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Autore: EdieSedgwick    18/07/2012    1 recensioni
Breve viaggio nel passato di una povera donna dell'età medievale, che riesplora i piaceri della sua giovinezza non ancora del tutto conclusa, in chiave drammatica.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stanza era in penombra quel pomeriggio di settembre, illuminata solo dalla flebile luce di un lume acceso.
Le tende erano tese sugli scuri della finestra e l'atmosfera era intima e calda. Si poteva sentire l'aroma forte emanato dalle spezie e dalla carne sotto sale proveniente dalla cucina, al di là del muro.
Violante era stesa a letto, debole e febbricitante, ma ancora lucida. Osservava attorno a sè tutto ciò che fino a quel momento aveva segnato la sua quotidianità e compiacendosi del futuro che le era stato posto.
I drappi delle tende erano pesanti, non le piacevano. Amava i tessuti leggeri e svolazzanti, quelli che non aveva mai potuto indossare, agghindata com'era, sin da bambina, con tuniche lunghe e sgargianti complici nel renderla meno femminile e a salvarla dai mutamenti climatici.
Il comodino era in legno, ma non sapeva quale, suo marito non era falegname e lei non era colta.
Su di esso era appoggiata una lampada ad olio e al suo fianco vi erano dei panni e delle bende.
Raccolse un paio di quei panni stinti e si fece un impacco con dell'olio di malva. Proprio quel profumo la fece rinsavire un pò.
Esso le ricordava l'infanzia, la crescita.
Non che fosse passato molto tempo, d'altra parte aveva solo diciassette anni. Si sentiva già vecchia però, tutti gli amici e conoscenti erano piuttosto diffidenti dal suo essersi sposata così tardi.
Lasciò quel triste pensiero fine a sè stesso e piombò nei meandri della sua giovinezza.
Si ricordò di come l'aveva cresciuta sua madre, che le aveva insegnato a filare e a tessere e, anche se era una cosa da ricchi, le aveva insegnato pure a cantare.
Le scappò un amaro sorriso quando le venne alla mente come la madre nascondeva del cibo per lei, mentre lo preparava. Infatti il pensiero comune parlava chiaro, solo lo stretto indispensabile per non morire di fame era concesso alle donne, che cibo ve ne fosse o meno. Eh si, sua madre la amava molto.
Violante non era potuta andare a scuola ma non ne sentiva la mancanza, sia perchè non sapeva molto bene in cosa consistesse, sia perchè il suo ceto sociale non aveva modo di rimpiangere libri o nozioni.
Era vissuta incurante e spensierata fino all'età di quattordici anni, tessendo trame a drappi di lino, imparando le cure mediche basilari e giocando nei prati e nei campi di grano.
Fu proprio in uno di essi che conobbe Dionigi.
Si imbatterono entrambi l' uno nell'altro assolutamente per caso e lui fu cortese e lei timida. Si stregarono a vicenda nonostante la giovane età dei due, lui poco più grande di un paio di anni. Dionigi aveva le mani sporche di terra e odorava lievemente di cipolla, aveva della frutta secca in tasca, dei datteri erano, e glieli offrì.
Lei titubante accettò.
Dalla sua stanza Violante riassaporò il sapore dei datteri e pensò di non aver mai mangiato nulla di più piacevole. Riassaporò anche il profumo di cipolla, quello che le rimase impresso dopo quell' incontro e che da sempre e per sempre avrebbe ricondotto il suo pensiero al marito.
Non seppero nemmeno loro in che modo e tramite quali accordi, ma le famiglie optarono per il matrimonio fra i due e loro ne furono felici. Era strano per il suo tempo che il marito avesse una così giovane età ma le famiglie sfornavano sempre più figli ed era dura mantenere anche i più vecchi.
Si, Violante si ritenne sempre fortunata ad aver sposato Dionigi, non perchè se ne fosse realmente innamorata da bambina, ma perchè aveva potuto conoscerlo senza legami vincolanti, senza pretese.
Fu un matrimonio semplice, lei aveva ben poco da offrire e la sua dote consistette in una cassapanca contenente il suo corredo. Erano presenti un paio di tovaglie e lenzuola ricamate, dei bicchieri e dei piatti.
La loro unione rese felici entrambe le famiglie e la loro vita fu semplice e povera.
Mentre stava ancora gustando la gioia del suo matrimonio si sentì umida e delle forti contrazioni distolsero la sua attenzione dai ricordi. Le contrazioni al ventre crescevano e provava sempre più dolore e alle sue grida qualcuno rispose, accorse Piccarda, spaventata ma pronta.
Le intimò di stare calma e di spingere e Violante spinse, spinse con tutte le sue forze.
Dopo qualche altro grido e ulteriori contrazioni sentì come se il suo ventre si lacerasse. Urlò dal dolore e Piccarda le tolse le lenzuola di dosso.
Il suo viso tradì un'espressione di panico e Violante, nonostante il travaglio, la colse.
Si sentiva molto debole e sempre più umida, anzi bagnata. Bagnata e calda.
Si portò una mano sotto il ventre e sentì un liquido caldo sgorgare a fiotti. Il bambino era quasi uscito ma il sangue non dava alcun cenno di placarsi.
Violante impallidì ulteriormente, una vertigine le colpì la testa.
Con tutta la forza che aveva in corpo spinse per l'ennesima volta e poi, con voce flebile, pregò Piccarda di chiamare Dionigi.
La nutrice, nel panico, corse dal padrone di casa e lo supplicò di affrettarsi a raggiungere la camera coniugale.
Vedendo Violante in quelle condizioni Dionigi vacillò e per un attimo si sostenne all' uscio. Sforzandosi di riprendersi si accostò alla moglie, le disse di tenere duro, le disse che l'amava.
Violante, stremata dalle forze, nella mano sinistra un amuleto e nella destra la mano del marito, la strinse a sè e l'accostò alla sua guancia.
Gli diede un' ultima e profonda occhiata disperata dopodichè, flebile come un giunco e quasi abbandonata alla sua assenza, lo supplicò : " ti prego, salva il nostro bambino."
  
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