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Autore: Aliceclipse    23/07/2012    3 recensioni
Come poteva un secondo cambiare ogni cosa?
Come poteva cambiare l’esistenza di milioni di persone, lasciandole appese a un filo?
Possibile che bastasse un misero attimo, un battito di ciglia, per far si che tutte quelle anime si unissero in un’unica, enorme massa carica di ansia e preoccupazione?
Poteva, eccome.
Sarebbe bastato un secondo.
Era bastato un secondo.
Era bastato uno schianto.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Standing in a Line.

Come poteva un secondo cambiare ogni cosa?

Come poteva cambiare l’esistenza di milioni di persone, lasciandole appese a un filo?

Possibile che bastasse un misero attimo, un battito di ciglia, per far si che tutte quelle anime si unissero in un’unica, enorme massa carica di ansia e preoccupazione?

Poteva, eccome.

Sarebbe bastato un secondo.

Era bastato un secondo.

Era bastato uno schianto.

 

Il rumore di un passo deciso e veloce avvisò tutti dell’imminente arrivo di qualcuno. Lea Michele irruppe nella sala, il respiro affannato, i vestiti di scena ancora addosso, il volto totalmente sconvolto e le chiavi della macchina ancora in mano.  Prima che potesse anche solo riuscire a scorgere gli sguardi scioccati dei suoi colleghi e amici, una sconvolta ragazza bionda le saltò addosso tra le lacrime, e lei, sorpresa, la strinse di rimando, mentre questa piangeva tra le sue braccia.

-Sei arrivata!- Molte delle persone sedute sulle poltroncine si  alzarono in piedi per salutarla, o anche solo per fare qualcosa. Stare seduti era una vera e propria tortura.  

Dianna, tra le braccia della sua migliore amica, prese a singhiozzare. Lea le accarezzò i capelli, trattenendo a sua volta una lacrima. Era abbastanza forte da trattenersi fin quando non sarebbe stata sola. Sapeva che gli altri avevano bisogno di lei, della sua forza. Perché Lea era forte, lo era sempre stata. Poteva farlo. Poteva essere vicina a tutti gli altri, perché sapeva quanto loro ne avessero bisogno. Lei sarebbe venuta dopo.

E, più di tutti, doveva parlare con una persona.

Ma, prima, doveva informarsi. 

-Come sta?- chiese, la voce rotta. Per un secondo, pensò di non riuscirci. Non aveva mai avuto tanta paura in vita sua. Non voleva saperlo. Aveva paura che ci fossero solo pessime notizie. Non poteva nemmeno pensare al peggio. Sarebbe crollata, crollata sul serio.  Cercò gli occhi di qualcuno che non fosse troppo sconvolto.

Quasi tutte le ragazze piangevano, e anche un paio di ragazzi. Gli altri avevano sguardi terribilmente vuoti. Questo la spaventò tantissimo. Quando trovò lo sguardo di Cory, questo sospirò. Si era alzato in piedi, e le era andato incontro. Lui sapeva che qualcuno avrebbe dovuto spiegarle, e sembrava essere l’unico che potesse farlo sul serio. Era il più grande.

-Noi.. non lo sappiamo, Lea. Non sappiamo niente. Solo.. un’infermiera ci ha detto che l’incidente non è stato provocato da lui, ma da un pirata della strada. E’ scappato, a quanto pare, e non sono riusciti a rintracciarlo, ma ci sono un sacco di testimoni. Sperano in un colpo di fortuna. Che qualcuno ricordi.. qualcosa. – Mormorò in risposta, stringendo una spalla di Dianna, terribilmente affranto. Questa singhiozzò ancora più forte.

Lea chiuse gli occhi per alcuni secondi, tentando di mantenere la calma e non andare nel panico più totale. Lei lo conosceva forse più di chiunque altro in quella stanza,

-Avete chiamato la sua famiglia? Hannah sarà sconvolta.-  Tentò di mantenere un tono di voce normale. Era un’attrice. Doveva riuscirci.

-Sono partiti da Clovis pochi minuti fa.- Mormorò Kevin, intento a consolare Amber, sommersa dai fazzoletti.

Ashley, al loro fianco, si torceva le mani, gli occhi gonfi, la pelle del viso tirata. Naya vagava per la stanza, la mano che le copriva la fronte, il passo leggero, ma insicuro. Heather e Chord continuavano a spostare lo sguardo dalla porta della stanza a Naya. Jenna era raggomitolata sul pavimento, davanti ad Amber, e tentava di trattenere i singhiozzi, mentre Harry, nell’angolo, si appoggiava al muro, gli occhi fissi al pavimento, in attesa di un segnale.

Lea sospirò, passandosi una mano nei capelli, mentre si sedeva su una delle scomode poltroncine blu, portando con se Dianna. Si guardò intorno. La stanza sembrava troppo silenziosa. Tutti erano talmente tristi da non riuscire a dire più parole del necessario. La ragazza fu presa dallo sconforto.  Nessuno di loro era un parente stretto. Nessuno di loro era autorizzato a sapere più del necessario, nessuno di loro poteva sperare di vederlo al più presto. Chris era in sala operatoria, la sua vita appesa a un filo.  

Ma Lea sapeva bene che i ragazzi che si trovavano in quella stanza, insieme alla sua famiglia, erano tutta la sua vita.

Lea Sapeva, semplicemente.

Era la migliore amica, la confidente di Chris, lo era sempre stata.

La sua prima vera amica, aveva detto lui, subito dopo la cugina.

Cory le seguì, sfregandosi il collo, senza sapere bene cosa fare. Rimase in piedi, guardandole. Tutti erano in attesa. Era orribile.

Lea alzò lo sguardo verso di lui, tentando di trattenere le lacrime. Non era il momento. Non ancora.

E, miracolosamente, ci riuscì.

C’era una cosa che le premeva chiedere. Lei sapeva che Chris, quella sera, non avrebbe dovuto essere solo. Non avrebbe dovuto essere in macchina.

Lei sapeva. Deglutì, ed il suo sguardo vagò di nuovo per la stanza per alcuni secondi. Aveva paura di sapere perché qualcuno mancava all’appello.

-Cory, avete avvisato Ryan e Brad?- Chiese, cercando di nuovo lo sguardo dell’altro. Lui annuì impercettibilmente.

-Non possono muoversi prima di domani mattina, sono a New York, in questo momento. Comunque non potrebbero fare molto, adesso.- Cory distolse lo sguardo per un secondo, per osservare la porta azzurrina. Odiava quel colore. Lo odiavano tutti.

Lea, a quel punto, prese un respiro, e parlò di nuovo.

-Non siamo tutti.- Sussurrò, la voce rotta. Ma si ricompose subito. Quando Cory puntò di nuovo lo sguardo su di lei, sorpreso che le avesse rivolto di nuovo la parola, il suo sguardo era tornato impenetrabile. Lei doveva essere forte.

Prima che il moro potesse risponderle, Dianna mormorò qualcosa, che venne soffocato dai singhiozzi, e dal suo cappotto, sul quale l’altra stava piangendo.  Lea si allontanò lentamente da lei, per poterla guardare negli occhi. Dianna mugolò, poi spostò il viso verso l’alto, e tentò di accennare ad un sorriso, senza molto successo.

-Siamo tutti. Mark e Darren sono fuori.- Mormorò, tentando di non scoppiare di nuovo a piangere. Cory la guardò, poi si sedette al suo fianco, sospirando.

-Darren era.. Non l’ho mai visto così, Lea.  Io.. – Cory tentò, tentò sul serio di trovare le parole per descriverlo. A tutti in quella stanza sapevano perfettamente che non c’era niente che avrebbe potuto dire per rendere l’idea. Guardò gli altri, in cerca di una mano.

-E’ stata la cosa più straziante che io abbia mai visto. Guardare Darren negli occhi.- Tutti alzarono lo sguardo verso Heather. Naya ed Harry annuirono.

-Sembrava.. quando è entrato nella stanza, e si è guardato intorno.. Lea, lo stava cercando, lo  stava cercando perché non riusciva a crederci. E quando non lo ha visto, il mondo gli è letteralmente crollato addosso. Ho visto il suo sguardo cambiare. Continuava a sussurrare “non è vero” a bassa voce, sembrava un mantra. – Continuò Cory, le ciglia aggrottate.

-Non ho mai avuto così tanta paura in tutta la mia vita. Ma non ne avevo per me, ne avevo per lui. Si è lasciato cadere a terra, ed ha pianto. Proprio lì, dove ti eri fermata tu. Continuava a sussurrare che non poteva essere. Mi sono avvicinata per convincerlo a sedersi, lui mi ha spinto via, ed ha pianto più forte, e poi si è alzato. E.. e voleva urlare. Stava urlando, dentro stava urlando. E quando ha parlato, ed ha detto che doveva vederlo, e si è portato le mani nei capelli.. è stato orribile per tutti. Mark si è avvicinato a lui. E lui ha provato a respingerlo, davvero. Lo ha preso a pugni. E poi, dal nulla, lo ha abbracciato. Ed  ha pianto più forte. – Harry parlò, la voce tremante. Poi guardò Cory, mordendosi un labbro.

-E poi, - riprese Cory, - Mark lo ha trascinato fuori, dicendo che avevano bisogno di una boccata d’aria. Non so dove sono, ma sono usciti da una decina di minuti.- Il ragazzo si strinse nelle spalle, colto da un brivido di freddo. Lea deglutì. Guardando gli altri per l’ennesima volta, si rese conto che sembravano come pietrificati.
Loro non erano colleghi, erano fratelli.

Scostò delicatamente Dianna dalla sua spalla, e si alzò in piedi. Aveva bisogno di parlare con Darren. Subito.

Tutti la guardarono andare via, senza dire niente. Lea era.. beh, era Lea.

Loro sapevano che aveva in mano la situazione. Tutti.

 

***

 

Darren si alzò per l’ennesima volta dalla sedia su cui si era seduto, portandosi le mani tra i ricci spettinati. La sala delle macchinette era completamente vuota, fatta eccezione per lui e il suo amico. Ma erano le tre di notte, dopo tutto, sembrava una cosa abbastanza logica che la sala fosse vuota.

Mark, seduto dalla parte opposta del tavolino rotondo, lo osservò avvicinarsi di nuovo alla macchinetta del caffè, per poi alzare una mano, con un scatto, e lasciarla scivolare con lentezza sul lato di quell’ammasso di ferro, mordendosi le labbra, e deglutendo pesantemente. Si trattenne dall’accennare un sorriso amaro, pensando che, se Chris avesse potuto vederlo mentre si tratteneva dal dare un pugno alla macchinetta del caffè, lo avrebbe preso in giro a vita. Darren, diceva, era molto poco credibile quando si atteggiava da duro, perché era la cosa più simile ad un bambino di cinque anni che avesse mai visto in tutta la sua esistenza.

Darren appoggiò anche l’altra mano alla macchina, spostando lo sguardo a terra. Si sentiva proprio un bambino, in quel momento. UN bambino che aveva perso ogni punto di riferimento.

Inevitabilmente, altre lacrime scivolarono lungo il suo viso, senza che lui riuscisse a fare niente per trattenerle.

Con un sospiro, anche Mark si alzò dalla sedia, e lo raggiunse. Posandogli un mano sulla spalla. A quel tocco, Darren si voltò, e lo guardò negli occhi. Mark non aveva mai, mai visto uno sguardo così. Ma sapeva cosa doveva voler dire. Annuì, poi tirò fuori degli spiccioli dalla tasca.

Darren appoggiò a schiena contro il macchinario, e si lasciò scivolare a sedere, tenendosi le ginocchia con le mani, e lasciando andare indietro la testa. Fece di tutto per concentrarsi sul rumore del caffè che scendeva, della macchina che vibrava contro la sua schiena.

Fece di tutto, eppure, quando chiuse gli occhi, sprofondò in due pozze chiare come l’acqua, e sussultò. Il viso di Chris, era sempre lì, perfetto.

 Lui era così vicino.

Già.

Così lontano.

Così lontano, e Darren non  riusciva a respirare.

Riaprì gli occhi, trattenendo il respiro. E, stavolta, li tenne più aperti che poteva, tentando di non far vagare la mente alla sala operatoria. Ma ci stava pensando. E più provava ad allontanare la mente, e meno ci riusciva.

Mark aspettò che anche il secondo caffè scendesse, e poi si sedette al fianco dell’amico, porgendogli un bicchierino di plastica. ‘altro lo prese senza nemmeno guardarlo. Il caffè era bollente, tra le sue dita. Bollente. Bruciava, Bruciava ogni cosa, come stava accadendo dentro di lui. Si stava scottando. Strinse leggermente il bicchiere, osservando il liquido scuro, ricoperto da un leggerissimo strato di schiuma, e se lo rigirò tra le mani, troppo caldo per essere bevuto. Allargò leggermente le ginocchia, respirando profondamente. Poteva sentire i battiti del suo cuore scandire il tempo. Ogni battito era una lama, e scendeva giù, sempre più a fondo, sempre più all’interno. Troppo veloce.

Tutto era troppo veloce.

Per qualche secondo, le sue palpebre si fecero più pesanti, e coì le chiuse.

Il suo viso era ancora lì.

Si convinse a bere il primo sorso di caffè.

Era amaro, molto, nonostante lo zucchero che Mark aveva già girato per lui, mentre aspettava che l’altro caffè fosse pronto.

Ma andava bene così.

Mark lo stava guardando, Darren lo sapeva. Nonostante questo, continuò ad evitare lo sguardo dell’amico. Sapeva cosa avrebbe visto.

-Darren, perché non ce lo avete detto?- Mormorò il ragazzo, sporgendosi un po’ verso il ricciolo.

Darren si aspettava di tutto. Ma non questo. Spalancò leggermente le labbra, voltandosi verso Mark.

-Noi.. Non vi abbiamo detto cosa?- Chiese, la gola secca.

-Oh, Darren.- Mark sospirò, portandogli una mano sulle ginocchia.- Noi sapevamo. Vi vedevamo guardarvi in quel modo, così intenso, così diverso. Voi due siete sempre stati diversi, in tutto. Anche quando eravate davvero solo amici, noi già scommettevamo su quanto ci avreste messo a finire a letto insieme. Per Cory ed Amber non è stato facile ammetterlo,  in realtà, all’inizio. Sai come funziona. Chris, beh, era il fratellino minore che tutti avremmo voluto. Lo è ancora, per tutti. Loro volevano convincersi che lo fosse anche per te. Solo un fratello. Io e Lea abbiamo capito subito, invece. Non poteva non esserci niente. E’ diventato così palese che sembrava quasi  far male, anche all’esterno. Ma non abbiamo infierito. E cose si sono risolte da sole. Entrambi eravate più felici, arrivavate sul set insieme fin troppo spesso, e tutte quelle sciarpe la dicevano lunghissima. Abbiamo pensato che non foste pronti. Noi siamo la vostra famiglia, pensavamo che ce ne avreste parlato appena foste stati sicuri di quello che provavate. Non abbiamo detto niente. Ma noi sapevamo. I vostri sguardi parlavano da soli, Darren. Prima, quando sei entrato.. è stato come se ti avessero spezzato qualcosa. Abbiamo sentito il tuo dolore, tutti. E non hai fatto niente per nasconderlo. Quella non è la reazione di un migliore amico. Nemmeno quella di un fidanzato. Si avvicina molto di più a qualcosa che rasenta la parentela. E’ viscerale. – Darren rimase lì, impietrito, ad ascoltare l’amico che parlava, mentre nella sua mente la sua relazione con Chris scorreva, senza che lui potesse scacciarla. Non voleva scacciarla. Darren cercò qualcosa da dire, ma le parole morirono in gola.

-Senti- continuò Mark,- io ho.. ho visto una reazione simile una volta sola nella mia vita. L’anno scorso, quando mia nonna era in ospedale, mio nonno era  sempre al suo fianco. Quando lei non ce l’ha fatta, lui è crollato. Aveva il tuo sguardo, Darr. Tutto era vuoto. So com’è. E si vede, Darren, si vede terribilmente. Quello è lo sguardo che hai quando perdi la persona che sei destinato ad amare per tutta la vita. Io lo so che magari sono troppo romantico, che Chris mi prenderebbe in giro per una giornata intera. Ma so anche che sai essere più romantico di me. Io non so cosa vi lega, perché voi non ne parlate. Ma è palpabile, Darren. È nell’aria, in tutto quello che fate. Non so come andrà tra di voi, non so nemmeno se Chris uscirà vivo da quella sala operatoria, Dannazione, ma so che tu sei qui, ora, e fai parte della mia famiglia almeno quanto lui. E lo sai anche tu, la vita è troppo Breve. Non farlo soffrire, se puoi, ma non far soffrire nemmeno te stesso. Noi ci saremo. Noi vi amiamo. Siete la nostra famiglia. Non distruggerti ora. Non ancora. Abbiamo bisogno di te. Lui ha bisogno di te.- Mark lo stava guardando negli occhi, terribilmente serio, sull’orlo delle lacrime. Darren sapeva che anche lui aveva paura, che la stava tenendo a freno per aiutare lui. Si portò di nuovo le mani tra i capelli, gemendo.

-Ho paura. Ho una fottuta paura di tutto questo.- Mormorò, le labbra tremanti, abbassando lo sguardo sul caffè, per poi finire di berlo, tutto d’un sorso, mentre l’altro rispondeva.

-Lo so. Ne abbiamo tutti.- Mark gli scompigliò i ricci, mentre si alzava in piedi, tendendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

Darren l’afferrò, e lo abbracciò di nuovo, deglutendo.

-Forza, andiamo da lui-.

 

***

Lea camminava a passo svelto lungo i corridoi dell’ospedale, a vuoto. Non sapeva bene dove cercare. Aveva chiesto a qualche infermiera, ma non avevano saputo rispondere, e faceva decisamente troppo freddo perché si fossero avventurati fuori. Aveva provato vicino alle porte delle scale antincendio, nelle sale d’aspetto di parecchi altri reparti. Aveva visto un uomo piuttosto anziano chiedere del reparto di oncologia, e lo aveva seguito con lo sguardo mentre si allontanava.

Con un sospiro, tornò sui suoi passi. Li cercava da un po’, ormai, e l’ospedale era enorme. Non sarebbe riuscita a trovarli, da sola.

Avanzò verso gli ascensori, demoralizzata, e premette il pulsante rosso.

Mentre aspettava, si guardò intorno. Tutto era terribilmente vuoto. Quel posto, pensava lei, non aveva un’anima. O forse ne aveva più di una. Aveva l’anima di tutte le persone che erano rimaste, che avevano lasciato il segno sparendo in quel posto, le loro storie che si cancellavano l’una con l’altra, come tante fotografie di un album a cui si voltava pagina. Era così per tutto.

Le porte di metallo si aprirono lentamente, e la ragazza entrò dentro  tenendo lo sguardo basso. Quando, però, una voce la riscosse, tanto da spaventarla, guardò dritta negli occhi la persona che le stava di fronte, e sussultò.

-Lea!- Darren e Mark trattennero il respiro. Non sapevano da dove venisse Lea, poteva essere appena arrivata, oppure poteva averli cercati. Magari c’erano delle notizie. Magari erano positive. Magari no.

Darren si fece piccolo, appoggiandosi di più al freddo specchio della parete mobile, mentre Mark sfiorava un braccio della ragazza, avvicinandosi piano.

-Ragazzi.. vi stavo cercando.- Lea lasciò vagare lo sguardo su Darren, deglutendo. Lui alzò il suo, e la fissò.

E lei lo vide. Quello di cui parlavano gli altri. E boccheggiò per alcuni secondi, incapace di reggere a tutto quel peso.

Lo sguardo di Darren era pesante. Carico.

Lea lo sapeva, non poteva fare niente per alleggerirlo. Si fiondò contro di lui, abbracciandolo.

Lui sembrò sorpreso, all’inizio. Poi, però, la strinse di rimando. E seppe che non sapeva ancora niente. Semplicemente, lo sentiva da come lo stava abbracciando. Non era crollata. Non era tranquilla. Era appesa ad un filo, come tutti gli altri.

-Mi dispiace, Darren.  Mi dispiace così tanto. Tu.. Oh, Dio. Pensavo che avessi fatto qualche sciocchezza. Sei stato bravissimo.- Sussurrò, mentre lo stringeva. Lui chiuse piano gli occhi, accennando un sorriso.

-Continuerete a trattarmi come se avessi cinque anni per tutta la vita, vero?- Sospirò, allontanandosi da lei. Il suo sguardo non era cambiato. Ma lui doveva essere forte. Non poteva lasciare che gli altri portassero tutto il peso, non da soli, non quando lui avrebbe dovuto essere una delle colonne portanti. Lui era forte. Invulnerabile, come Harry Potter. Così diceva, Chris. Era il suo Harry. Harry Freakin’ Potter. Prese un respiro, e, quando l’ascensore si fermò, Mark prese per mano Lea, e lui li seguì verso la sala d’aspetto.

 

***

Un passo dopo l’altro. Perché camminare sembrava così difficile?

Eccola, la sala d’aspetto. Harry ed Ashley si alzarono in piedi, mentre loro si avvicinavano. Tutti sembravano terribilmente afflitti.

Darren aveva paura. Una terribile paura di sapere.

Lea e Mark si avvicinarono ad Harry, che sospirò.

-Si sa qualcosa?- Chiese Lea, stringendo la mano dell’altro. Mark lasciò cadere lo sguardo su Darren.

 Incurante degli sguardi di tutti puntati addosso, si stava avvicinando, tremante, alla porta della sala operatoria. Non vedeva niente. Non sentiva niente. Ma voleva essergli vicino, voleva fargli sentire che era con lui.

Ci sono, Christopher. Sono qui con te.

Ascoltava gli altri, ma era lontano, terribilmente lontano da tutto.

 Intanto, Harry dissentì, scuotendo piano la testa.

-Non siamo parenti, non vogliono dirci niente.- Esclamò, sconfitto.

Darren si morse un labbro, posando la mano sulla superficie fredda ed anonima della porta. L’odore di disinfettante gli faceva girare la testa, e la voglia di piangere non se n’era andata. Tutta quella situazione era incredibilmente assurda.

Di nuovo, si lasciò vincere. Chiuse gli occhi, lasciando che la mente vagasse. Ed, improvvisamente, Chris era con lui. E poteva sentire le sue labbra sul collo, sulla schiena. Poteva sentirlo mentre lo massaggiava, perché diceva sempre che era incredibilmente teso, per essere sempre così allegro e saltellante. Mentre gli diceva che non lo avrebbe mai lasciato, in una notte di pioggia, stretti in quel letto troppo piccolo, o forse troppo grande, perché meno spazio avevano a disposizione, e più vicini potevano stare.

Non portarmelo via. Ti prego. E’ la cosa migliore che ho.

E Darren si odiò. Si odiò, perché in quel momento si rese conto che avrebbe voluto che tutti si rendessero conto di quanto era speciale tutto quello che avevano.

Darren voleva poter andare dal medico e dirgli di essere il marito di Chris, desiderò di poter sapere.  Eppure doveva aspettare, doveva aspettare, proprio come stavano facendo i loro amici.

Me lo ha promesso. Mi ha promesso che non mi lascerà.

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, quando le sue palpebre si aprirono di nuovo, ma sapeva che la luce che proveniva dalle finestre stava cambiando. L’alba si avvicinava, ormai. Chris era dentro da ore.

Darren si voltò verso gli altri, gli occhi bassi. Tutti lo fissarono, in attesa. Sapevano che stava per dire qualcosa, lo sapevano tutti quanti. Alzò lentamente la testa, e poi li guardò tutti negli occhi. Vide riflessa la sua espressione nei loro volti, ed ebbe paura, ne ebbe tantissima. Mosse un passo in avanti. E poi un altro ancora. Ma, prima che potesse dire qualsiasi cosa, la porta alle sue spalle si aprì.

Darren trattenne il fiato, e così tutti gli altri. Si voltò di scatto verso la porta. Un uomo dalla carnagione scura, sulla cinquantina, si chiuse la porta alle spalle, e Darren fece un passo nella sua direzione, sperando di sapere qualcosa. L’uomo, interdetto, strinse i guanti che doveva appena essersi tolto, e lo guardò negli occhi, lo sguardo indecifrabile.

-Qualcuno di voi è un parente del signor Colfer?- Darren lanciò un’occhiata nervosa agli altri. Nessuno disse di no. Nessuno disse niente. Erano in attesa. Avrebbe dovuto parlare lui.

Si schiarì la voce, mentre stringeva i pugni contro le bambe, torturandosi i pantaloni.

-I suoi genitori saranno qui a momenti, ma può parlare a me. Sono il suo fidanzato, Darren Criss.- E, si, lo aveva detto ad alta voce. Ad alta voce, ad un completo sconosciuto. E di fronte a tutti i suoi amici, a cui non aveva nemmeno accennato la faccenda. Fantastico.

Ma era troppo, troppo importante, per tirarsi indietro. Trattenne ancora il fiato, mentre il medico sospirava.

Era pronto al peggio.

Ma il peggio non arrivò.

Il volto teso dell’uomo si distese in un sorriso consapevole e stanco, ed il cuore di Darren riprese a pompare alla velocità della luce. Ma avrebbe giurato che, per qualche secondo – o forse più di qualche- si fosse fermato.

-Signor Criss, l’operazione è andata bene, fortunatamente. Il suo ragazzo ha rischiato grosso, ma è fuori pericolo. Consiglierei a lei ed ai suoi amici di dormire un po’. Appena in signor Colfer potrà ricevere visite, sarà il primo a saperlo, e sembrate tutti esausti. – Detto questo, l’uomo sorrise agli altri, fece un cenno di saluto e si allontanò lungo il corridoio.

Darren si sentiva leggero. Leggero come non era mai stato. Si voltò verso Lea, e la ragazza scoppiò a piangere. Perché, lo sapeva, tutto questo era troppo, da reggere, per lei, anche se era forte, anche se era stata l’unica a non lasciarsi crollare. E anche lui scoppiò a piangere, di nuovo.

Per la gioia.

Chris era salvo. Era salvo sul serio.

Ci fu un attimo di silenzio.

Poi, i ragazzi del cast di Glee si alzarono dalle loro sedie, e fu pura confusione.

Kevin, Mark, Lea e Naya piangevano. Dianna, Cory, Amber, Ashley e Jenna si abbracciavano. Harry, Heather e Chord si avventarono su di lui, facendo entrambe le cose insieme.

Quando un’infermiera li rimproverò, pochi secondi dopo, Lea sospirò, e tutti si trascinarono verso la zona delle macchinette del caffè.

E Darren volava. Volava davvero.

 

***

Tutti stavano parlando tranquillamente tra loro. Lea aveva chiamato i genitori di Chris, tranquillizzandoli, e loro avevano avvisato che sarebbero arrivati appena avrebbero potuto, per un ritardo dell’aereo che avrebbe dovuto portarli lì. Intanto, Cory aveva messo al corrente Ryan e Brad.

Le acque si erano calmate.

Darren osservò i suoi amici, i suoi splendidi, meravigliosi amici, e pensò che era stato uno stupido.

Si sentiva in debito con loro come con nessun altro. Avevano fatto così tanto, per lui. Lo avevano accettato senza dire una parola, lo avevano aiutato e supportato, avevano ascoltato i suoi scleri ed i suoi momenti deprimenti. C’erano sempre stati, per lui, sapendo tutto, senza bisogno di dire niente. Per questo, si spostò dall’angolino in cui era premuto, lontano dagli altri, e si schiarì la voce, titubante.

Tutti lo guardarono immediatamente, e lui si sentì arrossire.

Non era da lui vergognarsi di quello che provava, ma si sentiva in colpa.

Sospirando, cominciò a parlare.

-Io devo parlare con voi. Con tutti voi.- Cominciò, abbassando lo sguardo. Mark gli sorrise, incoraggiante. Lea scosse la testa, divertita.

-Darr, lo sappiamo. Non importa.-

-No. Ascoltatemi. Non rimpiango di non avervi detto niente. E’ stata una decisione che io e Chris avevamo preso insieme, pensando che sarebbe stato più semplice. Infondo, la nostra amicizia è rimasta immutata. Ci lega anche questo, ci ha sempre legati, o forse è sempre stato qualcosa di diverso. L’importante è che quello che proviamo non è mai cambiato, è semplicemente cresciuto. E’ naturale. E spiegarlo lo rende riduttivo. Per questo non ne abbiamo mai parlato con voi a tavolino. Ma sapevamo che lo sapevate, lo sapevamo perfettamente. Io non so cosa ne penserà, quando entrerò in quella stanza ed ammetterò di aver detto tutto questo, ma avevo bisogno di parlarvene. Ne avevo bisogno, in primo luogo perché voi siete davvero, davvero tutto, per me e per lui, soprattutto per lui. Siamo una famiglia. E poi, avevo bisogno di parlarvi, perché stanotte ho capito che quel dottore.. io avrei voluto dichiararmi come suo marito. Non come suo fidanzato. Mi rendo conto che è assurdo. Che è presto. Che Chris ha ventidue anni, che deve fare le sue esperienze, e, soprattutto potrebbe dire di no. Potrebbe non volerlo fare. Io non intendo sposarlo domani. Voglio solo che sappiate che quel giorno potrebbe arrivare. Ed io ho bisogno che voi mi diciate che siete felici per me, prima di dirlo a lui.- Non parlò tutto d’un fiato. Misurò le parole, una ad una, cercando le più adatte, scandendo le parole. E tutti lo ascoltarono.

Darren si torse le mani, alla fine del suo discorso, mentre Mark ed Ashley scoppiavano a piangere. Lea, Amber e Cory si alzarono all’unisono, e corsero ad abbracciarlo. E sorrise, mentre i rimanenti applaudivano, perché sapere che loro erano felici per lui, in quel momento, era la cosa più importante del mondo. Cory lo strinse particolarmente forte, poi gli diede una pacca sulla pacca, sorridendo.

-Se tratti male il mio bambino ti verrò a cercare, nanetto, sappilo-.

Darren sorrise, sospirando. Tremava ancora per lo spavento, ma tutto  era passato. Tutto. E lui era lì. Chris era vivo.

Chris manteneva sempre le promesse.

Un’infermiera entrò nella stanza, e chiese del ricciolo.

-Lei è il signor Criss? Il Dottor Robinson mi ha detto di dirle che può far visita al signor Colfer, adesso. Ma stia attento a non svegliarlo, deve riposare. Mi segua, le faccio strada.- Darren lanciò uno sguardo a Lea, e lei gli sorrise, alzandosi in piedi, e stringendogli la mano per alcuni secondi.

-Vai. Ti Aspetta-.

 

***

Darren mosse un passo incerto verso il letto. Sotto una coperta blu, steso di schiena, c’era l’essere più bello che avesse mai visto.

I suoi occhi si illuminarono di nuovo, dopo ore. Per la prima volta da quella che sembrava una vita, sembrò di nuovo qualcosa che somigliasse vagamente ad un essere umano. Niente linee immaginarie su cui doveva camminare, nessun burrone, nessun intoppo. Solo lui e l’angelo addormentato davanti a lui.

Era perfetto. Era perfetto, anche con un livido enorme sulla guancia, gli occhi cerchiati da profonde occhiaie scure e la testa fasciata, i capelli disordinati e quella piccola smorfia sulle labbra. Darren si avvicinò lentamente, tentando di non fare rumore, e si accucciò al lato del letto, posando il mento sul bordo del letto,  per poterlo guardare bene.

Allungò la mano verso la sua, accarezzandola delicatamente, senza quasi toccarla.

Aveva le ciglia estremamente Chiare e bionde, la testa leggermente piegata nella sua direzione, le labbra schiuse nella loro smorfia di dolore. Una ciocca chiara copriva l’occhio destro.

Sembrava un po’ un bambino, con quella pelle così chiara e delicata, segnata dall’incidente.

Riusciva ad essere stupendo Sempre.

Darren avrebbe dato tutto per sapere come facesse ad essere così.

Chris splendeva, ovunque. In qualunque situazione.

Riusciva ad emergere sempre. In tutto.

Darren era abbagliato da lui, ogni volta. Lo lasciava senza fiato.

Le sue palpebre tremolarono lentamente. Ed i suoi occhi, finalmente, si aprirono, alla ricerca di luce.

E  fu Darren a vederla, la luce, riflessa in quegli occhi confusi.

Li osservò mentre si facevano curiosi, preoccupati, cupi, ed infine doloranti.

Tutto era scritto nei suoi occhi.  Quegli occhi. Specchi.

Darren deglutì, avvicinando un po’ il viso, mentre il suo pollice si muoveva sulla mano dell’altro, formando piccoli cerchi.

-Cosa è successo?- Mentre la mano libera del ragazzo si muoveva verso la gola, la sua voce uscì in un sussurro, gli occhi puntati in quelli di Darren. Sembrava così indifeso e confuso.

Nella mente del ricciolo passarono un’infinità di sensazioni. Dolcezza. Rabbia nei confronti di chi lo aveva ridotto così. Tristezza. Preoccupazione. Sollievo. Gioia.

Tutto quello che aveva passato, ripetuto un’altra volta, per un secondo.

Aveva così tante cose da dirgli.

-Un incidente. Un incidente per niente piacevole.- Posò la mano sulla guancia di Chris, avvicinandosi piano.- Non farmi prendere uno spavento simile mai più. Come facciamo a sposarci se muoio d’infarto?- Sussurrò, seriamente preoccupato, avvicinandosi ancora. Le loro labbra erano così vicine.

-Darren..-

Darren sbattè piano le ciglia, e si allontanò velocemente, vedendo l’espressione perplessa dell’altro.

-Io.. Chris, non devi preoccuparti, di essere sgamato. Io.. ecco, ho detto al dottore di essere il tuo ragazzo. Di fronte a tutti. E.. beh.. – Si grattò la testa, arrossendo.

Chris ridacchiò, facendosi sfuggire un colpo di tosse.

-Non è.. Hai detto che vuoi sposarmi, Dare. – La bocca di Darren si aprì lentamente, fino a formare una piccola ‘o’. Poi, si concesse di andare nel panico.

-Io non intendevo domani. Cioè, se tu volessi, ti sposerei anche adesso, possiamo non farlo, nemmeno tra dieci anni, se non vuoi. Io.. – Chris lo fulminò con lo sguardo, e Darren si zittì.

-Avvicinati.- Sussurrò Chris. Darren aggrottò le sopracciglia, sporgendosi verso di lui.

-Più vicino.- Darren continuò ad avvicinarsi.

Sembrava passata una vita dall’ultima volta che lo erano stati, così vicini, così uniti, così.. così loro.

-Stop, - Mormorò, bloccando le labbra dell’altro con l’indice, ad un palmo dalle sue, -Aspettavo solo che me lo chiedessi.- E tutto era sbagliato, lì, in quell’ospedale, così freddo e vuoto.

Ma avevano tutto il tempo del mondo, adesso. E, allo stesso tempo, sprecare secondi inutili sembrava una perdita di tempo ad entrambi.

Rimanere in bilico non è una bella sensazione. Ti lascia quel vuoto terribile nello stomaco, hai la sensazione di cadere ogni volta, e più la paura ti assale, più mantenersi su è difficile.

Ma loro avevano trovato un equilibrio così forte da non sentirsi più sul filo del rasoio.

Non erano in bilico, e non volevano esserlo di nuovo.

Sarebbe sempre stato un sì. Per entrambi.

Angolo di Alis. 

Era da un po' che non mi facevo vedere con una One Shot, ma ne ho una marea in programma v.v 

Mi rendo conto che la proposta di matrimonio l'ho già scritta in un altro modo, ma amo scriverla in  tutte le salse, lo ammetto. 

Ovviamente, questa Shot è dedicata al Darren del Mio Chris.♥

So che all'inizio avete pensato di uccidermi, lo so. L'ho pensato pure io. Non è colpa mia, l'Angst prende possesso delle mie mani e della mia tastiera(?) 

Per chi non lo sappesse, ho cominciato una Long, quindi, momento pubblicità occulta xD Questa è Breathe Me, dove c'è un Kurt con piercing e capelli verdi che vi aspetta con gli occhioni lucidi: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1134393&i=1

Per qualsiasi cosa, mi trovate su Twitter, Qui: https://twitter.com/GoodCrisser

E Su Facebook, Qui: https://www.facebook.com/Aliceclipseefp?ref=hl 

E anche qui: https://www.facebook.com/chris.c.colfer.1

Se voleste farmi sapere cosa pensate della OS, o della long, sapete dove trovarmi. Sono aperta a qualsiasi tipo di parere, potete anche provare a tirarmi una ciabatta in testa tremite i vostri schermi, io sono qui, pronta ad ascoltarvi. E mi fa piacere farlo, sempre che voi ci siate ancora e non site scappati a gambe levate dopo le prime due righe della Shot v.v

Alis. ♥

   
 
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