Zucchero
– quasi un delitto
Mi bacia a lungo sulla bocca,
poi si lecca le labbra,
dice che sono il sapore della sua vita.
Margaret Mazzantini
Kurt aveva appena versato lo zucchero nella
sua tazza, quando il suo sorriso d’un tratto era diventato quasi un difetto,
qualcosa che gli andava stretto e lo rendeva malinconico. Da qualche mese,
prendeva il cappuccino amaro, nonostante fosse un amante dello zucchero.
Si ricompose subito, fingendo di leggere
delle notizie sul giornale. Era quello che facevano di solito le persone da
sole, al bar, in una città come New York, si disse. Finti intellettuali che
commentavano tra sé e sé una notizia apparentemente poco interessante.
Poi tornò l’angoscia. Il cappuccino era quasi
un richiamo, fumante e dolce. Kurt allora pagò, andò fuori e osservò il cielo;
c’era il sole e New York era di una bellezza sconvolgente, sembrava viva e
fremeva sotto i suoi piedi. Kurt voltò l’angolo, sospirando, camminando su
quello che ancora sembrava un sogno e che era distante dall’esserlo, perché
mancava qualcosa, e aveva l’impressione che presto tutta quella nostalgia gli
sarebbe esplosa dentro.
Blaine, che era irraggiungibile, eppure così vicino
che quasi a Kurt sembrò che fosse accanto a lui, a stringergli la mano e a
costringerlo a correre, come la prima volta, che non gli sarebbe
dispiaciuto rivivere lì, dove la sua vita aveva più senso. Perché quando Kurt
aveva visto Blaine per la prima volta, aveva pensato subito che fosse zucchero da
sciogliere sulla lingua, con lentezza, per gustarne il sapore.
Kurt aveva pensato che non avrebbe mai conosciuto
nulla all’altezza dello zucchero. Era delizioso e da anni, ormai, gli ricordava
Blaine.
In quell’attimo, si ricordò anche che gli
aveva fatto una promessa e che Blaine non aveva
capito, o forse sì, ma c’erano parole che non avevano bisogno di essere
pronunciate ad alta voce, perché il silenzio permetteva loro di amarsi meglio.
“Ho
deciso di non mettere più lo zucchero nel cappuccino.”
“Ma,
Kurt, perché no? Tu lo adori!”
“Mi
ricorda te. Sarebbe quasi un delitto. E poi…” Kurt avvertì le dita di Blaine sulla sua pelle e gli tornò in mente che sarebbe
stato uno sbaglio, quasi un delitto, narrargli la verità, perché Blaine sembrava felice e avrebbe frainteso la sua risposta:
tu sai di zucchero e non lo userò più perché non posso sostituirti, non voglio
fingere di averti con me quando sei ancora a Lima. Non te lo meriti. “E poi
spero che me ne porterai molto quando ti rivedrò. Presto,” spero, avrebbe
voluto aggiungere.
Adesso, Kurt doveva assistere al tramonto
ogni giorno, da solo, fingendo di leggere un giornale e ignorando lo zucchero.
Presto sarebbe andato nel suo appartamento,
avrebbe studiato per il giorno dopo e lo avrebbe chiamato, perché la voce di Blaine era uno dei migliori momenti della giornata;
chiudeva gli occhi, Kurt, quando lui rispondeva con ti amo, senza mai dire ciao, arrivederci, addio.
Si incamminò verso casa, immaginando il
sorriso nella voce di Blaine, quando lui gli avesse
confessato quei segreti, gustando il piacere un po’ colpevole di tenerli ancora
soltanto per sé. Solo per un po’, fino a che lui non l’avesse raggiunto.
Poi si mise una mano in tasca e sorrise.
Prima di uscire dal bar, aveva rubato una
bustina di zucchero.
Note:
Non ho mai scritto fluff. Mai, proprio
mai, perché non riesco a scrivere storie eccessivamente dolci. Però, quando stanotte,
tra le quattro e le cinque, dopo una chiacchierata con poison
spring, dove abbiamo deciso di ideare, prima o poi,
una commedia su Glee, ho deciso di scrivere questa
flash. Avevo il caffè e lo zucchero a farmi compagnia. Allora ho pensato che,
per Kurt, Blaine doveva essere solo e sempre zucchero,
in qualsiasi occasione. Comunque, potrebbe essere l’inizio di qualcosa, ma non
so cosa, lo ammetto. Magari di una storia non proprio leggera, ma nemmeno un filino
nostalgica, come quelle che scrivo di solito.
Ringrazio poison
spring per avermi betata e
per aver sopportato, davvero. Adesso posso tornare da mio marito, l’Angst.