Ehilà
a tutti, cari lettori estivi! ^___^
Piccoli
contraccolpi a parte sembra filare tutto liscio, e spero sia lo stesso anche
per voi in questa stagione meravigliosa!
Tra tali contraccolpi, per quanto mi riguarda, si annovera pure non un calo,
bensì un eccesso di ispirazione! Ieri ero giù di corda perché avevo voglia di
fare ma non sapevo che fare: troppe idee, troppi pensieri per la testa, troppe
indecisioni e alla fine sono scivolato nell’apatia…
Solo
a sera sono riuscito a buttar giù qualcosa finalmente, e sorprendentemente mi è
bastato cominciare per prendere subito il giusto passo ^__^
A
me sembra venuta bene, ma come sempre ai lettori l’ardua sentenza!
Commentate!
PS:
GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!
NDA:
Design di Fem!Germania:
http://browse.deviantart.com/?order=9&q=aph+nyotalia+germany&offset=48#/d2w4qcm
http://browse.deviantart.com/?order=9&q=aph+nyotalia+germany&offset=72#/d4gx44y
Malumore.
Chi non ha mai trascorso una giornata tra le sue deprimenti spire?
Nessuna
voglia di fare, nessuna voglia di parlare, guardare una parete a caso e riempire
il vuoto davanti gli occhi di tutti i motivi per cui ti senti così giù.
In
quei momenti le avrebbe fatto comodo avere un hobby, ma era sempre stata una
tipa tutto lavoro e niente svago disgraziatamente, quindi non ne aveva mai
coltivato uno con assiduità. Forse la birra, di cui era risaputamente
estimatrice, ma come fare quando sei così apatica che puoi restartene anche
un’ora seduta sul tuo bianco divano, a sentire la bottiglia riscaldarsi nella tua
mano, minuto dopo minuto.
La
poggiò sul comodino, accanto la lampada e si diede un po’ d’aria sventolando
una mano vicino il volto ingrigito dalla noia.
Era
proprio una di quelle giornate nere, in cui la sola cosa che desideri è che
nessuno ti veda, nessuno di parli, nessuno faccia niente per non lasciarti
cuocere nel tuo brodo fin quando non ti sia passata da sola.
Peccato
che il campanello di casa non la pensi mai come te, e non abbia la bontà di
starsene zitto.
Certo,
puoi sempre non rispondere, avvalerti del sacrosanto diritto di lasciare
l’insistere degli squilli martoriarti le orecchie fino a quando il disturbatore
alzi bandiera bianca. Ma purtroppo il disturbatore, che fra l’altro di bandiere
bianche se ne intendeva come nessun altro, aggiunse agli squilli anche la
propria voce, una razione doppia di seccatura.
“Germania?
Sono Italia! Ti sono venuto a trovare!”
Trattenne
il primo pensiero passatole per la mente a quelle parole sulla punta della
lingua per tutto il tempo impiegato a coprire la distanza tra il divano e la
porta, come una miccia che avanza faticosamente verso una dinamite che non vede
l’ora di far detonare.
“Che
cosa ti ho detto al riguardo di questa malsana abitudine delle improvvisate a
casa altrui?”
Al
tonare di quella domanda lui non poté che ritrarsi un pochino: “Scusa, a noi
italiani piace la compagnia e…”
“E vi piace ancora di più imporla da un momento all’altro senza preavviso.”
“Ve,
scusa… Però ora che ormai sono qui posso farti un po’ compagnia!”
“No.”
Mai
era passato così poco tempo tra una frase e la sua disarmante, categorica
risposta.
“Ma
ti ho portato la pasta!” –disse Italia, esibendo un pacco di spaghetti- “E se
la cucinassi coi wurstel?”
Chi
dei due era tanto sempliciotto da farsi prendere per la gola in quel modo, si
domandò Hilda, sentendosi la testa cascare per l’esasperazione.
“Italia,
non ho propria voglia oggi di averti tra i piedi, anzi, non ho proprio voglia
di avere tra i piedi nessuno: sono di malumore, quindi…”
Invece di spegnersi davanti alla sua ritrosia, Feliciano si accese: “Ma se sei
di malumore allora è un motivo in più per starti vicino! Ti tiro io un po’ su.”
“Non voglio essere tirata su.”
“Ve?
Ma non ha senso!”
Non
c’era cosa più logica per lui: se uno sta giù vuol dire che sta male, se uno
sta male vuol dire che vuole tornare a stare bene. Eppure un po’ in tutti
sopravviene quella strana voglia di voler continuare a star male quando si sta
male, come se il nero che ci tinge fosse una tavolozza di qualche pittore
famoso da difendere a tutti i costi da qualunque macchia di bianco.
“Dai,
Italia, lasciami in pace.”
“Non
ti darò fastidio, promesso!”
La
sua insistenza gli valse un piede schiacciato nella porta, ma nemmeno quello
riuscì ad impedire al suo più invadente alleato di entrarle in casa.
“Mettiti
comoda! Penso a tutti io! Sarai servita e riverita, così ti tornerà il sorriso
in un batter d’occhio!”
Maledetto
lui e la sua tracotanza da italiano: non gli dava il tempo di aprire bocca, di
protestare, di respingerlo, era tutto un agire in casa d’altri, senza alcun
ritegno, tutto preso dalla sua caritatevole missione di salvarla dalla
depressione. Ecco il suono del lavandino aperto, il rumore della pentola, il
suo canticchiare, e lei se ne restava ancora in soggiorno, talmente sconcertata
e arrabbiata da quella maleducatissima dimostrazione di bene che si sentiva
mancare le forze per buttarlo fuori dalla porta a calci nel sedere.
Si
risedette sul divano e diede un sorso di birra tiepida. Incrociò le braccia.
Feliciano
a parte, era tornato tutto come prima, e si augurava che restasse così.
Sciocca
Germania: bolliva, come aveva intenzione di fare l’acqua in quella pentola, eppure
pretendeva di restare tutto il giorno seduta a fare il lago senza onde.
Feliciano
tornò da lei nel soggiorno col suo bambinesco sorriso, che pensò di certo non
si confaceva a un tipo tanto spaccone da non rispettare i “no” altrui.
“Grazie
per la pasta, posso mangiarla da sola.” –tentò nuovamente di scacciarlo.
“Su, non fare quel muso lungo! Cioè, ancora più lungo del solito!”
Germania
gli sbarrò contro gli occhi, e Italia avvertì a pelle di aver mosso male la
lingua. La vide prendere un lungo respiro e tornare a guardare davanti a sé, e
nel contempo si cancellò la sua stupida espressione allegra per rimpiazzarla
con l’altrettanto classica e stupida espressione da frignone.
“Scusami, non ti volevo offendere!”
Germania
si giocò la carta silenzio a oltranza.
“Non
volevo…”
Cosa
fare a quel punto? Sedersi vicino a lei a suo rischio e pericolo? Andarsene
come desiderava? Optò per una terza via: riaprire bocca e sperare di tirarne
fuori una buona, lui che già con Hilda di umore quantomeno normale era capace
di farle perdere le staffe…
“Mi
dispiace vederti così, sul serio, per questo non ce la faccio a lasciarti
sola.”
“Lo
vedo, purtroppo.”
“Voglio
solo che torni la solita. È così strano che tu sia così…”
“Triste?”
“Ecco! La Germania che conosco invece è sempre combattiva e piena di energie,
metti tutti i riga con uno sguardo, sei portentosa!”
“Perché non posso essere triste?”
Ad Italia suonò insolita quella domanda. Anzi, era la prima volta si trovava di
fronte ad un quesito del genere.
“Beh…
Ora sei triste, è innegabile, però… magari col mio aiuto… potresti non esserlo
più…”
“Perché?
Perché Germania non può concedersi una giornata in santa pace coi suoi
problemi?” –domandò, col tono di voce che si alzava sempre di più- “Perché tu
non riesci a capire che le persone non possono essere sempre allegre? Chi
diavolo ti ha chiesto di tirarti su il morale, eh?”
Se
non altro era riuscito a sollevarla dal divano della disperazione, si disse, e
a farla diventare ancora più insolita.
Aveva
sempre avuto paura di lei quando alzava la voce come in quel momento, quando
stringeva i denti come in quel momento, e ogni volta aveva sempre avuto voglia
di defilarsi.
“Perché
non posso avere una giornataccia una volta tanto?”
Ora
invece si sentiva i piedi fatti di piombo. Indubbiamente c’era qualcosa di
diverso stavolta.
“Germania
quella seria, quella tosta, quella tutta responsabilità… No, lei non può stare
male, vero? È così difficile accettare che quella che vi prende a calci in culo
ogni volta sgarrate sia giù di corda, no? È questo che vuoi dire?”
Tentare di aprire bocca adesso avrebbe significato lasciar uscire qualche suono
insignificante, qualche inizio di frase sconnessa, inutile per tutti; tutto
quello che doveva fare era starsene zitto, perché il momento era solo suo.
“Te
ne stai zitto, eh? Allora ho ragione?”
Le
venne fuori un sorriso nervoso, che l’accompagnò in quel crescendo.
“Germania
non può stare giù, non può proprio! Anche se tutti la considerano una specie di
uomo travestito che trinca birra e fa flessioni! Anche se con tutto quello che
faccio di buono continuano a darmi della nazista! Anche se ho un fratello che
non posso più vedere o abbracciare perché sta dietro un muro! Io sono Germania!
Non posso certo mettermi a piagnucolare come una persona qualsiasi!”
Prese
la birra con l’intento di spaccare la bottiglia contro qualcosa. Se lo impedì:
i cocci avrebbero potuto far male a lei o a Italia, e poi non voleva arrivare a
un tale livello di pateticità.
Rimise
la bottiglia al suo posto; e subito dopo aver gettato fuori la sua rabbia, ne
provò altra, perché le lacrime non si rimettono a posto con altrettanta
facilità, e l’unico modo che aveva per salvare la faccia era perderla dandogli
le spalle, come nelle migliori scene madri.
Che
giornata di merda.
“Vattene.”
“No.”
Una
rapidità nel rispondere degna di lei.
“Ho
detto che te ne devi andare!” –gridò.
I
piedi di Italia erano ancora di piombo.
E
Germania si arrabbiò ancora di più.
Dannato
Italiano!
Dannato fifone!
Fuggi sempre, davanti a tutto e tutti, perché non ora?
Perché non scappi e non mi lasci in pace?
Proprio
ora devi dimostrare tanto coraggio da non spostarti di un centimetro,
guardandomi dritta negli occhi, con quell’espressione così seria?
Le
sembrò quasi una presa in giro.
E
lui, non contento, iniziò pure ad avvicinarsi.
“Se
ti avvicini ancora giuro che ti…”
Deviò
verso il divano, sedendocisi sopra con lei che restava con la guardia alzata.
“Si
può sapere perché la tiri fuori adesso tanta determinazione? Tutti quegli
addestramenti e non ne ho mai cavato nulla… Se ne sei capace perché allora non
la mostri al nemico una buona volta?”
“Un
nemico non la merita.” –rispose lui con un mezzo sorriso.
Germania,
ripresasi da quelle parole, tiro fuori uno sbuffo: pure la risposta pronta ora,
ma che gli prendeva ad Italia tutto a un tratto?
“Siediti.”
–disse dando delle piccole pacche al posto accanto a sé.
Lei
meritava: perché rivolgere il proprio coraggio nella guerra, al fare del male,
quando puoi e devi usarlo per qualcuno di veramente importante? Non appena fu
al suo fianco, con una mossa di quelle che avrebbe definita “tutta italiana”,
veloce e irresistibile, che non lascia scampo a reazioni, cinse il braccio
attorno le sue spalle, portandola a sé, chiudendola con l’altro in una tenera
stretta.
Non
le sembrò possibile di trovarsi lì dove si trovava. Hilda era pietrificata
dall’assurdità di quella situazione, eppure conoscendolo sapeva che poteva
aspettarsi di tutto.
La
Germania stretta tra le braccia dell’Italia? Lei, atletica e marziale, che si
faceva consolare e carezzare da quel tipo? Uno più basso di lei! Uno scemo in
piena regola! L’inutile Italia, il caso perso della sua carriera di
addestratrice! L’alleato più stralunato che avesse mai avuto! Le poggiava
impunemente la guancia sui corti capelli biondi, come pensasse fosse tutto ciò
di cui avesse bisogno per risollevarsi un po’.
Si
liberò e lo trapassò con lo sguardo.
“Nessuno
ha mai osato tanto!”
Ci
siamo, si disse Italia, non ho fatto altro che cercare guai e ora sono
arrivati. Si sentì afferrare e chiuse subito gli occhi, per non guardare il
cazzotto che lo aspettava prepararsi a partire.
Li
riaprì quando Hilda cominciò letteralmente a divorargli le labbra.
Germania
riprese fiato e si incollò nuovamente a lui, stropicciandogli tutta la giacca
nel tirarlo il più possibile verso di sé.
Quand’ebbe
di che sentirsi soddisfatta, lo allontanò con una spintarella e poi si appoggiò
col capo alla sua spalla, nella stessa posizione di poco prima.
Feliciano
tornò ad avvolgere le mani tremanti intorno al suo corpo: cercò di incrociare i
suoi occhi, ma lei badava bene di tenerglieli nascosti, perché lui non si
montasse la testa, e perché lei in quel momento non sarebbe stato in grado di
affrontare lo sguardo di quella improponibile colonna a cui stava suo malgrado
appoggiandosi.
Feli
gli rivolse un altro sorriso, che poté percepire dal suono della sua voce: “Mi
dispiace, hai ragione tu: sei libera di essere triste tutte le volte che vuoi.
Solo… posso farti compagnia mentre lo sei?”
“Si…
Tu si…” –aggiunse sussurrando.
Le
carezzò i capelli: tanto lo sapeva che, triste, non lo era più. Forse avrebbe
voluto continuare ad esserlo: ci si vergogna meno della rabbia che delle
lacrime, anche se a volte queste sono più belle a vedersi.
Sapeva
quanto imbarazzata dovesse sentirsi, ma comunque non era la sola: baci così
focosi non lasciano certo indifferenti, pensò tutto frastornato.
Non
sapeva se dietro quelle labbra strette così ferocemente sulle sue ci fosse
stato qualcos’altro oltre alla sua voglia di reagire, ma, dolore o pure amore
che fosse, l’importante era essere riuscito a tirarle fuori qualcosa.
Mentre
ancora ci ripensava, Hilda alzò la testa.
“Cos’è
questo rumore?”
“La pentola! Ho lasciato l’acqua sul fuoco!”
“Stupido
italiano!” –gli urlò, correndo insieme a lui in cucina.
La
mia prima fanfic con gender-bender! ^___^
L’ho
preso in considerazione anche per altri fandom ovviamente, ma questa è la prima
volta che uso un personaggio invertito. Un altro pairing hetaliano
gender-bender che mi piacerebbe scrivere sarebbe Romano x Fem!Grecia, una
coppia super-mediterranea *__* Che ne pensate?
Riguardo
questa storia, forse nel finale sono diventato un po’ più frettoloso (l’inizio
mi convince molto di più), ma forse la mia mente aveva solo bisogno di
sdrammatizzare un po’, come Hilda aveva bisogno di qualcuno che pensasse a lei
come qualcosa in più della solita, stereotipata, Germania. ^__^
Alla
prossima, buon proseguimento d’estate!
PS:
GERMANIA X ITALIA ORA E SEMPRE!