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Autore: TonyCocchi    17/07/2012    6 recensioni
Hilda, l'irreprensibile Germania, vorrebbe essere lasciata in pace a godersi da sola la sua brutta giornata. Ma figurarsi se uno stupidotto italiano può arrivare a capire che anche la tristezza è un diritto, a cui anche una come lei piacerebbe appellarsi di tanto in tanto. O si? [Italia x Fem!Germania]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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Hetalia - ItaxFemGermania

Ehilà a tutti, cari lettori estivi! ^___^

Piccoli contraccolpi a parte sembra filare tutto liscio, e spero sia lo stesso anche per voi in questa stagione meravigliosa!
Tra tali contraccolpi, per quanto mi riguarda, si annovera pure non un calo, bensì un eccesso di ispirazione! Ieri ero giù di corda perché avevo voglia di fare ma non sapevo che fare: troppe idee, troppi pensieri per la testa, troppe indecisioni e alla fine sono scivolato nell’apatia…

Solo a sera sono riuscito a buttar giù qualcosa finalmente, e sorprendentemente mi è bastato cominciare per prendere subito il giusto passo ^__^

A me sembra venuta bene, ma come sempre ai lettori l’ardua sentenza!
Commentate!

 

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

 

 

 

NDA: Design di Fem!Germania:

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http://browse.deviantart.com/?order=9&q=aph+nyotalia+germany&offset=72#/d4gx44y

 

 

 

Malumore. Chi non ha mai trascorso una giornata tra le sue deprimenti spire?

Nessuna voglia di fare, nessuna voglia di parlare, guardare una parete a caso e riempire il vuoto davanti gli occhi di tutti i motivi per cui ti senti così giù.

In quei momenti le avrebbe fatto comodo avere un hobby, ma era sempre stata una tipa tutto lavoro e niente svago disgraziatamente, quindi non ne aveva mai coltivato uno con assiduità. Forse la birra, di cui era risaputamente estimatrice, ma come fare quando sei così apatica che puoi restartene anche un’ora seduta sul tuo bianco divano, a sentire la bottiglia riscaldarsi nella tua mano, minuto dopo minuto.

La poggiò sul comodino, accanto la lampada e si diede un po’ d’aria sventolando una mano vicino il volto ingrigito dalla noia.

Era proprio una di quelle giornate nere, in cui la sola cosa che desideri è che nessuno ti veda, nessuno di parli, nessuno faccia niente per non lasciarti cuocere nel tuo brodo fin quando non ti sia passata da sola.

Peccato che il campanello di casa non la pensi mai come te, e non abbia la bontà di starsene zitto.

Certo, puoi sempre non rispondere, avvalerti del sacrosanto diritto di lasciare l’insistere degli squilli martoriarti le orecchie fino a quando il disturbatore alzi bandiera bianca. Ma purtroppo il disturbatore, che fra l’altro di bandiere bianche se ne intendeva come nessun altro, aggiunse agli squilli anche la propria voce, una razione doppia di seccatura.

“Germania? Sono Italia! Ti sono venuto a trovare!”

Trattenne il primo pensiero passatole per la mente a quelle parole sulla punta della lingua per tutto il tempo impiegato a coprire la distanza tra il divano e la porta, come una miccia che avanza faticosamente verso una dinamite che non vede l’ora di far detonare.

“Che cosa ti ho detto al riguardo di questa malsana abitudine delle improvvisate a casa altrui?”

Al tonare di quella domanda lui non poté che ritrarsi un pochino: “Scusa, a noi italiani piace la compagnia e…”
“E vi piace ancora di più imporla da un momento all’altro senza preavviso.”

“Ve, scusa… Però ora che ormai sono qui posso farti un po’ compagnia!”
“No.”

Mai era passato così poco tempo tra una frase e la sua disarmante, categorica risposta.

“Ma ti ho portato la pasta!” –disse Italia, esibendo un pacco di spaghetti- “E se la cucinassi coi wurstel?”

Chi dei due era tanto sempliciotto da farsi prendere per la gola in quel modo, si domandò Hilda, sentendosi la testa cascare per l’esasperazione.

“Italia, non ho propria voglia oggi di averti tra i piedi, anzi, non ho proprio voglia di avere tra i piedi nessuno: sono di malumore, quindi…”
Invece di spegnersi davanti alla sua ritrosia, Feliciano si accese: “Ma se sei di malumore allora è un motivo in più per starti vicino! Ti tiro io un po’ su.”
“Non voglio essere tirata su.”

“Ve? Ma non ha senso!”

Non c’era cosa più logica per lui: se uno sta giù vuol dire che sta male, se uno sta male vuol dire che vuole tornare a stare bene. Eppure un po’ in tutti sopravviene quella strana voglia di voler continuare a star male quando si sta male, come se il nero che ci tinge fosse una tavolozza di qualche pittore famoso da difendere a tutti i costi da qualunque macchia di bianco.

“Dai, Italia, lasciami in pace.”

“Non ti darò fastidio, promesso!”

La sua insistenza gli valse un piede schiacciato nella porta, ma nemmeno quello riuscì ad impedire al suo più invadente alleato di entrarle in casa.

“Mettiti comoda! Penso a tutti io! Sarai servita e riverita, così ti tornerà il sorriso in un batter d’occhio!”

Maledetto lui e la sua tracotanza da italiano: non gli dava il tempo di aprire bocca, di protestare, di respingerlo, era tutto un agire in casa d’altri, senza alcun ritegno, tutto preso dalla sua caritatevole missione di salvarla dalla depressione. Ecco il suono del lavandino aperto, il rumore della pentola, il suo canticchiare, e lei se ne restava ancora in soggiorno, talmente sconcertata e arrabbiata da quella maleducatissima dimostrazione di bene che si sentiva mancare le forze per buttarlo fuori dalla porta a calci nel sedere.

Si risedette sul divano e diede un sorso di birra tiepida. Incrociò le braccia.

Feliciano a parte, era tornato tutto come prima, e si augurava che restasse così.

Sciocca Germania: bolliva, come aveva intenzione di fare l’acqua in quella pentola, eppure pretendeva di restare tutto il giorno seduta a fare il lago senza onde.

Feliciano tornò da lei nel soggiorno col suo bambinesco sorriso, che pensò di certo non si confaceva a un tipo tanto spaccone da non rispettare i “no” altrui.

“Grazie per la pasta, posso mangiarla da sola.” –tentò nuovamente di scacciarlo.
“Su, non fare quel muso lungo! Cioè, ancora più lungo del solito!”

Germania gli sbarrò contro gli occhi, e Italia avvertì a pelle di aver mosso male la lingua. La vide prendere un lungo respiro e tornare a guardare davanti a sé, e nel contempo si cancellò la sua stupida espressione allegra per rimpiazzarla con l’altrettanto classica e stupida espressione da frignone.
“Scusami, non ti volevo offendere!”

Germania si giocò la carta silenzio a oltranza.

“Non volevo…”

Cosa fare a quel punto? Sedersi vicino a lei a suo rischio e pericolo? Andarsene come desiderava? Optò per una terza via: riaprire bocca e sperare di tirarne fuori una buona, lui che già con Hilda di umore quantomeno normale era capace di farle perdere le staffe…

“Mi dispiace vederti così, sul serio, per questo non ce la faccio a lasciarti sola.”

“Lo vedo, purtroppo.”

“Voglio solo che torni la solita. È così strano che tu sia così…”
“Triste?”
“Ecco! La Germania che conosco invece è sempre combattiva e piena di energie, metti tutti i riga con uno sguardo, sei portentosa!”
“Perché non posso essere triste?”
Ad Italia suonò insolita quella domanda. Anzi, era la prima volta si trovava di fronte ad un quesito del genere.

“Beh… Ora sei triste, è innegabile, però… magari col mio aiuto… potresti non esserlo più…”

“Perché? Perché Germania non può concedersi una giornata in santa pace coi suoi problemi?” –domandò, col tono di voce che si alzava sempre di più- “Perché tu non riesci a capire che le persone non possono essere sempre allegre? Chi diavolo ti ha chiesto di tirarti su il morale, eh?”

Se non altro era riuscito a sollevarla dal divano della disperazione, si disse, e a farla diventare ancora più insolita.

Aveva sempre avuto paura di lei quando alzava la voce come in quel momento, quando stringeva i denti come in quel momento, e ogni volta aveva sempre avuto voglia di defilarsi.

“Perché non posso avere una giornataccia una volta tanto?”

Ora invece si sentiva i piedi fatti di piombo. Indubbiamente c’era qualcosa di diverso stavolta.

“Germania quella seria, quella tosta, quella tutta responsabilità… No, lei non può stare male, vero? È così difficile accettare che quella che vi prende a calci in culo ogni volta sgarrate sia giù di corda, no? È questo che vuoi dire?”
Tentare di aprire bocca adesso avrebbe significato lasciar uscire qualche suono insignificante, qualche inizio di frase sconnessa, inutile per tutti; tutto quello che doveva fare era starsene zitto, perché il momento era solo suo.

“Te ne stai zitto, eh? Allora ho ragione?”

Le venne fuori un sorriso nervoso, che l’accompagnò in quel crescendo.

“Germania non può stare giù, non può proprio! Anche se tutti la considerano una specie di uomo travestito che trinca birra e fa flessioni! Anche se con tutto quello che faccio di buono continuano a darmi della nazista! Anche se ho un fratello che non posso più vedere o abbracciare perché sta dietro un muro! Io sono Germania! Non posso certo mettermi a piagnucolare come una persona qualsiasi!”

Prese la birra con l’intento di spaccare la bottiglia contro qualcosa. Se lo impedì: i cocci avrebbero potuto far male a lei o a Italia, e poi non voleva arrivare a un tale livello di pateticità.

Rimise la bottiglia al suo posto; e subito dopo aver gettato fuori la sua rabbia, ne provò altra, perché le lacrime non si rimettono a posto con altrettanta facilità, e l’unico modo che aveva per salvare la faccia era perderla dandogli le spalle, come nelle migliori scene madri.

Che giornata di merda.
“Vattene.”

“No.”

Una rapidità nel rispondere degna di lei.

“Ho detto che te ne devi andare!” –gridò.

I piedi di Italia erano ancora di piombo.

E Germania si arrabbiò ancora di più.

Dannato Italiano!
Dannato fifone!
Fuggi sempre, davanti a tutto e tutti, perché non ora?
Perché non scappi e non mi lasci in pace?

Proprio ora devi dimostrare tanto coraggio da non spostarti di un centimetro, guardandomi dritta negli occhi, con quell’espressione così seria?

Le sembrò quasi una presa in giro.

E lui, non contento, iniziò pure ad avvicinarsi.

“Se ti avvicini ancora giuro che ti…”

Deviò verso il divano, sedendocisi sopra con lei che restava con la guardia alzata.

“Si può sapere perché la tiri fuori adesso tanta determinazione? Tutti quegli addestramenti e non ne ho mai cavato nulla… Se ne sei capace perché allora non la mostri al nemico una buona volta?”

“Un nemico non la merita.” –rispose lui con un mezzo sorriso.

Germania, ripresasi da quelle parole, tiro fuori uno sbuffo: pure la risposta pronta ora, ma che gli prendeva ad Italia tutto a un tratto?

“Siediti.” –disse dando delle piccole pacche al posto accanto a sé.

Lei meritava: perché rivolgere il proprio coraggio nella guerra, al fare del male, quando puoi e devi usarlo per qualcuno di veramente importante? Non appena fu al suo fianco, con una mossa di quelle che avrebbe definita “tutta italiana”, veloce e irresistibile, che non lascia scampo a reazioni, cinse il braccio attorno le sue spalle, portandola a sé, chiudendola con l’altro in una tenera stretta.

Non le sembrò possibile di trovarsi lì dove si trovava. Hilda era pietrificata dall’assurdità di quella situazione, eppure conoscendolo sapeva che poteva aspettarsi di tutto.

La Germania stretta tra le braccia dell’Italia? Lei, atletica e marziale, che si faceva consolare e carezzare da quel tipo? Uno più basso di lei! Uno scemo in piena regola! L’inutile Italia, il caso perso della sua carriera di addestratrice! L’alleato più stralunato che avesse mai avuto! Le poggiava impunemente la guancia sui corti capelli biondi, come pensasse fosse tutto ciò di cui avesse bisogno per risollevarsi un po’.

Si liberò e lo trapassò con lo sguardo.

“Nessuno ha mai osato tanto!”

Ci siamo, si disse Italia, non ho fatto altro che cercare guai e ora sono arrivati. Si sentì afferrare e chiuse subito gli occhi, per non guardare il cazzotto che lo aspettava prepararsi a partire.

Li riaprì quando Hilda cominciò letteralmente a divorargli le labbra.

Germania riprese fiato e si incollò nuovamente a lui, stropicciandogli tutta la giacca nel tirarlo il più possibile verso di sé.

Quand’ebbe di che sentirsi soddisfatta, lo allontanò con una spintarella e poi si appoggiò col capo alla sua spalla, nella stessa posizione di poco prima.

Feliciano tornò ad avvolgere le mani tremanti intorno al suo corpo: cercò di incrociare i suoi occhi, ma lei badava bene di tenerglieli nascosti, perché lui non si montasse la testa, e perché lei in quel momento non sarebbe stato in grado di affrontare lo sguardo di quella improponibile colonna a cui stava suo malgrado appoggiandosi.

Feli gli rivolse un altro sorriso, che poté percepire dal suono della sua voce: “Mi dispiace, hai ragione tu: sei libera di essere triste tutte le volte che vuoi. Solo… posso farti compagnia mentre lo sei?”

“Si… Tu si…” –aggiunse sussurrando.

Le carezzò i capelli: tanto lo sapeva che, triste, non lo era più. Forse avrebbe voluto continuare ad esserlo: ci si vergogna meno della rabbia che delle lacrime, anche se a volte queste sono più belle a vedersi.

Sapeva quanto imbarazzata dovesse sentirsi, ma comunque non era la sola: baci così focosi non lasciano certo indifferenti, pensò tutto frastornato.

Non sapeva se dietro quelle labbra strette così ferocemente sulle sue ci fosse stato qualcos’altro oltre alla sua voglia di reagire, ma, dolore o pure amore che fosse, l’importante era essere riuscito a tirarle fuori qualcosa.

 

Mentre ancora ci ripensava, Hilda alzò la testa.

“Cos’è questo rumore?”
“La pentola! Ho lasciato l’acqua sul fuoco!”

“Stupido italiano!” –gli urlò, correndo insieme a lui in cucina.

 

 

 

La mia prima fanfic con gender-bender! ^___^

L’ho preso in considerazione anche per altri fandom ovviamente, ma questa è la prima volta che uso un personaggio invertito. Un altro pairing hetaliano gender-bender che mi piacerebbe scrivere sarebbe Romano x Fem!Grecia, una coppia super-mediterranea *__* Che ne pensate?

Riguardo questa storia, forse nel finale sono diventato un po’ più frettoloso (l’inizio mi convince molto di più), ma forse la mia mente aveva solo bisogno di sdrammatizzare un po’, come Hilda aveva bisogno di qualcuno che pensasse a lei come qualcosa in più della solita, stereotipata, Germania. ^__^

Alla prossima, buon proseguimento d’estate!

 

PS: GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!

  
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