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Autore: Melabanana_    23/07/2012    4 recensioni
[Questa storia fa parte della serie .:need:.]
-Perché sei venuto proprio qui, stasera?- chiese senza malizia.
Demonio scrollò le spalle. –Ci sono capitato per caso. In realtà, ho seguito la Via Lattea.-
(...)Un lieve sorriso gli increspò le labbra. –Hai detto di essere venuto qui seguendo la luce della Via Lattea… Non è un po’ come se avesse fatto da ponte fra me e te?-

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Demonio è un ragazzino che abita a Venezia, nei quartieri poveri.
Non è felice della sua vita e girovaga per le strade giocando a calcio, finché un giorno il suo pallone non finisce nel giardino di una villa...
Ispirata alla canzone "Take me away" di Avril Lavigne.
{ Fideo*Demonio | Shonen-ai/Crack Pairing | AU | Angst/Romantico } ~by Roby;
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Giulio/Demonio, Paolo/Fidio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie '.:need:.'
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Il ponte fra me e te.

Il buio era sceso quasi senza che lui se ne accorgesse.
Perché lui, gli occhi, li teneva sempre chiusi.
Con la testa bassa, nascosta fra le ginocchia, e le braccia strette al petto.
Odiava anche la luce delle stelle -traspariva appena dai vetri della sua finestra e avvolgeva in un fascio un rettangolino del suo letto, il letto su cui se ne stava rannicchiato, quanto più lontano dal muro possibile.
Ma tanto anche se si tappava le orecchie con tutta la forza che aveva quei rumori li sentiva lo stesso.
Rumori disgustosi che gli davano la nausea -la voce di sua madre, affanni, gemiti, il cigolio del letto, e la voce di uomini sempre diversi.
Avrebbe voluto rifiutarsi di sentire. 
Odiava quei rumori.
Odiava la donna che urlava nella stanza affianco.
Odiava la voce sconosciuta dell'uomo che stava con lei.
E odiava la luce delle stelle, irraggiungibili.
 

I cannot find a way to describe it
It's there inside; all I do is hide
I wish that it would just go away

What would you do, you do, if you knew
What would you do

 
Il neon ciondolava pigramente dal soffitto, schiarendo di poco la stanza.
Era l’unica luce che avevano. Il cielo era plumbeo.
La condensa sulle finestre si era sciolta durante la notte ed era scivolata lungo i vetri come gocce di pioggia, scivolava sul davanzale e a terra.
Il riscaldamento in casa era praticamente nullo.
La poca luce veniva dal neon che dondolava pigramente dal soffitto, perché il sole era coperto dalle nuvolastre nere comparse nel cielo di Ottobre.
Che tempo di merda,pensò con un sospiro.
Si alzò e lavò la tazza, i rimasugli di latte condensato si sciolsero e si trasformarono in rivoli di latte bianco mentre scendevano fra le sue dita. Si lavò in fretta le mani appiccicose.
Chissà per quanto avrebbero avuto ancora l'acqua.
In quell'appartamento c'erano solo tre stanze, la carta da parati strappata lasciava intravedere pezzi di tubi dismessi e scrostati. Il bagno era esterno, in comunità con le altre famiglie del palazzo.
Era un quartiere malfamato, quello.
-Ciao.- mormorò, non prese neanche lo zaino –che di libri non era mai stato riempito, dentro c’era sempre e solo il pallone da calcio perché in realtà altre cose non ne aveva-e uscì.
La donna che stava seduta al tavolo -con la testa affondata nelle braccia, i capelli in disordine e le labbra smorte- non diede cenno di averlo sentito. Non disse nulla quando la porta si chiuse.
Ormai non parlavano quasi. Lei non ne aveva la forza, e lui si limitava a dirle poche cose, per il resto era pressoché indipendente, e poi a lei non importava.
Lui viveva molto di più in mezzo alla strada che non in quelle luride stanzette di periferia.
Nell’acqua del canale, sulla quale il sole batteva a picco, si poteva benissimo buttar la pasta e farla cuocere.
Probabilmente avrebbe avuto più probabilità di mangiare decentemente in quel modo.
Il caldo aveva investito la città tutto d’un colpo, con i suoi 38° gradi e tanti saluti alle nuvole. Non che a Demonio piacesse il tempo cupo, però era meglio che sciogliersi per strada.
Il pallone sbatté con un rumore assordante contro la saracinesca e gli tornò sul piede.
Demonio iniziò a palleggiare, si destreggiava bene.
-Ehi, passa un po’!- gli gridò il suo migliore amico, Violetto.
Il ragazzino sbuffò, era sempre restio a dare la palla a qualcun altro, ma infine annuì e gliela tirò.
Violetto era suo amico praticamente da sempre, si erano conosciuti in strada –per loro le strade erano casa, ne conoscevano ogni minimo dettaglio e si muovevano in esse come gli uccelli nel cielo, con la stessa leggerezza. Sapevano che alle otto apriva il panettiere e l’odore di pane si diffondeva ovunque, che correndo in giro a quell’ora dovevano fare attenzione a non buttare per aria la vecchina che attraversava la strada sempre a quell’ora, che se pulivano bene la Fiat50 del signore all’angolo ci guadagnavano qualcosa.
-Demonio, la pallaaaaa.- gridò Violetto. Demonio alzò la testa e vide il suo adorato pallone volare al di là del cancello di un villino. Dannazione, si era distratto.
-E ora?- sbuffò Violetto mettendosi le mani sui fianchi.
-Vado a riprenderla.- disse Demonio. Si avvicinò al cancello e iniziò ad arrampicarsi. Non aveva alcuna difficoltà, era agile come un gatto. –Fa’ attenzione.- si raccomandò Violetto.
Demonio saltò giù e atterrò saldamente sull’erba. Fece un paio di passi, e mentre si allungava per cercare di avvistare la palla un fruscio di foglie secche lo fece sussultare; guardò a terra e poi alla sua destra: aveva urtato un rosaio ormai bruciato per il caldo, e aveva fatto staccare e cadere petali e foglie.
Sembrava che chiunque abitasse quella villa non avesse un gran pollice verde…
Poi intravide la palla davanti alle radici di un albero.
-Ah…- esclamò sollevato e si avvicinò, ma allora vide un’altra figura affianco al pallone.
Si fermò di scatto e il ragazzo di fronte a lui spostò gli occhi blu dal pallone a lui, curioso e sorpreso della visita inaspettata.
Anche Demonio era stupefatto: non vedeva Fideo Aldena in giro da quasi un anno.
 
La strada era svuotata, solo alcuni gruppi di ragazzini marciavano verso la scuola, ridendo fra di loro.
Quando lo intravidero, iniziarono a fischiare e gridargli dietro insulti che lui conosceva fin troppo bene –chiedere un po’ di cervello era troppo, ma almeno usassero un po’ di fantasia, cazzo.
Cose così gli succedevano ogni giorno: dopotutto lui era un ragazzino dei bassi quartieri, che viveva  fra i vicoli e un appartamento di tre stanze senza luce e acqua, che andava in una scuola disagiata…
Ma cosa ne potevano capire, loro, ragazzi viziati, che affrontavano la vita seduti su un divano con la playstation, circondati da famiglie tanto ricche quanto affettuose?
Strinse i pugni e tirò avanti, deciso a non fissarli.
Non ci riuscì del tutto: il suo sguardo, volente o nolente, cadeva sempre su di lui –lui, quel ragazzo dai capelli castani e gli occhi blu notte che era bello, andava in una scuola bella e indossava vestiti belli. Quel ragazzo era sempre circondato di persone e scherzava con tutti, però di lui non rideva mai.
Anzi, d’improvviso si faceva tutto serio e s’incupiva, come se stessero facendo male a lui.
Si chiamava Fideo Aldena, era il capitano di una squadra di calcio. Anche a Demonio piaceva giocare, ma ovviamente non aveva certo i soldi per permetterselo –si limitava a giochicchiare per strada.
Facevano parte di due mondi opposti, però Demonio avrebbe voluto parlargli, almeno una volta.
Poi Fideo un giorno non venne, e poi non venne il giorno dopo, e poi non venne più e Demonio ci rinunciò.
 
Così, quando quei grandi occhi blu si posarono su di lui, Demonio credette che il suo cuore avrebbe smesso di battere per lo shock. E ancora di più se ne convinse quando lui gli rivolse la parola.
-E’ tuo il pallone?- disse con un sorriso, spostandosi come per invitarlo ad avvicinarsi e prenderlo.
 Demonio annuì lentamente, e continuò a guardarlo con circospezione anche mentre sollevava da terra il pallone e si allontanava camminando all’indietro.
-Non ti preoccupare, non ti faccio niente. Anche a me piace il calcio.- disse Fideo in tutta tranquillità.
-Lo so.- replicò Demonio. Non poté trattenersi. –Sei il capitano di una squadra, vero?-
Fideo abbassò lo sguardo. –Già.- mormorò, poi lasciò vagare lo sguardo tutt’intorno, e infine i suoi occhi blu tornarono ad indagare quelli di Demonio.
–Però come giochi tu mi piace di più.- aggiunse.
Demonio ora era perplesso. Perché ad un giocatore del suo livello, per di più ricco, avrebbe dovuto interessargli come giocava lui?
Però Fideo sembrava sincero, e nei suoi occhi Demonio fu certo di aver letto un po’ d’invidia insieme alla malinconia.
Sentendo Violetto che lo chiamava Demonio si affrettò a tornare sui propri passi. Scavalcò il cancello con la palla sotto braccio, quindi si voltò di nuovo. -Tu abiti qui?- chiese.
Ma Fideo se n’era già andato.
 

I feel like I am all alone
All by myself I need to get around this
My words are cold, I don't want them to hurt you
If I show you, I don't think you'd understand
Cause no one understands

 
Era sera tarda, ma non aveva alcuna voglia di rientrare a casa.
Dopo aver mangiato in un pub, uscì e cominciò a gironzolare vicino al canale. Sospirò; faceva ancora piuttosto caldo, anche il buio era sceso accompagnato da una piacevole brezza fresca.
Alzò lo sguardo e la luce della Via Lattea rapì la sua attenzione.
Era così bianca e luminosa da apparire ancora più irraggiungibile… Che rabbia. La osservava così a lungo dalla finestra della sua camera che aveva desiderato, a volte, di poterla toccare… di poter immergersi in quel fiume di luce. Forse così avrebbe trovato la vera felicità, quella che nel mondo umano non esisteva.
O almeno, lui non ci credeva… quella felicità non l’aveva mai nemmeno sfiorato.
Il vento si alzò un po’ più forte e trascinò delle foglie secche con sé. Demonio spostò i piedi per evitare che gli venissero addosso, quindi seguì con gli occhi il fascio di luce lattiginoso e alzò il volto: petali di rosa seccati gli volarono contro il viso e il petto, in un vortice.
Si era fermato davanti alla villa di Fideo Aldena.
Si guardò intorno, esitante, ma non c’era nessuno. Scavalcò, con un po’ più di difficoltà della volta precedente perché non indossava le scarpe da ginnastica, bensì i sandali, e arrivato in cima al cancello si lasciò cadere dalla parte opposta, atterrando sui talloni. Si fece anche un po’ male.
-Buonasera. Invadi spesso la proprietà privata altrui?- Fideo lo accolse con una costatazione divertita.
-Sì.- rispose Demonio senza pudore e Fideo rise. Aveva una risata così limpida, senza alcuna malizia. Ricordò con un tuffo al cuore i momenti in cui gli altri ragazzi lo prendevano in giro e Fideo era l’unico a non ridere mai di lui e gli venne in mente che anche in quel momento non stava ridendo con cattiveria.
Era una risata talmente bella da non poter essere cattiva.
Fu questa a fargli abbassare le difese e a convincerlo ad avvicinarsi a lui: Fideo era seduto sotto all’albero dove la volta scorsa era rotolata la palla e guardava il cielo.
-E’ bellissima, vero?- sussurrò. La luce delle stelle faceva brillare gli occhi blu.
-La Via Lattea stasera si vede bene… E’ bellissima.-
Demonio alzò lo sguardo, ma ben presto dovette arrendersi al fatto che era piuttosto la bellezza di Fideo ad attirare la sua attenzione.
Il ragazzo allungò una mano verso l’alto e si fermò ad osservare gli angoli di cielo scuro fra le sue dita.
-Ho sempre desiderato…- Lasciò che la conclusione della frase rimanesse in sospeso per alcuni minuti, durante i quali Demonio trattenne il fiato.  
Poi Fideo richiuse il palmo in un pugno e sussurrò:-…toccarla.-
Demonio arrossì. –Anche io.- mormorò. Non poteva credere che in fondo fossero tanto simili, mentre lui aveva sempre visto i loro come due mondi a parte.
Fideo lo guardò e sorrise. –Mi piace la tua compagnia.- disse.
Demonio non rispose. Si lasciò cadere vicino a lui e si sedette a gambe incrociate e rimasero a fissare il cielo insieme finché Fideo non parlò di nuovo.
-Perché sei venuto proprio qui, stasera?- chiese senza malizia.
Demonio scrollò le spalle. –Ci sono capitato per caso. In realtà, ho seguito la Via Lattea.-
-Come?- Fideo sembrò sorpreso. Demonio indicò in alto.
-Vedi? Il tuo giardino è illuminato dalla Via Lattea. Io l’ho seguita e sono arrivato qui per caso.- spiegò.
Fideo annuì, pensieroso. Si morse il labbro. –Sai, conosco una leggenda giapponese…- cominciò.
Aspettò che Demonio gli prestasse attenzione per continuare.
-Si dice che la Via Lattea sia un ponte. Sulle sponde opposte della Via Lattea erano due stelle, due innamorati, in un mondo che vedeva un Ovest popolato da uomini ed un Est popolato da divinità… Due mondi inconciliabili ed inavvicinabili tra loro… La Via Lattea è il ponte che unisce questi due mondi e permette ai due innamorati di incontrarsi.- spiegò.
-E questo cosa c’entra con me e il tuo giardino?- domandò Demonio senza capire.
Fideo scosse il capo. Un lieve sorriso gli increspò le labbra. –Hai detto di essere venuto qui seguendo la luce della Via Lattea… Non è un po’ come se avesse fatto da ponte fra me e te?-
Demonio sbatté le palpebre, perplesso, poi capì e arrossì.
-Che sciocchezze…- biascicò imbarazzato.
-Davvero? Però siamo qui insieme a parlarne.- osservò Fideo. –La Via Lattea ha fatto da ponte fra il mio mondo e il tuo… Secondo me è meraviglioso poter parlare così con te. Avrei voluto parlarti prima, ma… non ne ho mai trovato il coraggio. E me ne pento.-
Demonio non osò guardarlo negli occhi, per paura di leggere quello che c’era dentro –malinconia, probabilmente-, ma anche per paura di essere indagato.
Possibile che loro due provassero gli stessi sentimenti l’uno per l’altro? 
La Via Lattea come ponte… solo uno come Fideo poteva pensarci. In altre circostanze, Demonio l’avrebbe trovata disgustosamente sdolcinata, invece detta da lui, in un modo così semplice, era… Romantica. 
D’un tratto sentì il desiderio di raccontargli tutto, di rivelargli tutto ciò che provava. Ma si frenò: per quanto quel ponte li potesse unire una volta, sarebbero sempre rimasti separati dalla dura, sprezzante realtà che li circondava. Era tutto troppo romantico per non avere un retrogusto amaro.
Rimase in silenzio, pensando che tanto Fideo non avrebbe capito.
Il vento ricominciò a soffiare un po’ più forte, e istintivamente cercò la mano di Fideo, gli sfiorò le dita: era gelido.
 

All the pain I thought I knew
All the thoughts lead back to you 
Back to what was never said
Back and forth inside my head
I can't handle this confusion
I'm unable; come and take me away

 
Non rientrò in casa nemmeno la mattina dopo.
Non ne aveva voglia, specialmente dopo aver passato con Fideo la nottata… Dopo averlo incontrato e aver parlato con lui, aveva la spiacevole sensazione che il mondo gli andasse stretto:
non faceva che desiderare la Via Lattea con tutto se stesso, il cielo, la luce…
E quei grandi occhi blu.Nella sua testa non c’era spazio che per quei pensieri; voleva solo tornare di nuovo da lui, parlare con lui…
Si chiese se, in fondo, non l’avesse sempre voluto, anche nei giorni in cui poteva solo guardarlo da lontano.
Decise che sarebbe tornato indietro; a casa non sarebbe tornato per il momento, tanto più che a sua madre non importava la sua assenza, anzi forse non se n’era manco accorta.
 
Il cancello era arrugginito e cadente.
Demonio ci si fermò di fronte sorpreso: l’intera casa aveva un’aria molto più grigia e desolata rispetto al giorno prima. Il giardino era bruciato e i rosai non avevano più petali.
Si allungò per sbirciare dentro, ma di Fideo non c’era traccia.
-Vengo dentro…- disse. Non ci fu risposta, allora il ragazzo iniziò direttamente a scavalcare.
Era ormai in cima quando qualcuno gli afferrò una gamba, costringendolo a guardare giù: era il signore della Fiat50. Demonio si pietrificò: cazzo, era stato beccato!
-Scendi subito di lì!- starnazzò l’anziano signore. –E’ pericoloso, non vedi che è tutto arrugginito?-
Demonio sospirò, non poteva fare altro che obbedire. Scese con un salto dal lato della strada e si costrinse ad ascoltare la paternale del vecchio, senza obiettare, sperando solo che finisse in fretta.
-E poi, ragazzino, non ti ha insegnato nessuno a rispettare la proprietà privata?- domandò torvo il vecchio.
Demonio non poté più stare zitto. –Sì, però…! Qui abita un mio amico, e quindi io…- esclamò.
-Cosa stai dicendo? Qui non abita nessuno!-
Il respiro gli si mozzò di colpo e il sangue gli si raggelò nelle vene, mentre al contrario il cuore prese a battere come impazzito.
Demonio sgranò gli occhi rossi e fissò incredulo il vecchio perché quello che aveva appena detto non poteva essere vero...                                              
-S-si sono trasferiti oggi?!- esclamò. Il vecchio lo guardò come se fosse pazzo.
-Ma non sai niente? Questa villa è abbandonata da nove mesi! I proprietari hanno cambiato città dopo un terribile incidente che coinvolse il loro unico figlio.- disse.
Demonio non riuscì a rispondere: aveva la gola secca.
Il vecchio gli rivolse uno sguardo compassionevole e gli diede un buffetto sulla spalla prima di allontanarsi.
-Va’ a casa, giovanotto.- disse.
Demonio rimase immobile nella strada, sconvolto.
 
Aveva corso per ore, sotto shock, senza mèta.
Non riusciva a credere alle parole dell’uomo, e se anche fossero state vere allora non poteva credere a ciò che aveva visto o fatto il giorno precedente…
A cosa doveva credere, allora? Alla realtà o al romanticismo?
Si era trovato anche a chiedersi se non fosse impazzito, e avesse sognato tutto, ma poi aveva ricordato gli occhi blu di Fideo: quella malinconia… quella bellezza non poteva essere inventata. Doveva essere reale.
Correndo, i pensieri si erano fatti sconnessi, frammenti di ricordi si mischiarono confusamente nella sua testa e alla fine l’unica cosa che sentì fu la sua voce: per tutto il tempo non fece altro che ricordare le sue parole.
Cercò di imprimerle bene nella memoria, per paura che anche queste scomparissero con lui.
Sbatté la porta di casa con irruenza.
Sua madre non era nella prima stanza. Dopotutto era un bene che quella donna stesse lontana dalla sua vita… in quel momento non aveva la benché minima voglia di parlare con qualcuno.
Sospirò e si avvicinò al frigo per cercare il ghiaccio da premersi in testa –magari il ghiaccio avrebbe congelato tutta quella confusione.
Poi la porta della camera da letto della madre si aprì ed uscì uno sconosciuto.
Demonio si voltò di scatto.
Stettero a fissarsi per qualche minuto, in cui il ragazzino lo squadrò da capo a piedi: era un uomo sulla cinquantina, con capelli neri brizzolati e una barba mal rasata, e un po’ di pancia.
Ebbe un moto di disgusto e fece per andare di nuovo verso la porta d’ingresso.
Non sarebbe rimasto lì in compagnia di quello là un minuto di più…
La mano grossa e sudaticcia attorno al polso lo fece sobbalzare. Alzò lo sguardo e vide che l’uomo era accanto a lui, sorridente.
-Sei il figlio di quella, vero? Non sei niente male… le assomigli.- disse. Puzzava di alcol e fumo.
Demonio sibilò una bestemmia e cercò di liberarsi, ma la stretta si strinse talmente che fu certo di essersi procurato dei lividi sul polso. 
-Dai, sii cordiale. Tu e tua madre avete problemi finanziari no? E lei si da’ tanto da fare per risolverli.- continuò l’uomo, con una malizia cattiva.
–Perché non segui le sue orme? Ci guadagneresti qualcosa con questo tuo bel faccino…-
La reazione di Demonio fu immediata: afferrò il posacenere che c’era sul tavolo e glielo scagliò addosso.
Lo colpì sullo zigomo, e per il dolore l’uomo lasciò la presa. Demonio cercò di approfittare del momento per scappare, ma l’altro fu più rapido e lo acchiappò mantenendolo per il cappuccio della felpa.
-Figlio di puttana!!- gridò, incazzato nero per il rifiuto.
Lo strattonò tanto violentemente che Demonio inciampò in una delle due vecchie sedie e sbatté con il fianco nel tavolo: il dolore fu acuto e immediato e urlò.
La porta della stanza da letto si aprì di nuovo e apparve sua madre.
Demonio la guardò e per un momento non la riconobbe: aveva i capelli disordinati, il volto pallido e le labbra secche, con il rossetto rosso sbavato agli angoli della bocca.
Da quanto era ridotta così male? Si chiese se in quegli anni l’avesse mai guardata per davvero, o se si fosse limitato a salutarla quando usciva o rientrava a casa.
In quel momento, Demonio fu certo di essere sempre stato orfano: non conosceva affatto la persona che gli era di fronte.
Lei rimase sulla porta, spostando lo sguardo da lui all’uomo; l’attimo dopo si avventò contro l’uomo, furiosa, e iniziò a schiaffeggiarlo sul braccio, strillando. L’uomo le diede un ceffone, lanciandole insulti.
Poi accadde tutto troppo velocemente: Demonio si mise davanti a sua madre per proteggerla, ma l’uomo lo afferrò per le spalle e lo sbatté contro il muro.
La sua testa colpì l’angolo del termosifone spento da anni e l’impatto brutale gli strappò il respiro. D’improvviso nella sua testa scoppiò l’inferno –strilla, oscurità, un dolore che bruciava come fuoco.
La vista si offuscava, i suoni erano ovattati, i muscoli non gli rispondevano più. Vide sua madre lanciarsi verso di lui, ma l’uomo la tratteneva.
Riuscì a capire solo che lei stava pronunciando il suo nome... allora se lo ricordava ancora, meno male...
Demonio raccolse le sue forze e il suo coraggio, aprì la porta d’ingresso e scappò.
La notte era fredda e buia, e le luci e i rumori si confondevano tutti nella sua testa.
Qualcosa di caldo gli stava scivolando lungo la fronte, gli arrivò alle labbra ed aveva un sapore strano ma familiare.
A quel punto proprio non poteva fermarsi… Continuò a correre finché le sue gambe non smisero di rispondergli e allora crollò in mezzo alla strada e batté sul marciapiede con la pancia e le ginocchia.
Non aveva avuto neanche il riflesso di mettere le mani avanti; sembrava che nella sua testa qualcosa avesse smesso del tutto di funzionare.
Rotolò su se stesso e i suoi occhi incontrarono il cielo.
 
La Via Lattea. Fideo. Gli occhi blu. Un ponte. 
Ricordi e parole –frammenti di discorsi- gli turbinavano nella mente.
Si portò una mano alla testa e sentì il sangue: vischioso, caldo, scuro, stava raccogliendosi in una pozza sotto la sua testa, sul marciapiede. Un rivolo era arrivato alle labbra.
Demonio non voleva chiudere gli occhi, ma l’oscurità e il freddo erano in agguato.
Allora fissò intensamente l’alone argenteo delle stelle, l’unica traccia della bellissima Via Lattea vista con lui la sera precedente, e il volto di Fideo gli apparve in mente.
Avrei voluto parlarti anche io, pensò. Avrei voluto dirti molte cose, ma anche io avevo paura.
Avrei voluto vedere ancora la Via Lattea con te. Avrei voluto che quel ponte fosse durato per sempre…

Il gelo della morte arrivò. Peccato; la luce delle stelle non avrebbe mai più toccato i suoi occhi.
 

I'm going nowhere (on and on and)
I'm getting nowhere (on and on and on)
Take me away
I'm going nowhere (on and off and off and on)
(and off and on)


O almeno così pensava.
Ma quando Demonio aprì di nuovo gli occhi la luce era ancora più intensa, bianca e calda.
-Questo è l’inferno o il paradiso?- mormorò, cercando di schermarsi gli occhi con la mano per vedere chiaro.
-Nessuno dei due. E’ qualcosa di più bello; è il cielo.- Una voce. La sua voce.
La sua mano catturò la sua e la strinse. Demonio alzò lo sguardo e incrociò i suoi occhi blu.
-Dove siamo?- chiese, alzandosi più o meno in piedi. Intorno a lui non c’era che un vasto mantello di colore scuro, un blu notte illuminato dall’alone argenteo delle stelle.
Fideo sorrise e solo allora Demonio se ne rese conto: la Via Lattea non era solo vicino a loro; era intorno a loro, con loro, dentro e fuori di loro. Li avvolgeva e scorreva come un fiume di luce, ed era ancora più bella di quanto non fosse mai stata quando i mortali la guardavano, laggiù.
Affascinato, non potè pensare ad altro per molto tempo; poi un altro pensiero lo colpì. Si portò la mano dietro la nuca d’istinto, poi l’abbassò. -Io… sono morto.- constatò.
Fideo non disse nulla, stava guardando le stelle.
Demonio tirò un profondo respiro e continuò:- Fideo, tu sei morto.-
-E’ così.- rispose l’altro malinconicamente.
-Come?- chiese Demonio. Lo sguardo di Fideo vagò ancora sulle stelle.
-I miei genitori hanno sempre preteso la perfezione da me… Dovevo essere il massimo nello sport, nello studio. Un giorno ti vidi giocare a calcetto col tuo amico, e pensai che avrei voluto fare come voi… Giocare solo per divertirmi, come volevo. In quel periodo mal sopportavo i miei e le loro fisse. Un giorno scappai di casa… pioveva. Non vidi la macchina che arrivava.-
La sua voce era controllata, distaccata, come se stesse parlando della morte di qualcun altro. Quando però i suoi ricordi toccarono i momenti vissuti dopo la morte, il suo tono cambiò bruscamente.
Parlò con molta tristezza. –Quando mi risvegliai, e scoprii di essere morto, non riuscii a darmi pace. Anche dopo che i miei si erano trasferiti, rimasi a vagare nella mia casa… Una sera mentre fissavo il cielo vidi le stelle della Via Lattea... Mi ricordai di quella leggenda e d’un tratto mi sentii molto triste e solo.- sussurrò.
-Desideravo che qualcuno mi trovasse, mi vedesse. Ed è a quel punto che sei comparso tu.-
Fideo sorrise dolcemente e Demonio arrossì rendendosi conto che il ragazzo stringeva ancora la sua mano.
-Staremo per sempre insieme.- sussurrò Fideo, e Demonio si sentì felice mentre le loro labbra si sfioravano, e non erano gelide.
 

La Via Lattea ci ha veramente unito, è stata il ponte…
Il ponte fra me e te.

-

 **Angolo dell'Autrice**
Ciao a tutti!
Innanzitutto, ringrazio chi ha letto fino alla fine questa shot. 
Mi sono impegnata moltissimo per scriverla, e perché avesse un forma decente ci ho impegato un mese e mezzo. 
LOL, credo sia il mio record :DDD 
E comunque il titolo non mi convince molto D:
La Fideo*Demonio non mi dispiace affatto come coppia. Ringrazio ninja per avermela messa in testa *inchin*
La canzone usata è "Take me away" di Avril Lavigne. E' la mia cantante preferita :))
Kisses,
roby
 
 
 

   
 
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