare la situazione. Non c’era in giro anima viva. Si abbassò il cappuccio e sospirò, come se il suo respiro fosse stato filtrato da una pesante maschera a gas fino a quel momento.

"E poi?"

"…non è sempre molto sveglio. Diciamo che ci mette un po’ a capire le cose. Però agisce d’istinto, e fin’adesso non è ancora crepato, quindi suppongo che vada bene così."

"E’ un po’ come te, allora."

Riku si offese un po’: "Io penso prima di agire, quando serve."

Il Re ridacchiò e gliela lasciò passare.

Riku pensò agli occhi di Sora sigillati in un sonno profondo, dietro quel vetro, come un feto per gli esperimenti rannicchiato in un barattolo.

Sarebbe dovuto essere con Kairi.

Sarebbe dovuto essere al fianco della sua principessa per proteggerla.

Sarebbe dovuto essere a casa.

"Fa sempre e solo quello che gli dice il suo cuore. Anche se è una cosa assurda e irragionevole, lui la fa la stesso. Anzi, più è assurda e irragionevole, più è spinto a farla. Deve riuscire a fare tutto perché è giusto" sorrise tra se e se "…lui prova sempre. E magari fallisce. Ma continua a provare, continua a tentare. A volte è davvero un idiota ostinato, però non si arrende…Sora non si arrende mai."

Il suo viso minuto incredibilmente sereno, che sembrava così pallido e luminoso insieme, inglobato da quella luce fredda. Le sue labbra leggermente schiuse in un’espressione di attesa.

…stai aspettando me, Sora?

Sorrise amaramente, ma con affetto.

"…lui deve salvare sempre tutti quanti."

Il Re annuì con un’espressione soddisfatta sul volto: "Ho capito."

Arrivarono in piazza. Lui si sedette su una panchina, e dopo qualche perplessità Riku fece altrettanto.

"Mi hai fatto ricordare di quando anch’io ero un giovane Keyblade Master. Ero sempre in viaggio con Donald e Goofy" rise per un attimo "Già allora facevo sempre preoccupare Minnie. Però non era solo una questione di responsabilità e di doveri…volevo così tanto cambiare il mondo. Anche noi eravamo assurdi e irragionevoli, ma ci credevamo. Ci credevamo davvero."

Riku sghignazzò: "Andiamo Re, non fare il nostalgico, sei ancora un giovanotto."

"Eheh, lo dici perché porto bene i miei anni. Ma di tempo ne è passato, eccome se ne passato…"

"E cos’è successo?"

"…ho capito che purtroppo non si possono salvare sempre tutti…" saltò giù dalla panchina e indossò nuovamente il cappuccio "Spero che Sora debba impararlo il più tardi possibile."

Riku si alzò in silenzio, e mosse col pensiero un rimprovero verso il cielo: svegliati e torna a casa, lasciami perdere. Torna da Kairi, prenditi cura di lei. Maledizione, lasciami perdere.

"Cerchiamo un corridoio."

"Se potessimo aprirceli da soli, questi dannati corridoi…"

Il Re si girò di scatto come se qualcosa l’avesse messo in guardia. Anche Riku si girò per controllare, ma non vide nessuno, e si rese conto che il Re stava guardando lui.

"Non ci pensare nemmeno, Riku."

Scrollò le spalle: "Era solo un’idea."

Il Re tornò tranquillo: "Non avere fretta di sbarazzarti delle difficoltà, per una che va cento ne arrivano."

"Però intanto ce n’è una in meno."

Il Re lo guardò e rise, scuotendo lentamente la testa.

Non si possono salvare sempre tutti, Sora, non puoi nemmeno tu.

Ritorna a casa.

*

Era semplicemente crollato.

La coscienza sanguina, la testa esplode, la disperazione divampa, e sei con le ginocchia a terra, come quando inciampavi da bambino e Sora ti prendeva in giro, indicandoti, al culmine dell’ilarità perché poteva finalmente dimostrare che persino tu, persino tu, a volte cadevi.

Ridi ancora, Sora.

Smettila di dormire, svegliati.

Ridi ancora di me.

"Eri solo un ragazzo."

"Ho cospirato per distruggere il mondo. Scusa se non riesco a riderci sopra."

"Eri sotto l’influenza di Maleficent. Ti aveva avvelenato il cuore."

"Ho cercato di uccidere Sora."

"Xehanort, non tu."

"L’ho lasciato fare. L’ho lasciato entrare. Per avere più potere."

"E poi l’hai sconfitto. Due volte."

"Non basta. Non basterà mai. Anche se continuo a farlo a pezzi…"

Il Re socchiuse tristemente gli occhi: "Non devi essere così duro con te stesso."

"Sono fin troppo buono con me stesso. Dovrei ammazzarmi."

"Non dire cose che non pensi…"

Riku picchiò i pugni con l’erba e si chinò fino a toccarla con la fronte. Era così fresca.

Ormai era in ginocchio, così tanto che gli sembrava di sentire in bocca il sapore del fondo.

"Avrei potuto uccidere i miei amici."

"Non l’hai fatto."

"Avrei potuto."

"E ti sei confinato nell’oscurità per questo. Non ti sembra una punizione sufficiente?"

"Punirmi non cambia le cose."

"Perdonarti sì."

Riku strinse l’erba e la strappò.

Ripensò al momento in cui aveva avuto la possibilità di dimenticare, di chiudere per sempre l’oscurità fuori dal suo cuore.

Avrebbe potuto disfarsi di quel fardello semplicemente con un , e sarebbe come rinato.

Pulito, senza peccato.

Nessuna ferita. Nessun dolore. Il crimine perfetto.

…ma Sora sarebbe potuto tornare a casa e non l’aveva fatto.

Allora era giusto che Riku dimenticasse?

Era lecito che dimenticasse?

E in fin dei conti, era giusto che quello che aveva fatto potesse essere dimenticato?

"Non merito di essere perdonato…"

…sradicare l’oscurità dal suo cuore, ma a quale prezzo?

Kairi che apriva gli occhi sulla spiaggia, tutta bagnata, coperta di alghe come una sirenetta svenuta.

Sora che gridava sconvolto "è una bambina!"

Dimenticando questo, Riku non avrebbe solamente cancellato l’oscurità.

Avrebbe distrutto anche l’ultimo spiraglio luce.

"…eri solo un ragazzo" ripeté il Re.

"Ormai non sono più nemmeno quello."

"Non ti sopravvalutare. Sei ancora solo un ragazzo, e per giunta sei testardo come un mulo!"

Riku rise e si asciugò bruscamente le lacrime, che come ad un invisibile comando si ritirarono tutte insieme.

Si alzò sulle ginocchia e riprese a respirare regolarmente.

Quando fu sicuro di aver riacquistato controllo abbastanza sulla propria voce, guardò minaccioso il Re: "Se dici qualcosa a qualcuno non mi interessa se sei il Re, ti uso per farmi un cappotto."

Quello rise, come se gli avesse detto una cosa buffa, poi con un sorriso accomodante fece spallucce.

"Sono io quello che ti deve un segreto, in fondo."

*

Sognò il dolore.

Kairi sorridente.

Kairi era al rifugio.

"Pensavo che Kairi fosse con te!"

"Lei ci sta già aspettando. Vieni."

Kairi era al rifugio.

Kairi senza il suo cuore.

Inanimata. Niente più sorrisi.

Le ombre.

Rabbia. Disperazione. Solitudine. Orgoglio.

La fine del mondo.

Sora.

*

Il Re si poteva dire tutto fuorché convinto, ma sembrava essersi finalmente rassegnato all’idea di non poterlo dissuadere. Glielo aveva detto lui, dopotutto, che era testardo come un mulo.

"Sei è questo quello che vuoi, va bene. Ma non puoi mentire a te stesso. Non sei una creatura dell’oscurità."

Riku sogghignò, e non diede nemmeno un ultimo sguardo al mondo.

"Non è a me stesso che devo mentire."

Si bendò gli occhi. Strinse il nodo finché non gli fece male.

"Re?"

"Sì?"

Grazie.

"In gamba."

"In bocca al lupo per quello che cerchi, Riku. Qualsiasi cosa sia."

"Crepi. Qualsiasi cosa sia."

"Non sei una creatura dell’oscurità." ripeté il Re.

Riku sorrise e se ne andò.

Da lì in poi, solamente nero.

*

Voleva riportare Sora a casa.

Lui sarebbe rimasto lì, per sempre. Non gli importava, quello era il suo posto.

Ma il posto di Sora…era vicino a Kairi.

Il posto di Sora era inglobato dalla luce. Lambito dalle onde del mare.

Non poteva essere il posto per Sora una bara di cristallo dove poteva solamente tenere gli occhi chiusi e aspettare.

Aspettare non era mai stata cosa da Sora.

E sicuramente, non sarebbe mai stata cosa da Riku, soprattutto adesso che non aveva più niente da perdere.

Niente, se non la libertà di Sora.

Non ripose il Keyblade dopo lo scontro con gli Heartless.

"Tu sei Roxas?"

Lo sentì girarsi. La mancanza della vista ed il silenzio immobile nell’oscurità lo stavano lentamente rendendo più simile ad un gatto che non ad un essere umano. Poco male. Era comunque meglio che essere semplicemente un mostro.

"Tu chi sei?"

Riku sorrise a denti stretti e strinse il Keyblade come la mano di un’amante.

Il suo contatto più intimo.

The Way to Dawn. Che nome ridicolo, ormai.

"Qualcuno a cui servi per una cosa importante."

*

Per un attimo avrebbe afferrato quell’arma e se la sarebbe conficcata da solo nel petto.

Inchiodato al suolo dell’oscurità, per sempre.

L’aveva afferrata. Non sembrava una spada. Era fredda, arrotondata. Si allargava sulla punta invece di stringersi. La strinse più forte.

Non poteva.

Sora contava su di lui.

Lui contava su se stesso per non deluderlo.

…tuttavia, l’amarezza bruciava come sale sulle ferite.

Lasciò andare l’arma e Roxas la ritirò invece di usarla per finirlo.

Il tintinnio di una catena.

Un odore famigliare.

Sentì il freddo del metallo vicino al viso. S’insinuò sotto la sua benda e gliela strappò.

…occhi blu.

…grandissimi…purissimi…occhi blu…

"Chi diavolo sei?"

Riku sorrise come se non avesse perso come un cane.

Non ammetteva le sconfitte a voce alta, non l’aveva mai fatto. Le lasciava in fondo allo stomaco a ribollire come lava. Le lasciava tutte lì per alimentare la sua forza.

L’umiliazione.

La perdita.

L’odio.

La sua forza.

"…fai come vuoi. Solo non darmi altri problemi, ne ho già abbastanza di mio."

Arretrò per farlo alzare. Ancora quella catena. Ancora quell’odore.

Riku non si alzò.

Occhi blu.

Fu allora che mosse la testa e lo vide tra gli spiragli della lunghissima frangia bianca.

Vide il Keyblade di Sora.

*

L’umiliazione.

La perdita.

L’odio.

La sua forza.

Sora sarebbe tornato a casa, costi quel che costi.

Lui gli avrebbe dato la possibilità di ritornare.

E allora sarebbe stato definitivamente solo.

Definitivamente abbandonato lì.

Definitivamente perso.

Definitivamente distrutto.

Andava splendidamente così.

L’umiliazione.

La perdita.

L’odio.

Solitudine.

Infinita…solitudine.

E’ sempre la stessa storia, non puoi combattere contro i mostri senza diventare tu stesso un mostro.

Sora per lui era rimasto.

Per Sora, lui doveva sparire.

Non puoi combattere contro i mostri se senza diventare tu stesso un mostro.

L’umiliazione.

La perdita.

L’odio.

La solitudine.

Sora.

La sua punizione.

La sua assoluzione.

Sora.

La sua forza.

*

Vedeva tutto, anche quello che non pensava ci fosse.

Era potente. Completamente insensibile.

E poi, anche quel prurito al cuore sarebbe scomparso.

Anche quella tristezza lacerante, quella sensazione dei sogni che si distruggono in pezzi minuscoli davanti ai tuoi occhi, e le sue terribili colpe, quella compresa, sarebbero andati.

Presto. Molto presto.

Perso il suo corpo, Riku avrebbe perso definitivamente se stesso.

Era la soluzione perfetta per uno come lui.

Da quel momento in poi, ogni altro momento sarebbe stato buono.

Quello che gli restava da fare, lo aveva già fatto.

Il corpo privo di sensi di Roxas rotolò sul pavimento.

DiZ lo guardava nel modo in cui ti guardano le persone che non vogliono ammettere di essere terrorizzate da te. Riku conosceva bene quello sguardo. Lo avrebbe conosciuto sempre meglio.

…solo Kairi, forse, gli avrebbe sorriso anche così…

"Fanne quello che vuoi."

"…Xenohart…?"

Riku lo guardò gelidamente. Supponeva di non poter guardare in nessun altro modo ormai.

Meglio così.

Niente più scelte, niente più indecisioni.

Solamente altro ghiaccio.

"Ansem."

DiZ spalancò gli occhi esterrefatto. Sopprimeva quasi l’entusiasmo davanti al prodigio. In fin dei conti, ognuno ha la propria orrenda maledizione da portarsi dietro.

La curiosità per le eresie era quella di DiZ.

Questa era quella di Riku.

Aprì un portale nel vuoto e se ne andò.

Quello che doveva fare, l’aveva già fatto.

Ironico che la sua libertà fosse in fin dei conti la sua stessa maledizione.

Presto, Riku. Molto presto.

Resisti solo un altro po’.

Poi, qualsiasi cosa, si spegnerà.

Nessuna coscienza. Nessun rimpianto.

Nessuna responsabilità.

*

Dopo aver urlato minaccioso il nome di Ansem il Re aveva impugnato il Keyblade, ma aveva aspettato che fosse lui a farsi avanti.

Chissà se per mantenere il suo piccolo sporco segreto sarebbe stato lecito ingaggiare battaglia e sconfiggerlo, magari chissà, anche ucciderlo. Una colpa in più, una in meno, che differenza poteva fare arrivato a quel punto? …che pensiero ridicolo, si era davvero montato la testa. Re Mickey era…Re Mickey. Anche così, probabilmente, ce ne sarebbe voluto di tempo prima che fosse in grado di avere la meglio su di lui.

In quel momento, proprio come se avesse letto i suoi pensieri, il Re abbassò il Keyblade.

Guardandolo fisso fece un passo in sua direzione. Poi un altro. Un altro ancora.

Riku gli fece segno di fermarsi.

La massima vicinanza che tollerava da chi non stava per uccidere.

Il Re allora strabuzzò gli occhi e fece un salto alto un metro, sorpreso, con le orecchie tese e la coda dritta dritta dietro di lui.

"RIKU!"

Riku fece una breve risata: "Non ti sfugge proprio niente. Saranno queste le doti di un Re?"

"Le persone non si riconoscono solo con gli occhi…" disse ancora sbalordito, mentre cercava di fare il punto mentale della situazione "…ma cosa è successo…?"

"E’ come avevo detto a Naminé…non potendo sconfiggerla, ho lasciato che l’oscurità mi mostrasse la via."

Il Re rimase in silenzio, pensieroso. Era chiaro che stesse cercando qualcosa da dire che non lo facesse sentire giudicato. Per quello che importava, poi. Riku aveva ben chiaro in mente quello che era. Lo aveva solamente reso del tutto visibile agli occhi degli altri. Adesso, poteva solo sfruttare quel potere per aiutare i suoi amici. E poi…

…poi chissà…

"Parliamo da un’altra parte. C’è qualche posto dove devi andare?"

Il Re non reagì bene al suo sorriso spavaldo, ma scosse sospirando la testa.

"A Twilight Town. Credo di essere molto vicino a qualcosa."

"Quale delle due?"

Il Re lo guardò confuso. Riku sorrise di nuovo e aprì un corridoio.

Si ritrovarono in un bosco di alberi radi, verdissimo.

Quanto colore.

Tanto, forse troppo colore.

Il Re si guardava intorno, mentre Riku guardava un’edera arrampicarsi affannosa lungo il tronco di un albero. Tirò fuori dalla tasca il portamonete colorato. C’era dentro una pallina azzurra, sembrava una biglia troppo grande. Lo lanciò al Re, che lo prese al volo.

"Sora si sta svegliando."

"Come fai a saperlo?"

"Ho incontrato qualcuno che me l’ha detto. Dovrebbe succedere a momenti, forse un giorno. E’ meglio se resti nei paraggi fino ad allora."

Il Re annuì e posò lo sguardo su di lui, ora più mite, ma comunque afflitto.

"Immagino che tu abbia avuto le tue buone ragioni, Riku."

"Forse no. L’ambivalenza può essere stressante. Meglio essere direttamente un mostro."

Il Re sospirò, poi divenne più vitale "Comunque puoi sempre tornare normale, no?"

"Non lo so. Non importa. Questo sono io."

"Quello è Ansem."

"Adesso sono io."

"Hai il suo aspetto. Non confondere le due cose."

"Sei tu che ti confondi…" ghignò amaramente, guardando in un’altra direzione. Allungò una mano e aprì un portale. Il Re sussultò: "Te ne stai andando?"

"Già."

"Dove andrai?"

"Non ha importanza."

"Rimani qui! Hai detto che tra poco il Keyblade Master si sveglierà, insieme a Donald e Goofy. Avremo bisogno di te per questa battaglia!"

Per un attimo Riku si sentì pervadere di rabbia.

Battaglia? Battaglia?

Non aveva fatto quello che aveva fatto perché Sora tornasse a combattere, lo aveva fatto per riportarlo a casa. Lo aveva fatto perché Kairi non dovesse restare più sola, ad aspettare invano il loro ritorno. Lo aveva fatto perché almeno lui doveva starle vicino, almeno lui doveva sedersi al suo fianco sull’albero di Paopu mentre guardava in tramonto come se ogni volta fosse nuovo.

Lo aveva fatto per loro.

Solamente per loro.

Il mondo, per quello che gli importava, poteva anche esplodere.

Tuttavia, purtroppo, si rendeva conto che quello era il mondo dove Sora e Kairi vivevano.

E si rendeva conto che quello era il destino del Keyblade Master.

Il destino che avrebbe dovuto sopportare lui, e che la sua stupidità aveva fatto ricadere su Sora.

"Questa è una battaglia che combatterò su un’altra linea. Almeno questa volta sarò dalla parte giusta."

"Allora combatti anche sul lato giusto."

"Non è il mio lato. Sul mio lato ci sono solamente io."

Il Re provò a parlare, poi rise, arrendendosi: "E’ proprio impossibile spuntarla su di te, eh?"

"Non si possono salvare sempre tutti, giusto?"

"Yup. Ma è comunque lecito provarci."

Riku guardò di nuovo l’erica attorcigliarsi e ingarbugliarsi su se stessa nel tentativo di andare da qualche parte. Aveva fatto tanta strada dal suolo, ma non si era mai mossa davvero.

Era comunque sempre sullo stesso vecchio e logoro albero.

"Proseguendo da questa parte c’è una villa. Ci sono dei computer, nei seminterrati."

"Come fai a…" rise "Non me lo diresti, vero? Suppongo che i computer siano già qualcosa…c’è qualcos’altro laggiù?"

Riku sorrise.

"Qualcosa di estremamente importante."

Afferrò il gambo dell’erica e la sradicò dall’albero.

"Devi promettermi una cosa."

"Che cosa?"

"Non devi dire a Sora di questo."

"Come faccio a non dirglielo? Mi chiederà sicuramente di te!"

"Dì che sono morto."

"Non posso farlo, non chiedermelo."

"Allora dì solamente che non sai dove sono."

"Riku…"

"Promettimelo."

Il Re sospirò: "Te lo prometto."

Riku lasciò cadere l’erica strappata e guardò a terra.

"E’ troppo presto perché Sora capisca che non si possono salvare sempre tutti…"

Il Re annuì. Aveva capito. In fin dei conti, non somigliava così tanto a Sora; lui poteva ancora permettersi il lusso di fingere di non capire quello che non voleva capire.

"Ma non pensi a quello che direbbero i tuoi amici?"

I suoi amici…

La ragazza che aveva fatto di tutto per salvare, mentre assurdamente aderiva ad un piano che si sarebbe comunque concluso con il sacrificio del suo cuore.

Il ragazzo che era diventato un Heartless per lei, e che adesso recuperava i suoi ricordi in un barattolo da insetti a forma di mela per lui.

I suoi amici.

…i suoi amici.

Diede un ultimo sguardo al Re, poi girandosi disse: "Loro non lo sapranno mai."

Senza ulteriori indugi sparì nel corridoio.

Nel luogo in cui giunse l’aria era più fredda che in qualsiasi altro dove fosse mai stato. Doveva essere la brezza. Le onde si infrangevano con forza contro la riva. Non c’erano stelle, ma gli sembrava comunque così luminoso…un buon compromesso, per uno come lui.

Era solo, adesso.

*

Sognò la sera in cui avevano deciso di cominciare a costruire la zattera l’indomani.

Sora era seduto sull’albero, e sgambettava eccitato straparlando di avventure e compiti di scuola che non avrebbero più dovuto fare. I suoi capelli si muovevano appena, rigidi di gel com’erano, anche con l’aria che tirava.

Kairi era al suo fianco, e a quell’ora la luce conferiva ai suoi occhi azzurrissimi una soffice sfumatura quasi di lilla che li faceva sembrare due piccoli fiori. La stessa luce tingeva di un pallido arancione tutta l’isola, fatta eccezione per il mare, che brillava più forte che nelle più splendenti ore del giorno.

E lui era lì. Appoggiato con la schiena contro l’albero, con le braccia incrociate, a guardare avido l’orizzonte. Da un po’ di tempo le onde del mare avevano un nuovo suono. Gli dicevano vieni.

Il sole stava calando, e visto in quel giorno, in quel momento, in quel preciso istante delle loro vite, lo stesso sole di sempre sembrava un sole diverso.

"E poi?" disse a un certo punto Sora, fermandosi nel bel mezzo di una frase.

"E poi che cosa?" domandò Kairi.

"Quando avremo visto tutte le cose del mondo che cosa faremo?"

Lei sorrise serenamente, guardando il mare con affetto: "Torneremo qui. E guarderemo ancora questo tramonto insieme."

Sora inclinò la testa, formò un rettangolino con le dita e ci guardò dentro.

"Magari dopo aver visto tutte quelle cose ci sembrerà diverso."

"Ma sarà sempre uguale. E sarà questo che lo renderà bellissimo…"

Riku non aveva detto niente. I loro discorsi da qualche tempo suonavano infantili e futili alle sue orecchie.

Continuò a guardare il mare, sfidandolo.

Vieni, ripeteva, vieni.

Sto arrivando. Sto arrivando.

L’infinita dolcezza nelle parole di Kairi era volata via, senza sfiorarlo, e ripensandoci adesso Riku avrebbe dato qualsiasi cosa per assaporarle meglio, per poter sentire ancora dentro di se quella profonda sensazione di futuro, di speranze, di vita. Quella insostituibile sensazione di casa.

Aveva sogghignato, invece, e pensato, ridendo della loro ingenuità: "non torneremo".

Ma in fondo lo sapeva, era lui quello che non sarebbe tornato.

Era già troppo lontano, ormai.

***

Note incoerenti dell’autrice

Questa storia è nata dal capriccio di scrivere qualcosa con Topolino e Riku XD Questo perché a parte i soliti ovvi noti, io ADORO il personaggio di Re Mickey, non chiedetemi perché è_é" Ho unito i pezzi il meglio possibile grazie alla wiki (e quindi a qualche fan più accorto ed esperto di me) e allo script, ma diciamocelo chiaramente, Kingdom Hearts 2 è tanto bello quanto narrato in modo terribile. Per tanto fraintendimenti, errori, cose giuste che voi credevate sbagliate e cose sbagliate che voi credevate giuste, non sono colpa mia, bensì di quel povero illuso di Nomura che non sa dirigere, ma si ostina a farlo.

Anche questa storia è stata scritta per il theme set 35 Flowers della writing community True Colors.

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: CaskaLangley