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Autore: JessShad93    18/07/2012    3 recensioni
Silvia e Erika, due ragazze che s'incontrano per caso per lavoro, ma forse il loro destino le aveva legate gia nei loro sogni.
questa è la mia mia prima fan fic, siate clementi :)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L’INCONTRO CON UN SOGNO CHE FA DA PRELUDIO AD UNA NUOVA VITA

 

 

Iniziò tutto così… Tra un bacio e un altro… E tra un bacio e un canto….

 

 

 

 

“è mai possibile che devo fare tutto io in questa casa?!”

Come ogni mattina mi trovai ad urlare in casa mia. Vivevo con il mio unico parente, Mio fratello, Si chiamava Mark, viveva come un pascià, non metteva mai gli indumenti a lavare abbandonandoli in giro per la casa e la sua stanza era peggio di un porcile.

Meno male che c’era qualcuno che mi ascoltava sempre, Shorty, il mio Husky, creatura fantastica, col pelo nero e bianco.

Lo adoravo, l’amavo più di quanto amasi mio fratello, ci avevo messo anima e corpo per riuscire ad acquistarlo… Anche se ero abbastanza famosa nel mondo della musica, tutto il mondo conosceva il mio nome, non prendevo tanto e Shorty costava il doppio di quello che guadagnavo in un anno.

Mark entrò in cucina, mentre io stavo preparando la colazione.

Dovevo essere in studio entro le dieci ed erano solo appena le sette.

Mio fratello indossava solo le mutande, non si vergognava minimamente, mi faceva pena solo a guardarlo, ma dovevo ammettere che se qualcuna o qualcuno lo toccasse per picchiarlo, lo avrei difeso  con il mio stesso corpo.

“Eccoti la colazione, io ho già mangiato. Adesso devo andare in studio per decidere le date per il tour e per mettere apposto la tua canzone preferita. Mi raccomando attento ai fornelli quando cuoci la carne!”

Non disse nulla, era troppo intento ad ingozzarsi con la sua colazione.

Sentì il suo di un clacson, simile a quello della limousine con cui mi recavo al lavoro, ero certa che fosse Alfredo.

Presi le chiavi e lo zaino con dentro alcuni abiti di ricambio, alcune volte passavo la notte fuori, anche senza preavviso.

Mi avviai alla limousine felice di vedere Alfredo, mi sedetti comoda e salutai l’uomo come al solito.

“Brutta giornata Alfredo?”

Chiesi vedendo la sua espressione.

Sbuffò come se niente fosse e accese il motore, iniziammo ad avviarci verso lo studio con poca voglia, mentre raccontai il mio sogno ad Alfredo, ormai era come se facesse parte della famiglia.

“Non ci posso credere! Ho fatto lo stesso sogno! È da una settimana che continua così. Chissà che vuol dire…”

Dissi arrabbiata, non volevo parlarne ma ormai Alfredo sapeva… di me, delle mie tendenze, ormai sapeva tutto di me e io sapevo tutto di lui.

Alfredo con quella divisa tutta nera con i guanti bianchi, rideva per me e per il sogno.

Lo fulminai con lo sguardo, arrabbiata e lui invece di smetterla, rideva di più.

“Secondo me è un sogno premonitore. Se fai lo stesso sogno per più di una settimana, si avvererà. Chissà magari oggi incontrerai una donna che ti farà battere il cuore.”.

Lo disse con un tono dolce che solo lui sapeva usare.

Io non volevo innamorarmi di nuovo, non dopo quella volta… stavo con una donna più grande di me e che per sbaglio… morì.

Era l’unica cosa che Alfredo e mio fratello non sapevano, ma prima o poi quel dolore atroce sarebbe scomparso.

Iniziai a raccontare ad Alfredo di quella ragazza, con tristezza, ma senza lacrime, per la prima volta.

“Sai non è che mi vorrei innamorare di nuovo. Questa storia non la sai, ormai sei come un fratello per me e tra di noi lo sai che non ci dovrebbero essere segreti, voglio che tu lo sappia. Io sono stata già innamorata di una donna più grande di me. L’avevo conosciuta in un pub, una sera. Un semplice ciao e bum! Mi ero persa nei suoi occhi e nel suo sguardo, dal modo in cui parlava. Siamo state 2 anni assieme. Una sera, il giorno del suo compleanno, le avevo preparato una sorpresa. Un’intera sala di un ristorante, il più elegante della città, pieno di palloncini salatini e pizza. Solo io e lei. L’ho aspettata per 2 ore. Quando tornai tornavo a casa, sentì di un incidente d’auto in cui era coinvolta una donna di 25 anni. All’inizio non pensavo fosse lei ma poi… una telefonata di sua madre che piangeva, avevo capito subito che era lei quella donna di 25 anni, che era coinvolta in quel stramaledetto incidente. Era stato un pirata della strada a farla fuori. So chi è il tipo che l’ha investita, ma è scappato chissà dove dall’altra parte del mondo.”

Dissi guardando un punto fisso davanti a me, gli occhi lucidi che non volevano piangere.

Non ebbi nemmeno il tempo di guardare Alfredo che si fermò sul lato destro della strada e si girò a guardarmi.

“Non me l’hai mai raccontato piccola! Deve essere stato un colpo! Mi dispiace moltissimo per quella donna! Ma ora che ci penso non è quella donna che era perseguitata da un serial killer?”

Dopo quella domanda non sapevo cosa rispondere.

Un semplice sì uscì dalla mia bocca.

Con un segno gli faccio comprendere di riprendere il tragitto.

Dopo cinque minuti Alfredo azzardò a chiedermi una domanda.

“Silvia, ma non è che nei sogni che fai c’è questa donna?”

Io rimasi di stucco, non riuscivo più a capire se era la donna che amavo o un’altra che non conoscevo.

Mi concentrai più che potevo sul sogno, no… non era la donna che ho amato…

“È un’altra persona che non conosco.”

Alfredo sorrise. Forse aveva capito qualcosa, sui sogni che facevo.

Alfredo accelerò fino allo studio, dove avrei conosciuto una nuova donna, per aiutarmi con i testi delle mie nuove canzoni.

 

****************************************

 

“Sicura che non vuoi che ti porti su la roba?”

Mi chiese Alfredo ridendo come un pazzo. Sicuramente si divertiva a prendermi in giro, non riuscivo a portare tutto da sola ma non volevo che si disturbasse per me.

Non dissi nulla, comprese che non avevo bisogno del suo aiuto.

Guardai quel palazzo di 12 piani.

Era di colore azzurro con le finestre a due ante medie.

Ringraziai tutti i numi del cielo che dovevo recarmi al primo piano, soffrire di vertigini non mi aiutava a stare in posti troppo alti.

“Vuoi?”

Disse Alfredo, mi voltai, teneva una sigaretta della Camel nella mano che tendeva verso me. Negai col capo, non fumavo da tre anni. Guardai quella sigaretta ripensando al passato e mentre la mise via urlai.

“No! Ho cambiato idea”

Gli sfilai il pacchetto dalla tasca e l’accendino ancora in mano.

La fumai e per fortuna non mi venne la tosse, come la prima volta.

Quella sigaretta che mi fece scordare per un po’ i miei problemi, di quelli ne avevo tanti, troppi, e non finivano mai.

Vidi passare una donna, all’incirca avrebbe avuto uno o due anni più di me, mi guardò strana, come se già mi conoscesse, ma io…

Ma io quella donna la conoscevo!

Era la donna del mio sogno! La donna che mi perseguiva da settimane.

“Ehi! Hai visto la donna più bella del mondo? Sveglia! Io sono qui bellezza!”

Mi sbeffeggiò Alfredo con quella voce da maschio che l’avrei sentito anche da dentro allo studio.

Sobbalzai e mi voltai verso lui che iniziò a ridere, lo guardai con aria rimbambita, sembravo una scema e poi gli diedi un piccolo pugno sulla pancia.

“Che ridi?”.

Gli chiesi divertita.

Guardai l’orologio e fu troppo tardi per parlare ancora. Presi la mia roba, fortunatamente trovai il modo di portare le mie cose.

Salutai Alfredo con un cenno del capo e lo vidi andare in macchina e tornare a casa.

Mi sarebbe venuto a prendere dopo e gli avrei parlato della giornata.

Buttai la sigaretta per terra e la pestai come un tempo facevo, ed entrai, la hall era gigantesca.

Mi ritrovai davanti la segretaria, pomposa dietro al suo bancone.

A destra l’ascensore e a sinistra lo studio per gli attori.

Andai dalla segretaria per una domanda che mi era venuta in mente mentre ero ancora fuori con il mio autista.

Appoggiai la roba per terra e mi presentai. “Salve! Sono Silvia…”

Non riuscì nemmeno a dire il mio cognome che mi interruppe.

Sorrise come una vera donna, peccato fosse etero questo ben di dio.

“Si la conosco, è molto famosa… Comunque mi dica pure sono a sua disposizione.”

Aveva un’area da fan questa segretaria, ma non ci diedi peso, avevo così tanti fan che ormai per me i loro visi si confondevano, sembravano tutti uguali.

Le sorrisi e ripresi la mia roba.

“Volevo sapere se è già arrivata la ragazza che mi aiuterà ad arrangiare le canzoni, non so se mi spiego…”

Dissi guardandola negli occhi.

Era la prima volta che vedevo questa segretaria, probabilmente era stata appena assunta, speravo che fosse brava e che non avrebbe combinato guai come la sua collega di prima.

“Certo! È appena arrivata le dico che è arrivata?”

Mi chiese tutta pimpante

“Sì, ma dille che sono andata in bagno”

Le sorrisi e mi diressi in bagno, entrai e mi lavai le mani per poi entrare in uno dei cubicoli; tutto mi sarei aspettata, tutto tranne di trovare una donna sul wc.

Era seduta e guardava verso il pavimento con un’aria che tutto sembrava tranne felice.

“Ehi… Tutto bene?”

Le chiesi.

Sembrava quei film espliciti in cui una delle due stava sempre male per via delle tendenze o per cos’altro.

Posai a terra la mia roba e mi misi in ginocchio per guardarla meglio.

Lei lentamente alzò le testa e ebbi un ricordo di lei.

Quei sogni con lei… Aveva il viso pieno di lacrime, non sapevo come aiutarla se non parlava, ma poi prese coraggio.

“Scusa… è una giornata molto pesante per me. Sono stata lasciata e non ho più un appartamento, sono costretta a vivere per strada.”

Lei a vivere per strada? Ma se era così carina da mozzare il fiato e dei vestiti che facevano invidia! Forse le persone non erano poi come pensavamo.

L’abbracciai senza sapere il motivo, forse per consolarla e basta.

Era solo una cosa gentile per tirarla su di morale.

Lei non esitò si appoggiò a me.

Poi mi prese per il mento e mi diede un bacio, o quasi.

Mi scansai e tossì per l’imbarazzo.

Presi la mia roba e la guardai.

“Lei deve essere la mia aiutante per l’arrangiamento delle canzoni e dei testi futuri per il mio album, giusto?”

Annuì guardandomi un po’ perplessa

“Venga con me”

Dissi porgendole la mano.

In queste occasioni ero sempre seria dopo un mezzo bacio, non sapevo il motivo, ma me l’avrebbe spiegato dopo il lavoro e se non avrebbe accettato il mio aiuto sarebbe venuta da sola nello studio.

Mi prese la mano e si alzò guardandomi e sorridendomi.

“Grazie…”

Disse per poi avviarci nello studio da sole.

Il mio menager e il fonico non erano ancora arrivati sarebbero di certo venuti dopo, quando avrei completato tutto l’album e dopo aver modificato alcune canzoni.

Lavorammo tutto il giorno e facemmo la pausa per il pranzo, andammo in un fastfood di fronte allo studio, dovemmo attraversare solo la strada.

Parlammo un po’ di quelle canzoni e arrivò un momento in cui scese il silenzio, nessuna delle due sapeva che argomento toccare per continuare la conversazione, fui io a interrompere il silenzio.

“Perché prima ha tentato di baciarmi?”

Chiesi senza scrupoli, e senza vergogna, avrei voluto davvero sapere che cosa le ara passato per la mente prima.

Mi guardò per un istante e poi sorrise, avvicinò il viso al mio e rispose.

“Ero sconvolta, ovvio che sarebbe scappato un bacio..”

Disse per poi sorridere, e sorrisi con lei.

In un certo senso aveva ragione, sicuramente l’avrebbe fatto con chiunque.

“Ti va se stasera usciamo?”

Rimasi di stucco, non sapevo niente di lei e lei niente di me.

“Beh.. io..”

Balbettai un po’ per poi restare in silenzio a fissarla, sembravo un’ebete, poi lei mi rassicurò.

“Non preoccuparti è per conoscerci meglio!”

Sorrisi a quella frase, mi guardai un po’ intorno e le feci il cenno di sì.

Appena finito di mangiare andammo subito al lavoro per continuare i testi.

 

 

****************************************

 

 

Entrammo nello studio, mi guardai intorno ma non riconobbi più il mio vecchio studio, era tutto cambiato.

I mobili, i fogli per scrivere, la scrivania che tanto amavo… tutto era cambiato.

Mi guardai intorno mentre camminai in avanti senza vedere una sedia e quasi non ci finivo sotto.

Era tornato tutto come una volta, era tutto lussuoso, il mio adorato porcile, la mia confusione dove riuscivo a trovare tutto, era tutto scomparso, guardai la donna prendere un foglio e metterlo nella scrivania nera.

 

‘che schifo di scrivania! Fa cagare!’

 

Pensai, faceva tutto schifo! Perché la segretaria non mi aveva detto di questo cambiamento?

“Senti devi compilare questo modulo per me.”

Disse la donna che era dietro di me, ancora si doveva presentare, ma credo avesse voglia solo di lavorare.

Annuì sorridendole e presi la penna dalle sue mani senza toccarla e mi misi seduta nella sedia che avevo di fronte e lessi il modulo…

Che alla fine erano solo domande personali.

 

Nome:  Silvia

Cognome:  Ferrato

Età:  19 anni

Luogo di nascita:  Canada

Titolo di studio: Diploma in Geometra

Passate esperienze lavorative:  Ho lavorato in molti locali e poi ho iniziato a cantare.

 

Finito di compilare il modulo mi alzai e presi il foglio e la penna e glieli restituì.

Mi appoggiai al tavolo guardando il modulo e poi la donna che leggendo il mio nome sorrise per poi tornare subito seria.

Mise il modulo nella sua borsa.

Chissà, magari mi conosceva già, ma allora perché quell’invito?

La guardai mentre feci un passo verso di lei e presi coraggio.

“Tu come ti chiami? Sai non ci siamo presentate durante l’ora di pranzo..”

Lo stomaco si liberò di quella frase che mi perseguitava da mezz’ora.

Mi guardò come sorpresa della domanda, ma non resisti a farle un accenno di sorriso, per riceverne uno più bello.

Ci guardammo a vicenda negli occhi.

Aveva degli occhi azzurri come il cielo completamente libero da nuvole, erano bellissimi.

Si avvicinò a me, qualche centimetro in più e le nostre bocche si sarebbero toccate, ma si fermò e mi sorrise mostrandomi la sua mano tesa verso la mia.

“Mi chiamo Erika, tanto piacere”

Erika? Il suo nome m’incantò, fin da piccola amavo quel nome, ma a differenza di molti bambini non volevo cambiare il mio nome, mi piaceva quando mi chiamavano mi sembrava che parlassero di un raggio di sole che illuminava ciò che lo circondava.

Le sorrisi e ci stringemmo la mano.

Perlomeno l’avrei chiamata per nome e non dandole del lei.

Presi dalla mia borsa il foglio con la canzone da modificare.

Lessi tutto il testo mentre Erika prese il suo cellulare che stava squillando, una suoneria di poco gusto direi.

Non feci molto caso alla musica, ma l’espressione che si dipinse sul volto di Erika, la guardai con fare interrogativo e senza indugi rispose.

“Che cosa vuoi? No non voglio tornare con te! Sono al lavoro e non ho intenzione di uscire ancora con te! Non chiamarmi più!”

Spense il cellulare con una faccia che non ho ma visto in vita mia. Pensai subito a un suo marito, ma poteva essere chiunque.

Un parente, una fidanzata. In un certo senso in questo paese era pieno di lesbiche per cui non potei non pensarci.

Mi ricordò tanto il giorno in cui mio fratello litigò con una sua ex e alla fine si fece una in un locale e il giorno dopo si sentì meglio.

Sperai solo che non prendesse da me…

Scossi la testa e vidi lei che guardava ancora il cellulare.

Avrei voluto dirle qualcosa, ma in quel momento sembrò come un offesa o non so cosa.

“Ehi!”

Le dissi sottovoce, quasi non l’avevo sentito io…

quel tono aveva un qualcosa tra il dolce e il triste e forse anche un pizzico di sensualità.

Si voltò e mi guardò con uno sguardo felice.

Forse si sentì libera dopo quelle parole.

Pensai al fatto che dormiva fuori.

“Se vuoi puoi venire a vivere da me. Insomma la casa è grande, vivo sola con mio fratello e le stanze da letto libere sono tre. Non ti preoccupare se non hai soldi, pagheremo tutto noi.”

Dissi quelle parole come se me la immaginassi in casa mia con le valigie, da sole io e lei, ma sicuramente non avremmo avuto tempo libero, visto che ci abitava anche mio fratello.

Avrebbe avuto anche fatto conoscenza con Shorty, l’avrebbe adorato e lui avrebbe adorato lei.

Si sedette comoda e dritta sulla sedia accanto a me, aveva una collana che all’inizio non avevo notato: Un lupo.

Scossi la testa ed Erika fece una faccia strana e sorrise, per poi rispondere.

“Non vorrei disturbare. Insomma sai non sono una donna che va a casa delle persone così. Ci conosciamo appena da stamattina.”

In effetti non ebbe tutti i torti, però io ero una ragazza che aiutava la gente e lei, doveva per forza stare con me per due anni consecutivi, lei quella notte avrebbe dormito in una panchina se non avessi fatto qualcosa. Solo al pensiero mi faceva pena…

Abbassai lo sguardo tristemente alla sua risposta, aveva ragione però non volevo che rimanesse fuori…

“Senti io sono una persona che aiuta chi è in difficoltà, che non hanno una casa, sono sensibile, per cui se non vuoi venire a vivere con me, mi sentirò triste.”

Dissi nascondendo il viso con i miei capelli biondi. Erika forse aveva capito i miei sentimenti o forse no, non sapevo cosa stava facendo, ma quella voce mi fece felice…

Un sì dolce che avrei spaccato tutto pur di farle vedere quella casa.

Alzai velocemente lo sguardo e incontrai il suo. L’abbracciai, una stretta molto commovente, ma per me no. Mi bastava che lei fosse felice. 

  
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