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Autore: Melipedia    16/07/2012    1 recensioni
si io sono quella delle Nelissa v.v
Naturalmente Nick non è mai morto, ha solo continuato a comportarsi come al solito. Una Melissa che scappa di casa e un circolo allargato, con tutti i membri del telefilm e del libro, più uno!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Melissa Glaser, Nick Armstrong | Coppie: Melissa/Nick
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il nelissa non finisce li'
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Saluto solo l'NE, perchè sono citati tutti (spero di non aver dimenticato nessuno , in tal caso fucilatemi e trovatevi un altra admin :P) 
per il resto sotto 
buona lettura <3

Crack, fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

 

Somewhere only we know

 

-Quante altre ne hai portate qui?- il suo tono era arrabbiato e deluso, mi guardava con gli occhi lucidi , ma la sua voce non tremava. Io la guardavo distaccato mentre mi preparavo una canna, non capivo perché quella reazione, insomma anche con lei mi ero divertito li, che male c’era se ci avevo portato le ragazze che non ero riuscito a fare entrare in casa mia?
-un po’- dissi innocentemente mentre cercavo l’accendino nel giubbotto buttato in un angolo della casetta.
- sei un vero e proprio coglione allora. Non capisco perché continuo a venirti dietro-
La guardai sgusciare via prendendo la prima boccata di fumo. Il mio corpo mi diceva di seguirla, di alzarmi e correrle dietro per capire cosa intendesse, ma una seconda boccata fece diventare quei pensieri più lontani e così via fino a non curamene più. Insomma che pretendeva da me? sono Nick Armstrong, il mio nome ormai è un marchio di inaffidabilità.

 

Tornai a casa che la zia stava preparando la cena, avevo tutto il tempo di salire e farmi una doccia per levarmi l’odore di fumo di dosso e giustificare gli occhi arrossati dicendo che mi era scivolato lo sciampo sopra mentre mi lavavo i capelli. E così fu. Lei mi chiese cosa avevo fatto e io ripetei la mia scusa accompagnata dalla risata di mia cugina Deborah. Mi chiedevo come potesse essere così stupida da non accorgersene che ero strafatto. Io mi sarei accorto se i miei figli lo fossero stati, ma forse perché con il suo comportamento da santarellina non si era mai avvicinata a nulla del genere e con la sua fiducia sconfinata in tutti prendeva per vero tutto quello che dicevo. Non mi andava di uscire quella sera, non avevo voglia di fare niente. Me ne salii in camera mia e mi buttai sul letto rifiutandomi categoricamente di scendere a vedere uno di qui pallosissimi documentari per cui mio zio andava pazzo. Cercai di addormentarmi, ma l’unica cosa che riuscivo a fare era pensare a come passare quella noiosissima serata. Stufo di starmene a fissare il soffitto decisi di mettermi un po’ al pc, sentire un po’ di musica, vedere qualche film interessante, ma mi dava non connesso alla rete.
-chi cazzo a staccato il modem!- urlai dalla mia camera in direzione del piano di sotto e la voce ovattata dello zio non tardò a rispondermi.
-io figliolo, non voglio che stiate su internet a quest’ora e non rivolgerti a noi con quei modi o e la volta buona che ce le prendi!-
Sibilai solo un vaffanculo fra i denti , troppo piano per farmi sentire e mi accasciai con la testa sulla scrivania. Misi su la musica e aprii una cartella che non ricordavo con la semplice scritta ‘’foto’’. Tutte foto di quando ero più piccolo, di sicuro erano stati loro a caricarle li. quando impareranno a farsi i cazzi loro?
Ormai c’ero e continuai a sfogliare l’album sul computer cliccando la freccetta della tastiera per mandarle avanti. Molte mi ricordavo di averle scattate io. Mi era sempre piaciuto fare foto. In quel album c’erano tutti i membri del circolo, alcune dei miei genitori, un sacco di foto del parco o delle gite fatte con il padre di Diana. Dopo una lunga serie di paesaggi sfocati ne riconobbi una di Melissa, Damien e Chris al parco che avevo scattato io. Un Damien di circa 5 anni e una Melissa di 4 che abbracciavano le già lunghissime gambe di un Christopher di 7 anni. Ancora mi ricordo tutta la scena. I Black erano venuti in città per trovare la nonna e Damien aveva fatto amicizia con Melissa sulle altalene. Avevano due salopette uguali , lui azzurra e lei rosa, che li facevano sembrare ancora più piccoli. A completare il quadro Melissa aveva dei codini colorati a tenere i capelli riccissimi e crespi. Credo che L’amicizia di Melissa e Chris sia nata insieme a lei, a quel tempo l’aveva sopranominato ‘’papino pallettino’’ non so bene il perché, ho sempre pensato che fosse perché lui cera sempre per lei, la proteggeva da tutto e l’aiutava sempre. Prima che scattassi la foto Chris stava facendo due tiri col pallone con il gemello Doug, Melissa gli si era avvicinata saltellando tenendo per mano Damien, aveva strattonato il biondo per l’orlo dei pantaloni per attirare la sua attenzione e sorridendogli gli aveva detto –papino lo possiamo adottare?- indicando il bambino accanto a lei che lo guardava speranzoso. Non credo che Chris sia capace a dirle di no. Con un sorriso e il suo solito tono accondiscendente che le riserva sempre gli rispose di si e i due bambini lo abbracciarono uno per gamba. Lo ammetto, ho sempre invidiato l’amicizia di quei due, hanno sempre avuto qualcuno su cui contare, io sono sempre stato da solo, anche se un tempo avevo provato a costruire una cosa simile con lei. La foto successiva ne era una prova. Una Melissa di 7 anni sotto la casetta sul albero che abbiamo trovato anni fa nel bosco, abbandonata. La stessa casetta da cui se ne era andata quel pomeriggio con un espressione che non mi aveva mai rivolto. Lei era sempre quella buona, quella che vuole bene a tutti, l’unica che abbia creduto in me e io l’ho delusa. Basta, ne avevo abbastanza per oggi di quella storia. Spensi malamente il computer e mi gettai nel letto cercando di prendere sonno.

 

Il giorno dopo andai a suola, anche se non avevo dormito quasi niente. Non avevo voglia di stare a casa, non avevo voglia di stare solo era questa la realtà. Stranamente avevo fatto pure i compiti. Mi avvicinai al mio armadietto, quasi mai usato se non per nascondere quello che era meglio non portare in classe. Chiudendo lo sportello vidi Adam venirmi incontro.
-sai dove è?-
- dovrei sapere di cosa stai parlando Conant o ti aspetti che vada a consultare la sfera di cristallo?-
- intendo Melissa, non la vede più nessuno da ieri. Era da te?-
- no, non la vedo da ieri pomeriggio, non so di preciso quando. Hai provato a chieder a Chris? O a Faye? Se non sbaglio sono loro i suoi migliori amici-
- pensavamo che essendo il suo ragazzo t-
-Non sono il suo ragazzo! Che andate a pensare- sbuffai dal naso, come possono andare a pensare una cosa del genere? Lei si merita molto di meglio che uno come me…
-Be passate molto tempo insieme soli , soprattutto in camera quindi Diana pensava che-
-al posto di stare a sentire le stupidaggini della tua ragazza dovresti trovarti anche tu una scopamica Conant-
non volevo più sentire le cretinate di quel ragazzo , sbattei l’anta ancora aperta e me ne andai verso la mia aula. Non seguii una sola parola tutto il giorno. Cercai solo di evitare , per quanto possibile, il resto del circolo. Me ne andai a casa e mi chiusi in camera mia fino alla cena, poi me ne svignai dalla finestra per farmi un giro in qualche locale e bermi qualcosa dipiù forte di una birra.
Tornai a casa presto per i miei soliti standard, non avevo bevuto nemmeno tanto, ero ancora un po’ sobrio. Mi feci una doccia fredda per riprendermi un po’ e mi gettai a letto, dormendo fino a che la sveglia non suonò alle 8 per andare a scuola.

 

Andai a scuola anche il giorno dopo. Nessuno mi venne a chiedere niente, ma sentii Laurel e Melanie parlare di Melissa. Non l’avevano ancora trovata. Chi sa dove si è cacciata e perché non è ancora tornata…
Tornato a casa me ne tornai in camera mia, misi un cd a tutto volume e mi sdraiai sul letto a pancia in giù. Non riuscivo a non pensare a che fine avesse fatto Melissa. Pensai che fosse anche colpa mia, visto che ero stato l’ultimo a vederla, ma non mi ricordavo cosa ci eravamo detti. I ricordi erano annebbiati. Cercai di ricordare qualcosa ma mia zia mi venne a chiamare dicendo che c’erano dei poliziotti che volevano parlare con me. Ero andato spesso contro la legge e le autorità, ma cose minime o per cui non mi ero mai fatto beccare. La paura si un po’ strada in me finche non mi chiesero di Melissa.
-L’ho vista l’altro ieri nel pomeriggio, non mi ricordo bene che ore erano, ma credo non molto dopo la scuola. Ci siamo scambiati due parole e lei se ne è andata, niente di più- scrollai le spalle seduto sul divano, sotto gli occhi scrutatori degli agenti. Non mi chiesero altro, salutarono scusandosi per il disturbo e se ne andarono. Io tornai nella mia stanza e accesi il pc. Non avendolo più toccato da quella sera ci volle un po’ e mi fece ricaricare le finestre che avevo lasciato aperte, fra cui la foto di Melissa. Sorrideva , con i capelli raccolti tutti in treccine e perline, i vestiti sporchi di terra, sotto la casa sul albero.
‘’ sei un vero e proprio coglione allora. Non capisco perché continuo a venirti dietro’’
queste parole mi tornarono in mente insieme a quasi tutta la scena. Se l’era presa perché avevo portato li un paio di ragazze con cui divertirmi.  Sei sparita per questo?
non ce la facevo più a stare li fermo. Spensi il computer, stavolta correttamente e feci per uscire, ma mio zio mi fermò
-dove pensi di andare a quest’ora di sera? Senza aver cenato poi!-
- non ce la faccio a stare qui fermo, vado a dare una mano agli altri a cercarla- non era una vera e propria bugia. Volevo trovarla , ma non mi sarei unito agli altri. Mio zio non aggiunse altro , senza nemmeno guardare la mia espressione mi fece cenno di andare. Andai a piedi, camminando abbastanza velocemente fino al bosco. Arrivato li quasi corsi per arrivare alla casetta. Per un attimo pensai veramente di trovarla li, ma niente. Mi sedei sul bordo del davanzale con i piedi a penzoloni.
-ciao vuoi essere mia amica?-
-ma Nick noi siamo già amici! Non dirmi che hai preso di nuovo le caramelle di tuo fratello!-
feci una risata e mi sedei accanto a lei sul muretto dove stava schiacciando dei pinoli
-si ma noi non siamo amici come lo sei con Chris. Vuoi essere mia amica come lo sei con lui?- la guardavo speranzoso visto che i secondi passavano e lei non rispondeva, guardava solo verso il centro del parco
-Umm ok, ma dobbiamo andare in un posto- scese dal muretto con un salto e mi porse una mano. Feci altrettanto e strinsi quella manina piccola e ossuta, ma che aveva una stretta potente. Prese a correre e la seguivo senza sforzo, anche fra i cespugli. Non si fermo fino ad arrivare ad uno spiazzo. Li rallentò, senza mai lasciare la mia mano.
-l’ho trovata l’altro giorno, ci stavo per portare papino , ma noi abbiamo già un nostro posto quindi- scostò un ramo pieno di foglie che nascondeva una casetta diroccata su un albero.
- ti piace? Questa sarà il nostro posto, un posto
da qualche parte che conosciamo solo noi. Un nostro segreto che dovremmo costudire come la nostra amicizia. Allora ci stai?-
- certo. Lo costudirò per sempre-
I ricordi mi tornavano cose se fosse ieri. Le avevo promesso che avrei costudito il segreto per sempre, invece ero stato solo capace di deluderla. Non capivo come avevo potuto distruggere tutto quello che avevamo costruito insieme, tutto quello di più bello che avevo avuto in quegli anni, quello che non credevo di poter avere più. Aveva tutte le motivazioni per andarsene, ma perché così a lungo? Voleva evitarmi? Bastava dirlo a Chris, lui me l’avrebbe detto molto più che chiaramente che dovevo stargli lontano. Torna ti prego, ho bisogno di chiederti scusa. Non voglio farti stare male, non te lo meriti da me

Ormai erano quattro giorni che non si avevano sue notizie. Mi ero unito agli altri al gruppo di ricerche. Non riuscivo a non pensare a quello che le potrebbe essere successo. Ero come in una specie di trans. Mi alzavo andavo a scuola senza stare attento a nessuna lezione, ascoltavo solo se veniva pronunciato ‘’Melissa’’. Me ne stavo quasi sempre in camera se non ero a cercarla. Parlavo poco, non che parlassi molto prima, giusto lo stretto indispensabile, se venivo interpellato, a volte nemmeno quello.
Dormivo male, ma la mattina mi alzavo a forza sapendo che se fossi rimasto li sarebbe stato peggio.

 

Cinque giorni.
Nessuna notizia. Ne un messaggio, ne una chiamata, ne un ritrovamento. La polizia aveva spesso di cercare. Diceva che probabilmente era scappata di casa o che se fosse stata rapita e prima o poi l’avrebbero trovata. Non gli credevo. Non stavano facendo niente.
Quella sera dormii male. Incubi su incubi. C’era sempre lei. la lasciavo cadere verso il basso, giù nel fondo del burrone e non facevo niente per aiutarla. Mi svegliavo sudato e credevo che non avrei più dormito per i sensi di colpa. Invece non avevo pace. Erano quasi le sei quando i sogni cambiarono. Credo fossero più ricordi che sogni. Mi vestii velocemente e presi le chiavi del auto. Forse sapevo dove era.
-sai se un giorno volessi scappare di casa credo che andrei qualche giorno sul continente a fare spese in quel enorme centro commerciale che hanno aperto da poco. Poi forse tornerei a casa oppure mi nasconderei qui finché non decido cosa fare-
perché nessuno ci aveva pensato prima ad andare a cercarla sul continente? Se non si trova qui a New Salem volete che non è stata portata via da quest’isola dove sarebbe facile da trovare? La stupidità delle autorità mi spaventa a volte, anche se più di una volta l’ho sfruttata a mio favore, ma non era momento di pensare a questo. Dovevo trovarla.
Il silenzio era straziante, lasciava spazio a troppi pensieri. Presi un cd a caso dal cruscotto e lo infilai nel lettore. Qualche secondo dopo partì una melodia troppo delicata per essere uno dei miei cd. Doveva essere sicuramente quel cd che mi aveva fatto lei dicendo che non voleva più sentire quei ‘’rumoracci’’ quando era in macchina con me. la canzone cantava

I came across a fallen tree
I felt the branches of it looking at me
Is this the place we used to love?
Is this the place that I’ve been dreaming of?

 

Quelle parole mi colpirono come schegge di vetro dritte al cuore. Mi fermai nella strada ancora deserta,

accostandomi al ciglio della strada concentrandomi su quelle parole.

 

And if you have a minute why don’t we go
Talk about it somewhere only we know?
This could be the end of everything
So
why don’t we go
Somewhere only we know?

This could be the end of everything
So why don’t we go
Somewhere only we know?

Qualche giorno era passato ed io ero stato così stupido da non voler capire cosa stavo facendo realmente. Dopo quel primo pomeriggio non ero più tornato alla casetta del bosco, la evitavo anzi. Non volevo pensare che fosse li, dove era iniziato tutto, perché non riuscivo a togliermi dalla testa che fosse colpa mia. Quindi non appena ho pensato che poteva essere in un posto lontano non ci avevo pensato due volte ad andare, mentre mi rifiutavo di andare nel posto più logico. Forse si, era partita per il continente , ma sarà già tornata, la sua auto è qui.  Perché sono così stupido quando si tratta di lei? perché!
Feci inversioni e arrivai fino a dove mi era possibile con la macchina, poi continuai a piedi. Corsi per gli ultimi metri e mi arrampicai su per la scaletta come nemmeno da bambino avevo fatto. Vuota. Non cera nessuno o niente che dicesse che fosse anche solo uscita un attimo.  Cosa ti aspettavi è? Di trovarla qui placidamente addormentata? Di svegliarla e chiederle scusa così che lei ti avrebbe perdonato , abbracciato e tu l’avresti riportata a casa seppellendo tutto quello che avevi fatto?
Si, mi aspettavo proprio quello, ma sapevo che non poteva essere così facile.  Ti prego torna, torna da me
Non erano nemmeno le sette, non avevo dormito, a quel punto andare a scuola sarebbe stato solo una perdita di tempo. Mi misi in un angolo poggiandomi con la schiena alla parete a guardare fuori dalla finestrella sopra di me. Mi addormentai nel arco di una mezzora e per un po’ continuai a svegliarmi per gli incubi. Sempre lo stesso sogno. Io li seduto a guardarla, lei con lo sguardo deluso che si voltava a cadeva giù e io stavo immobile quando dentro di me urlavo di no, che dovevo alzarmi e che dovevo salvarla. Solo un paio di ore dopo il sogno cambiò. Non si era voltata, non era caduta, si era semplicemente seduta accanto a me e non diceva niente, non faceva niente, non mi guardava. Sembrava anche non respirare, ma il fatto che fosse li mi bastava ad essere tranquillo, a sentire un calore addosso che prima non avevo. Finalmente mi addormentai come si deve. Niente sogni, niente incubi. Uno di quei sonni che vengono paragonati alla morte. Dormii tanto, perché quando mi svegliai il sole stava già di nuovo calando. Mi stiracchiai un po’ e notai qualcosa di pesante e caldo su di me. una coperta.
-finalmente pensavo che non ti svegliassi più e che la febbre non calasse più-
la guardavo con gli occhi sgranati, non ci credevo che fosse veramente li davanti a me. Feci uno slancio un avanti, anche troppo velocemente perché mi girò per un po’ la testa, e l’abbracciai stretta.
-Melissa sei proprio tu? Non è un altro sogno vero?-
-si sono io , non stai sognando. Ti sei fumato qualcosa ho la febbre ti fa diventare così apprensivo?-
-sei sparita per 5 giorni e mi sono sentito in colpa perché sei sparita dopo esserti arrabbiata con me e sentivo il bisogno di chiederti scusa, un abbraccio mi sembra una cosa minima in confronto a quello che ho passato-
Non disse niente, sentii solo che il suo sorriso sparì da quelle stupende labbra e si strinse un po’ più a me, poggiando la testa nel incavo della mia spalla. Non era tipo da stare zitta, lei trovava sempre un buon motivo per parlare, se non lo faceva c’era sicuramente qualcosa che non andava. La scostai delicatamente per guardarla negli occhi , ma teneva lo sguardo basso. Avvicinai la mano per sollevarle il viso, ma lei si alzò prima che ci riuscissi.
-stai male, meglio tornare a casa dai. Così anche gli altri smetteranno di preoccuparsi-
non aggiunse altro, mi porse una mano e mi trascinò via da li senza lasciarmi il tempo di replicare o fare altre domande.

 

Otto giorni. Otto terribili giorni.
Per tutti era tornato tutto alla normalità. Melissa era tornata a casa. Aveva messo su una spiegazione molto più che convincente, solo io sapevo la verità. Le vedevo camminare per i corridoi della scuola, sempre affiancata da qualcuno. Nessuno la lasciava mai sola e io non avevo avuto modo di parlarle. Ogni volta che era sotto il mio sguardo, ogni minuto che passava lontano da me mi faceva male come tanti aghi al altezza nello stomaco. Non ero più io, o forse ero più io di quanto fossi di solito. Ma il fatto sta che stavo male e non sapevo cosa fare, cosa pensare se non a quella voglia di parlarle, di chiederle scusa, di farmi perdonare. Di dirle di amarla…
Ma cosa andavo a pensare?? Da quando pensavo di amarla? Da quando io , Nick Armstrong amavo?
Forse da sempre, forse da quel momento, ma il fatto sta che da quando quel pensiero balenò nelle mai testa non ci fu calamità che lo spostasse da li.

 

Due settimane. Due giorni alle vacanze. Meno di tre ore al piano che covavo da giorni. Non so da dove mi sia uscito e non mi credevo nemmeno capace di partorire una cosa del genere, ma evidentemente mi sottovalutavo. Le ultime ore di lezione ero diventate insopportabili, non che le prime le avessi considerate diversamente, ma quelle ancora di più. Mi separavano sempre di meno da quello che dovevo fare. Avevo due giorni per riuscirci, non speravo di riuscire al primo colpo. Conoscevo abbastanza Diana da sapere che lasciava il telefonino nel armadietto prima del ora di ginnastica. Mi bastava solo trovare il momento giusto in quel ora per arrivare al suo armadietto e prenderle il telefono per non più di 5 minuti.
‘’Mel ci possiamo vedere alla casa abbandonata subito dopo scuola? Non mi sento molto bene e ho saltato ed fisica quindi sono già qui. Ti prego vieni appena uscita. Diana :3’’
Invia dopo averlo ricontrollato attentamente. Sapevo che Mel aveva storia, materia che non sopportava e che le faceva un effetto soporifero, quindi un po’ intontita dal sonnellino appena fatto sul banco e preoccupata per l’amica non si sarebbe fatta più di tante domande e sarebbe andata subito li.
Soltanto che ad aspettarla ci sarei stato io. E se non avesse funzionato? Domani avrei chiesto il telefono a Chris e se non avesse funzionato ancora in qualche modo sarei arrivato al telefono di Faye.

 

-Diana? Diana dove sei?- entrai nella casa abbandonata guardandomi bene intorno. Dove se ne andava senza macchina una ragazza che sta male??
Niente era vuota, deserta. Non c’era traccia di Diana. Per scurezza andai a controllare nel laboratorio. Deserto. Salii anche al piano di sopra, ma niente. Presi il telefono per chiamarla quando sentii dei passi scricchiolare sulle scale dietro di me.
-Didi se volevi farmi uno scherzo e prendermi alle spalle non ci sei riuscita, sei troppo rumorosa- risi ma non mi voltai aspettandomi un suo sbuffo e un ‘’ok Melissa, ci rinuncio ’’ , ma non è quello che sentii.
-non sono Diana, lei non verà. Non sapevo come convincerti a venire, a convincerti a parlarmi-
-chiedere magari?-
- non so se ti sei accorta che non sei stata lasciata da sola un attimo nelle ultime settimane e che tutti sono convinti che c’entri io con la tua fuga. Come facevo a venire li e chiederti : hey Mel hai un minuto questo pomeriggio, vorrei parlare con te di una cosa in privato. Magari te lo avrei chiesto sotto lo sguardo assassino di Laurel e Melanie o mentre eri scortata dai gemelli, così probabilmente me ne sarei andato via con un occhio nero e un probabile no, visto che mi stavi ignorando, non negarlo. Tutti i santi giorni ti presenti , o meglio , ti presentavi con il tuo sorriso stampato in volto e mi salutavi, mi chiedi come sto e si, la maggior parte delle volte non ti rispondo, ma tu vieni sempre-
-forse al posto di pensare a come farmi parlare con te ti saresti dovuto chiedere perché ti evitavo-
-perché ti ho deluso, e continuerò a farlo , non posso prometterti che non succederà più, ma non ce la faccio ad andare avanti senza saper di aver provato di tutto per avere di nuovo la tua fiducia-
- o ma Nick io non sono delusa- mi avvicinai quel tanto che bastava per accarezzargli un braccio sorridendo per poi retrocedere e tornare seria- io sono arrabbiata che è diverso. Sai quanto Doug e Chris siano uniti , come Diana e Adam ,Melanie e Laurel o anche quanto Damien tenga a Sean, ma mai nessuno di loro ha detto al altro del loro posto! Mai! Persino Faye si è comportata meglio! Ci ha portato solo Deb e Suzan, ma da quel momento e diventato il posto di tutte e quatro, quatro amiche con un posto speciale, ma mai nessuna di noi ci ha portato un estranio! Tutti hanno un loro posto speciale in modo che loro sentano che c’è qualcosa di speciale che lega la nostra amicizia e tu l’hai infranta! Ora lasciami andare e medita su questo cosi magari capisci perché ti evitavo e continuerò ad evitarti- lo scostai via bruscamente, facendomi largo per le scale come le lacrime si facevano strada sul mio volto. Stava dicendo qualosa, ma io ero ormai lontana e lui non accennava a seguirmi. Stupido corri e vieni da me, odio tutto questo. A te perdonerei tutto se me lo chiedessi nel modo giusto…

 

Bum! Tutte quelle parole erano minuscole pallottole sparate al mio petto. Non riuscivo a muovere più un muscolo. Avrei voluto fare un passo avanti, non lasciarla scappare, abbracciarla stretta. Invece restai li , fermo, di spalle, a parlare da solo.
-Aspetta, non lasciarmi, io… io credo… credo di amarti-
Ma ormai era troppo tardi perché mi sentisse. Rimasi li immobile per un po’ a ripensare alle sue parole. Aveva ragione, non c’era verso di trovare il torto in quel discorso, ma per mia fortuna vi era la soluzione. Tutto si basava su un segreto, un posto segreto, un posto nostro, un nuovo posto nostro.

 

Non so quanto tempo sia passato ad oggi. Le giornate senza scuola trascorrevano tutte uguali. Mi alzavo, mi vestivo, salutavo distrattamente qualcuno , anche se forse non c’era nessuno che mi sentisse e poi uscio. Andavo nel posto dove prendevo i pezzi per la mia auto, aveva un po’ di tutto. Più che altro mi serviva legname. Da li poi mi dirigevo nel bosco e lavoravo, seguendo un progetto disegnato come meglio potevo su un foglio A4. Quando tornavo la sera non parlavo con nessuno, nemmeno sentivo quello che dicevano e loro avevano smesso di fare domande. Sentivo distrattamente Deb parlare della scuola con gli zii quella sera.  Possibile che sia già ricominciata?
mi costrinsi ad ascoltare. No, mancava ancora un giorno, forse due, non avevo colto bene quella parte. Giusto in tempo allora, per domani avrò finito di sicuro, mancano solo le rifiniture

 

Un ultima martellata e finalmente era finita. Posizionai una cornice con le foto di Mel da bambina che avevo sul computer su una mensola accanto alla piccola finestra. Un vaso con dei fiori sul tavolino di legno richiudibile sula parete grazie a delle cerniere e due grossi cuscini sul lato opposto. La lanterna pendeva già sul soffitto. Un piccolo incantesimo bastava a tenerla accesa al infinito. Uscii dal abitacolo e ammirai il mio lavoro dal esterno. Spero che le piaccia più i quella vecchia…
Passai a casa giusto il tempo di darmi una ripulita e poi riuscii , senza badare alle proteste dei miei zii, e mi diressi verso casa Glaser.
Cercai nella tasca del giubbotto il bigliettino che avevo scritto prima e lo feci passare sotto la sua porta, suonai il campanello e come uno stupido ragazzino che fa uno scherzo, scappai a nascondermi dietro la siepe, controllando che fosse lei ad aprire.
Non dovetti aspettare molto. La vidi affacciarsi, guardarsi intorno, fare un passo avanti e accorgersi del foglietto sotto il piede per poi leggerlo.
‘’ E se hai un minuto, perché non andiamo a parlarne da qualche parte che conosciamo solo noi? questa potrebbe essere la fine di tutto perciò perché non andiamo da qualche parte che conosciamo solo noi?’’

Non l’avevo firmato, ma dal suo sorriso capii che aveva capito, quindi appena rientrò in casa corsi verso la mia auto e mi diressi li nel bosco, dove noi sapevamo.

 

Un ora dopo la vidi arrivare alla casetta. Alla vecchia casetta. Rientrai a sedermi dentro, su uno dei cuscini, come se non fossi stato sempre alla finestra ad aspettare che arrivasse. Gli inconfondibili scricchioli che facevano i gradini a pioli preannunciavano il suo arrivo, facendomi agitare ancora di più.
-Cosa è questa!- era felice, allegra , stupita, sorridente. Perfetta…
-una casetta sul albero?-
-si ma da dove salta fuori! Fino a due settimane fa non c’era-
- l’ho costruita io, quella di la era vecchia, fradicia e troppo piccola ormai, ci serviva un nuovo posto per noi- cercai di mettere su un sorriso innocente e gli porsi la mano- dai vieni accomodati- prese la mia mano e si sedette sul cuscino accanto al mio, scrutando ogni piccolo particolare di quel posto
-è magnifica, non so che dire, o meglio vorrei dire tante cose , ma niente mi sembra giusto-
.potresti iniziare con dire che mi perdoni, che tornerà tutto come prima, che sono riuscito a rimediare al mio sbaglio anche se devo fare ancora molta strada e poi potresti venire qui ed abbracciarmi e magari poi potremmo testare la resistenza della casetta, che dici?- non avevo nemmeno finito la frase che si era avvicinata a darmi uno scappellotto mentre ridevo.
-sei sempre il solito, ma stranamente , per la prima parte hai ragione- ed eccola , di nuovo fra le mie braccia, di nuovo al suo posto.
- non so quante altre volte ti dirò che mi dispiace, ma mi dispiace. In questi giorni ho capito un sacco di cose , ma soprattutto una- fino a quel momento tenevo il viso nascosto nella sua spalla, fra quella marea di capelli ricci lasciati al vento.
-cosa? Che sei un coglione? Perché io te lo ripeto in continuazione, ma a volte dubito veramente che tu ne sia conscio- non potei che sorridere mentre le prendevo il volto fra le mani
-che ti amo- l’avrei baciata se non si fosse fiondata lei sulle mie labbra, facendomi cadere al indietro e procurando una risata a entrambi.
-perché sei sempre così lento? Io sono mesi, se non anni che so di amarti-
Le sue parole, il suo sorriso, le sue labbra di nuovo sulle mie, quella casetta, il mio cuore che faceva le capriole. Cosa potevo chiedere di più?
Niente.
Nick Armstrong, marchio di inaffidabilità era tornato indietro a quando era bambino, aveva riscoperto come era veramente, aveva capito di poter amare e tutto grazie a una persona. La sua Melissa.

 

 

 

 

 

 

*Se ne sta comoda sulla sdraio a sorseggiare il tè* agitata? E perché? *vede la prima pietra arrivare e fermarsi a mezzaria a pochi metri da lei* sono una strega previdente io v.v
comunque è stato un lungoooo ma lungoooo parto questo. Non ho mai scritto così tanto, sono molto sintetica mi conoscete. E il bello che era nata come una songfic questa e in un assolato pomeriggio al mare ho avuto l’ispirazione. Non è betata, l’ho finita di scrivere sulla nave in ritorno dalla sardegna, quindi per eventuali errori commentate, per eventuali spiegazioni commentate. Per eventuali critiche commentate. Se vi è piaciuta commentate. Se non vi è piaciuta commentate. Se non mi volete più vedere commentate.
Spero alla prossima
Melassa <3

 

                                                                                                                                                                                                                                                        

 

 

 

   
 
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