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Autore: ashley_    22/07/2012    1 recensioni
Ero innamorata anche della pioggia che ormai non mi infastidiva neanche più. Ero innamorata di tutto lì, sembrava di essere in una fiaba.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“Ciao, e mi raccomando sta attenta, hai capito? Ti mancherà almeno un pochino la tua mammina? ”
Quella donna mi faceva saltare i nervi. Avevo capito, mi stava ripetendo le stesse cose da quando aveva deciso di farmi partire. Ma infondo ero troppo felice per darle retta e risponderla, come mio solito, in maniera acida, allora strinsi il suo viso tra le mie mani e le diedi un bacio affettuoso sulla guancia, “Ciao mà, ti voglio bene e stai tranquilla”. Questo però non era da me, allora allontanandomi, mi voltai, la guardai e gridai con aria divertita: “Non aspettarmi, probabilmente non tornerò mai più” e scoppiai in una risata. Rise anche lei, ma era più una risata nervosa, la sua.  
Fu il mio primo viaggio e fu anche molto tranquillo, senza contare l’atterraggio, un po’ troppo turbolento. Lì non c’è sempre il sole.  
Atterrammo all’aeroporto di Stansted a Londra, pioveva, ma non me ne preoccupai, mi avevano detto di tenere sempre un ombrello a portata di mano. Comunque il tratto all’aperto fu breve e ci ritrovammo subito alla ricerca delle valigie.
“Tay, aspettami!” mi urlò Beatrice, o per me Bea. Non ero partita sola, eravamo in due. “Potresti sbrigarti? Sembri una lumaca!”risposi io, con aria troppo felice per sembrare seria. Mi raggiunse e ci guardammo con un sorriso stampato sul viso, senza parlare, eravamo felici e entrambe lo sapevamo. Aspettavamo questo ‘viaggio della maturità’ da parecchio. E diciamo che se alla fine siamo riuscite a partire è tutto grazie a mia nonna. Desiderava che io facessi questo viaggio in Inghilterra più di quanto potessi io. Lei è nata lì, ma all’età di 26 anni non so esattamente per quale ragione, si trasferì in Italia. Ha lottato fin da quando io nacqui per insegnarmi non solo a parlare in italiano, ma anche in inglese e ci è riuscita. Santa donna. Si chiama Taylor, come me. Cioè, perciò io, italiana, ho questo nome. Ma mi piace, le sono debitrice anche per questo, chissà mia madre come m’avrebbe chiamata altrimenti.
Un taxi ci portò dall’aeroporto alla periferia di Londra, è lì che mia nonna, che Dio la benedica, ha una casetta. Non  l’ha mai venduta o messa in affitto, diceva sempre che quella era la sua vera ed unica casa. Come biasimarla, era il posto dov’era cresciuta e l’unica persona che mise piede di nuovo lì, dopo tanti anni, fui io.
C’era tanto da mettere a posto e da spolverare, ma avevamo tre lunghi mesi di tempo, potevamo stare tranquille. Avevo portato con me una decina di libri, l’ipod e una Reflex. Tutto il resto era futile.
 Posso dire che ebbe così inizio la mia avventura.
 
  
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