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Autore: Fauna96    16/07/2012    3 recensioni
Lizzie e sua sorella si trasferiscono a Berkeley, California, ospiti di loro cugino Frank..... Prima ff in questo fandom, siate clementi!!
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Allora, questa storiella è ispirata all’adolescenza dei Green Day, diciamo che ho preso fatti veri e poi li ho mescolati un po’... La protagonista è Lizzie, una ragazza che va a vivere con sua sorella a Berkeley... Be’, non voglio rovinarvi la sorpresa: leggete e recensite grazie :)

Settembre 1987

 

Il treno sobbalzava sulle rotaie, il che era estremamente irritante, perché mi faceva perdere continuamente il segno. Stavo leggendo Assassinio sull’Orient Express, e dovevo ammettere che un omicidio sarebbe stato un buon modo per ravvivare il nostro arrivo a Berkeley. Mia sorella Maggie, la versione migliore di me, guardava corrucciata fuori dal finestrino. Era arrabbiatissima perché aveva dovuto lasciare i suoi amici e il suo ragazzo. Avrebbe recuperato il buon umore in proporzione a quanti bei ragazzi ci fossero stati in città.
In quanto a me, non è che facessi i salti di gioia a finire in una cittadina dimenticata da Dio, ma c’era una buona cosa: saremmo stati ospiti di zia Lily, che è la migliore cuoca dell’America, lo zio Frank e Frank, il nostro caro cugino. Sì, padre e figlio avevano lo stesso nome.
Ero davvero felice di rivedere Frank, mio unico cugino nonché mio migliore amico. Erano passati anni dall’ultima volta che avevamo passato un po’ di tempo insieme.
D’accordo, c’era il fatto che eravamo state “scaricate” qui, e questo era piuttosto irritante; tutto era nato dal lavoro di papà: chirurgo appena trasferito a un prestigioso ospedale di Los Angeles. Papà però aveva preferito mandarci qui, distante “appena” sei ore di macchina. Mamma invece, come insegnante, aveva trovato un posto in non so quale prestigiosa scuola e così... I nostri genitori avevano ritenuto più saggio mandarci a stare dagli zii, perché in effetti i prezzi in città salivano alle stelle e comunque saremmo dovute stare da sole la maggior parte del tempo. Come a casa. Ora, non che mamma e papà fossero i genitori assenti e menefreghisti, anzi... ma, in particolare papà, erano presi dal lavoro e non sopportavano di lasciarci a casa sole. Fino a qualche anno fa, c’era la nonna, ma dopo la sua morte c’erano giornate in cui venivamo davvero abbandonate a noi stesse. Be’, in sostanza ecco il perché eravamo su quel treno.
A ogni modo, secondo l’ultima telefonata di Frank, Berkeley era una città “merdosa, veramente merdosa”, in particolar modo il suo quartiere, Rodeo. Non molto incoraggiante.
In quanto ai miei amici, be’, non ne avevo di veramente stretti; dubitavo si sarebbero ricordati di me.
Un brusco sobbalzo ci avvisò che eravamo arrivate.
Raccattate le nostre cose, saltammo giù in una stazione praticamente deserta.
Maggie si lamentò di qualcosa, ma non avevo voglia di prestare orecchio ai soliti piagnistei. Mi guardai intorno...
- Cuginette! – Mi voltai di scatto, mentre un ragazzo ci veniva incontro con un gran sorriso.
- Frank! – Ero talmente felice di vederlo che mi buttai addosso a lui. Porca miseria, quanto era cresciuto?Mi ricordavo un bambino abbastanza minuto ed ecco invece un ragazzo ben piantato. Mi fece pure fare un voletto, stringendomi a sé.
- Lizzie! Sei diventata proprio carina! –
- Tu invece... be’, ti sei tinto i capelli! – Eh già, Frank sfoggiava una, francamente sconvolgente, cresta verde. Mi sorrise e si scostò per abbracciare mia sorella.
- Che hai fatto ai capelli? – chiese Maggie, fissandolo orripilata.
- Tu non sei cambiata invece, cara cugina. Ora, se avete finito i commenti sui miei capelli... – ci invitò a seguirlo con un gesto.
A parte la cresta, Frank non era cambiato: sempre lo stesso sorriso allegro, gli stessi occhi brillanti. Ci guidò fino a un qualcosa che un tempo lontano doveva essere stato un pick – up. Spostai lo sguardo dal catorcio a mio cugino. Sul serio voleva portarci a casa su quel coso?
- Non fate quella faccia! – ci rimproverò Frank. – E’ molto robusto anche se non sembra, credetemi -.
Saltò sul sedile del guidatore e stavo per prendere il coraggio a due mani e seguirlo, quando Maggie strillò: - Che fai? Non hai neanche quindici anni, non puoi guidare! – Ehi, era vero.
Frank la fissò alzando un sopracciglio. – Maggie, in questa città a nessuno frega niente di quanti anni ho. Questo non è neanche mio, ma di un mio amico che mi ha ordinato di non farlo toccare a nessuno, perciò non ti venga in mente di guidare te. Su, muovi il culo e sali, oppure ci segui a piedi -.
Frank era una delle poche persone che sapeva zittire mia sorella.
Comunque, guidava bene. E si scoprì che aveva perfettamente ragione su tutto, cioè che a nessuno fregava chi guidava quel catorcio.
- Non potevano venirci a prendere gli zii? – arrivò la voce irritata di Maggie da dietro.
- Sono al lavoro. Anzi, mamma deve aver finito ora il turno – rispose Frank imperturbabile. Zia Lily faceva l’infermiera.
Maggie sbuffò. – Almeno c’è qualcosa da fare in questo buco? –
- Oh, qualcosa ci sarà presto, in parte grazie a me – Era evidente che Frank sprizzava orgoglio da tutti i pori e stava scoppiando dalla voglia di dirlo.
Lo guardai con un’espressione sufficientemente curiosa e interessata. Il suo sorriso si allargò ancor di più. – Gentili signorine, avete davanti a voi lo stimato batterista dei Green Day, unica band degna di questo nome nei dintorni!
- Wow, Frank! – gridai. – Ma da quando sai suonare la batteria? – indagai. Lui minimizzò con un sorrisetto. – Sabato prossimo c’è il nostro debutto e siete assolutamente invitate. Più gente c’è, meglio è -.
- Certo che se i tuoi compagni si conciano come te... – commentò Maggie, anche se si capiva che era colpita. –
- Oh, sono molto peggio, credimi -.


Arrivammo a destinazione sani e salvi, contro ogni previsione. Ero molto colpita dalla solidità del catorcio, davvero. Zia Lily doveva essere anche lei appena arrivata. Ci accolse con un abbraccio e disse le solite cose che si dicono alle nipoti che non si vedono da un po’ di tempo.
Frank ci accompagnò in salotto, poi disse qualcosa riguardo al riportare la macchina a un certo Mike e che sarebbe tornato subito.
In sostanza fu quella la nostra prima giornata a Berkeley, che si concluse meravigliosamente con una cena sontuosa condita dalle battute sceme di Frank e dello zio. La cameretta che divedevamo io e Maggie era molto carina, anche se sarebbe stata una tragedia convivere nella stessa stanza con mia sorella. Mi buttai a pesce sul letto. Oh cavolo... l’indomani sarei dovuta andare a scuola. Mio Dio, non conoscevo nessuno, avrei fatto figuracce su figuracce... Argh! Il mio problema è sempre stata l’eccessiva timidezza. Sarei rimasta bloccata come una cretina senza riuscire a fare amicizia, avrei fatto la figura della stupida... STOP! Basta preoccuparsi. Non ero ancora a scuola. Ero a casa, nel mio letto, con mia sorella accanto che blaterava riguardo alla morte della sua vita sociale eccetera eccetera. Santo cielo. Ok, io forse non capivo i suoi problemi visto che la mia vita sociale era quasi inesistente... ehm... be’ basta con l’autocommiserazione. Era meglio dormire.
  
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