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Autore: Daniele_    24/07/2012    0 recensioni
Il tempo passa, inesorabilmente. Le persone appoggiano i loro piedi sulla stessa terra su cui altre camminano, hanno camminato e cammineranno. Così anche li appoggiano su un campo da calcio. Ma a volte questi passi si incrociano. E si scontrano.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Pioggia
 
Una mattina di fine giugno una torrenziale pioggia cominciò a cadere sull’Europa fin dall’alba. Il cielo plumbeo inglese impedì al sole di inizio estate di irraggiare gli splendidi monumenti della capitale e di altre città storiche. A Manchester in una lussuosa villetta di periferia i raggi non penetrano attraverso le finestre di vetro smerigliato, lasciando il proprietario dormire su un soffice letto stile tardo Ottocento.
Quel mattino nessuno aveva intenzione di alzarsi, indossare un impermeabile e aprire un logoro ombrello. Tuttavia il proprietario di quella villa alle dieci di mattina venne destato da un terribile suono, di gran lunga peggiore di quello di una sveglia: il suo Blackberry, fiammante d’acquisto, stava suonando senza fornire la minima speranza di vederlo interrompere quel dannato rumore.
«Chi cazzo è a quest’ora del mattino?».
Lanciata una sfuggente imprecazione, il robusto uomo dalle larghe spalle e da un’abbronzata carnagione spostò il proprio corpo verso la sua destra per poter afferrare l’odiato cellulare. Appena dopo aver scorto il nome di colui che aveva interrotto il suo sonno, imprecò nuovamente e rispose adoperando il vivavoce.
«Luke, che diamine vuoi? Non avresti potuto chiamarmi più tardi?»
Dal nero Blackberry uscì fuori una voce squillante, dal tipico accento americano al cui suono chiunque avrebbe rabbrividito. «Che diamine voglio, Axel? Ti rammento che, se non ti avessi offerto ogni aiuto possibile, adesso non avresti mai potuto ascoltare ciò che sono in procinto di annunciarti».
A quel punto l’attenzione di Axel crebbe, al punto tale da disattivare il vivavoce e porre il suo fiammante cellulare, con un rapido movimento, all’orecchio destro. Anche quella volta Luke aveva pertanto compiuto il suo lavoro, come sempre. Anche se meglio di quanto il muscoloso uomo potesse mai immaginare.
«Mi hai già trovato una squadra? Bene. Anzi, direi ottimo, se non mi avessi svegliato. Mi ero tranquillamente appisolato dopo una faticosa nottata. Forza, dunque. Spara questo nome. Spero che tu possa non deludermi. Sai, dopo aver militato in una squadra come…».
Luke interruppe il monologo del suo assistito pronunciando un nome che, quasi come il solo udirne fosse in grado di sterminare interi eserciti pronti alla guerra, fece rabbrividire Axel, che per la prima volta nella sua vita si sentì piccolo.
«Come è possibile?» disse, agitato ed emozionato al tempo stesso, «Dopo tutto quel che è successo appena un mese fa? E i giornali hanno scritto che sono interessati ad acquisire anche Sanchez e Drago, oltre al già tesserato Fabregas. Dai, è impossibile».
«È più che possibile, Axel. Credimi. Sempre se deciderai di farla finita con queste serate in discoteca fino a notte fonda e a questi festini che hanno quasi rovinato la tua reputazione» tuonò Luke.
«Ma è nel mio DNA. Non potrò mai rinunciarvi».
«Dovrai farlo invece. O cambi o cambi».
 
 
Numerose primavere erano trascorse lentamente ma inesorabilmente da quando Gustavo, settantenne in pensione da dieci anni, era nato un lontano giorno piovoso di fine autunno. La grande passione del calcio lo aveva infettato fin da giovane età, quando il suo unico passatempo non era terminare l’ultimo sparatutto rinunciando perfino di uscire, ma organizzare una partitella con quanti ragazzi possibili. Il tempo passò. Anno dopo anno la condiziona fisica di Gustavo peggiorò. Il suo sogno di diventare calciatore professionista si era interrotto all’età di quattordici anni, quando più nessun club lo promosse ad un provino.
Tuttavia un sogno non può essere trascurato. Gustavo adorava il calcio e voleva lavorare in quel mondo che poteva assaporare soltanto andando allo stadio alla domenica o guardando 90° Minuto. E riuscì a diventare un osservatore di giovani talenti.
Passò intere giornate, afose e tempestose, sotto il cocente sole d’estate o la neve d’inverno ad osservare la nascita di nuove stelle o il flop di promesse rivelatesi meteore.
In pensione continuò a seguire il calcio internazionale, specialmente quello giovanile. Sua moglie Ottavia gli aveva sempre permesso, da quarant’anni, di dedicarsi alla sua unica, non misurabile passione.
Il 22 giugno 2011 era seduto sulla sua soffice poltrona di seta verde, intendo ad osservare il telegiornale delle 13. Un’avvenente donna sulla trentina, terminato di illustrare le problematiche finanziarie degli ultimi giorni, mostrò ai telespettatori un servizio sugli esami di maturità che la mattina i giovani liceali avevano affrontato.
« “Una dura prova è stata sottoposta oggi agli aspiranti maturandi, costretti a doversi districare fra diverse tracce. Molti ragazzi hanno preso la decisione di svolgere un saggio breve partendo dalla frase Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti di Andy Warhol, ma i più arditi hanno osato cimentarsi nell’analisi della poesia Lucca di Giuseppe Ungaretti o ad affrontare l’intricata traccia storica Destra e sinistra. Oltre a ciò, sono stati proposti anche il saggio Amore, odio, passione, presentato con brani di Verga, D’Annunzio e Svevo e i tre dipinti Il bacio di Klimt, Ettore e Andromaca di De Chirico e Gli amanti di Picasso; chiude la prima prova la tematica alimentare con la domanda Siamo quello che mangiamo?.
« “Sentiamo ora però i commenti di alcuni giovani.”
« “Le tracce della prima prova hanno soddisfatto le tue aspettative?”
« “Sinceramente pensavo che sarebbe stata proposta una traccia sui 150 anni dell’Unità d’Italia o sulla beatificazione di papa Giovanni Paolo II, ma tutto sommato è stato interessato svolgere un tema su forti tematiche come l’amore e la passione, unite all’odio.”
« “Quale traccia avete scelto?”
« “Senza dubbio quella sulla celebrità dei 15 minuti. Non ho neanche letto le altre, spero di uscire con un bel 60”
« “Ho cercato di scrivere il saggio sulla destra e la sinistra, ma infine ho preferito analizzare la poesia di Ungaretti, avendola già letta in classe durante l’anno.”
« “Sei soddisfatto della tua prova?”
« “Diciamo abbastanza, ho avuto qualche difficoltà ma tutto sommato ho avuto più paura di quanto fosse necessario.”»
Gustavo aveva sempre odiato la scuola. Allo stesso tempo, tuttavia, sosteneva che senza un’istruzione nemmeno un calciatore avrebbe potuto sfondare. Si può tranquillamente essere in grado di compiere rovesciate a mezz’aria o finte e doppie finte, ma senza educazione, buone maniere e consapevolezza del vivere insieme nessuno nel mondo trova una lunga strada da percorrere; anzi, viene ben presto fermato e costretto alla retromarcia.
« “Fra gli aspiranti maturandi siamo riusciti ad incontrarne uno particolare, un diciannovenne che, a differenza dei suoi coetanei, è ormai conosciuto in mezza Europa. Parliamo di Paolo Drago.”»
 
 
«Ti farò avere notizie appena possibile, te lo assicuro».
«Ok, grazie Luke. Ci sentiamo».
Axel pose termine alla telefonata e appoggio il suo Blackberry nuovamente sul tavolino. Non aveva la forza di alzarsi e di guardare la pioggia.
Era già passato quasi un mese da quel 28 maggio, data in cui aveva giocato la partita d’addio con il suo attuale club che, tuttavia, lo teneva vincolato fino al 2016 con un contratto di ferro. La possibilità che in quel momento gli si presentava davanti era davvero l’unica per lasciare l’Inghilterra e tentare una nuova avventura. Però Luke era stato chiaro.
«O cambi o cambi».
Luke però non desiderava cambiare. Assolutamente.
Secondo lui la vita di ogni persona è come una retta disegnata con una matita su un foglio bianco di dimensioni infinite. È compito di ciascuna persona definire la linea personale, rendendola retta il più possibile grazie alle sue qualità e abilità.
Fino a quel momento Axel si era dimostrato all’altezza: non aveva mai permesso alla sua retta di prendere una direzione differente da quella che le aveva imposto. Adesso però tutto era diverso. Tutto.
 
 
Gustavo si accorse che la fronte era improvvisamente diventata madida di sudore.  Istintivamente si alzò, permettendo al morbido cuscino rosa di riassumere la forma naturale conferitagli da una macchina e non dalla natura, e si diresse verso la finestra. La aprì, benché piovesse a dirotto, porgendo la testa al suo esterno e lasciando scorrere gocce d’acqua lungo il proprio viso, sconvolto. Il nome pronunciato dalla giornalista aveva rovinato quella giornata iniziata così bene al bar, accompagnata da un caldo croissant e da un caffè amaro.
Il suo lavoro gli aveva insegnato come nessun altro quanto nella vita fosse semplice scegliere una strada sbagliata e dirigersi verso un dirupo. Sfortunatamente, come un esperto di casistica, se interpellato, potrebbe affermare, solitamente la via che conduce al dirupo viene costruito ad arte da alcune persone che non si intendono affatto di arte e il cui unico scopo è di pensare al lato economico della propria arte.
In quel frangente sua moglie non era in casa ma era uscita in direzione del mercato rionale mattutino in compagnia di una sua cara amica e con ogni probabilità si era trattenuta in una conversazione senza limite. Fu l’unica nota di sollievo, in quanto nessuno avrebbe potuto prenderlo per pazzo.
Perché egli pazzo non era. O forse lo era.
Però sapeva due cose.
La prima, che quella prima intervista a Paolo Drago non sarebbe stata l’ultima ma il principio della strada ciottolata che avrebbe condotto al dirupo.
La seconda, che Paolo Drago era suo nipote.
 
 
Indossare i Ray-ban in una giornata piovosa purtroppo non avevano consentito al giovane Paolo di sfuggire inosservato ai pressanti giornalisti, che affamati di prede come avvoltoi avevano riconosciuto sine mora la succulente carne da gustare e vi si erano fiondati ad ali spiegate. Il ragazzo, stressato per le quattro ore consecutive seduto a scrivere un saggio breve riguardo alla breve popolarità di ogni persona nel futuro, tolse sconsolato gli occhiali da sole, attendendo l’arrivo dei cacciatori.
L’agente Mario D’Angeli era stato preciso nelle sue raccomandazioni: avrebbe dovuto evitare di fornire qualsiasi sicurezza percentuale su un suo approdo in un club di Serie A o di Liga Spagnola. Era ovvio che i meglio informati fossero a conoscenza di dove si sarebbe recato appena fosse stato possibile, ma niente era stato ufficializzato e l’improvviso intervento nei giochi da parte della squadra campione d’Europa in carica aveva agitato le acque della piatta marina.
Il desiderio della fama ha preso il sopravvento, al giorno d’oggi, sulla felicità per la gratificazione dei propri valori; quindici minuti trascorsi nella sala centrale della casa del Grande Fratello sono diventati un traguardo per ogni giovane. La situazione non appare così diversa dalla corruzione dei costumi di Roma che portò all’insorgere di uomini politici come Catilina.
Quella mattina aveva iniziato così il suo saggio. Senza alcuna citazione al mondo del calcio.
«Buongiorno, Drago. Siamo lieti di incontrarla».
L’entrata nell’occhio del ciclone interruppe i suoi pensieri.
 
 
Axel odiava la pioggia. Cadere nel fango dei campi inglesi e rialzarsi sporco di melma marrone era un’esperienza terribile da vivere ogni volta che in Inghilterra la legge della condensazione trasformava le nuvole in acqua. Nel giardino interno alla sua villa, adorno con statue bianche di armo costruitegli personalmente da rinomati artisti internazionali, si era concesso per una volta il lusso di guardare il cielo. Non lo aveva infatti più osservato da una lontanissima notte a Monaco di Baviera nel 1997.
Quella mattina a Manchester scese più acqua di quanto fosse prevista.
 
  
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