Nell’orfanotrofio
di Denver, una piccola
cittadina di Londra costeggiata da un’enorme fiume dal
colorito spento, nessuno
era mai venuto per incontrare Willow, oltre a sua zia Mary. Dopo la
morte della
madre e del padre, causata dalla droga,
Willow fu portata in questo luogo così cupo e
nessuno dei parenti di
entrambe le famiglie ci ha mai messo piede. Invece sua zia Mary, con
cui ha da
sempre avuto un
rapporto speciale ,
l’andava a trovare una volta al mese; visto che
la distanza e la sua grande età non
permettevano di muoversi con tanta
facilità. La ragazza aspettava con ansia questo giorno,
l’unico in cui si
divertiva veramente poiché era molto solitaria, introversa;
il contrario di
quando era nata.
Il grande giorno era
arrivato e Willow si alzò
presto dal suo letto traballante; si mise seduta
e, intenta stiracchiarsi e a togliersi il
sonno di dosso, osservò la sua stanza: amava quelle pareti
giallognole che
illuminavano il girasole sul comodino ma la cosa che adorava era quella
mensola
piena di libri della zia Mary che le regalava ogni volta che veniva.
Poi notò
anche il suo MP3 con le cuffie che penzolavano nel vuoto; lo prese e
incominciò
a prepararsi fischiettando la sua canzone preferita.
Sistemò le
ultime cose e richiuse la porta dietro le
sue spalle, si diresse verso il corridoio ma fu interrotta da una folla
interminabile di ragazze che si accalcavano su cinque ragazzi ben
diversi tra
di loro. Non fece caso a loro e usò la porta davanti a lei
per entrare nel
“salotto” dove incominciò ad aspettare
sua zia. Le ore passavano e guardò
incessantemente l’orologio che continuava a battere le 16.00 “Abbiamo già perso due ore,
per colpa loro” Rivolse
lo sguardo ai cinque visi intenti a rallegrare i bambini ma li odiava
per aver
distrutto, forse, il suo grande giorno. Li continuava a guardare con il
viso
riluttante finchè non spostò lo sguardo accanto a
sé e vide una figura di una donna:
aveva i capelli bianchi che le incorniciavano il viso rugoso e due
teneri occhi
azzurri che luccicavano grazie alla maglia con i fiori e la gonna di
pizzo blu.
- Zia Mary! Pensavo
non saresti venuta!- disse
la ragazza abbracciandola forte a sé.
-Come potevo,
bambina? Scusa ma ho trovato
qualche imprevisto…- disse la donna anziana mentre rivolse
uno sguardo all’entrata:
vide un ragazzo alto,dai capelli color miele e dagli occhi marroni che
stava
guardando la sua bambina. Si commosse e si rivolse alla nipote.
-Tieni questo libro:
me lo regalò il mio primo
fidanzato. Credo che ti piacerà.
-Zia, non dovevi!
Incomincerò subito a
leggerlo, te lo prometto! – i suoi occhi si rivolsero sulla
copertina sbiadita
del libro: cominciò a sfogliarle alcune pagine e a leggerle
di sfuggita. Le
piaceva.
Passarono le ore e
Zia Mary dovette andare,
lasciandola da sola per un altro mese. La baciò sulla fronte
e se ne andò
mentre lei continuava imperterrita a trattenerla. Con una lacrima sul
viso, si
sedette sulla sua poltrona e cominciò a leggere il nuovo
libro mentre lo
sguardo del ragazzo era ancora fisso su di lei.
Liam, sì,
così si chiamava il ragazzo che da
più ore la stava fissando : scambiava sguardi assenti con i
bambini perché
il suo era posato su di lei. Adorava
come i capelli corvini le ricadevano sul suo morbido petto, di come i
suoi
occhi blu seguivano le righe del libro e di come quel vestito azzurro
le
fasciava il corpo.
-E’ da
più di un’ora che la guardi, vorrai
almeno parlarle?
-Dovrei, Harry?
-Tu che dici?
– il ragazzo riccio lo spinse e
lo diresse verso di
lei, che notò delle
scarpe nere e alzò i suoi occhi candidi e
incontrò il suo sguardo: entrambi
arrossirono e nessuno dei due seppe attaccare discorso e Willow,
riconoscendo
chi era, si alzò e se ne andò voltando le spalle
a quel bel ragazzo. “ Mi ha
rovinato la mia giornata, togliendo
2 ore a quel mio giorno speciale” Una
lacrima le rigò il viso perché sapeva che
avrebbe dovuto aspettare un mese prima di rivedere sua zia.
Liam era rimasto
senza parole ma non perché la
ragazza se ne era andata via, ma per il profumo di vaniglia che gli
aveva
lasciato, per l’incontro con i suoi occhi blu notte e per
quelle labbra che
avrebbe voluto sfiorare con le sue.
Per tutto il
tragitto, Liam non aveva smesso
di pensarla: era rapito. Eppure non conosceva il suo nome, non poteva
chiederle
di uscire perché non si conoscevano nemmeno ma il suo amico
Harry era del
parere opposto.
-Almeno prova a
conoscerla, Liam! – disse il
ragazzo riccio mentre era intento a mordere un panino.
-Si, forse hai
ragione. Ci andrò domani!
-Ma vacci adesso!
– disse dando un pugno sulla
spalla dell’amico.
-Harry ha ragione:
non devi tirarti sempre
indietro!- A consiglio degli amici, Liam si fece coraggio e prese le
chiavi
della macchina, uscendo. Misi in moto e si diresse verso
l’orfanotrofio “ Povera
ragazza, un Angelo come può
trovarsi in questo posto?” pensò Liam.
Fu accolto nuovamente da Fans e fece
qualche foto con loro, ma non era venuto lì per quel motivo:
voleva rivedere
quella ragazza. Si diresse verso una grande signora con un ampio camice
bianco
e chiese informazioni, di lei.
-Penso tu stia
parlando di quella ragazza
laggiù.- rispose mentre indicava la ragazza dai capelli
corvini. Liam la
ringraziò e si incamminò nella sua
direzione solo che vide lei alzarsi, posando il libro sulla poltrona.
Lo prese
e incominciò a sfogliarlo: l’aveva letto anche
lui.
- Lo hai letto anche
tu? – Liam si girò e la
vide davanti a lui con un abito panna che faceva risplende i suoi
capelli e la
sua pelle rosea.
-Si, vedo che lo
stai leggendo…
-Da ieri e lo trovo
bellissimo: mi piace
questo romanticismo tra i personaggi che ormai si è perso.
Adoro le lettere
d’amore che lui scrive a lei- disse incontrando i suoi occhi.
Voleva toccare
quel dolce viso, sfiorarlo con la sua mano. Si avvicinò di
più e si perse in
quello sguardo ma si accorse della loro distanza così minima
e si spostò
bruscamente. Raccolse
il suo libro e gli
voltò le spalle, solamente che lui la bloccò
ponendosi davanti a lei.
-Ti andrebbe di bere
un frullato insieme a me?
-No.
-Perché?
-Non ti conosco, non
conosco nemmeno il tuo
nome.
-Sarebbe il modo per
conoscerci, no?
-Beh…
-Lo prendo come un
si!- la trascinò insieme a
sé, attraversando il corridoio. Willow lasciò
cadere il libro sul pavimento
dimenticandosene completamente. Non diedero retta alle continue urla
che
dicevano di fermarsi
e finalmente
uscirono: si voltò verso di lei e vide i suoi capelli
corvini al vento,
che svolazzavano liberi. Lei chiuse
gli occhi e si fece trascinare dall’aria mentre lui la
guardava rapito. Accarezzò
il suo dolce viso e gli occhi di Willow si posarono su di lui.
-Posso sapere il tuo
nome?
-Mi chiamo Liam e
tu, Angelo?- si fece
sfuggire il soprannome che le aveva dato e abbassò lo
sguardo imbarazzato.
-Angelo? –
chiese stupita la ragazza: nessuno
l’aveva mai considerata, in un modo così dolce.
-Niente…
-Mi chiamo Willow,
però se vuoi puoi sempre
chiamarmi Angelo.
-Allora raccontami
di te, Angelo- voleva
sapere tutto su di lei,tutto.
-Che potrei dirti?
Ho 18 anni e adoro leggere.
E vivo…lì, dopo la morte dei miei genitori.- al
ragazzo dai capelli color miele
gli si strinse il cuore a quelle parole e senza dire niente la
abbracciò.
Willow si sorprese di quel gesto così inaspettato: si
sentì protetta, per la
prima volta dopo tanto tempo. Si sciolse dalle sue braccia e lo
guardò negli
occhi.
-Tu invece?
-Io ho 19 anni e
faccio parte di una band
insieme ad altri quattro componenti.
-Quindi, sai cantare?
-Si.
-Mi canteresti un
vostro brano?
-Per te questo e
altro.- Liam si stupì di come
quella ragazza lo faceva agitare e al tempo stesso farlo sentire se
stesso.
Cominciò
a cantare e Willow si sorprese di
quella sua voce così soave e profonda: la faceva stare bene.
Si innamorò e si
perse nei suoi occhi mandarla, avvicinandosi sempre di più.
-Andiamo, Angelo?
-Cosa?
-A prenderci il
frullato!
-Si, scusa. Andiamo.
Si avviarono e
parlarono, parlarono di
qualunque cosa gli passasse per la testa non preoccupandosi del
giudizio dell’altro.
Liam si accorse di
quanta tristezza lacerava
la ragazza, lo notò dai suoi occhi che guardavano la strada
pensierosi. Era
impossibile per lui vederla così e le cinse la vita con il
braccio,
stringendola a sé: lasciò che si appoggiasse
sulla sua spalla e che
dimenticasse tutto, tutta la tristezza per un momento.
Provava una
sensazione strana al solo contatto
con lui, quasi come se fosse…innamorata
ma
sapeva di non esserlo o almeno era quello che credeva lei.
-Arrivati- disse
Liam fermandola davanti a un
piccolo camioncino color rosa pastello. Si avviò insieme a
lei, mano nella
mano: si scordò di esserle stato per tutto il tempo
così vicino e cominciò
a ritrovarsi lo stomaco in subbuglio.
-Com’è
il frullato?
-Buonissimo, il tuo?
-Anche.Posso
assaggiare,Angelo?
-Certo- disse mentre
glielo porse: Liam bevve
un piccolo sorso e poi si leccò le labbra. Provò
un immenso brivido misto a passione
che le riempì il corpo.
-Buonissimo! La
prossima volta prendo il tuo
gusto.
-Modestamente…
-Sei
bellissima. – Le parole di lui gli vennero
spontaneamente, senza pensarci:
incontrò i suoi occhi blu e sfiorò il suo viso
roseo con il dorso della mano. I
suoi capelli corvini si scompigliarono con il vento e Liam
lasciò che
passassero tra le sue dita. Lei rimase immobile e il ragazzo si
incominciò ad
avvicinare al suo viso, desideroso di assaporare quelle labbra carnose.
Willow
però distolse lo sguardo, spostando il suo viso sul prato
dove erano seduti.
-Credo che dovrei
andare.
-No, resta.
-Non posso Liam.
-Invece si. Vieni
almeno con me a casa mia. Resterai
per un po’ poi te ne andrai.
-Va bene.- Come
poteva dirgli di no? Era come
rinunciare alla giornata più bella della sua vita.
Lui le prese la mano
e la condusse per due
isolati fino ad arrivare a una enorme casa con un ampio giardino
arricchito di
rose rosse. Fece vagare i suoi occhioni blu da rosa a rosa, da finestra
a
finestra per poi incontrare il suo sguardo perplesso.
-Vuoi entrare,
Angelo?
-E’
meravigliosa la tua casa.
-Dai, vieni.
Vedeva Liam
impegnato da dietro il bancone
della cucina:i suoi occhi marroni che si spostavano frettolosamente, i
suoi
capelli color miele che desiderava toccare, il suo petto muscoloso
rinchiuso da
una maglietta nera a maniche corte e quella piccola voglia sotto il
collo. Lo
trovava perfetto.
Le portò
due panini con un po’ di aranciata:
ne bevve un piccolo sorso e la riposò sul tavolo. Poi rivolse lo sguardo al
ragazzo affianco a
lei e provò mille brividi quando le prese la mano portandola
sul suo viso.
-Willow,
io sono innamorato di te.
Quelle parole
fermarono il suo cuore: amava
lei? Lei, quella ragazza così semplice?
-Liam…
-Se non mi ami non
ti preoccupare, aspetterò.
-No, anche io sono
innamorata di te.- disse
lei tutto d’un fiato.
-Allora è
tutto perfetto!- disse lui colmo di
goia.
-No,
perché non voglio legarmi a una persona
che poi non sarà poi più mia – si
alzò, scacciando una lacrima che le si era
posata sul viso.
-Io ci
sarò sempre, per te.
-No, non
è vero: prima o poi ti perderò come
tutti quelli che mi sono stati accanto.
Ripensò
ai suoi genitori che non aveva mai
conosciuto, ripensò ai suoi familiari che non
l’avevano mai venuta a trovare.
Si sentiva sola.
Cominciò
a piangere, a piangere quelle lacrime
trattenute da troppo tempo nel suo cuore. Cercò rifugio
nella sua maglietta e lui
gli accarezzò i capelli, facendola sfogare. Sentiva le
lacrime di lei sul suo
petto, quanto erano fredde. Tra i continui singhiozzii cercò
di spiegare la sua
infanzia:
- Io, li ho visti
morire davanti ai miei
occhi. Si accasciarono a terra quando aveva 9 anni, ancora non capivo
il perché
di cosa era successo e mi portano via da loro. Non puoi immaginare cosa
significhi vivere senza genitori, senza un padre e una madre pronti a
coccolarti anche se sapevo che loro non ne sarebbero mai stati in
grado. Ho dovuto
vivere in quell’orfanotrofio, insieme ad altri bambini come
me. Mi sono sempre
sentita sola, costantemente.
Avvertiva la sua
voce rauca,distrutta e gli
diede un bacio sulla guancia.
-Non ti
lascerò mai.
-Come puoi
affermarlo?
Prese il viso di lei
tra le mani e la baciò,
assaporando le sue labbra: sentiva le lacrime rimaste sul suo viso
scomparire
sulle sue guance calde. Le cinse la vita e la strinse a sé,
per farle sentire
che lui c’era.
Willow
attorcigliò le sue braccia sul suo
collo e si abbandonò completamente, liberando la sua
passione.
Era uno di quei baci
che ti lasciano senza fiato, che ti fanno
capire che siete fatti l’uno per l’altra.
Che siete
inseparabili.
Liam la prese in
braccio e la continuò a
baciare, staccandosi solamente per riprendere fiato. Richiuse la porta
dietro
di loro e la posò per terra: fece scivolare la sua mano
sulla sua schiena e
incominciò a giocare con la lampo del vestito di lei.
Voleva che
diventasse sua.
La ragazza
posò le sue mani sul petto di lui
mentre Liam la spinse contro il muro: le baciò il collo,
mordendogli il lobo.
Lei gli tolse la maglietta e posò le sue delicate dita sul
suo petto nudo,
disegnando il contorno dei suoi muscoli mentre lui fece cadere il suo
vestito
sul pavimento.
La riempì
di baci, baci sinceri.
Willow si
aggrappò a Liam, baciandolo ancora. Lui
la posò dolcemente sul letto e si mise sopra di lei: essa si
avvicinò alla
cintura del ragazzo con molto lentezza, facendolo impazzire; finalmente gli
sfilò la cintura e i
pantaloni. La ragazza cambiò posizione, mettendosi sopra di
lui.
L’intimo
sia di lei che di lui finì anch’esso
sul pavimento.
Ora i loro nudi
corpi volteggiavano insieme, intrecciandosi l’uno
con l’altro.
Accarezzò
la guancia di lei rossa che trovava
perfetta. Amava i suoi occhi blu che risplendevano nel buio della notte
e che
camuffavano i suoi capelli corvini.
Lei amava quando
sentiva le sue dolci dita sul
suo corpo: le provocavano mille brividi piacevoli. Era distesa vicino a
lui,
poggiando il suo viso sul suo petto e lasciando coccolarsi da lui.
-Vieni a vivere con
me, Angelo. Potremmo stare
sempre insieme.
-Ma…
-Non si accettano
rifuti. – disse lui
baciandola. Giocò con la sua lingua e le morse il labbro.
-Non mi lascerai,
vero?- disse lei con un filo
di voce che mostrava la sua fragilità.
-Mai.
-Ti amo, Willow.
-Ti amo, Liam.
Non sapevano ancora
quanta strada avrebbero percorso, quanti
ostacoli avrebbero dovuto affrontare.
Ma il tutto insieme.
Per sempre.