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Autore: ketyblack    22/07/2012    4 recensioni
La periferia di Tokyo non era mai stata un quartiere allegro, anzi, il più delle volte diventava un covo di barboni e di mafiosi che abitavano però nei quartieri alti e che facevano ronde per controllare il lavoro delle proprie ragazze, il centro del traffico della prostituzione, talvolta anche minorile. C’erano poche giapponesi che battevano, la maggior parte erano russe, polacche, tutte alte flessuose e bionde, un genere non molto frequente nella popolazione del Sol Levante…
In questo ambiente, non molto favorevole all’allevamento di figli, erano cresciuti, insieme, sempre, essendo uno la famiglia degli altri un gruppo di ragazzi, un po’ strani per certi versi, ma sicuramente amici fraterni.
Il sole stava facendo capolino tra le colline in campagna, le sveglie suonavano, spaccavano i timpani e rompevano decisamente le scatole alle anime assopite, soprattutto all’unica donna del gruppo, Konan, peccato che a lei il campanello che spaccava i timpani…
Rieccomi dopo quasi un anno di assenza, è la prima ff che scrivo sull'Akatsuki e l'ho voluta rendere a modo mio, spero vi piaccia e che recensirete in molti! Un bacione!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Six Guys and their band: Akatsuki.
 

 

Capitolo 1: We can be heroes, just for one day.
 
La periferia di Tokyo non era mai stata un quartiere allegro, anzi, il più delle volte diventava un covo di barboni e di mafiosi che abitavano però nei quartieri alti e che facevano ronde per controllare il lavoro delle proprie ragazze, il centro del traffico della prostituzione, talvolta anche minorile. C’erano poche giapponesi che battevano, la maggior parte erano russe, polacche, tutte alte flessuose e bionde, un genere non molto frequente nella popolazione del Sol Levante…
In questo ambiente, non molto favorevole all’allevamento di figli, erano cresciuti, insieme, sempre, essendo uno la famiglia degli altri un gruppo di ragazzi, un po’ strani per certi versi, ma sicuramente amici fraterni.
Il sole stava facendo capolino tra le colline in campagna, le sveglie suonavano, spaccavano i timpani e rompevano decisamente le scatole alle anime assopite, soprattutto all’unica donna del gruppo, Konan, peccato che a lei il campanello che spaccava i timpani…

- E basta! È la terza volta che suonate, ho capito, scendo, arrivo!- sbottò la suddetta ragazza dai capelli di uno strano color blu, che scese dal soppalco dove era collocata la propria stanza e trovò la casa deserta, sentì nuovamente il campanello. Corse ad aprire, imprecando.

 
Non appena abbassò la maniglia della porta si ritrovò la casa piena di gente, i suoi amici di sempre che venivano a scroccare la colazione. Infatti nel giro di due secondi tutti avevano già preso posto a tavola ed erano nella trepidante attesa di essere nutriti.

- Buongiorno anche a voi, ragazzi, io sto bene, grazie!- fece sarcastica la ragazza aprendo la dispensa con uno scatto e tirandone fuori un pacco di croissant confezionati lanciandolo alla folla di affamati.

- E dai, Konnie, lo sai che ti vogliamo bene, in fondo…- fece un ragazzo biondo, Deidara, sorridendole e addentando una brioche. La ragazza non sapeva più che fare con loro: non poteva più permettere che tutte le mattine, quando non si fermavano direttamente da Deidara, venissero a fare colazione da lei, ogni giorno le vuotavano la dispensa e di certo lei non navigava nell’oro e sua madre stava cominciando a spazientirsi, le sembrò di sentirla “Come se loro non avessero una casa”.

- Sì, come no…ma grazie del tentativo, Dei…vado a vestirmi.- salì le scale per lavarsi la faccia e darsi un tono minimamente presentabile per andare a scuola, si truccò pesantemente gli occhi e si avvitò saldamente il piercing al labbro inferiore, finita quest’operazione ammiccò al suo riflesso nella specchio. Si spostò in camera per vestirsi, in due secondi fu pronta, tempo di tirare fuori i jeans e la felpa dall’armadio e di afferrare la cartella.

 
Al piano di sotto si mangiava, in un modo che sfiorava i limiti della decenza: gente che litigava per l’ultimo croissant e altri che si accusavano a vicenda di aver finito il latte. L’unica persona tranquilla era un giovane dai capelli d’ebano e dai particolari occhi rossi che lavava i piatti mandando mentalmente a quel paese quei cretini di cui si era attorniato il primo anno di scuola materna, Itachi Uchiha. Una mano lo toccò sulla spalla, si girò e incontrò il sorriso di Konan.

- Grazie, Itachi, ma non ce n’è bisogno, faccio poi io quando torno da scuola…su, andiamo a radunare le pecorelle smarrite…- si girò verso quel porcile che era il suo salotto, sembrava che fosse passata una mandria di bufali imbizzarriti piuttosto che un gruppo di diciassettenni appena svegli. Era in gioco il telecomando, nessuno voleva cederlo. La blu riportò tutti all’ordine soffiando in un fischietto che, non sapeva neppure lei il perché, stava sempre sulla mensola vicino al frigorifero. Era il regalo che gli amici le avevano fatto per il suo quinto o sesto compleanno, non ricordava bene.

- A scuola…non voglio arrivare in ritardo…- annunciò la ragazza sbattendoli fuori di casa e uscendo con loro.

 
Lo spettacolo al di fuori del bilocale di Konan non era dei migliori, il cielo era grigio come i fumi delle fabbriche che erano situate strategicamente in periferia dandole un’aria ancora più malconcia. Le strade erano ridotte a viottole dove non era consigliabile passarci di notte, non c’era anima viva, in quella periferia regnava un clima di “calma apparente”. Il sestetto prese la scorciatoia per arrivare in poco tempo alla fermata del bus che per poco non persero per colpa del rosso Sasori che continuava a farneticare che la corsa non era una delle sue doti migliori e che gli scatti di velocità non fossero propriamente il suo forte.

-  Uh, per un pelo…brutto idiota, prova ancora una volta a metterti a parlare dei pro e dei contro dell’attività fisica e vedi che ti cambio i connotati!- sbottò Hidan, capelli tinti di grigio e dagli occhi amaranti, era noto per essere un violento e tutti a scuola lo temevano, chi poteva non temere quell’energumeno di quasi un metro e novanta?

- E dai, non litigate, state calmi…non fatemi incazzare già di primo mattino…stamattina fosse stato per me sarei stato volentieri a dormire. Ho passato una nottata abbastanza mo…- la blu interruppe il ragazzo dai capelli arancioni e dai numerosi piercing che aveva appena proferito parola, il suo peggiore incubo, Pain.

- Pain, non ce ne frega niente, puoi andare a letto con chi vuoi! Ma fin quando avrai noi ti toccherà venire a scuola, non vorrai mica farti bocciare di nuovo?- esclamò irritata Konan non guardandolo negli occhi. Il ragazzo non le rispose, prese a guardare fuori dal finestrino il paesaggio che mutava mentre si avvicinavano al centro della città. Scesero dal bus tutti in silenzio, quel silenzio che regnava solamente quando Pain e Konan battibeccavano, cosa che andava avanti da anni, esattamente da quando, in prima elementare, nell’intervallo, si giocava a pallone e un ragazzino che aveva la fama di essere il ripetente di turno si impossessò della palla imponendo loro la sua presenza.

 
La prospettiva di entrare in quel rudere di scuola non allettava nessuno del gruppo, per un po’ si sedettero fuori dall’edificio, sui gradini a fumare l’ultima sigaretta e per respirare le ultime boccate di aria fresca per poi piombare in quel torpore lungo sei ore. Entrarono per ultimi in classe, con il professore che li fissava, indispettito per i continui ritardi.

- Bene, oggi interrogo…lo sapevate, vero? L’ho detto settimana scorsa…ci sono volontari?- ecco, la solita domanda del cavolo a cui, ovviamente, nessuno rispondeva. Il professor Jiraya, insegnante di lettere, scrutò l’intera classe guardando negli occhi ogni suo alunno per scegliere il miglior candidato alla morte.

- Mmh…ma sì, Konan, Pain, avanti, venite!- l’arancione fu come scosso da una scarica elettrica, no, tutte le sfighe a lui, già la mattinata era cominciata male, non aveva dormito tutta la notte per colpa di quella…come si chiamava? Ayko o Kaori? Boh. Non aveva la più pallida idea di quello che c’era da studiare, maledetti gli altri! Ci avrebbe solo guadagnato a starsene a casa.

Si posizionarono accanto alla lavagna, in piedi, così come interrogava di solito il prof Jiraya. Konan sorrideva, sembrava una povera demente, sperava che quel poco che aveva studiato le fosse rimasto in mente…

- Bene, parliamo di Dante, nel sesto canto dell’Inferno chi troviamo, Konan?- la blu si stupì della sua fortuna sfacciata, adorava la Divina Commedia e quel passo poi l’aveva stregata. 

- Beh, nel sesto canto troviamo i lussuriosi, i quali, secondo la legge del contrappasso, saranno tormentati per sempre da una violenta bufera, così come è stata violenta e incontrollabile la passione che provarono in vita. Tra i dannati Dante rimane colpito da due figure che sono abbracciate nonostante la bufera e chiede a Virgilio, la sua guida, di poter parlare con loro e…- il professore la interruppe guardando Pain e facendolo sussultare.

- “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”- citò l’insegnante. Nella mente del ragazzo regnava il vuoto totale, cercò di guardare gli amici in ultima fila in cerca di un suggerimento ma invano. Galeotto, ma che cavolo…? Forza, Pain spara qualcosa di brillante o rischi il tre.

- Beh…credo che si riferisca all’autore del libro che questi due stavano leggendo quando furono travolti dalla lussuria?- quello che aveva detto non era del tutto sbagliato ma non aveva comunque risposto alla domanda.

- E questi due chi sarebbero?- chiese il professore. “Bastardo, sempre a me le citazioni e solo con me vai a cercare il pelo nell’uovo!” lo guardò con odio, in silenzio. Poco dopo fu mandato al posto con un Impreparato e una ramanzina davanti a tutti i compagni.

 
Nell’intervallo Konan non poteva credere di aver perso otto e mezzo di un argomento che non aveva nemmeno studiato, a quanto pare la propria passione per la lettura le aveva giovato. Pain non le rivolse la parola tutta la mattinata, ce l’aveva con lei per qualche strano motivo.

- Lo conosci, avrà le palle girate per stamattina, non credeva che a te andasse così bene, pensava che voi due foste nella stessa barca…hai stupito tutti, Konnie!- esclamò Sasori, felice per lei.

- È un completo idiota, non capisco perché ci ostiniamo a portarlo con noi, è sempre stato odioso con me da quando ci siamo conosciuti, è davvero insopportabile!- si lamentò Konan, non le era mai andato a genio quell’ammasso di piercing ambulante di Pain, credeva fosse un montato megalomane ed egocentrico.

- Perché? Suona il basso elettrico da paura! È il nuovo Jimi Hendrix del basso! E non scordarti che lo conosciamo da sempre ed è un fratello per noi…- esclamò il rosso in piena venerazione delle doti musicali dell’arancione. Konan non replicò più: aveva capito che stava discutendo su una causa persa in partenza.

- Su, secchiona, adesso andiamo, gli altri si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto!- la prese per un braccio e uscirono insieme dall’edificio scolastico.

 
Non appena era suonata la campanella che annunciava la fine delle lezioni Hidan, Itachi, Deidara e Pain erano schizzati fuori all’aula per sedersi sui gradini esterni della scuola per godersi la ritrovata libertà. Tutti e quattro con la sigaretta accesa respirando l’acre odore del fumo. Pain era seduto un po’ in disparte rispetto agli altri, non gli era ancora andata giù la figura di merda davanti a tutta la classe e non aveva mai visto una Konan così…intelligente?

- Ehi, Pain, ma che hai? Sarà mica per l’Impreparato di letteratura? Ma dai, lo recuperi…l’anno prossimo!- esclamò Hidan battendogli una pacca sulla spalla, cercando di creare un’atmosfera di ilarità. Il ragazzo lo fissò con quegli occhi profondi e il grigio non poté che ammutolire.

- Oggi, alle tre da me, dobbiamo provare…- sentenziò Deidara buttando a terra il mozzicone della sigaretta per poi pestarlo con la suola della scarpa da ginnastica. Tutti annuirono in silenzio.

- Ma dove cazzo sono Sasori e Konan?- chiese Itachi come se fosse resuscitato da una specie di trance. Il gruppo si accorse della mancanza dei due che poco dopo arrivarono sottobraccio e scherzando.

- Sempre ad appartarsi, vero?- li prese in giro Hidan con i segni di assenso da parte degli altri. I due si guardarono e scoppiarono a ridere. Pain si alzò e li fissò dritto negli occhi, quasi congelando tutti i presenti.

- I patti erano chiari, nessuna relazione tra membri della band, ecco perché non volevo che Konan ne facesse parte, le donne portano solo distrazioni inutili…- soffiò l’arancione. Nessuno si sapeva spiegare il motivo di così tanta irritazione. Composto si avviò all’uscita della scuola e gli altri, incapaci di dire qualcosa, lo seguirono. Konan era furiosa, non sopportava il modo di fare di Pain, sembrava che per lei fosse un onore fare parte della band, invece era membro di diritto proprio come tutti gli altri.

- Che c’è, Pain, ti brucia per stamattina, eh? Oppure ti brucia per qualcos’altro? Comunque sia non m’importa ma mettiti bene in testa che io esco con chi mi pare e se, per caso, un giorno mi venisse voglia di andare a letto con…che ne so…Itachi, stai pure certo che lo faccio!- sbottò indispettita allontanandosi da lui a grandi passi e salendo sul bus per prima e stando ben attenta di stare il più lontano da lui possibile.

 
In pochi minuti ritornarono nel grigiore della periferia, i negozi non avevano più insegne sgargianti e nuove di zecca, le insegne molte volte non c’erano nemmeno o non si vedevano tanto che erano sbiadite dallo scorrere inesorabile del tempo. Scesero tutti insieme. Si divisero per andare a pranzo e Konan rimase sola con Deidara e Sasori, erano un po’ i fratelli che non aveva mai avuto, voleva un gran bene a loro ed erano i primi amici in assoluto che aveva avuto da quando, dopo la morte del padre, si era trasferita a Tokyo. Andarono nell’appartamento diroccato di Deidara, il biondo viveva da solo da quando era scappato dall’ultimo istituto in cui era stato rinchiuso dai suoi genitori adottivi. Da allora viveva lì, con un sussidio che gli veniva inviato ogni mese da una lontana zia e che comunque non bastava affatto per vivere dignitosamente, anzi, molte volte era costretto a saltare i pasti, cosa che Konan gli impediva fermamente invitandolo continuamente a casa.
L’arredamento era pressoché inesistente fatta eccezione per una scrivania rosa dai tarli, un divano sfondato e una poltrona alla quale saltava fuori l’imbottitura non appena qualcuno ci si sedeva sopra.

- Cazzo! Il tetto perde di nuovo…devo poi andare a ripararlo, altrimenti il prossimo temporale che viene mi allaga la casa e così diventerà ancora più merdosa…- si sedette sulla poltrona e si prese la testa tra le mani, pensieroso, mentre i due amici prendevano posto sprofondando nel divano. Konan aprì un grosso pacchetto di patatine e cominciarono a sgranocchiarle per mandare via i cattivi pensieri sul futuro incerto.

- Certo che la sola cosa positiva di questa situazione è che hai un gran bel garage e che è isolata, così possiamo provare quando vogliamo senza che nessuno rompa i coglioni!- esclamò Sasori per rialzare l’umore dei presenti. Cominciarono a parlare della band, un progetto che ormai occupava gran parte del loro tempo libero. Erano tutti accomunati dalla grande passione per la musica e con un po’ di soldi presi un po’ qui e un po’ là, erano riusciti a mettere su un complesso niente male. Il finanziamento per questo progetto l’avevano ottenuto da Itachi, figlio di un grande imprenditore che, non si sapeva come, abitava nei bassifondi.

- Eh sì…credete che un giorno andremo mai ad incidere le nostre canzoni?- domando Sasori ai due che scossero il capo, sconsolati.

- Ma secondo te? Con la sfiga che abbiamo noi che cosa potremo mai incidere? Ma dai smettila!- esclamò Konan aprendo il frigo per poi richiuderlo subito notando che non c’era niente. Deidara non la guardò in viso, si sentiva un perfetto fallito, abbandonato dai suoi genitori naturali e anche da quelli adottivi, non aveva nessuno al mondo e neanche un soldo in tasca. Era patetico.

 
Alle tre in punto la casa si riempì di ragazze, ognuna di loro portava dei viveri: le prove del gruppo senza cibo non erano la stessa cosa, ci voleva sempre qualche snack tra un brano e l’altro. Passando per una stretta e ripida scala a chiocciola scesero in garage, dove gli amplificatori da due soldi che avevano comprato erano coperti da stracci per non far prendere polvere, li trattavano come delle reliquie; il microfono sembrava uscito da un videoclip di Elvis, direttamente dagli anni ’50 e aveva continuamente problemi con il volume che, non si sapeva come, si abbassava da solo. Vicino agli amplificatori c’era una tastiera che sembrava piuttosto un tavolo da banchetto: carte di caramelle, pacchi di patatine vuoti, pezzi di cibo incastrati tra i tasti ornavano la vecchia tastiera Yamaha presa al mercatino dell’usato; abbandonata su una sedia di legno massiccio giaceva una chitarra elettrica, la più vecchia e consunta delle Fender che c’erano sul mercato con vicino una chitarra che poteva essere sua sorella gemella solo della Yamaha ed infine il pezzo grosso, il miglior affare di tutti i tempi, una vecchia, dire vecchia è dire poco, batteria appartenuta al padre di Sasori, con scritto al centro “The Muffins” il ridicolo nome della band del padre del rosso, si meditava un giorno di cambiare quel pezzo e sostituirlo con il nome della loro band. Avevano praticamente un’attrezzatura più da mercatino delle pulci che da rock band, l’unico strumento tenuto il perfette condizioni era il basso elettrico di Pain, il migliore in circolazione, rubato dall’arancione ad uno stand in una mostra di strumenti musicali.

- Dai, al lavoro, oggi dobbiamo lavorare sulla pulizia del suono, quindi, per favore, Pain, usa poco quel distorsore altrimenti sovrasti le chitarre e la voce…- esordì Deidara mettendosi a tracolla la vecchia Fender, invitando gli amici a prendere posto. Dopo poco tempo tutti furono al loro posto: Hidan alla tastiera-bidone della spazzatura, Sasori aveva impugnato le bacchette, Itachi aveva fatto cadere la chitarra Yamaha e tutti gli spartiti e Pain aveva già fatto arrabbiare Konan per il tono di superiorità con cui guardava gli altri.

- Non credere di essere migliore di noi! Solo perché quel basso ha un sound migliore dei nostri strumenti non vuol dire che tu sia più bravo!- la blu si stava arrampicando sugli specchi: si poteva dire si tutto riguardo Pain che era villano, arrogante, presuntuoso e anche antipatico, ma non si poteva negare il fatto che fosse un genio della musica.

- Peccato che quando tu canti non vengano folle di ragazzi ad adularti!- replicò pungente Pain, come se niente fosse.

 
Konan gli saltò addosso e gli si attaccò ai capelli scalciando in ogni direzione e prendendolo a pugni, Pain non faceva altro che mettere in dubbio le sue capacità canore e non perdeva occasione per prendersi gioco di lei.

- Konan, smettila…- fece lui con il suo solito tono tranquillo e posato, tono paradossale per la situazione in cui si trovavano i due. Nella foga dello spaccargli la faccia caddero per terra l’uno sopra l’altra e quelle ultime parole le erano state sussurrate a pochi centimetri dal viso. La blu si scostò bruscamente con un’espressione disgustata dipinta in volto.

- Vaffanculo…- sibilò la blu prima di accendere il microfono e dare finalmente inizio alle vere prove della band. Non era giornata per la musica, nessuno andava a tempo, regnava solamente un frastuono pazzesco dove non si riconoscevano le singole componenti.

 

- Mamma, mi fermo da Deidara, facciamo una lunga di studio, domani abbiamo una verifica importante…- spiegò Konan alle undici e mezza, la madre acconsentì, arrendevole come sempre. Sembrava che non gliene importasse della figlia, il giorno in cui Konan aveva tinto i suoi liscissimi capelli corvini di quel blu elettrico la donna non notò quasi la differenza, per non parlare di quando era tornata a casa con il piercing! Sua madre l’aveva notato la settimana dopo. Sembrava che la morte del padre di Konan avesse succhiato via tutta l’energia vitale di quella donna, sembrava non chiedesse altro che ricongiungersi al marito tanto amato. Konan si sentiva abbandonata a sé stessa, non ricordava come ci si sentiva a far parte di una famiglia, d'altronde come poteva ricordarlo? Suo padre morì quando lei aveva solo due anni, ricordava a malapena quell’uomo che l’aveva vista venire al mondo, del quale conservava i lineamenti…

Negli ultimi tempi si fermavano spesso tutti insieme da Deidara, per sentirsi meno soli e per cazzeggiare fino a orari improponibili.

- Che ha detto?- chiese Sasori avvicinandosi e vedendo l’espressione intristita della ragazza.

- Ha detto che va bene…sai che cosa gliene importa…- tagliò corto lei raggiungendo gli altri già seduti in salotto con una birra in mano. Prese posto in mezzo a quei matti di amici che erano le uniche persone che aveva al mondo. Poco dopo suonarono il campanello, o meglio, bussarono rumorosamente alla porta. Deidara aprì e la casa divenne d’un tratto molto più stretta di come i ragazzi ricordavano, c’era tanta gente della loro scuola in cerca di divertimento e buona musica. Non si sapeva come ma quando c’erano le prove della band la voce si spargeva a macchia d’olio e una folla di compagne invadeva il piccolo appartamento di Deidara per sentirli suonare e per cogliere l’occasione per divertirsi. Pain era sempre invaso dalle ragazze che lo lodavano per la sua bravura anche se non ne sapevano niente di musica, Hidan solitamente faceva a botte con qualcuno che si avvicinava troppo alla sua tastiera-immondizia (ovviamente era solo uno stupido pretesto per picchiare qualcuno), Itachi si chiudeva in camera di Deidara per andare dritto al punto con la tipa carina di turno, anche se negli ultimi tempi stava diventando piuttosto esigente in fatto di ragazze. Gli unici che non erano entusiasti di tutto quel movimento erano Deidara che temeva per l’incolumità del suo povero appartamento, Sasori che detestava il rumore e Konan che non perdeva occasione per criticare il modo di fare di Pain.

- Eccolo, la solita mossa, ora gli dirà che ha degli occhi bellissimi e passeranno tutta la notte insieme a scopare come ricci…- fece sarcastica la ragazza guardando l’arancione che si atteggiava come il Jimi Hendrix della situazione.

- Konnie, non lo guardare, sai com’è…ce l’ha nel DNA il gene del cascamorto…- le rispose Deidara portandola in cucina a bere una birra che aveva portato qualcuno di non meglio specificato: era proprio bello strasene lì, soli, senza nessuno che rompesse le scatole a parlare semplicemente del più e del meno, solamente lui e Konan.

- Le prove stasera sono andate di merda…e poi voglio proprio sapere chi è sto coglione che tutte le volte spiffera la data delle prove e che mi inonda la casa di galline…- commentò il biondo guardando fuori dalla finestra. La blu non lo guardò né rispose, ma la pensava come lui, odiava tutta quella gente che piombava in casa quando provavano, le prove così non finivano mai, venivano sempre interrotti dal solito gruppo di cretine, anzi, la maggior parte erano il fan club di Pain.

- Ecco, l’avevo detto io che sopprimere Pain sarebbe stata la soluzione al problema…- rispose acida lei fissando il biondo negli occhi.

- Effettivamente, non ci fosse lui potremmo provare in santa pace tutte le volte, ma è un genio e non possiamo fare a meno del suo sound da paura…- rispose triste Deidara mettendo una mano sulla spalla alla blu che sbuffò rassegnata guardandosi le mani smaltate di nero.

- Non possiamo continuare così, è ora di sgomberare la festa, se qualcuno deve dormire qui siamo noi della band. Vado a cacciare quella manica di troie…- si alzò decisa la ragazza dirigendosi in bagno dove provenivano dei mugolii inconfondibili. La blu quasi sfondò la porta e interruppe l’Uchiha nel bel mezzo di una importante riunione con due finte bionde con le tette rifatte, si vede che quella sera aveva proprio bisogno impellente di sfogarsi.

- Tu e tu…fuori dai coglioni, subito e tu, Itachi, rivestiti all’istante!- ordinò intransigente la ragazza facendo segno alle ragazze di avviarsi alla porta senza altri convenevoli. L’Uchiha la fulminò con lo sguardo abbottonandosi il jeans e tirando su la zip.

 
Konan, soddisfatta del risultato entrò anche nella stanza di Deidara che era occupata da Pain e da uno stormo di oche starnazzanti e a giudicare dall’abbigliamento poco presente sembrava che non stessero giocando a carte. Konan rimase sulla porta con le braccia sui fianchi, squadrando truce quel quadretto patetico.

- Fuori di qui, Pain, ricomponiti e, se vuoi, rimani…- poche parole e le ochette si diressero tutte verso la porta e poco dopo ne uscirono. La festa era finalmente finita e lo stereo spento, la blu si lasciò cadere pesantemente sul divano sfondato del salotto, seguita da un Itachi piuttosto contrariato e da un Pain incazzatissimo per l’interruzione, puntava minacciosamente un dito quasi sulla fronte di Konan

- Provaci un’altra volta e non esci viva da qui!- la minacciò l’arancione prendendo una bottiglia di birra avanzata e trangugiandosela. La ragazza gli alzò il terzo dito e si girò dall’altra parte facendo finta che Pain non esistesse, come al solito.

- Allora, ragazzi, le prove sono andate da schifo, Pain, smettila di chiamare il tuo fan club al completo quando proviamo, altrimenti non saremo mai abbastanza bravi da poter fare una serata in un locale!- esclamò Sasori aggirandosi per la stanza raccogliendo l’immondizia sparsa per l’appartamento con fare irritato dalla situazione.

- Scusa, Sasori, non lo farò più, d’accordo? Adesso non rompete più, però…ah, Konnie, la prossima volta che vuoi fare la gelosa aspetta almeno che io abbia finito!- esclamò con risentimento non guardando la blu.

- Fottiti, Pain, preferirei morire piuttosto che venire a letto con te, te lo sogni!- soffiò indignata la ragazza dirigendosi verso la stanza di Deidara per prendere posto nel letto matrimoniale.

- Tutta invidia, non avrai mai chance con me.- ultime parole, assolutamente erronee. Il silenzio la faceva da padrone in quel piccolo a salotto divenuto, d’un tratto, soffocante e pregno di tensione. Itachi uscì dal bagno con una sigaretta accesa e con espressione costernata di chi non sa neanche il perché di essere lì.

- Ehi, ragazzi, andiamo a dormire o no? Io se non dormo entro cinque secondi muoio!- esclamò il moro non del tutto lucido.

- Sei sempre il solito, Ita! Impossibile tenerti lontano dall’alcool e dal fumo, brutto idiota…- sussurrò Hidan caricandoselo in spalla e dirigendosi verso la camera di Deidara.

 
In salotto nessuno osava parlare e quasi neanche alzar gli occhi dal tappeto sbrindellato. Pain era appoggiato al muro con un’espressione irritata e le braccia incrociate. Deidara cercava di studiare ogni minima molecola di polvere che si posava sulla punta delle proprie scarpe da ginnastica, fingendosi perfino interessato. Sasori per sfuggire a quella tensione saltellava di qua e di là raccogliendo schifezze da terra. La più furiosa era Konan, aveva una voglia matta di spaccare a pugni quel nasino all’insù di quell’arrogante ragazzo dai capelli color carota.

- Fanculo, vado a dare una mano a Hidan…- soffiò la blu sparendo oltre la soglia del corridoio.

Pain, approfittando del posto che si era appena liberato sul divano si sedette senza troppi complimenti. Fissava il vuoto, in silenzio, insieme a Deidara.

- Ma perché cazzo la provochi sempre? Lo sai che si incazza per nulla…- esclamò il biondo guardando il ragazzo negli occhi grigi. Pain non rispose subito, poi si decise:

- Dei, non pensi mai che sia lei a provocarmi? Che motivo aveva prima di venirmi ad interrompere?- urlò addosso al biondo con occhi di ghiaccio.

- L’ha fatto perché io ho detto di essere stufo di avere sempre gente, non invitata esplicitamente, in casa quando proviamo, se sono queste le condizioni per suonare con noi, Pain, non va bene!- finalmente si era liberato di quel peso che gli gravava in petto da troppo tempo; ora, però, aveva paura della reazione del ragazzo, era sempre stato un tipo imprevedibile, non si sapeva mai che cosa aspettarsi da lui. L’arancione abbassò gli occhi e si vergognò, non pensava che la cosa desse così fastidio agli altri ragazzi, non gliene avevano mai parlato.

- Scusa, Dei, non succederà più, promesso!- e sorrise, uno dei rari sorrisi di Pain. Il biondo gli batté una pacca sulla spalla. Raggiunsero gli altri in camera da letto chiedendosi come avrebbero dormito quella notte in sei, in un letto da due piazze, un divano e una poltrona.

 
Itachi stava dormendo amabilmente stravaccato al centro del letto matrimoniale con accanto Konan e dall’altro lato Hidan che continuava ad imprecare per la scomoda situazione.

- Konnie, almeno vieni tu qui, almeno ho di fianco una bella figa…invece appena mi volto mi vedo la faccia di cazzo di Itachi…non è un bello spettacolo!- esclamò il ragazzo girandosi dall’altra parte per non vedere il moro Uchiha in faccia. La blu sospirò e sorrise fissando la schiena forte di Itachi girato dall’altra parte. Chiuse gli occhi per un secondo e poco dopo fu di nuovo invasa dalla luce che filtrava dallo spiraglio della porta appena spalancata senza troppi complimenti dai tre membri mancanti della band che stavano per venire a reclamare il loro posto e portando in camera il divano sfondato e la poltrona per dormire tutti nella stessa stanza.

- Come sta Itachi?- chiesero in coro Deidara e Sasori accomodandosi uno sul divano l’altro sulla poltrona appoggiando i piedi al materasso del letto. Pain rimase in piedi.

- Si è addormentato…tirerà dritto fino a domani mattina…non preoccupatevi!- esclamò Konan sorridendo e spuntando da dietro la sagoma addormentata del moro.

- Beh, allora buonanotte, ragazzi…- disse Sasori chiudendo gli occhi e sognando una realtà decisamente diversa da quella che gli si poneva davanti agli occhi.

 
E il primo capitolo è concluso, spero vi piaccia la mia fan fiction e che la troviate in qualche modo interessante, aggiornerò settimanalmente, per ora vi mando un bacio e spero che mi direte che ne pensate in proposito nelle recensioni!
 
xoxo ketyblack

 
  
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