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Autore: Adsartha Illyria    24/07/2012    1 recensioni
Dopo il litigio finale con Godric, Salazar Serpeverde abbandona per sempre Hogwarts. L'amato castello però non è l'unica cosa a cui deve dire addio.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Serpeverde
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Gettò furioso il mantello verde nel baule, senza nemmeno preoccuparsi di guardare se aveva centrato o meno il bagaglio. In realtà non era concentrato affatto sugli effetti personali, non gli importava nemmeno di cosa stesse mettendo nella valigia, la sua mente era ancora troppo occupata a rivangare quel feroce litigio che aveva appena cambiato le sorti di Hogwarts e le sue. Salazar Serpeverde si fermò qualche istante a guardare il proprio riflesso sullo specchio, il viso livido dirabbia e di umiliazione: Helga e Rowena avevano fatto la loro scelta, l'avevano tradito e si erano schierate con Godric. La mano di Salazar si strinse con forza attorno al medaglione sul proprio petto, tanto forte che sentì il freddo metallo penetrargli nella pelle. Si voltò con uno scatto e chiuse il baule, puntando la bacchetta ed eseguendo un Incanto Locomotor: risalì i Sotterranei fino ad arrivare al Salone d'Ingresso, senza guardare in volto nessuno degli studenti che incontrava, nemmeno i suoi Serpeverde: sapeva che se l'avesse fatto, si sarebbe fermato all'istante, una parte di lui stava urlando indignata e furiosa all'idea di lasciare Hogwarts, la sua Hogwarts, nelle grinfie di Grifondoro. Spalancò le porte del salone con una semplice stoccata, lasciandosi gli studenti alle spalle in una fredda mattina di novembre; si fermò qualche istante per respirare profondamente, appena fuori il cortile di pietra, ad un passo dall'uscire per sempre dal castello, mentre dentro di lui, l'amore per Hogwarts ancora combatteva per non smuovergli i piedi. No, mai! Mille volte meglio morto piuttosto che vedere la sua scuola insozzata da luridi Nati Babbani e Mezzosangue, le nuove, impure mascotte di Godric, giunti per infettare la Magia stessa e decimare i Purosangue. No, Salazar non sarebbe mai rimasto a guardare una simile disfatta, Hogwarts non sarebbe stata casa sua e di quegli indegni animali, Salazar Serpeverde non avrebbe mai vissuto sotto lo stesso tetto di chi rubava la magia...
“E' un giorno lugubre per partire...”
Salazar si voltò piano, ben riconoscendo la voce austera e al contempo soave: Rowena era ritta accanto ad una delle statue dei cinghiali, a fissarlo duramente senza battere ciglio. “Dunque è perfetto” ribattè Salazar, ricambiando lo sguardo con altrettanta durezza. Rowena non parve turbarsene, si avvicinò a lui fissando il baule sospeso a mezz'aria.
“Il tuo orgoglio ti condannerà” disse con tono tranquillo, guardandolo negli occhi. Salazar rimase in silenzio: non aveva mai considerato l'orgoglio come un vizio, ma come una virtù. Senza orgoglio, nessuna impresa sarebbe stata ricordata, era l'orgoglio che motivava i grandi maghi, era stato l'orgoglio che aveva spinto quattro di quei maghi a fondare la più grande scuola di Magia e Stregoneria che il mondo avesse mai visto.
“Sarò felice di morire allora” replicò impassibile. Fu il turno di Rowena a tacere, ma non parve sconfitta: sembrò anzi non curarsi di quelle parole. Abbassò lo sguardo ed allungò la mano, intrecciando le dita con quelle di lui; Salazar ricambiò quella stretta, senza però lasciare che l'orgoglio nei suoi occhi si dissolvesse a quel tocco. Rowena lo guardò nuovamente in volto, l'espressione rigida mutata e addolcita appena.
“Non sei costretto ad andartene” mormorò con forza senza battere ciglio.
“Dopo il tuo tradimento, lo sono eccome” sibilò lui, senza però allontanarsi. Rowena parve offesa dalle sue parole, ma non lasciò andare la sua mano: era ciò che la rendeva diversa da tutte le altre donne, per quanto Salazar detestasse ammetterlo. Rowena Corvonero non aveva mai permesso ai sentimenti di influenzare la sua dannata razionalità, sapeva perfettamente scindere le emozioni dalla ragione e quel momento non era diverso.
“Per come la vedo io, il tuo è tradimento” ribattè lei con moderata freddezza, senza staccare gli occhi dai suoi. Salazar scacciò la sua mano, senza riuscire a cancellare l'espressione turbata e ferita che gli affiorò in volto. Indietreggiò di qualche passo, furente, come a voler mettere più distanza tra loro.
“Hai giurato di servire Hogwarts fino alla morte, di istruire e tramandare l'eredità della magia” disse Rowena senza alcun ripensamento, avanzando con forza verso di lui “e ora tradisci quel giuramento andandotene come un codardo” Le mani di Salazar tremarono di rabbia, come se si stessero trattenendo dal colpire il volto di Rowena, perfettamente imperscrutabile e fiero.
“Tu non te ne vuoi andare, o non saresti ancora qui” mormorò Rowena, avvicinandosi ancora a lui, senza temere la rabbia nei suoi occhi ma attirata dal calore del suo cuore, sepolto sotto il glaciale orgoglio che lei sola aveva saputo smantellare.
“Forse perchè ho ancora motivi per restare... ma attendo che qualcuno me lo chieda” sibilò lui, poggiando la mano sulla bianca guancia di lei.
“Il tuo orgoglio ti condannerà, Salazar Serpeverde” disse Rowena, respirando il profumo della sua pelle.
“E il tuo ti ucciderà...” rispose lui.
“Lo farà se partirai”
“Allora chiedimi di non farlo”
Le loro labbra si carezzarono in una dolcezza a loro sempre sconosciuta e sorprendente, nonostante tutte le volte che così si erano incontrate. I loro occhi si chiusero nell'assaporarsi, cercandosi con le braccia, trovandosi con le dita, mescolando i loro calori in attimi di tempo che parvero infiniti.
“Rimani...” sussurrò Rowena “rimani per me... rimani per nostra figlia”
Salazar non osò aprire gli occhi udendo la voce di Rowena, fragile e tremante come mai aveva osato immaginarla. Sentire quell'austerità mancare, crollare sotto una voragine di speranza ed emozioni che mai le aveva visto e sentito pronunciare, avvertire quel tremore che aveva provato solo il giorno della nascita di Helena, lo fece sentire... fragile. Fragile come lo era Rowena, la sua Rowena, la donna più forte che avesse mai incontrato e che ora non era che una fanciulla che altro non sperava che lui negasse tutto ciò in cui credeva per rimanere al suo fianco. Esattamente come Godric.
Godric... Bastò il solo pensiero di lui per fargli mordere le labbra, ancora gonfie dell'amore di Rowena, per la rabbia. Era Godric che aveva rovinato tutto, Godric che aveva cambiato Rowena, Godric che ora li allontanava...
“Non posso...”
Sparì in un turbinio d'aria, senza darle il tempo di aprire gli occhi. Rowena attese qualche istante, allungando una mano davanti a se, cercando qualcosa che sapeva non sarebbe tornato. Solo allora aprì gli occhi, senza badare ai rigoli che le sgorgarono sulle guance, ancora calde del tocco di Salazar. Sentì qualcosa spezzarsi all'altezza del petto, le gambe persero la loro forza e cedettero sulla fredda terra, dove rimase a fissare il punto in cui Salazar era scomparso.
“Il tuo orgoglio ti condannerà, Salazar Serpeverde...” mormorò flebile. Godric Grifondoro comparve solo allora dagli arcati del cortile: si avvicinò lentamente, una triste espressione sul volto: Rowena non lo guardò.
“Mi dispiace” disse lui, giungendole alle spalle. Rowena non gli rispose, ancora intenta a fissare immobile la dipartita di Salazar.
“Fa freddo, Rowena, dobbiamo rientrare” tentò Godric, chinandosi al suo fianco; Rowena scosse il capo, chiudendo gli occhi e abbassando la testa. Rischiò improvvisamente di cadere in avanti, priva di forze, ma Godric la prese, pronto. Le tastò la fronte e le cercò il battito sulla gola e sul polso, corrugando la fronte, perplesso.
“Sei sempre più debole...” osservò allarmato, guardandola in volto. Rowena lo fissò di rimando, del tutto priva di emozioni.
“Stai morendo” disse Godric, prendendola in braccio “devo portarti subito in infermeria”. Rowena non si ribellò, ne lo guardò; non le importava, né sentiva di dispiacersene, non quel giorno.
“E' per il mio orgoglio...”
  
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