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Autore: TittiGranger    24/07/2012    6 recensioni
Incrociò le dita con quelle ruvide di Ron, che sembrò trattenere il respiro.
- Hai ragione - gli disse poi, sporgendosi verso di lui e sistemandogli il colletto della polo che teneva sotto al maglione. Il collo di Ron divenne immediatamente scarlatto quando, per sbaglio, le dita di lei lo sfiorarono. Hermione lo sistemò con cura, poi fece scendere le mani in basso, accarezzandogli le spalle.
- Ecco qua - gli disse a mezza voce, facendo un mezzo sorriso, perdendo un mezzo battito.
- Oh, ehm… grazie… forse prima, quando mi sono sfilato il medaglione… - fece un gesto con la mano intorno al collo, alludendo al fatto che il disordine fosse stato dovuto a quello - Ora lo porta Harry, mi pare.
Hermione annuì, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo - Già. Lo so.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Ad una persona che già nell'immaginario pensavo fosse speciale.

Nella realtà credo che lo sia ancora di più.

 

Emma, perdonami.

Ma quella scena ci stava troppo bene per non usarla…

 

 

 

Entrò nella stanza, sbattendosi dietro la porta.

Era scocciato.

Alterato.

E contrariato, anche.

Insomma, come poteva sua madre costringerlo ancora a riordinare la sua stanza?

Aveva ventidue anni, miseriaccia. Non era mica un ragazzino!

“ Non osare uscire da questa casa senza prima aver ridato un aspetto umano alla tua stanza, Ronald, altrimenti giuro che ci penso io! E sai che se ci metto le mani…”.

Gli aveva puntato il dito.

Il dito.

Tutti i fratelli Weasley sapevano bene che quel gesto di Molly rappresentava esattamente l’ultimo avvertimento: segnava la linea di confine tra la minaccia verbale e la sua concretizzazione.

Quindi era stato costretto a prendere il triste sacco nero della spazzatura e a tornarsene in camera per iniziare quel malefico rituale che sua madre gli imponeva da quando aveva iniziato a camminare.

Ron sbuffò, gettando il sacco sul letto.

Da dove iniziare?

Dai vestiti ammucchiati sulla sedia, forse.

Oppure no….no!

Magari era il caso di cominciare ad impilare le scatole di cartone per confezionare le Merendine Marinare. Avrebbe dovuto portarle in magazzino già da diversi giorni ma…

Aveva avuto altro da fare. E con quel mucchio di scatole stava diventando impossibile riuscire ad aprire la finestra.

Altrimenti poteva iniziare riordinare i libri che teneva sulla mensola.

Gettò uno sguardo scoraggiato a quegli enormi tomi malamente riposti.

E lo scoraggiamento non derivava dal fatto di doverli mettere in ordine, naturalmente.

No.

Era dovuta al fatto che li avrebbe dovuti studiare.

Proprio lui che non toccava un libro da anni, da quando aveva lasciato Hogwarts.

Francamente, non sapeva neanche se si ricordava come si faceva, a studiare.

Ma se vuoi passare il test per l’Accademia Auror, non hai altra scelta, Ron”, gli aveva detto Hermione, mollandogli i libri fra le braccia “ E per favore, trattali con decenza. Odio le pagine con le orecchie…”.

Sospirò, avanzando verso l’improvvisata libreria, accompagnato dai gesti di esultazione dei Cannoni, che lo fissavano come se avesse appena eseguito una tripla parata.

Afferrò un libro, “Legge Magica, principi fondamentali”.

Ah, fantastico. Il solo titolo era sufficiente a fargli venire mal di testa.

Guardò oltre: “L’arte della difesa”.

Oh, miseriaccia.

Davvero quelle erano le materie che avrebbe dovuto preparare?

Aprì il libro, facendo scorrere velocemente le pagine fittamente scritte.

I tre quarti erano sottolineate. Righe perfettamente dritte, decise.

Il tocco di Hermione era evidente.

Ripensandoci, non sapeva se a spaventarlo fosse più il pensiero di dover studiare quei mattoni, o la possibilità di poterli rovinare.

Forse una vaga idea ce l’aveva…

Sospirò di nuovo, impilando ordinatamente il libro nella libreria inutilizzata. Ne prese un altro, e lo infilò accanto al primo. Poi un altro ancora, ma prima che potesse aggiungerlo agli altri, un foglietto scivolò dalle pagine stampate, svolazzando fino a terra.

Facendo attenzione che i libri non scivolassero via, Ron si chinò per afferrarlo, immaginando che si trattasse di una semplice pergamena su cui Hermione avesse preso degli appunti.

Ma quella che si ritrovò a fissare non era la grafia di Hermione.

Sfiorò la piccola pergamena ingiallita e sorrise, mentre vecchie immagini prendevano vita nella sua mente…

 

 

 

“ZzzZzzzZzzz… ancora con noi… ZzzZzzzZZz… novità… ZzzZzzZzz… aggiornamenti”.

Maledetta radio.

Maledetta radura.

Maledetta recezione.

Maledetta-pessima-recezione.

- Lascia perdere, Ron - gli disse Hermione, china sulla cartina geografica completamente stesa sul tavolo - Non c’è segnale qui.

“ZzzzZzzzZzzzzzzZzzz… eventuale…. ZZZZZzzzzZzzzzzz… avvistamento… Mangiamorte…”

Stupida rotella!

Era tanto difficile captare un segnale?

“ZzzzzZzzzzzZzzzz”.

E poi non potevano essere così isolati, miseriaccia! Erano ancora… in Gran Bretagna, no? Non potevano certo essere così lontani, non potevano…

- Ron? - lo richiamò Hermione.

- Che c’è? - sbottò lui.

- Piantala.

Ron sbuffò, più a lungo del solito, ma posò la radiolina sul mobiletto accanto a lui.

Si stiracchiò, sentendo le molle della sua brandina cigolare sotto al suo peso. Aveva la schiena indolenzita: stare sdraiato sopra quella specie di saccone bitorzoluto lo stava distruggendo.

- Dovresti alzarti, se hai mal di schiena, Ron - gli disse Hermione - Stando in piedi riesci a scaricare meglio il peso.

Non lo stava neanche guardando.

Non le era stato necessario neanche guardarlo per capire di cosa avesse bisogno, continuava ad esaminare attenta la sua cartina.

Sembrava che a lei non servisse puntare lo sguardo per poter vedere davvero…

Lui sorrise, scuotendo la testa; con una mossa veloce balzò in piedi, lasciando che la brandina protestasse con qualche flebile cigolio, prima di perdersi nel silenzio.

Buttò un’occhiata all’orologio… mancava più di mezz’ora al suo turno di guardia.

Forse poteva andare comunque fuori, a fare compagnia ad Harry, oppure…

- Che fai? - chiese ad Hermione, andandosi a sedere sulla panca di fronte a lei.

Lei inclinò la testa, senza spostare lo sguardo assorto dalla cartina, come se volesse avere una visuale diversa - Sto cercando di capire dove siamo - strinse le labbra e senza preavviso, prese in mano una piuma posata lì accanto e la puntò sulla cartina - Ad occhio e croce, siamo qui! - concluse soddisfatta, tracciando un punto rosso sulla mappa.

Ron si sporse in avanti, per guardare meglio e scorse una serie di puntini, fatti a mano, fatti da Hermione, che formavano una scia colorata nella fascia interna della gran Bretagna.

Fece un fischio basso - Wow, cosa sarebbe una specie di mappa?

Lei scosse le spalle, alzando lo sguardo per incontrare quello di Ron - Più o meno.

- Ma caspita, è un lavoraccio! Lo hai dovuto fare con tutti i posti in cui siamo stati?

Hermione ridacchiò, scuotendo le spalle - E’ che mi piace avere un quadro generale. Sapere dove siamo, o dove ci siamo trovati.

Ma certo.

Tutto sotto controllo, come sempre.

Ron ridacchiò, appianando con un dito un angolo piegato della cartina - E per farci cosa? Per sapere come tornarci, un giorno? Quando tutto sarà finito? - la prese in giro lui, sperando in qualche modo di alleviare la preoccupazione che, di giorno in giorno, vedeva trasparire dagli occhi della ragazza.

Lei sorrise tristemente, stavolta evitando di guardarlo. Seguì con il dito la scia di puntini rossi - Più che altro è per… poter vedere la strada che ci riporterà a casa. Quando tutto sarà finito - tuffò il viso nel collo del maglione, scuotendo la testa - Lo so che è un po’ stupido, ma mi incoraggia sapere che c’è una strada che ci porterà indietro, un giorno.

Ron si morse le labbra e per la milionesima molta da quando l’aveva conosciuta, pensò che nessuno meglio di Hermione fosse  in grado di razionalizzare ciò che di razionale non ha nulla.

Come la paura di non sapere cosa accadrà, cosa bisognerà affrontare, cosa bisognerà perdere.

E dato che  Hermione, per la prima volta, si era trovata nell’impossibilità di non poter pianificare il futuro… si era messa là, a tavolino, a pensare ad un modo per poter “tornare al passato”, ad un periodo sicuro, in cui tutto sembrava più facile.

E di quello ne aveva fatto la sua energia.

- Hai fatto bene - le disse Ron - Così, quando dovremo tornare a casa, sarà più semplice.

Lei annuì, poco convinta. Poi, inaspettatamente si lasciò sfuggire una risatina. Ron sorrise con lei - Cosa c’è?

- Sai qual è stata la prima cosa che ha fatto mio padre, dopo che gli ho fatto l’incantesimo? - disse lei, mentre Ron vedeva il suo sguardo perdersi nel ricordo di quel giorno - Si è messo a cercare una cartina geografica dell’Australia… continuava a dire che era inconcepibile pensare di partire senza, che… - la sua voce si spezzò, mentre una sfondo di tristezza le invadeva gli occhi

Ron allungò la mano sul tavolo, per sfiorare quella di lei. Fu un gesto istintivo, ma che non gli impedì di arrossire imbarazzato quando si rese effettivamente conto che quelle che stringeva nella sua mano erano davvero le dita di Hermione.

- E tu ce l’hai una cartina dell’Australia, Hermione? - le chiese.

Lei lo guardò, confusa, alzando le spalle - Ehm, no… io… cosa dovrei farci?

Ron schioccò la lingua, con finto rimprovero - Nella prossima spedizione- viveri, dobbiamo procurarci anche una mappa dell’Australia, allora. Così avremo le idee ben chiare quando andremo a riprendere i tuoi genitori.

Hermione, dovette stringere le labbra fino a farsi male, per trattenere le lacrime.

Lacrime di tristezza.

Lacrime di solitudine.

Lacrime di paura.

Lacrime di sollievo per avere Ron là, vicino a lei.

Incrociò le dita con quelle ruvide di Ron, che sembrò trattenere il respiro.

- Hai ragione - gli disse poi, sporgendosi verso di lui e sistemandogli il colletto della polo che teneva sotto al maglione. Il collo di Ron divenne immediatamente scarlatto quando, per sbaglio, le dita di lei lo sfiorarono. Hermione lo sistemò con cura, poi fece scendere le mani in basso, accarezzandogli le spalle.

- Ecco qua - gli disse a mezza voce, facendo un mezzo sorriso, perdendo un mezzo battito.

- Oh, ehm… grazie… forse prima, quando mi sono sfilato il medaglione… - fece un gesto con la mano intorno al collo, alludendo al fatto che il disordine fosse stato dovuto a quello - Ora lo porta Harry, mi pare.

Hermione annuì, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo - Già. Lo so.

- Vado a dargli il cambio… - disse Ron, senza accennare ad alzarsi, ancora stringendo la mano di Hermione fra le sue - Tocca a me.

Lei annuì, di nuovo, senza dire nulla.

Ron si alzò, ma prima di uscire, si chinò verso di lei, sfiorandole una guancia con un tocco quasi inesistente - Troveremo la strada giusta, devi stare tranquilla.

Hermione lo guardò mentre usciva, mentre si scambiava qualche parola con Harry, mentre si sedeva accanto a lui.

E per la prima volta, osservandolo mentre si infilava il medaglione, Hermione si rese conto che forse la sua più grande paura non era tanto quella di non ritrovare la strada… quanto il pensiero che qualcuno di loro potesse perderla definitivamente.

“ZzzzZzzz… zzZzzzzZzz…”

 

C’era solo il buio.

Buio fuori, buio dentro.

Neanche la più piccola delle luci ad illuminare la sua strada.

Solo il buio attorno a lui.

Nella stanza umida e accogliente di Villa Conchiglia che Bill e Fleur gli avevano gentilmente offerto, Ron continuava imperterrito a fissare quella cartina ormai logora che suo fratello gli aveva procurato.

Di solito, quando si spostavano, lo facevano verso nord…

Quindi era probabile che anche in quel caso avessero fatto lo stesso.

Magari poteva provare a Smaterializzarsi in quella zona, poteva provare a cercarli…

Magari loro lo avrebbero sentito, oppure lui avrebbe cercato di farsi trovare.

No, troppo rischioso.

Rischiava solo di causargli danni, in quel modo.

Percorse con il dito una linea interna della mappa della Gran Bretagna, un po’ più a est… un po’ più giù…

Erano giorni che analizzava quella mappa, cercando di capire dove poteva cercarli.

Un po’ più a ovest, un po’ più al centro.

Ormai credeva di aver memorizzato ogni stupido nome, ogni stupida montagna, ogni stupido corso d’acqua.

Forse un po’ più a nord, un po’ più a sinistra…

Con un gesto rapido e rabbioso, Ron spazzò via la cartina che, semi-accartocciata, svolazzò a terra.

Si mise le mani tra i capelli, respirando forte. L’unica cosa che voleva era urlare, voleva picchiarsi e voleva gridare ancora, voleva…

“Bacchetta…”.

Lasciò la presa sui capelli, mentre si guardava attorno, confuso.

Quella voce…

- Hermione? - chiamò.

Silenzio. La stanza, illuminata solo dalla fioca luce della lampada che teneva sul comodino, era immersa nel silenzio.

Oh, miseriaccia, stava impazzendo adesso? Sentiva le voci ora?

Sentiva la sua voce?

“Ron…”.

Con un balzo scivolò giù. L’aveva sentita. Era lei, stavolta ne era sicuro, era lei…

Senza neanche rendersi conto delle sue stesse azioni, afferrò lo zaino posato accanto al letto e con un gesto sgraziato, ne vuotò a terra il contenuto. Cercò fra le varie cianfrusaglie, finché lo vide.

Il deluminatore.

“Ron…”

Uno scatto, una luce, un verso di sorpresa.

Seguì con lo sguardo la piccola luce che danzava leggiadra attorno alla stanza, che continuava a danzare fuori, che danzava nell’attesa che lui la seguisse…

Senza pensare, senza riflettere, senza capire, Ron afferrò il giaccone e infilò alla rinfusa gli oggetti nello zaino.

Si chinò a raccogliere la mappa, sapendo che non l’avrebbe mai usata.

Non sapeva che strada avrebbe percorso, non sapeva cosa lo avrebbe atteso.

Sapeva solo dove voleva andare e che sarebbe stata lei ad illuminargli la via.

 

 

- Ma ti fidi se ti dico che è di qua? Ti fidi, santo cielo? - sbottò spazientita Hermione, cercando di sovrastare con la voce il rumore del traffico di Londra.

- E’ ovvio che mi fido, stavo solo chiedendo! - fece Ron, senza grande convinzione, troppo intento ad ammirare le meraviglie babbane che lo circondavano.

Automobili. Cartelloni pubblicitari. Venditori ambulanti . Vetrine colorate.

Rumori, luci, movimento.

- Ricapitoliamo - disse Hermione, guidando Ron in mezzo alla gente - Passiamo a casa mia, cerchiamo quei documenti e… Ron, fermo! Non vedi che il semaforo è rosso?

Lo afferrò per la manica scura del giubbino e lo tirò indietro, mentre una sflilza di automobili colorate sfrecciava sulla strada davanti a loro. Una signora, ferma sul ciglio poco distante, li guardò sospettosa, stringendosi la borsa al braccio con più forza.

- Vuoi più stare attento? - bisbigliò, cercando di non dare troppo nell’occhio. Stavano già attirando l’attenzione più del necessario.

Lui fece un gesto distratto con la mano - Hai ragione, mi ero dimenticato di quell’attrezzo cambia-colore. Certo che ‘sti babbani ne sanno una più del diavolo…

Hermione sospirò, mentre attraversavano la strada - Dicevo… arriviamo a casa, prendiamo i documenti…

-… confrontiamo i numeri di previdenza sociale con quelli che abbiamo, recuperiamo dei vestiti puliti e domani pomeriggio ci presentiamo all’aeroporto in perfetto orario - concluse Ron per lei - Hermione, è tutto sotto controllo, stai tranquilla. Abbiamo tutto-sotto-controllo.

Lei annuì, guardando di sfuggita la vetrina di un negozio di articoli sportivi - E’ vero, scusami,  sono sempre esagerata.

Ron sorrise, passandole un braccio attorno alle spalle e stringendola - Non lo sei. O meglio, lo sei… ma stavolta sei giustificata.

Hermione ridacchiò, dandogli un colpetto sulla spalla.

Camminarono per un altro piccolo tratto, mano per mano.

Ron continuava ad osservare affascinato quel mondo a lui quasi sconosciuto, quegli oggetti mai visti, quelle macchina mai trovate.

Osservava le strade, lasciando che lei lo guidasse in quello che da sempre era stato il suo mondo.

Finchè non raggiunsero una piazza che Ron ricordava bene. Molto bene.

- Aspetta!

Sì, era un piazzale che dava su una zona interna, al riparo da traffico e dalla confusione delle strade principali.

C’erano delle macchine parcheggiate e dei palazzi… probabilmente era una zona abitata che costeggiava il centro. Escludendo qualche passante e qualche auto che si sentiva in lontananza, quella parte così vicina al centro di Londra sembrava tranquilla e silenziosa.

- Che c’è? -gli chiese Hermione, voltandosi a guardarlo.

Si erano fermati davanti ad una specie di bivio.  Una parte conduceva verso quella che sembrava una strada più grande, l’altra invece proseguiva verso l’interno, andandosi a perdere tra palazzine e bassi edifici residenziali.

- Tu sei… sei sicura che sia quella la strada giusta? - le chiese Ron, indicando la strada, quella principale, che Hermione pareva intenzionata ad imboccare.

Hermione, confusa, si voltò a fissare la strada. Guardò le macchine parcheggiate, guardò la fiancata del palazzo, tutta elegantemente ricoperta di edera, poi guardò di nuovo la strada.

- Ma certo che ne sono sicura! Perché non dovrei? - ridacchiò lei - E’ di qua.

E dicendo questo si avviò verso la strada che indicava. Ma Ron rimase fermo.

- Sei proprio sicura? - insistette Ron, dubbioso - No perché, vedi, nella mappa che ho fatto…

- “Nella mappa che ho fatto”?

Ron incrociò le braccia - Sì, ho preparato una mappa - si grattò la testa, evitando di guardarla - Nel caso che ci fossimo persi… - aggiunse a mezza voce.

Hermione sbuffò - Ma perché mai ci saremmo dovuti perdere? Non ti ha minimamente sfiorato il fatto che io abbia vissuto qui per anni?

- Era solo per sicurezza! - fece lui, alzando le mani - Poi non dirmi che sono sempre impreparato, se poi, quando mi impegno… mi sgridi così! - aggiunse Ron, dirigendosi verso l’imbocco indicato da Hermione.

La ragazza si passò una mano sugli occhi, tentando di non ridere - Ron, va bene… va bene, scusa! Cosa dice la tua mappa quindi? Che dobbiamo prendere l’altra via?

Ron annuì - Ma facciamo la strada che dici tu.

Hermione guardò verso l’altra strada, che sembrava condurre verso l’interno - Alla fine penso sia la stessa cosa. Entrambe si ricongiungono con la via principale… quella che dico io ci ri-immette direttamente, la tua ci fa passare internamente… ma è uguale. Possiamo fare la tua, se preferisci.

- No, no, no, no - si affrettò a dire lui - Così se poi dovesse non essere la strada giusta potrai rinfacciarmelo ad oltranza? No, facciamo la tua. Sei tu l’esperta della zona, no?

Hermione si morse le labbra e per amor di pace, seguì Ron lungo la strada che lei stessa aveva indicato poco prima.

- E quindi hai preparato una specie di mappa. Tu - disse lei, mentre fiancheggiavano una siepe ben curata.

- Sì.

- E l’hai disegnata tu, proprio?

- Saresti così gentile da toglierti quel sottofondo ironico dalla voce? Te ne sarei molto grato - la rimbeccò lui, offeso.

Hermione ridacchiò, infilando un braccio sotto il suo - Così non potrò più dirti che non sei preparato.

Ron si voltò a guardarla - No, così se mi dovessi perdere, sarebbe colpa tua.

 - Non ti faccio perdere, non preoccuparti - gli disse lei, in un modo che gli procurò un brivido lungo la schiena.

Le prese la mano e gliela baciò, incrociando le sue dita con quelle di lei - Me lo auguro. E adesso ripetimi perché non ci siamo Smaterializzati.

Hermione sollevò le spalle - Perché era impossibile con gli incantesimi di protezione che ho fatto sulla casa prima di andare via. Avremmo potuto Smaterializzarsi in giardino ma… capisci anche tu che sarebbe stata una soluzione impensabile.

Ron schioccò la lingua - Quindi ci tocca prendere la… il treno sotterraneo, grande.

- La metropolitana, si - confermò lei, mentre si fermavano all’ennesimo semaforo. Come previsto, avevano ripreso la strada principale, senza intoppi.

- Cioè, ma davvero ti sei messo a disegnare una cartina con il percorso? - disse Hermione, non riuscendo a trattenere una risatina.

- La vuoi smettere?

Attraversarono la strada, seguendo la grande insegna della Metro che campeggiava sulle loro teste. Si avviarono verso l’entrata, ma prima che Ron potesse scendere anche un solo scalino…

- Aspetta!

Lui si voltò e guardò lei che guardava a sua volta l’insegna della metro.

- Abbiamo sbagliato - annunciò Hermione - Non scendere, vieni qua!

- Cosa, come… che vuol dire “abbiamo sbagliato”? C’è scritto “Metro”… - fece Ron, confuso, spostandosi dall’entrata per far passare altra gente.

- Sì, ma non è la direzione giusta. Dobbiamo prendere l’altra direzione, quella opposta - si guardò attorno - Ecco, quella là! - disse indicando un’altra entrata, dall’altra parte della strada.

-Oh… Oh! - sul viso di Ron si dipinse un sorrisetto soddisfatto.

Che non sfuggì ad Hermione.

- Chè c’è?

- Niente. Solo che…

Ma lei lo bloccò prima che potesse continuare - Non dire che se avessimo seguito la tua cartina non sarebbe successo, Ronald, perché questo non poteva esserci scritto!

Lui alzò le mani, in gesto di difesa - Non lo avrei mai detto… sei tu l’esperta, no?

Hermione borbottò qualcosa, mentre scendevano le scale che conducevano ai treni e mentre la seguiva, Ron pensò che dopotutto, indipendentemente dalle strade che avrebbero seguito, dai treni che avrebbero preso, lei non avrebbe mai infranto la sua promessa.

E se Hermione era lì con lui, era sicuro che non si sarebbe mai perso.

 

 

- Cioè, ma dico io, hai fatto una cartina per Londra, dove io vivo e che conosco bene, e non hai pensato a farne una per Melburne? - si lamentò Hermione, scorrendo la lista dei nomi scritti sui citofoni, sotto il sole cocente dell’Australia.

Ron poco distante, ripeteva la medesima operazione - Hermione, stai scherzando? Dopo che mi hai preso in giro per i due giorni successivi, adesso mi rimproveri di non aver fatto un’altra mappa?

Lei lo raggiunse - E’ che stavolta poteva essere utile - disse Hermione, svogliatamente, mentre un senso di ansia mista a panico iniziava a vorticargli nello stomaco - Trovato niente?

Ron scosse la testa, allontanandosi dai citofoni e dirigendosi verso il palazzo successivo - Niente neanche qua. Ma la strada è quella giusta, Hermione. Vedrai che li troviamo - aggiunse, vedendo scendere un’ombra di scoraggiamento sul viso della ragazza.

- Avrei dovuto fare più ricerche! - si lamentò lei, passandosi una mano tra i capelli - Sono stata ingenua e superficiale a pensare di poter venire qua… e tac! Trovarli subito!

- Hermione…

- Potrebbero essersene andati, per quello che ne sappiamo! - continuò lei, seguendo con lo sguardo un uomo ben vestito che usciva da un palazzo lì vicino - L’incantesimo prevedeva solo che loro venissero qui, ma non significa…

-Hermione!
-… che ci siano rimasti! Santo cielo, come ho potuto non pensare a questa eventualità?

- Hermione! - stavolta Ron le andò vicino e la afferrò per i polsi, trascinandola all’entrata di un palazzo a vetri - Guarda! - gli disse, indicandole una targa.

“Studio dentistico Wilkins. Orari studio…”.

- Oh, mio dio! - Hermione si portò una mano alla bocca, mentre gli occhi le diventavano lucidi - Sono loro! Li hai trovati, Ron, li hai trovati!

Gli buttò le braccia al collo, incurante del caldo e del luogo.

- Hai visto? Me lo sentivo che era la strada giusta… - fece lui, arrossendo, mentre lei gli baciava ripetutamente il viso, le guance le labbra.

- Ora ci tocca solo completarla questa strada - disse Ron, mentre Hermione, incerta, guardava l’interno del palazzo. Le tese la mano - Saliamo?

Hermione annuì, lasciando che stavolta fosse lui a guidarla dentro.

 

Ron sorrise, guardando divertito la piccola pergamena che teneva fra le dita, su cui lui stesso qualche anno prima aveva disegnato un’incerta versione del centro di Londra.

Quante strade avevano percorso da allora?

Quante storie avevano vissuto? Quante ne stavano ancora vivendo?

Afferrò un altro enorme tomo di Hermione e lo ripose accanto agli altri, un secondo prima che la porta della sua stanza si spalancasse.

- Quando Molly mi ha detto che eri nella tua camera a riordinare, non le ho creduto! - annunciò Hermione, appoggiata a braccia conserte allo stipite della porta - Sono voluta salire per assistere a questa memorabile scena con i miei occhi.

Ron fece una finta espressione stupita - Ma come siamo simpatiche questo pomeriggio, signorina. Te l’ha suggerita mia madre questa battuta?

La ragazza ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle - In effetti, sì. E a proposito… non starai mica maltrattando i miei libri, vero? - chiese, sorridendo, indicando con la mano i vari volumi sparsi un po’ sulla scrivania, un po’ sulla libreria.

- Scherzi? Li sto trattando con la delicatezza più assoluta.

- Se è la stessa delicatezza che usi con Grattastinchi, siamo perduti - si sedette sul letto di Ron, riuscendo a farsi largo tra riviste e scacchi - Allora, come procede?

Lui sollevò le spalle - Procede. Il problema è che ogni volta che guardo questi librazzi mi sale l’ansia.

Hermione lo guardò, inclinando la testa e sorridendogli dolcemente - L’importante è sapere quale strada vuoi percorrere, no? Le difficoltà si affrontano volta per volta - disse semplicemente.

- Già… - fece Ron, grattandosi la fronte - E’ che certe volte mi chiedo se davvero riuscirò ad affrontarle, queste difficoltà… - aggiunse, soppesando un librone di almeno duemila pagine.

- E secondo te io che ci sto a fare, qui? - la voce di Hermione giunse poco prima che le sue braccia si stringessero attorno alla schiena di Ron.

Lei accarezzò le mani che Hermione teneva intrecciate sul suo ventre - Lo so, lo so.

Dopodiché, Hermione si sciolse dall’abbraccio, posandogli un bacio sulla spalla  e afferrando la borsa - Basta che tu mi faccia sapere che strada vuoi prendere… e la percorreremo insieme, come sempre, no?

Ron non disse nulla, si limitò a bloccarla e a baciarla come se in quel momento non valesse la pena di fare altro.

- Come sempre - le disse lui, quando Hermione si sciolse dalla sua presa e si avviò verso la porta - Magari preparo anche una mappa, sai com’è… dovessimo sbagliare direzione! - disse, voltandosi per non far vedere che stava ridendo.

- Stupido! - lo rimbeccò lei, prima di chiudere la porta.

Ron ridacchiò apertamente, continuando il suo lavoro, nella convinzione che qualunque strada avrebbe deciso di percorrere non si sarebbe smarrito. Non lo avrebbe più fatto.

Prese uno dei libri di Hermione e, sedutosi sul letto, lo aprì.

E cominciò a leggere.

 

 

 

 

 

 

 

“Perché questa scrive ‘ste cose, quando ha una raccolta ancora da completare?”.

Lo so che ve lo state chiedendo, non provate a negarlo.

Ed è una bella domanda, davvero. Fossi in voi, sarei la prima a chiederlo.

L’unica cosa che non vorrei sarebbe essere nei panni di quella che deve rispondere! ;-)

Scherzi a parte, non so quando arriverà il terzo capitolo di Ten Days.

Anzi, mi vergogno a dire che non so proprio SE arriverà.

Io odio lasciare le cose incomplete, ma sono davvero finita in un buco nero.

 

Quindi considerate questa storia come il mio augurio per una sfrenatissima estate 2012!

A presto, ragazzi!

Vi abbraccio

Titti

 

   
 
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