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Autore: Something Rotten    24/07/2012    2 recensioni
" Ti aiuterò io, Gee," mormorò, sedendosi al suo fianco. " Mi prenderò cura di te, e di quel bambino."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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protection What if?
Gerard e Frank sono quelli che noi tutti conosciamo, l'ipotetico bambino di Gerard no, come del resto la sua 'compagna'.
Questo perché adoro Bandit, ed adoro la moglie di Gerard, e non mi sembrava il caso di inserirle qui ;)
Molto, fin troppo, no sense. O forse il senso c'è, solo che non sono riuscita a scorgerlo.


Sometimes you look so small, need some shelter
Just runnin' round and round, helter skelter
And I've leaned on me
Now you can lean on me
And that's more than love, that's the way
It should be
Now I can't change the way you think
But I can put my arms around you
That's just part of the deal
That's the way I feel
I put my arms around you

I stand in front of you
I'll take the force of the blow
Protection.

Frank saltò l'ultimo scalino, atterrando dolcemente sull'unica asse di legno che sapeva non avrebbe scricchiolato sotto al suo peso; nonostante non fosse la sua, conosceva a tal punto quella casa da saper quali assi calpestare, e quali saltare per evitare di far rumore nel cuore della notte. Si mosse in punta di piedi verso la cucina, e si stupì non poco quando capì di non essere l'unico in preda ad un attacco d'insonnia; Gerard era lì, con una tazza di caffè tra le mani, ed il segno di due grandi occhiaie violacee.
Gli sembrò un bambino rannicchiato com'era sulla tazza fumante, e con i capelli sconvolti e dritti di chi si era rigirato sul cuscino così tanto da averne il segno ben impresso sopra. " Un bambino che ha avuto un bambino, " pensò, ridacchiando.
La sua mente tiranna lo riportò indietro con il tempo, inviandogli dei flash, che sperava fossero bruciati quando aveva deciso di buttarsi il passato alle spalle...

" Aspetta un bambino," disse con una risata isterica. "Proprio lei che non voleva figli, e che prendeva le pillole ogni santo giorno che Dio mandava in terra. "
Rise, lo fece così forte da provocargli un dolore sordo al timpano; o forse era il suo cuore che si spezzava a provocarlo?
" Vi sposerete?" chiese lui, cercando una risposta negativa negli occhi adamantini del ragazzo.
"No," disse secco. "Come ho già detto, lei non vuole bambini."
"Abortirà?" chiese, stavolta con il terrore di vedere una risposta d'assenso; non avrebbe permesso che un feto non ancora formato pagasse gli errori al posto loro.
"No," rispose con una nuova risata isterica. "Partorirà mio figlio, e poi sparirà nel nulla."
Sorrise, cosciente di non poterlo fare; sorridere di fronte al dolore di una persona non era socialmente appropriato, ma cosa avrebbe fatto una persona socialmente appropriata di fronte alla possibilità di costruire 'una famiglia' con la persona amata? Quando, per giunta, la natura non avrebbe mai offerto la stessa possibilità, donando ad entrambi lo stesso corredo sessuale?
Avrebbe sorriso anch'essa, ne era sicuro.
" Ti aiuterò io, Gee," mormorò, sedendosi al suo fianco. " Mi prenderò cura di te, e di quel bambino."
Vide il volto scuro del ragazzo rasserenarsi un po', prima di piombare nuovamente in un grigiore malaticcio e spento.
" Annullerai la tua vita per me?" chiese; una domanda retorica, sapeva che l'avrebbe fatto per lui.
"Sì," rispose, e si stupì quando non vide alcun cenno di colore nel suo volto.

Aprì il frigo, fingendo di non aver visto l'altro, e lasciandolo alle sue divagazioni mentali. Prese il cartone del latte, e richiuse lo sportello, cercando di essere il più silenzioso possibile. La sua tazza aveva gli orsacchiotti; Donna lo trattava alla stregua di un bambino, e forse la sua altezza ed il suo comportamento avventato non giocavano a suo favore. La riempì di latte e di cereali, gioendo alla vista del piccolo regalo, che giaceva dimenticato fra le rotelline di cioccolato ed i pezzettini spessi di cereali, non era nient'altro che una calamita da apporre allo sportello del frigo; l'avrebbe fatto il mattino seguente, o l'avrebbe fatto fare a Jay, il bambino di casa.
" Sei unico, Frank, " brontolò Gerard. " Solo tu riesci a fare uno spuntino del genere alle tre e mezzo del mattino, e fare comunque colazione con tutti gli altri. "
Frank gli sorrise, incurante dei pezzetti di cioccolato e cereali incastrati nei denti; Gerard scosse il capo con disappunto.
" E ti chiedi perché mia madre abbia scelto una simile tazza per te?"
" Perché non sono brontolone come il figlio, " rispose, indicando la tazza di un colore scuro, che si trovava rovesciata sul lavello della cucina, pronta ad essere utilizzata per la colazione. " Se tu fossi un po' meno Gerard, ed un po' più Frank con lei, avresti anche tu la tazza con i pupazzi come me!"
" E come Jay," precisò Gerard senza cattiveria.
" Questo perché lui è come me, " ci tenne a precisare Frank con un moto d'orgoglio.
Gerard non disse nulla, ma lo fece capire con lo sguardo: lui è come te, ma non è tuo, Frank.

Nei primi mesi le cose erano andate come dovevano andare: lei si era fatta da parte, e Frank si era trasferito a casa da Gerard, adducendo come scusa la sua passata esperienza come Baby-Sitter. Gerard si occupava del bambino durante il giorno, e Frank durante la notte, creando così una sorta di routine prevedibile per il bambino, che non si lamentava affatto dell'assenza del vero padre, abituandosi ben presto alla sola compagnia di Frank.
Le spese erano diventate troppo grandi con il crescere del bambino, e le finanze cominciavano a scarseggiare; Gerard prese la decisione di trasferirsi dalla madre: pagare l'affitto, nonostante fosse diviso per due, era diventato troppo, e non avrebbe mai privato Jay di un nuovo completino, o di un nuovo giocattolo. Così si privò di Frank.
" Era inevitabile, Frankie," borbottò, preparando la valigia senza incontrare gli occhi del ragazzo, non lo fece neanche per un secondo, neanche per sbaglio. " Tu hai la tua vita da resettare, e noi abbiamo bisogno di soldi."
Frank non provò ad opporsi con le parole, a quello ci pensarono i gesti.
" E non provare a piangere, Iero," continuò. "Lo sapevi fin dall'inizio, e comunque mia madre non abita troppo lontano da qui, puoi sempre venirci a trovare."
- Ma non sempre,- pensò, ma non lo disse. - Così quando ti sarai trovato una donna con la quale condividere il resto della tua vita, il distacco sarà meno traumatico per Jay, e per me.-
Lo lasciò intendere, però.
Frank venne scosso da un singulto, che si premurò di coprire con un colpo di tosse.
" Jay non è tuo figlio, Frank," si premurò di sottolineare Gerard, chiudendo la valigia del piccolo e trascinandosela dietro fino alla macchina. E fece più male di una stilettata nel cuore.

"
Non è una cosa della quale andiamo fieri, Frank, " lo prese in giro il maggiore, girando lo zucchero nel caffè; nonostante l'amasse amaro, un po' di zucchero ci voleva, soprattutto in momenti simili.
" Sei solo tu a non andarne fiero, Brontolo, " lo schernì. " Tua madre mi adora, tuo padre mi tratta come il figlio intelligente che non ha mai avuto, e Mikey mi prende come un esempio. "
" Forse è per questo che Mikey è stato licenziato, Frank: perché ti prende troppo come un
esempio da seguire..."
Frank scrollò le spalle, era ormai abituato ai commenti taglienti e sarcastici dell'amico, soprattutto quando si trovava in situazioni di stress emotivo, e non.
" Un giorno dovrò andarmene da qui, "  spiegò. " Soprattutto se non voglio perdere Jay. A quanto pare se sei un padre single, e non hai una casa tutta tua, non puoi tenere tuo figlio molto a lungo. "
Frank si sedette accanto all'amico, masticando i cereali, e producendo quel tipico rumore che Gerard odiava;  se non puoi consolare qualcuno fallo ridere.

" Jay è triste," constatò, osservando i disegni del bambino dalle tinte scure e macabre. "Ed io non so cosa fare; pensavo che gli mancasse una figura materna nella sua vita, e ne ho parlato con la maestra dell'asilo..."
" E lei che ti ha detto?"
" Che non è nulla di simile," rispose pigramente, ordinando un'altra birra al barista. " Gli manca qualcos'altro, anzi qualcun altro; qualcuno che nei disegni che fa è come lui."
Frank prese un lungo sorso dalla cannuccia del suo drink; certe cose devi saperle a mente annebbiata, mai farsi sorprendere da loro sobri.
"Qualcuno che avesse i capelli verdi, rossi, ed anche biondi," continuò. "A lui manchi tu."
- Ed anche a me,- pensò.
Il sorso gli andò di traverso, sputacchiò, e divenne rosso; Gerard gli diede qualche colpo dietro la schiena, ridendo.
Gerard rise, lo fece di gusto.
" Sembra quasi che io ti abbia chiesto di sposarmi, Frankie. In realtà ti ho solo chiesto di venire a stare da me, cioè dai miei per un po'. Non sempre, non tutto il giorno, solo per qualche ora al giorno, così Jay..."
" Non sentirà la mia mancanza?" finì Frank per lui, guadagnandosi un sorriso, ed un gesto d'assenso.

Le visite aumentarono, ma non fu abbastanza.

"
I soldi che hai da parte non bastano per un affitto o qualcosa del genere?" chiese. Gerard scosse il capo.
" Non è la mancanza di soldi, Frank."
" E allora cosa? Jay ti adora, sei suo padre ed è un suo diritto quello di rimanere con suo padre," asserì, cercando di mantenere un tono pacato; non voleva certo svegliare il resto della casa. " Qual'è il problema? "
" Il problema è che sono single, Frank. O nubile. "
Frank annuì senza aggiungere altro; formulare la domanda successiva significava ricevere nuovamente una stilettata al cuore, e non aveva né la forza, né la lucidità mentale per fronteggiarla.
" E no, Frank, non mi troverò nessuna donna con la quale creare una famiglia; il pacchetto completo non rientra nel sogno Americano, sai?" disse, e Frank non seppe dire a cosa si riferisse con la storia del 'pacchetto completo'. Certamente parlava di Jay, ma c'era qualcosa nel suo sguardo - o forse nella sua postura-, che faceva pensare ad altro, come se il pacchetto non riguardasse solo Jay, ma anche qualcun altro.
" Non mi pare che tu abbia avuto problemi a trovarti una ragazza," borbottò, mal celando la stizza dietro ad un sorriso. " Nonostante  la presenza di Jay, intendo."
Gerard aprì la bocca, ma non disse niente; la richiuse quasi subito, catalizzando le sue attenzioni verso la tazza di caffè, ormai freddo. Frank osservò le labbra di Gerard incresparsi in una smorfia strana: non era di dolore, né un sorriso stirato, era un qualcosa che pur comprendendoli entrambi li oltrepassava. Era come se le parole, che non era riuscito a dire, si fossero incastrate fra i suoi denti, recandogli dolore.
Quella non era la prima volta che osservava una simile smorfia...

La macchina fotografica continuava a scattare foto all'impazzata, quasi che fosse incantata; Gerard sorrise da dietro l'obiettivo, continuando a spingere il meccanismo.
" Frank, fallo smettere!" urlò Donna, osservando il cipiglio contrariato dipinto sul volto del piccolo Jay, stretto in un terribili grembiulino color blu notte, con tanto di colletto bianco, e stemma di Spiderman cucito sul petto.
" Non posso, Donna," le aveva risposto quello, ghignando. " Potrebbe immortalare la mia morte accidentale per accoltellamento, se lo facessi."
Jay gli rivolse un'occhiata eloquente, una di quelle che potrebbe fare soltanto un bambino di sei anni appena, che non riesce a liberarsi del padre apprensivo di fronte all'intera scuola, che di lì a poco avrebbe frequentato.
" Imbarazzo," pigolò il bambino, cercando di impietosire lo 'zio' con un nuovo sguardo eloquente.
" Gerard, smetti di scattare, hai abbastanza foto da riempire una decina di album!" esclamò, strappando dalle mani del ragazzo la macchina, e trascinandolo lontano dall'entrata della scuola.
"Jay, papà ti vuole bene!" strepitò, guadagnandosi l'ennesima occhiata scocciata del piccolo, che divenne di un rosso acceso.
"Ora lo sanno tutti, Gee! Anche i muri..." farfugliò Frank, vergognandosi come un ladro; aveva gli occhi dell'intera scuola puntati su di lui.
Gerard farfugliò qualcosa, ma Frank non riusci a sentirlo.
" Che?"
"Jay è diventato grande."
" Ha sei anni, Gee! Non è entrato al College, è solo alle elementari..." ghignò Frank.
" Ma non ha più bisogno di..."
" Di?"
" Te," asserì, abbassando lo sguardo. " O per meglio dire, tu potresti pensare che lui non abbia più bisogno di te."
Frank gli sorrise, lasciandogli un piccolo bacio umido sulla guancia.
" Io non sono qui per lui, Gee," disse, scompigliandogli i capelli. "O almeno non sono qui solo per lui, e se speri che me ne vada, beh, mettiti l'anima in pace, perché rimango qui."
Gerard aprì la bocca, ma la richiuse quasi subito.
- Per chi altro sei qui, Frank? Chi altro ha bisogno di te?- volle dire, ma rimase in silenzio, lasciando che sul suo volto si formasse quella strana smorfia.
" Avanti Gerard-sono-padre-e-ho-la-crisi-di-mezza-età, andiamo a fare colazione prima che tu metta nuovamente in ridicolo il tuo, si spera, ultimo figlio."
Gerard aprì nuovamente la bocca, boccheggiando come se fosse un pesce rinchiuso in un'ampolla troppo piccola e sporca per lui.
- Speri che sia il mio ultimo figlio perché hai paura di doverti accollare anche lui? O perché mi ami?- parvero dire i suoi occhi, ma Frank li ignorò, come del resto li aveva ignorati precedentemente, e come avrebbe fatto per il resto della sua vita. Forse.

"
Lei è la madre, se dovesse tornare potrebbe portarlo via, " commentò, stringendo i pugni intorno al manico della tazza, rischiando quasi di spaccarlo. " E lei tornerà un giorno."
" Io lo impedirò, Gee, " lo rassicurò, sfiorando lievemente il suo palmo con le dita callose. " Le impedirò di farti nuovamente del male. Ti proteggerò, come sempre del resto. "
Ed a pensarci bene era vero: Frank proteggeva Gerard - e Jay-, come se fosse un figlio. Non avrebbe permesso a nessuno di strappare quel bambino dalle mani del padre, vuoi perché un figlio ha il sacrosanto diritto di essere cresciuto da un padre - gay, nubile, bisessuale o disoccupato che sia-, vuoi perché non sarebbe riuscito a raccogliere nuovamente i cocci di Gerard, e a darne una forma riconoscibile. L'aveva fatto una volta, quando lei se ne era andata - Gerard le voleva bene, nonostante tutto, si poteva dire quasi che l'amasse-, e non sarebbe stato in grado di farlo nuovamente.
" Tu vali come il due di coppe quando regna bastoni, legalmente parlando," asserì senza malizia o cattiveria. " Cosa diresti al giudice, eh? ' Ciao, sono Frank Anthony Iero, ed ho cresciuto Jay insieme a Gerard. Oh, no, no! Non sono il suo compagno, sono semplicemente un amico. Però garantisco per lui' "
" Posso darti i miei risparmi, Gee!"
" Non centrano i risparmi, Frank, " disse, stropicciandosi gli occhi, e sospirando leggermente.
- Non è difficile dirlo, Gerard,- pensò. - Dillo, avanti! Digli che quello che vuoi è una famiglia!-
" Lascia perdere," mormorò, buttando nel lavandino la tazza, e camminando verso la porta della cucina. " Buonanotte."
Frank rimase lì, seduto al tavolo di una cucina improvvisamente vuota e silenziosa, cercando una soluzione, che forse non sarebbe mai arrivata.

*
Quando Gerard si svegliò, il sole era già alto nel cielo; imprecò, cercando tra la matassa di vestiti, aggrovigliata ai piedi del letto, una maglietta pulita. Quando la trovò si precipitò verso la camera di Jay, pronto a scusarsi per l'ennesimo ritardo; la trovò vuota. Imprecò nuovamente, pensando al peggio.
" Smettila di imprecare, Gerard!" lo riprese la madre. " Frank e Mikey lo hanno accompagnato a scuola, e Frank ti ha lasciato questa."
Gerard afferrò la busta bianca, ringraziando sua madre, e chiudendosi nella camera del figlio.  Caracollò sul letto, sospirando amaramente; strano come Frank avesse deciso di uscire dalla sua vita utilizzando lo stesso metodo che lei aveva usato un paio d'anni prima: con una lettera anonima rinchiusa in una busta altrettanto anonima; e lui che stava per chiedergli di sposarlo. Certo, tra di loro non c'era mai stato nulla, forse qualche bacio ed un paio di notti passate a condividere lo stesso letto, spinti dalla dolce euforia del vino, inebriati da una piacevole 'amnesia del giorno seguente', ma niente di preciso, o di canonico. Nulla che fosse etichettabile sotto alle diciture imposte dalla società moderna: amici, amanti, conoscenti, termini che non si addicevano al loro rapporto, o che almeno non riuscivano a spiegarlo del tutto, non riuscendo a tener conto delle millemila  sue sfaccettature.
Aprì la lettera con una calma che non gli apparteneva. Se avesse dovuto attenersi al suo stato mentale, l'avrebbe dovuta strappare in mille pezzi, e gettarla a terra. Salvo poi ricomporla, e leggere quello che c'era scritto; pur volendolo non avrebbe mai saputo cancellare Frank dalla sua vita; un po' per quello che l'amico aveva fatto per lui in tutto quel tempo, un po' perché era innamorato di lui da sempre.
"Delle volte sembri così piccolo, così bisognoso di sostegno; corri e corri, confuso ed impaurito dal mondo e dal futuro, ed io non posso  fare altro che addossarmi le tue paure, Gee. Sei un uomo, hai un figlio piccolo, e non è giusto che io lo faccia; dovrei lasciare che tu ti prenda le tue responsabilità, ma non ci riesco. Non posso lasciarti così.
Tu puoi appoggiarti a me, Gee. Potrai farlo sempre. Ed è più che amore, ed è il modo in cui dovrebbe essere.
Non posso cambiare il modo in cui ti senti, non posso scoccare le dita e cambiare il mondo. Ma posso stringerti fra le braccia, e cullarti come farebbe un padre con un figlio. Posso annullarmi totalmente, e lo farò, stanne certo. Perché io mi sono preso cura di me stesso, ed ora posso avere cura di te.
Mi annullerò per te, e lo farò sempre, solo per vedere un tuo sorriso. Fa parte dell'accordo, no?
Ed è più che amore, non ha un qualcosa di prestabilito, non ha un nome, e non può essere etichettato.
Io sono davanti a te, mi esporrò al tuo posto alla forza del colpo; poco importa se il colpo sarà inferto da lei, e dal suo ritorno, o da una qualsiasi altra cosa: io mi esporrò al tuo posto, dovesse essere l'ultima cosa che farò.
Poco importa se il problema sono i soldi, il lavoro o la mancanza di entrambi, io ti proteggerò come ho sempre fatto.
Chiamala ossessione, chiamala pazzia, o protezione, ma io non ti lascerò solo.
Chiedimi qualsiasi cosa, Gerard, ed io la farò.* "
Gerard ripose la lettera nel cassetto del comò accanto al letto del figlio, e chiuse gli occhi, credendo di trovarsi in un mondo parallelo a lui estraneo, e cercando le parole giuste per chiederglielo.

*

Fu relativamente facile chiederlo, forse perché fu una richiesta indiretta. Bastò lasciare la pagina del quotidiano aperta sul tavolo della cucina, ed un paio d'anelli accanto.
" New York, via libera ai matrimoni fra persone dello stesso sesso".
Fu altrettanto facile etichettare il loro rapporto sotto alla dicitura di reciproca convenienza e protezione.
Il difficile venne dopo, quando Jay fu abbastanza grande e la scusa crollò sotto ai loro occhi segnati dall'età; il confine tra l'amicizia e l'amore, tra la convenienza ed il bisogno reciproco, tra la protezione unilaterale e quella bilaterale divenne così labile da renderne difficile la vista.

Il 'Ti amo' di rito scivolò fluido dalla loro bocca, suggellato da un bacio languido; non fu né il primo, né l'ultimo.




* Ho 'parafrasato' le parole dei Massive attack, creando un qualcosa di meno poetico, che si adattasse alla shot.
   
 
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