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Autore: shotmedown    19/07/2012    4 recensioni
No, lei non ci credeva più. Inutile negarlo, c'era qualcosa che non andava nella sua vita, e non poteva far altro che crogiolarsi nella sua ignoranza; un giorno, forse, qualcuno le avrebbe fatto capire quanto contasse, e le avrebbe donato un mondo fatto di sicurezza e passione, ma per ora, si limitava a partire, ad andare lontano. Boston le stava stretta, Montréal era la libertà.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cinque amici e un paio di chitarre.'
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You know it's not the end.










Mancava poco alla vigilia di Natale e al solito mi ero ridotta all'ultimo per comperare tutti i regali. Entrai nell'ennesimo negozio, con la speranza di trovare quello giusto per David, che, come tutti gli anni, risultava il più impossibile da accontentare. Con il precario equilibrio che mi ritrovavo, fu un'impresa riuscire ad entrare da quella piccola porticina di vetro. Quando ci riuscii, lasciai cadere tutto a terra e mi diressi alla cassa. Chiesi alla commessa di portarmi qualsiasi cosa ci fosse di zebrato. Qualsiasi. Si allontanò, dopo avermi chiesto qualche particolare sul carattere di David e sulle sue passioni, sorprendendomi non poco. Insomma, eravamo a Montréal, il gruppo era stra conosciuto. Anche il cane della nostra vicina conosceva David Desrosiers. Purtroppo. Era impossibile trattare con lei quando il ragazzo passava a casa nostra. Il suo cucciolo puntualmente gli saltava addosso, e lei era fermamente convinta che lui intendesse portarlo via con sé. Vani i miei tentativi di farle comprendere che casomai, sarebbe stato Mint (nome strano, ma era meglio non commentare con lei) a rapire David. Pierre mi aveva proposto di prendere un gatto, e di chiamarlo Wasabi. Alla battuta, ero scoppiata in una fragorosa risata che la donna aveva trovato altamente offensiva.
La commessa fece ritorno, e tra le mani stringeva una stampella. Mi mostrò una giacca di pelle nera.
<< Ma lui ce l'ha già. >> Affermai, guardandola. Poi tirai giù la lampo e mi resi conto che era esattamente quello che stavo cercando. Pagai, finendo, come tutti gli anni, i risparmi per i regali di Natale, e tornai alla mia auto, fattami gentilmente recapitare da una ditta da Ben. C'era tutto il plotone a cena, quella sera, per celebrare la vigilia e aspettare insieme il Natale, quindi dovetti fare ritorno. Collocai i regali sotto l'albero e mi sgranchii le ossa, per poi scaldarmi qualche minuto di fronte al camino. Tacchino, dovevo iniziare a cucinare il tacchino e il contorno di patate, e infine la salsa di mirtilli. Ma prima, il ripieno. Mi appostai di fronte al bancone, aprii il frigo e presi quanto necessario. Afferrai il telecomando dello stereo e feci partire la prima canzone. Iniziai a canticchiarla, e nel mentre preparavo da mangiare da più lati della cucina. Un esercito, ricordai, un esercito di affamati ti assedierà casa questa sera.
 
So raise your glass if you are wrong in all the right ways.
All my underdogs, we will never be, never be anything but loud,
and nitty, gritty, dirty little freaks!
Won't you come on, and come on and raise your glass?
 
Infornai il tacchino con tanto di ripieno, per poi finire il bicchiere di succo di frutta comprato appositamente per quell'occasione, per evitare gli alcolici. Sperai con tutta me stessa non avessi sbagliato niente, anche se ero certa avrebbero mangiato di tutto. Per tener fede ad una mia vecchia tradizione di famiglia, preparai anche la salsa di gamberetti che mia nonna era solita cucinare per poi versarla su degli ottimi spaghetti con pomodorini. Sembrava disgustoso a dire, ma era la cosa più buona che avessi mai mangiato. Non mi resi conto che Pierre era rientrato, dato il volume alto dello stereo, dalle cui casse si diffondevano le note di You and Me, dei Lifehouse.
<< Che romantica che sei. >> Disse, avvicinandosi e assaggiando la salsa.
<< Stai parlando con lo stereo? Non sapevo fosse donna e che tu avessi un'altra relazione. >> Scherzai, fingendomi offesa. Di tutta risposta, mi ritrovai del cioccolato che avevo appositamente sciolto per preparare il tronchetto di Natale sul naso. >> Cosa dico solitamente in queste circostanze?"
< Uhm..."Inizia a correre, Bouvier!"? >> Lo rincorsi fino al divano, per poi prenderlo di spalle; ma lui fu più forte di me, e con una sola mossa agile riuscì a farmi cadere sul divano, sovrastandomi poi con il suo corpo. Vani i tentativi di ribellarmi.
<< La cena brucia...>> Feci, ma il fatto che fosse così vicino mi tolse ogni briciolo di razionalità. Sentivo il suo respiro sulle labbra, così mandai al diavolo ogni pretesa di aver ragione di lui.
 
<< Pensa ad ingravidarla su quel lago e sta' zitto. >> Cercai qualcosa da lanciargli in faccia, ma ci pensò Pierre a saltargli addosso per soffocarlo. Debolucci entrambi, si stancarono in fretta e scoppiarono a ridere. Chi riusciva ad immaginare una storia d'amore seria tra quei due era da premio Oscar. Continuai con Chuck, ansioso di vedere la mia reazione quando avessi visto...il vinile di John Coltrane. Non sapevo come facesse a ricordarsi che lo adoravo, ma sapevo che il caro batterista aveva memoria e cuore per cose a cui teneva - mi ritenni fortunata di essere tra le persone che amava - sicché lo ringraziai e guardai Pierre. Mi si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio che il suo regalo sarebbe arrivato dopo. La festa ripresee tutti optarono per un brindisi. Pierre mi porse un bicchiere di champagne, col quale bagnai solo le labbra, disgustata. Ci fu del tempo per un canzone di Natale, ma Anne era crollata, così Lachelle andò via, seguita dopo da Jeff con Maya, Zoey e France, distrutte, Jay, Jonathan, Real, Louise, e pian piano tutti, compreso David che aveva indossato il mio regalo, al contrario, mostrando la stoffa zebrata. Non riuscivo a smettere di ridere, così evitai di salutarlo da vicino. Chiusi la porta e mi appoggiai alla superficie lignea, stanca morta. Fortunatamente capitava una volta l'anno. Senza che potessi opporre resistenza, Pierre mi prese tra le sue braccia e mi portò di sopra, poggiandomi poi sul letto.
 
 
<< Io non so davvero cosa tu mi abbia fatto, quella sera, all'aeroporto: sono solo consapevole del fatto che non riesco più a fare a meno di te, e che tutto ciò che ti riguarda mi rende felice, mi tranquillizza, mi fa talvolta arrabbiare, mi fa ricredere su tutto quello in cui credo, mi fa sentire me stesso. David dice che mi sto rincoglionendo, ma spara stupidaggini molto spesso quando si tratta di me. Il regalo stavolta l'ho scelto io, e non voglio nient'altro da te se non il tuo consenso a rovinarti la vita per sempre. O almeno fino a quando non morirò, poi ci sarà il mio fantasma.>> Tirai fuori la scatolina di velluto blu e l'aprii. Lei non voleva diamanti o brillanti. Ma le dovevo tutto, e un piccolo zaffiro su quell'oro bianco ci stava tutto. La vidi piangere, e per un attimo temetti mi rifiutasse. Perché avevo pensato a me, perché non ce la facevo più a non saperla definitivamente mia. Perché io ero suo da quattro anni. Un piccolo cenno del suo capo mi mandò in tilt. Le chiesi di ripetere la risposta che, maledetto me, non avevo recepito.
  
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