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Autore: Queenofsockpuppets    18/07/2012    1 recensioni
Un modo originale per ingannare l'eternita'...
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il parcheggio del King's palace, quello che una volta era stato il piu' bello ed esclusivo dei club casino' per individui facoltosi che amavano trascorrere le loro serate tra fiumi di champagne e tintinnare di fiches, era ora deserto: l'asfalto era pieno di crepe da cui spuntavano ciuffi d'erba.
Il locale era abbandonato da moltissimi anni, dall'epoca in cui aveva misteriosamente preso fuoco, una notte di Ottobre del 1950. Da allora piu' nessuno vi aveva messo piede.
I muri fatiscenti e anneriti dalle fiamme e dall'implacabile scorrere del tempo che tutto annulla e fa cadere in rovina invitavano sinistramente Clara ad entrare,come in un gesto di sfida.
Mosse alcuni passi verso l'edificio,reso grigiastro e spettrale dalla luce della luna,unica fonte di illuminazione in quel punto periferico della citta' dove mai nessuno metteva piede, un po' per paura delle leggende che ruotavano intorno al King's palace, storie di fantasmi e rumori misteriosi che terrorizzavano anche il piu' impavido degli uomini, un po' per paura di pericoli piu' "reali" , non riguardanti il soprannaturale, come spacciatori o individui poco raccomandabili che sceglievano quel posto isolato per dare adito alle loro losche attivita'.
Comunque lei non aveva paura: non era li' per scommessa, ne' per nessun'altra ragione.
A dire la verita', non sapeva perche' era li'.
Sapeva solo che era esattamente dove doveva essere.
Con passo sicuro ando' verso la porta d'ingresso, dove sopra penzolava l'insegna "King's palace" con le grosse lettere al neon semi distrutte, e la spinse.
Il portone si apri' con un classico e prevedibile cigolio stile film Horror di serie zeta,e la visione che le si paro' davanti fu ancora piu' deprimente.
La carta da parati color crema si ammucchiava sul pavimento in riccioli elaborati, scollata dall'umidita', i tavolini tondi giacevano abbandonati alcuni in piedi,con ancora sopra tovaglie di fiandra stracciate e muffite su cui giacevano preziosi bicchieri ancora contententi resti di preistorico whiskey di prima qualita',alcuni rovesciati per terra: le sedie, in sofisticato stile liberty, erano mangiate dai tarli o giacevano al suolo con zampe mancanti, come animali feriti, gli apliques ai muri la fissavano come occhi ciechi.
Oltre i tavoli, un palcoscenico con le pesanti tende (che una volta dovevano essere state di un bel rosso vivo) di velluto tirate ai lati e le tavole di legno del palco mezze sfondate, sembrava ricordarle che una volta era stato teatro di balletti e spettacoli di cabaret, come un anziano che ricorda con nostalgia e malinconia i bei tempi andati: in un angolo del palco giaceva un pianoforte, che spalancava verso di lei la grossa e buia bocca sotto la coda.
Clara si chiese se fosse uno Steamway, dubbio abbastanza stupido: ovviamente lo era, quel club era per la crema della crema della societa'.
Ad ogni modo, il suo suono una volta squillante doveva essere ora roco,polveroso e spettrale: lo strumento adatto ad essere suonato da un pianista fantasma.
"Magari ogni sera qui si riuniscono i fantasmi delle persone morte in quell'incendio vent'anni fa" penso' Clara.
"Si riuniscono tutti qui, e suonano,ballano,fumando ottimi sigari Havana fantasma e bevendo brandy fantasma...".
Quell'ultimo pensiero la fece ridere di gusto.
Stava ancora ridendo,quando all'improvviso le sue narici captarono un odore che il suo razionale cervello reputo' impossibile da sentire in un posto abbandonato come quello.
Odore di sigaro.
Non era da sola.
Si volto' lentamente, ed effettivamente, nel buio, noto' una figura seduta ad uno dei tavolini, con un sigaro in mano.
"Chi sei?" chiese Clara, stringendo nervosamente le mani a pugno.
La figura misteriosa non rispose,ma continuo' imperterrita a fumare il suo sigaro, facendo risplendere la punta rossa nel buio, e esalando un lunga boccata di fumo che si disperse in grigie volute.
La ragazza si avvicino' al tavolo, intenzionata a scoprire chi la stesse osservando. 
Il mistero fu presto svelato:era un ragazzo con tanti capelli ricci, che indossava uno smoking liso e bruciacchiato, e stringeva nella mano destra il sigaro,nella mano sinistra un bicchiere sozzo e sbeccato, pieno di whiskey.
Ma quello che fece arretrare Clara, che fin da piccola aveva visto orrori di ogni genere,fu il fatto che la bocca di quel ragazzo si allungava come gomma da masticare fino a terra, e i lati erano percorsi da lunghe crepe sanguinolente.
Quell'abnorme fessura stretta e nera risucchiava l'aria con un silenzioso e sinistro rumore,come di uno sfiatatoio. 
"Prego,lei" disse il ragazzo.
"Sa per caso dirmi perche' la finestra sulla montagna e' simile a questo club?".
"Eh?" domando' lei, confusa.
"Piu' si sale e meglio e',naturalmente! Prenda un bicchiere di brandy,su!" esclamo' quell'abominio umanoide,scoppiando in una risata folle.
"Tutto questo non ha senso" disse Clara,con voce ferma.
L'essere smise di ridere.
"Questo posto, tu che mi chiedi queste cose assurde...tutto dimostra che sto sognando.".
Il ragazzo la guardo' con apprensione.
"Oh,Ginevra...ti sei di nuovo dimenticata?" le chiese.
"Come mi hai chiamata?" ribatte' lei.
"Ti sei di nuovo dimenticata chi sei..." continuo' il ragazzo.
Una musica di pianoforte invase l'aria: Clara si volto'appena in tempo per vedere i tavolini rialzarsi come per magia,gli apliques e il grosso lampadario di cristallo da un quintale accendersi, la carta da parati rincollarsi e ridiventare di quel color crema brillante, persone elegantemente vestite apparire dal nulla.
Un cameriere con un lato del viso ustionato al punto di far intravedere i muscoli consumati della mascella le offri' un vassoio colmo di bicchieri di whiskey: uomini e donne con la pelle bruciata ballavano sulle note di un pezzo di Frank Sinatra, "Blue Moon".
La ragazza si guardo': indossava un abito blu scuro lungo fino ai piedi, toccandosi i capelli li scopri' acconciati in un'elaborata pettinatura cotonata ad alveare. 
I suoi jeans e la sua felpa erano spariti: al posto del cellulare in mano stringeva una pochette ingioiellata e un bocchino alla cui estremita' bruciava una sigaretta aromatizzata al mentolo.
Ora ricordava: lei era la figlia di due ricchi impreditori, deceduta quella sera del 1950 tra le fiamme del "King's Palace", l'unica di quella schiera di morti a cui piaceva immaginare  di essere ancora viva, e che a questo scopo si era creata un personaggio inventato, una ragazza coraggiosa di nome Clara, che andava a caccia di fantasmi.
Con un sorriso prese un bicchiere dal vassoio che il cameriere le offriva, tese la mano al ragazzo con il sigaro,che si alzo' dal tavolino per condurla alla pista da ballo.
"Ora ricordo" gli disse: lui le sorrise.
"Era tutto un gioco. Dobbiamo passare cosi' tanto tempo qui.".
Facendo correre lo sguardo nella sala scorse i suoi genitori,orribilmente ustionati,al tavolo della roulette:che la salutarono con un cenno della mano, e lei fece lo stesso.
Poso' la testa sulla spalla del ragazzo e danzo' con lui, Frank Sinatra in sottofondo, intorno a lei risate,odore di sigaro, lo scorrere della pallina nella ruota della roulette,rumore di fiches.
Gli stessi suoni che aveva sentito prima che si trasformassero in urla disumane e il fuoco inghiottisse ogni cosa.
Gli stessi che aveva sentito prima di morire.
   
 
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