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Autore: Amor31    23/07/2012    7 recensioni
Un invito senza perché.
Gwen è pronta, ma cosa le nasconde Trent?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Trent/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Appuntamento

Pioggia. Fitta, battente contro i vetri della finestra. Instancabile e ritmica, quasi fosse artefice di una nuova melodia.
A Gwen era sempre piaciuto quel clima un po’ tetro, tipico degli ultimi giorni d’autunno. Certo, non disdiceva l’inverno, ma la metà di novembre era il periodo dell’anno che preferiva in assoluto. E quella giornata non aveva deluso le sue aspettative.
Se ne stava in camera sua, stesa sul letto con le cuffie dell’IPod nelle orecchie, e guardava distrattamente il profilo del palazzo di fronte che si stagliava oltre la finestra. Pensava vagamente all’invito ricevuto da Trent una settimana prima e quando finalmente decise di iniziare a prepararsi si accorse di essere in ritardo sulla tabella di marcia.
Dopo aver assediato il bagno per un’ora tornò nella propria camera ed aprì l’armadio, incrociando le braccia mentre decideva cosa indossare; optò per un semplice tubino blu, accompagnato dal relativo copri spalle, e per un paio di scarpe bassissime, ma comode.
“Con questo tempo sarebbe il caso di mettere gli stivali”, si disse scrutando il proprio riflesso sui vetri della finestra imperlati di pioggia, “ma l’occasione non me lo permette”.
Diede un ultimo ritocco al trucco e sentì il cellulare trillare; sbloccò la tastiera e lesse il messaggio appena arrivato: “Ti sto aspettando qui sotto”.
“Non ho intenzione di farlo attendere”, pensò Gwen guardandosi nello specchio e sistemando definitivamente i capelli. “Devo sbrigarmi”.
Prese una borsetta che aveva lasciato ai piedi del letto e uscì di casa. Prenotò l’ascensore e due minuti dopo si ritrovò al pianoterra, pronta a partire.
-L’ombrello!-, esclamò aprendo la porta e ricordandosi del maltempo.
“Beh, te la sei cercata. Ora non hai tempo per tornare di sopra!”.
In un attimo fu in strada. Avvistò la macchina che la attendeva e riparandosi la testa con la borsa corse verso l’auto, aprendo lo sportello e rifugiandosi all’interno.
-Ciao-, la salutò Trent con un sorriso.
-Scusa l’attesa-, si giustificò Gwen.
-Ehi, sono appena arrivato. E tu sei puntualissima, come sempre. Ma… Ti sei bagnata?-.
-Oh, niente di grave. Per la fretta ho dimenticato l’ombrello; non ti volevo far aspettare troppo-.
-Se fosse necessario passerei giorni interi sotto casa tua, pur di vederti per un solo istante-.
Gwen arrossì e gli stampò un bacio sulle labbra: -Sempre il solito, eh?-.
-È un pregio o un difetto?-, domandò Trent accendendo il motore ed immettendosi sul corso principale.
Dieci minuti più tardi raggiunsero il North 44° Restaurant sulla Yonge Street. Trent scese per primo dalla macchina, aprì il portabagagli e recuperò un vecchio ombrello con cui si preoccupò di riparare Gwen.
-Dove potrei incontrare un gentiluomo come te?-, chiese la ragazza stuzzicandolo.
-Temo che dovrai accontentarti di me-, le rispose beandosi di una sua rara quanto sincera risata.
Entrarono nel ristorante e fu subito fatto chiamare un cameriere che li accompagnò ad un tavolo piuttosto appartato; i due si accomodarono ed ordinarono dopo aver attentamente esaminato il menù.
-Buona serata-, augurò il cameriere congedandosi e allontanandosi in direzione della cucina.
Gwen si guardò attorno estasiata, soffermandosi sull’organizzazione e sull’arredo della sala in cui si trovavano, poi chiese intimorita: -Non sarà troppo costoso cenare qui?-.
-Cosa?-.
-Credi davvero che valga la pena di…-.
-Ho prenotato con due settimane di anticipo per avere un tavolo libero. Per te voglio solo il meglio-.
Le afferrò una mano, accarezzandole dolcemente il dorso, e si fissarono intensamente, perdendosi l’uno negli occhi dell’altra. Fu Gwen ad interrompere quel momento, seppur a malincuore.
-Allora, come è andata la tua prima settimana in sala d’incisione?-.
-Mi sto ambientando-, iniziò a raccontare Trent. -In fondo, era dai tempi dei Fratelli Reality che non ci mettevo piede-.
-Li hai più sentiti?-.
-Chi?-.
-Cody, Harold e Justin-.
-A dire la verità, no. Ho perso tutti i contatti con loro. E poi, l’esperienza della band non si è risolta nei modi più rosei, perciò ho preferito allontanarmi da tutto e tutti-.
-Già, come darti torto? Però credevo che ci fosse stata l’intenzione di tornare ad esibirsi insieme-.
-Non se ne parla. Sono stati solo “musicisti d’occasione” e, credimi, non c’è nulla di peggio-, spiegò con amarezza Trent.
-Come mai?-.
-È semplice: bisogna trovare la musica dentro di sé. Nessuno dei tre aveva qualcosa da trasformare in note sul pentagramma. Io, invece, ho avuto te: questa è la differenza-.
Gwen arrossì per la seconda volta nell’arco di mezz’ora: era incredibile come Trent riuscisse a farla emozionare.
-I vostri piatti, signori-.
Un nuovo cameriere venne a servirli, lasciandoli soli subito dopo.
-E cosa mi dici del disco a cui stai lavorando?-, domandò Gwen di nuovo.
-I testi sono pronti da tempo ed ho moltissime idee da realizzare-, disse Trent tagliando la bistecca che aveva ordinato, -ma ho paura che si riveli un flop-.
-Non dirlo nemmeno per scherzo-, replicò la ragazza brandendo la forchetta. -Sarà un successo, vedrai-.
-Come fai ad esserne così sicura?-.
-Perché tu hai talento, Trent. Hai dimostrato di valere tantissimo: le tue canzoni sciolgono il cuore di chiunque le ascolti, la tua voce riesce a penetrare nella testa del pubblico e viene ricordata fin da subito. Sei un chitarrista magnifico e…-.
Gwen si fermò, tenendolo sulle spine.
-E cosa?-.
-Stai dimenticando il fattore più importante-.
-Quale?-, chiese incuriosito.
-Se sulla copertina dell’album troneggerà davvero una tua foto, aspettati pure folle di ragazzine adoranti pronte ad invaderti la casa-.
Il ragazzo scoppiò a ridere, seguito subito dopo da Gwen.
-È vero, a questo non avevo pensato-, concordò Trent continuando a sorridere. -Non diventerai gelosa, vero?-.
-Solo se non me ne darai motivo-.
La conversazione si protrasse per tutta la cena, interrotta solo dagli sporadici interventi dei camerieri. Gwen raccontò la propria esperienza di tirocinio presso lo studio Barrett del più rinomato architetto di Toronto ed espresse il desiderio di iniziare a lavorare in modo indipendente.
-E i tuoi cosa ne pensano?-, chiese Trent inumidendosi le labbra con un sorso di vino rosso.
-Mia madre mi dice di accontentarmi, mio padre mi sprona a cambiare direttamente professione-.
-Incoraggiante-, disse con ironia il ragazzo.
-Molto-, replicò Gwen amareggiata. -Ma toglimi una curiosità-, domandò vertendo su un argomento completamente diverso, -come mai l’appuntamento di questa sera prevedeva una cena in un ristorante così lussuoso?-.
Trent assaporò un altro sorso di vino e rispose: -Volevo che questo fosse un momento speciale, per noi due. Non è un’occasione come le altre; anzi, volevo chiederti di…-.
-I signori gradiscono della frutta?-, lo interruppe un cameriere.
-No-, replicò seccata Gwen, sentendo improvvisamente i battiti del proprio cuore aumentare vertiginosamente.
-Sì, ma solo se di stagione-, disse Trent.
-Che cosa le porto, allora?-.
-Mi affido a lei-, concluse congedandolo. -Stavamo dicendo?-, domandò distrattamente a Gwen.
-Mi sembrava di aver capito che dovessi chiedermi qualcosa-.
-Già, certo! Io… Beh, non so proprio da dove iniziare…-.
-Non preoccuparti-, lo rassicurò la ragazza sempre più agitata. -Di’ liberamente tutto quello che vuoi-.
-D’accordo. Mi chiedevo se tu…-.
-La sua frutta, signore-, lo bloccò nuovamente il cameriere irritando ulteriormente Gwen.
-Grazie. Può portarmi il conto?-.
-Subito-.
Trent aspettò che l’uomo se ne fosse andato, poi esaminò il contenuto del cestino che gli era stato portato.
-Esattamente ciò che desideravo-, disse soddisfatto estraendo un frutto.
Gwen lo guardò perplessa, chiedendosi che cosa avesse intenzione di fare il ragazzo che le sedeva davanti.
-Vedi questa?-, domandò Trent.
-Sì. È una mela-, rispose lei senza capire che cosa volesse dire quel gesto. -Ha qualcosa di strano?-.
-No, assolutamente. Però è un frutto speciale-.
Gliela avvicinò e continuò: -Sai, gli antichi Greci associavano la sua forma semisferica alla perfezione dell’universo. Credevano che fosse un elemento che potesse metterli in contatto con gli dei-.
-Trent, mi stai facendo paura. Sembra che Harold si sia impossessato del tuo cervello!-.
-Cosa? No, no-, sorrise il giovane. -Sono solo ricordi di una ricerca fatta alle Medie-.
-Oh-, disse stupita Gwen. -E quale sarebbe il collegamento tra tutto questo e la cosa che mi stavi per chiedere?-.
-Beh… Non mi considererai “strano” se te lo dico, vero?-, domandò preoccupato Trent sbarrando gli occhi.
-Non lo farò. Già lo sei-, rise la ragazza facendolo sospirare.
-Va bene. Il significato di questo frutto ha origini antichissime e legate fin da sempre all’amore-.
Fece un’altra piccola pausa, cercando le parole giuste per esprimere al meglio ciò che voleva dire.
-Si pensava che la sua perfezione fosse di buon auspicio per le coppie innamorate. E così, nel giorno del matrimonio, gli sposi dividevano il frutto, mangiandone una metà ciascuno, affinché il loro rapporto durasse in eterno. Era un gesto propiziatorio molto diffuso-.
Gwen, che non riusciva ancora a comprendere del tutto, si sentì improvvisamente accaldata: Trent voleva forse chiederle di… Sposarlo?
-Io… Non so cosa dire…-.
-Questa era… solo una credenza popolare-, si affrettò a riprendere il ragazzo, -ma ho pensato che fosse così bella da volertela raccontare-.
-Sì, è molto dolce…-.
-Vorresti condividere questo frutto con me?-, domandò Trent in un soffio.
-C-come?-, balbettò a malapena Gwen.
-Insomma… Mettiamo alla prova una piccola leggenda-.
Il chitarrista sbucciò il frutto e lo tagliò verticalmente, ottenendo due parti perfettamente uguali, poi ne porse una alla ragazza.
-Dobbiamo mangiarla nello stesso momento-, disse con un particolare scintillio che fece risaltare ancor di più le sue iridi verdi. -Pronta?-.
Gwen annuì debolmente, incapace di esprimere ciò che stesse provando; si limitò a seguire le indicazioni di Trent e un minuto dopo si tamponò delicatamente la bocca con il tovagliolo in stoffa che aveva poggiato alla propria destra.
-A cosa stai pensando?-, le chiese il giovane notando la sua espressione assente.
-Che la tua è solo e soltanto una leggenda. Carina, ma pur sempre assurda-.
-Come vuoi, allora. Posso farti una domanda?-.
Gwen diede il proprio consenso e lo ascoltò parlare: -Hai mai pensato di andartene da casa?-.
-Certo. Soprattutto adesso che sto iniziando a lavorare-.
-E hai riflettuto su dove alloggeresti?-.
-Mi troverei un appartamento. Ne ho adocchiato uno poco lontano dallo studio di Berrett, in Carlaw Avenue, ma l’affitto è salatissimo-.
-E se venissi a vivere con me?-.
La ragazza sgranò gli occhi, incredula.
-Dici sul serio?-.
-Non sono il tipo che scherza su argomenti del genere-, disse serioso Trent. -Volevo chiedertelo da mesi, ma credevo che fossi contraria a questa mia iniziativa…-.
-Mi stai proponendo di convivere?-, ripeté sbalordita.
-Sì. Ma soltanto se lo desideri-.
-Sì! Sì, sì, sì! Finalmente saremo solo io e te, pronti a crescere insieme-.
Gwen si sporse sul tavolo e avvicinò a sé il ragazzo, baciandolo e sentendosi improvvisamente libera e felice.
-Se lo avessi saputo prima, non avrei aspettato così tanto!-, esclamò Trent piacevolmente sorpreso per la reazione positiva della giovane.
-Soltanto tu riesci a convincermi a fare passi importanti-, replicò Gwen sorridendo entusiasta.
-E inoltre ho attestato la veridicità della credenza-.
-Come dici?-.
-Sono sicuro che il rito propiziatorio abbia funzionato-, affermò convinto.
-Eh, la tua ingenuità non cambierà mai…-.
-Se mi fa stare con te, non l’abbandonerò-, disse Trent alzandosi e baciandola dolcemente sulla fronte.
 
   
 
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