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Autore: ladyblack89    16/07/2012    2 recensioni
In the Jail è una ff molto vecchia, forse tra le prime che scrissi. E' molto leggera e spero che vi piaccia. Non vi fate ingannare dai primi capitoli, che possono sembrare troppo fluff e vuoti, il bello arriverà. :) Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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In the Jail
 
 
Capitolo 1 – Il vicino di cella
 
 
La grata pesante si richiuse, con poca facilità, dietro di lui.

Il tizio era stato buttato in gatta buia per via di vari reati.

Il prigioniero tatuato ringhiò forte, senza preoccuparsi di farsi sentire dalla guardia.

Il buco in cui l’avevano condotto consisteva in poco: una brandina con un materasso, un lavabo, uno specchio rotto, un tavolino con uno sgabello. Cerano anche una piccola tv in bianco e nero posta all’angolo in alto e, per finire in bellezza anche una telecamera.

“Che merda di posto! Proprio qua dovevo finire?”

Sbuffò gettandosi malamente sul suo nuovo giaciglio con in testa l’immagine della sua bellissima villa a Malibù.

Quello si che era un bel posto... non come la topaia in cui si ritrovava.

“Chi avrà fatto la spia? Vigliacchi bastardi!” meditò, nella sua affollata mente, arrabbiandosi ancora di più.

Sbatte violentemente i pugni contro la parete più vicina a lui, ma qualcuno subito dopo gli intimò di fare silenzio.

disse il nuovo.

Dalla cella affianco non si udì nessuna risposta.

“Come sospettavo! Un vicino rammollito!” pensò mentre sorrideva, quasi sadico, meditando tutto quello che poteva combinare al suo nuovo “amico”.
Probabilmente l’avrebbe picchiato.

A sangue.

“Forse, forse lo lascio morto...”

Un’espressione dubbiosa gli si dipinse sul volto ma, dopo pochi minuti, fu sostituita da un ghigno malefico.

A quanto se ne poteva dire dei prigionieri americani, lui non sembrava di quel paese e, a dirla tutta, non sembrava neanche un prigioniero. La sua figura alta e snella faceva pensare più a un modello.
La sinuosità di ogni passo dava l’impressione che stesse sfilando.

Aveva due tatuaggi.

Uno rappresentava una scritta in tedesco incisa sull’ avambraccio sinistro mentre, il secondo era dipinto magistralmente sul basso ventre e mostrava delle stelle concentriche.
I suoi capelli, biondo scuro alla nascita, erano stati tinti di nero. Ogni tanto il ragazzo, soprannominato da tutti “moro”, lasciava delle ciocche bionde tra quella marea di capelli corvini.
Il suo aspetto androgino era per lui un’arma a doppio taglio: se da un lato poteva ingannare i suoi assalitori, dall’altra poteva essere scambiato per una ragazza e, di conseguenza, essere inseguito da orde di maniaci. Non che la cosa gli dispiacesse.

“…Almeno uccidevo qualcuno per passare il tempo... “.

Il giovane diciottenne, che in realtà si chiamava Bill Trumper, mise le braccia dietro alla testa e iniziò a muovere, ritmicamente, i piedi sul lettino che lo ospitava.
Chiuse gli occhi e tranquillo si lasciò prendere da Morfeo.
 
***
 
Picchiettò due o tre volte sul suo tavolino non sapendo che fare.

“Meglio finire questo schifo di pasta!” rimuginò disgustato addentando le ultime pennette al sugo. Non che quello si potesse chiamare cibo. Lo schifo che arrivava dalla mensa per i detenuti faceva vomitare e anche volentieri.

Come le persone che stavano lì, insomma.

Lasciò cadere la forchetta di plastica bianca e si pulì con il tovagliolo le tracce residue di pomodoro.

Ormai erano cinque anni, tre mesi e due giorni che era rinchiuso in quella cella e, a furia di mangiare da cani, aveva imparato a trangugiare tutto ciò che gli passavano. Talmente abituato com’era, sorrise nel sentire che il suo nuovo vicino di cella si era lamentato del pranzo ricevuto. Avrebbe preteso, a sentire quello che si dicevano i due, un piatto di lasagne decenti o, a scelta, un’aragosta.
Ripensò a quella scena e per poco non si strozzò con l’ultima pennetta messa in bocca.

“Eh … in che mondo viviamo! Ora ho anche un principessino accanto!”

Si alzò svogliatamente dalla seggiola e, cercando di non inciampare nei suoi stessi jeans over size, si avvicinò al piccolo lavabo freddo.

Finito di lavarsi le mani e la faccia, afferrò gentilmente la sua chitarra e si mise a suonare.

In realtà, lo strumento non era suo. Gli era stato lasciato da un detenuto, suo amico, che ne possedeva due. Non che lui sapesse suonare granché bene, ma se la cavava.
Suonando cercava di rendere meno monotone le fredde giornate passate in cella. Di solito le guardie chiedevano di far silenzio ma, per lui, Tom Kaulitz, ossia il prigioniero 707, facevano un eccezione.

Rimise attentamente a posto una corda e riprese a suonare.
 
 
***
 
 
Appena si svegliò, Bill percepì che qualcosa, in quel luogo, non andava.

Sentì delle note. Della musica. E sembrava essere anche una buona melodia.

“Musica? Qui?”

La sua domanda trovò subito una risposta. Dalla cella accanto, infatti, un detenuto stava pizzicando le corde di una chitarra classica. Si stupì del dolce suono di quelle note. Note che, al primo impatto non gli dissero niente ma, col passare dei minuti, diventavano sempre meno sconosciute alle sue orecchie.

“Questa canzone io la conosco!”

Il pensiero lo colpì all’improvviso.

Non sapendo però cosa in particolare gli ricordasse, decise di sedersi sul suo sgabello di legno e di ascoltare, senza far rumore, quel dolce suono.
Poi un altro pensiero lo travolse nuovamente.

“Devo conoscere a tutti i costi il mio vicino.”






NDA: Salve a tutte, sono LadyBlack e questa è la prima ff che posto qua su EFP. In realtà questa storia è vecchissima e l'avevo postata su un altro sito. I personaggi, che conoscete, sono presentati come erano qualche anno fa. Cambiano troppo! XD Inoltre so che, magari, troverete errori e sbavature, ma l'ho corretta come meglio potevo. Spero che vi piaccia. Se avete delle critiche, ditemi pure. Purtroppo, o per fortuna XD, la storia è già tutta scritta. Se ci dovessero essere eventuali errori, li correggerò man mano che posto. ^^

Ciao
   
 
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