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Autore: a bard    17/07/2012    0 recensioni
Al mio solito, trovare un nome per questa storiella è stato difficilissimo, il verde "scuro e impolverato" è il mio colore preferito, ed è uno dei colori che mi hanno fatto pensare a questa storiella.
L'ho scritta solo per distrarmi.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Dopo una mattina così grigia da spegnergli completamente quel poco di bagliore che conservava negli occhi per le grandi occasioni, dopo quel vuoto e insipido pranzo, dopo una serie di brutte notizie, dopo che neanche dosi massicce del suo rimedio abituale avevano funzionato, dopo che un'emozione nuova -la rassegnazione- si era insediata per un giorno nel suo cuore, decise che casa sua stava diventando sempre più simile ad una prigione. Così uscì. Ma neanche per strada trovò quello che sentiva gli mancasse a casa, e ovviamente neanche sapeva cosa gli mancasse, ma aveva qualche idea. Uscendo dall'ennesima biblioteca dove non trovò il libro che cercava. Mentre attraversava ancora un'altra porta, si domandava dove avesse potuto ancora cercare. -"Libro", è una parola come un'altra, ma è così simile a "libero"; io sono libero, almeno credo. Posso uscire di casa e tornare quando voglio, posso scegliere le strade da percorrere, posso scegliere ancora cosa fare e quando tornare. Se volessi tornare. Almeno oggi tornerò, se non oggi troverò quel libro...- In poche frazioni di secondo necessarie ad uscire e a sentire quello che accadeva sulla sua pelle pensò questo, ma i suoi pensieri -anzi, sovrappensieri- furono bruscamente interrotti da una ventata gelida. Faceva decisamente troppo freddo per essere estate, ma forse era solo una sua sensazione, nessun altro sembrava sentire freddo. Ecco, forse adesso si rese conto che il libro lo cercava solo per ingannare il tempo, quello che avrebbe voluto era solo una faccia amica, magari con uno sguardo carico, insomma, luce per le sue foglie. Cercava quello sguardo ovunque, e nessuno sembrava avere quello sguardo addosso. Uno sguardo come un abito, bisogna saperlo indossare, camminando per strada, cercando di non mostrare quella sensazione di freddo, vide un paio di occhi bellissimi. Del suo colore preferito, una donna bellissima, ma di una bellezza morta, come una fotografia ingiallita, e aveva addosso uno sguardo debole, sconsolato, sconfitto, ma forse solo troppo stanco per poter combattere. Quell'incrocio di occhi durò forse qualche secondo, e pochi minuti dopo si sarebbe completamente scordato del suo sguardo, a meno che non fosse stato in quello stato.E in effetti, pochi minuti dopo scordò completamente il suo volto, solo, gli rimase un po' addosso la sensazione che provava nel guardarla, poi riprese con i suoi pensieri, alla ricerca di qualcosa a cui volere bene, in un pomeriggio di Ottobre in piena estate. Trovò poi qualcos'altro: una voce; la voce di un bambino che si entusiasma per nulla. Non lo vide, ne' sentì granchè, il bambino esclamò una sola parola, poi tornò in silenzio, come se tutto il mondo lo avesse sentito e lo avesse rimproverato di aver rotto un solido silenzio, tipico di una chiesa o di un evento importante, di cui non capisci la gravità e ti metti a ridere, per poi sentire gli "sht" di una persona evidentemente più santa di te, più capace di comprendere (e in molti casi più vecchia, o nei casi peggiori, vecchia e santa fin da bambina). -VENTIDUE!- disse quel bambino, e nessuno tranne lui che era in ricerca capì a cosa si riferiva. Si guardò i piedi, poi la strada, contò, ed erano effettivamente ventidue. Mentre contava continuava a camminare, e contava e camminava allo stesso ritmo, ma non era un musicista così bravo, tantomeno era abbastanza attento quel giorno, aveva il terrore di perderne uno, o di contare lo stesso due volte, e se poi non fosse arrivato a ventidue esatti? Probabilmente sarebbe stato un altro duro colpo, ormai erano troppi perchè si potesse concedere il lusso di incassare ancora, sarebbe potuto finire tutto molto male. Per fortuna, non era così difficile contarli, e arrivare precisamente a ventidue non fu difficile. Continuava la sua passeggiata, attraversò campi, cantieri, porti, città, mari, fiumi, laghi, oceani, nazioni, terre e cieli, in pochi passi, poi ne trovò altri, sulla strada, e riprese a contarli. Non erano gli stessi di prima, questi erano dodici. Quindi quella sera in tutto erano trentaquattro, non uno di più, non uno di meno. Il numero, quel numero non gli diceva niente, però era il numero giusto, esattamente quelli, uno di meno sarebbe stata una grave mancanza e uno in più sarebbe stato un terribile eccesso.
Tornava verso casa come gli piaceva, al tramonto, guardando il Sole negli occhi a costo di rovinarsi i suoi, ma ne aveva bisogno.
Il libro poteva aspettare, anche lui, decise che poteva aspettare, e indossò un bel sorriso, di quelli che non nascono dalla gioia, ma la fanno nascere. Bastava aspettare, non sapeva quanto tempo, nessuno può saperlo, ma prima o poi, il Sole che salutava al tramonto, sorgerà ancora.




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Molto sovrappensiero, io invece ho passato il pomeriggio a convincermi che dormire è il male minore.
  
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