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Autore: Nyktifaes    18/07/2012    3 recensioni
Questa storia si è classificata seconda al contest "C'era una volta", indetto da Mary Withlock
Un'Alice umana, ancora bambina, che inizia a confrontarsi con il suo destino.
Genere: Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Salve bella gente!

Ho partecipato, con questa OS, al contest "C'era una volta", indetto da Mary Withlock, classificandomi secconda! :D
La protagonista è la nostra Alice, ancora bambina, e lo scenario di un incontro abbastanza banale inizierà a mostrare come sarà il futuro della nostra dolce veggente :)
Spero vi piacerà!
Vero

Ps. Se vi interessa alla fine del racconto troverete la valutazione di Mary :*

 




Alice, la figlia strana dei Brandon


Il sole è caldo, anche se non ancora alto nel cielo, l’afa quasi insopportabile. Questa è forse l’estate più calda dell’ultimo decennio.
Il vociare della folla, riversa nella piccola strada del mercato, è fortissimo. La calca è enorme: c’è chi spinge da una parte per comprare delle mele, chi vuole della verdura, chi del formaggio. Si spintonano servi e serve, signore di bassa e media borghesia e, nascosto tra di essi, qualche povero che tenta di rubare quel poco che gli serve per sopravvivere.
La folla non permette l’ingresso, nel viottolo, ai carri e ai cavalli, che sono costretti a tornare indietro per non travolgere la moltitudine di persone.
Nella caotica via, una bambina, i capelli corvini e gli occhi nocciola, stringe con una mano quella di una donna e con l’altra la sua lunga gonna. La piccola osserva curiosa il mondo attorno a sé, le lunghe e svolazzanti vesti delle donne le accarezzano il visetto arrossato per il caldo prodotto dai corpi ammassati.
In poco tempo la bimba ha una mela in mano, ovunque madre e figlia si avvicinino qualcuno ha per lei una carezza, un regalino o un complimento “Come sei graziosa”, “Come somigli alla mamma”, “Ma che bel sorriso” e ogni volta la risposta della piccola è un risolino timido mentre le guance si arrossano inevitabilmente.
Una signora bassa e paffuta si fa largo a fatica tra la calca, portando con sé i cesti carichi della spesa appena comperata. La donna, notando la madre della bambina, le si avvicina posando i pesanti cesti a terra. Ciocche di capelli disordinati le ricadono su parte del volto accaldato, rovinando il chignon che li teneva legati.
«Buongiorno, signora Jhonson!» Esclama sorridendo gentilmente la madre. «Ha bisogno di aiuto con i cesti? »
«Oh, buongiorno a te, Catherine!» Risponde la signora, prima di sbuffare per la fatica e il troppo caldo. Si passa una mano sulla fronte per scacciare le goccioline di sudore che la imperlano, in un gesto per niente aristocratico. «No, figurati, ce la faccio.»
Pare il contrario, ma Catherine Brandon sorride, condiscendente.
Finalmente lo sguardo la  signora Jhonson cade sulla piccola Alice, seminascosta dietro la gonna della madre: di lei si intravedono solo gli occhietti vispi, i lunghi capelli castani legati in una treccia e le manine serrate attorno alla stoffa dell’abito.
«Catherine, ma questa è tua figlia?» Esclama la signora Jhonson, osservandola.
«Sì, madame. È la mia Mary Alice.» Risponde semplicemente la madre ma, mentre pronuncia tali parole, gli occhi le brillarono di orgoglio, quell’orgoglio che ogni madre prova nei confronti del proprio figlio.
In tutta risposta la bambina si apre in un sorriso gioioso, mostrando uno spazio vuoto tra i dentini da latte, testimone della caduta del primo di essi.
«Ma quanto sei cresciuta, cara?!» Esclama la signora, pizzicando con la mano paffuta e sudata la morbida guancia della bambina, la quale si porta nuovamente dietro la gonna della madre, con una leggera smorfia sul visetto. Studiando la donna porta una manina alla guancia, arrossata per via del pizzicotto.
«Eh, piccola Mary? Quanti anni hai, tesoro?»
«Alice, la chiamiamo Alice.» Specifica la madre della bambina, continuando a sorridere.
La giovane Brandon lascia da parte il fastidio alla guancia per dichiarare, orgogliosa, la sua età. Questa volta abbandona completamente la gonna della madre, portandosi avanti a lei, mostrando una manina completamente aperta. «Sinque anni!» Risponde, fiera, infischiandosi della pronuncia che risulta un po’ strana, per via dell’aria che entra dallo spazio del dente mancante, che fa sibilare le “S” che pronuncia.
Intanto la signora la osserva dall’alto in basso, un paio di volte, stupita e leggermente contrariata.
«Ma cara, non vedi che bel sole? Perché hai messo l’impermeabile?»
Catherine sfiora la testolina della figlia con una carezza.
«Sta per piovere.» Risponde solamente la bambina.
«Ma c’è il sole!» Controbatte la signora Jhonson «E fa caldo!»
«Pioverà.» Replica semplice e decisa, Alice.
Ancora poco convinta la signora Jhonson sposta il suo sguardo a quello di Catherine, che risponde con un semplice sorriso e una scrollata di spalle, come a dar ragione alla figlia.
Le donne si congedano con un saluto cortese ma veloce e la signora Jhonson lancia un ultimo sguardo contrariato e sospettoso ad Alice, la quale, però, è persa nella contemplazione del cielo, sgombro dalle nubi.
La signora Brandon si immerge nuovamente nel caos di persone che, anche se il sole è alto, continuano ad affollare la stretta via, per proseguire le loro compere.

Dopo circa un’oretta madre e figlia riescono finalmente a terminare le spese, mentre lentamente anche la folla va diramandosi per i viottoli, appesantita dalla merce appena acquistata.
Si incamminano verso casa, ma una goccia fresca scivola veloce sul viso della piccola.
Piove.
Mentre la pioggia si fa sempre più fitta, una figura bassa e paffuta si fa vicina alle due.
La signora Jhonson osserva con occhi sgranati la bambina, nel suo sguardo si può leggere tutto lo stupore, ma anche la paura e la repulsione, verso quella creaturina che si sta portando, per nulla sorpresa, il cappuccio dell’impermeabile a coprire la testa. Nella mente della donna risuona la stessa parola, come un’inquietante cantilena “Diversa. Diversa. Diversa.”
Catherine nota lo sguardo della donna e una leggera inquietudine si fa largo in lei: sa che quegli occhi posso diventare pericolosi per la sua Alice. Risponde agli interrogativi muti della donna, a mezza voce, tanto che la signora Jhonson riesce appena a sentirla.
«Alice ha sempre ragione.»Mormora, quasi fosse una giustificazione, eppure nel suo tono si scorge ancora una nota di orgoglio, perché Alice non è diversa, è speciale.
La signora Brandon riprende sua figlia per mano, certa che niente e nessuno potrà farle del male finché ci sarà lei a proteggerla.
Mentre si allontanano lo sguardo duro della signora Jhonson le segue, uno sguardo che accompagnerà Alice per il resto della sua esistenza.





Seconda classificata:Veronica.28 con un punteggio di 21\25

PASSATO: 7\10 
Come per altre non posso non criticare il tuo passato.
Non arriva a essere completamente contro la Meyer, anzi da questo punto di vista la tua storia non fa una piega. Il problema è il modo in cui la madre di Alice, e Alice stessa, parlano con la donna.
Danno sempre del tu e questa cosa non l’ho molto apprezzata, non l’ho trovata perfetta per i primi del ‘900.

 

PERSONAGGIO: 5\5
La tua Alice era perfetta! Non ho molto da ridire a riguardo. Come si comportava, il fatto che prevedesse il futuro era degno di lei. L’unica cosa che non ho apprezzato è il fatto che la madre volesse che la chiamassero Alice, ho sempre pensato che i suoi genitori la chiamassero Mary e fosse Jasper a chiamarla Alice perché il nome gli ricordava troppo Maria. Ma questo naturalmente è solo un mio punto di vista e quindi non ti penalizza nemmeno un po’ (mi piace solo parlare)

 
GRADIMENTO PERSONALE: 10\10
Potrei definire questa storia un piacere per la mente e per gli occhi e non me ne pentirei. Mi è davvero piaciuta molta, mi ha presa dall’inizio alla fine, mi ha trascinata. Anche se ci sono state le sviste temporali la storia rimane molto bella e il finale, anche se tragico, non potrebbe essere più azzeccato. Alla fine hai mostrato perfettamente la vita che avrebbe intrapreso da lì Alice, il suo essere poco accettata. Ho adorato vedere il tuo punto di vista distante dal mio, vedere la tua prospettiva. Perfetto anche il titolo, perché alla fine Alice è quella… nulla di più. Davvero mille complimenti. 

   
 
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