Maps
Ad una persona che già nell'immaginario pensavo fosse speciale.
Nella realtà credo che lo sia ancora di più.
Emma, perdonami.
Ma quella scena ci stava
troppo bene per non usarla…
Entrò
nella stanza, sbattendosi dietro la porta.
Era
scocciato.
Alterato.
E
contrariato, anche.
Insomma,
come poteva sua madre costringerlo ancora a riordinare la sua stanza?
Aveva
ventidue anni, miseriaccia. Non era mica un ragazzino!
“ Non
osare uscire da questa casa senza prima aver ridato un aspetto umano alla tua
stanza, Ronald, altrimenti giuro che ci penso io! E sai che se ci metto le mani…”.
Gli
aveva puntato il dito.
Il
dito.
Tutti
i fratelli Weasley sapevano bene che quel gesto di Molly rappresentava
esattamente l’ultimo avvertimento: segnava la linea di confine tra la minaccia
verbale e la sua concretizzazione.
Quindi
era stato costretto a prendere il triste sacco nero della spazzatura e a
tornarsene in camera per iniziare quel malefico rituale che sua madre gli
imponeva da quando aveva iniziato a camminare.
Ron
sbuffò, gettando il sacco sul letto.
Da
dove iniziare?
Dai
vestiti ammucchiati sulla sedia, forse.
Oppure
no….no!
Magari
era il caso di cominciare ad impilare le scatole di cartone per confezionare le
Merendine Marinare. Avrebbe dovuto portarle in magazzino già da diversi giorni
ma…
Aveva
avuto altro da fare. E con quel mucchio di scatole stava diventando impossibile
riuscire ad aprire la finestra.
Altrimenti
poteva iniziare riordinare i libri che teneva sulla mensola.
Gettò
uno sguardo scoraggiato a quegli enormi tomi malamente riposti.
E lo
scoraggiamento non derivava dal fatto di doverli mettere in ordine,
naturalmente.
No.
Era
dovuta al fatto che li avrebbe dovuti studiare.
Proprio
lui che non toccava un libro da anni, da quando aveva lasciato Hogwarts.
Francamente,
non sapeva neanche se si ricordava come si faceva, a studiare.
“ Ma
se vuoi passare il test per l’Accademia Auror, non hai altra scelta, Ron”,
gli aveva detto Hermione, mollandogli i libri fra le braccia “ E per favore,
trattali con decenza. Odio le pagine con le orecchie…”.
Sospirò,
avanzando verso l’improvvisata libreria, accompagnato dai gesti di esultazione
dei Cannoni, che lo fissavano come se avesse appena eseguito una tripla parata.
Afferrò
un libro, “Legge Magica, principi fondamentali”.
Ah,
fantastico. Il solo titolo era sufficiente a fargli venire mal di testa.
Guardò
oltre: “L’arte della difesa”.
Oh,
miseriaccia.
Davvero
quelle erano le materie che avrebbe dovuto preparare?
Aprì
il libro, facendo scorrere velocemente le pagine fittamente scritte.
I tre
quarti erano sottolineate. Righe perfettamente dritte, decise.
Il
tocco di Hermione era evidente.
Ripensandoci,
non sapeva se a spaventarlo fosse più il pensiero di dover studiare quei
mattoni, o la possibilità di poterli rovinare.
Forse
una vaga idea ce l’aveva…
Sospirò
di nuovo, impilando ordinatamente il libro nella libreria inutilizzata. Ne
prese un altro, e lo infilò accanto al primo. Poi un altro ancora, ma prima che
potesse aggiungerlo agli altri, un foglietto scivolò dalle pagine stampate,
svolazzando fino a terra.
Facendo
attenzione che i libri non scivolassero via, Ron si chinò per afferrarlo,
immaginando che si trattasse di una semplice pergamena su cui Hermione avesse
preso degli appunti.
Ma
quella che si ritrovò a fissare non era la grafia di Hermione.
Sfiorò
la piccola pergamena ingiallita e sorrise, mentre vecchie immagini prendevano
vita nella sua mente…
“ZzzZzzzZzzz… ancora con noi… ZzzZzzzZZz… novità…
ZzzZzzZzz… aggiornamenti”.
Maledetta radio.
Maledetta radura.
Maledetta recezione.
Maledetta-pessima-recezione.
- Lascia perdere, Ron - gli disse Hermione, china
sulla cartina geografica completamente stesa sul tavolo - Non c’è segnale qui.
“ZzzzZzzzZzzzzzzZzzz… eventuale…. ZZZZZzzzzZzzzzzz…
avvistamento… Mangiamorte…”
Stupida rotella!
Era tanto difficile captare un segnale?
“ZzzzzZzzzzzZzzzz”.
E poi non potevano essere così isolati, miseriaccia!
Erano ancora… in Gran Bretagna, no? Non potevano certo essere così
lontani, non potevano…
- Ron? - lo richiamò Hermione.
- Che c’è? - sbottò lui.
- Piantala.
Ron sbuffò, più a lungo del solito, ma posò la
radiolina sul mobiletto accanto a lui.
Si stiracchiò, sentendo le molle della sua brandina
cigolare sotto al suo peso. Aveva la schiena indolenzita: stare sdraiato sopra
quella specie di saccone bitorzoluto lo stava distruggendo.
- Dovresti alzarti, se hai mal di schiena, Ron - gli
disse Hermione - Stando in piedi riesci a scaricare meglio il peso.
Non lo stava neanche guardando.
Non le era stato necessario neanche guardarlo per
capire di cosa avesse bisogno, continuava ad esaminare attenta la sua cartina.
Sembrava che a lei non servisse puntare lo sguardo per
poter vedere davvero…
Lui sorrise, scuotendo la testa; con una mossa veloce
balzò in piedi, lasciando che la brandina protestasse con qualche flebile
cigolio, prima di perdersi nel silenzio.
Buttò un’occhiata all’orologio… mancava più di mezz’ora
al suo turno di guardia.
Forse poteva andare comunque fuori, a fare compagnia
ad Harry, oppure…
- Che fai? - chiese ad Hermione, andandosi a sedere
sulla panca di fronte a lei.
Lei inclinò la testa, senza spostare lo sguardo
assorto dalla cartina, come se volesse avere una visuale diversa - Sto cercando
di capire dove siamo - strinse le labbra e senza preavviso, prese in mano una
piuma posata lì accanto e la puntò sulla cartina - Ad occhio e croce, siamo
qui! - concluse soddisfatta, tracciando un punto rosso sulla mappa.
Ron si sporse in avanti, per guardare meglio e scorse
una serie di puntini, fatti a mano, fatti da Hermione, che formavano una scia
colorata nella fascia interna della gran Bretagna.
Fece un fischio basso - Wow, cosa sarebbe una specie
di mappa?
Lei scosse le spalle, alzando lo sguardo per
incontrare quello di Ron - Più o meno.
- Ma caspita, è un lavoraccio! Lo hai dovuto fare con
tutti i posti in cui siamo stati?
Hermione ridacchiò, scuotendo le spalle - E’ che mi
piace avere un quadro generale. Sapere dove siamo, o dove ci siamo trovati.
Ma certo.
Tutto sotto controllo, come sempre.
Ron ridacchiò, appianando con un dito un angolo
piegato della cartina - E per farci cosa? Per sapere come tornarci, un giorno?
Quando tutto sarà finito? - la prese in giro lui, sperando in qualche modo di
alleviare la preoccupazione che, di giorno in giorno, vedeva trasparire dagli
occhi della ragazza.
Lei sorrise tristemente, stavolta evitando di
guardarlo. Seguì con il dito la scia di puntini rossi - Più che altro è per…
poter vedere la strada che ci riporterà a casa. Quando tutto sarà finito - tuffò
il viso nel collo del maglione, scuotendo la testa - Lo so che è un po’
stupido, ma mi incoraggia sapere che c’è una strada che ci porterà indietro, un
giorno.
Ron si morse le labbra e per la milionesima molta da
quando l’aveva conosciuta, pensò che nessuno meglio di Hermione fosse in grado di razionalizzare ciò che di
razionale non ha nulla.
Come la paura di non sapere cosa accadrà, cosa
bisognerà affrontare, cosa bisognerà perdere.
E dato che
Hermione, per la prima volta, si era trovata nell’impossibilità di non
poter pianificare il futuro… si era messa là, a tavolino, a pensare ad un modo
per poter “tornare al passato”, ad un periodo sicuro, in cui tutto
sembrava più facile.
E di quello ne aveva fatto la sua energia.
- Hai fatto bene - le disse Ron - Così, quando dovremo
tornare a casa, sarà più semplice.
Lei annuì, poco convinta. Poi, inaspettatamente si
lasciò sfuggire una risatina. Ron sorrise con lei - Cosa c’è?
- Sai qual è stata la prima cosa che ha fatto mio
padre, dopo che gli ho fatto l’incantesimo? - disse lei, mentre Ron vedeva il
suo sguardo perdersi nel ricordo di quel giorno - Si è messo a cercare una
cartina geografica dell’Australia… continuava a dire che era inconcepibile
pensare di partire senza, che… - la sua voce si spezzò, mentre una sfondo di
tristezza le invadeva gli occhi
Ron allungò la mano sul tavolo, per sfiorare quella di
lei. Fu un gesto istintivo, ma che non gli impedì di arrossire imbarazzato quando
si rese effettivamente conto che quelle che stringeva nella sua mano erano
davvero le dita di Hermione.
- E tu ce l’hai una cartina dell’Australia, Hermione?
- le chiese.
Lei lo guardò, confusa, alzando le spalle - Ehm, no…
io… cosa dovrei farci?
Ron schioccò la lingua, con finto rimprovero - Nella
prossima spedizione- viveri, dobbiamo procurarci anche una mappa dell’Australia,
allora. Così avremo le idee ben chiare quando andremo a riprendere i tuoi
genitori.
Hermione, dovette stringere le labbra fino a farsi
male, per trattenere le lacrime.
Lacrime di tristezza.
Lacrime di solitudine.
Lacrime di paura.
Lacrime di sollievo per avere Ron là, vicino a lei.
Incrociò le dita con quelle ruvide di Ron, che sembrò
trattenere il respiro.
- Hai ragione - gli disse poi, sporgendosi verso di
lui e sistemandogli il colletto della polo che teneva sotto al maglione. Il
collo di Ron divenne immediatamente scarlatto quando, per sbaglio, le
dita di lei lo sfiorarono. Hermione lo sistemò con cura, poi fece scendere le mani
in basso, accarezzandogli le spalle.
- Ecco qua - gli disse a mezza voce, facendo un mezzo
sorriso, perdendo un mezzo battito.
- Oh, ehm… grazie… forse prima, quando mi sono sfilato
il medaglione… - fece un gesto con la mano intorno al collo, alludendo al fatto
che il disordine fosse stato dovuto a quello - Ora lo porta Harry, mi pare.
Hermione annuì, mentre una lacrima sfuggiva al suo
controllo - Già. Lo so.
- Vado a dargli il cambio… - disse Ron, senza
accennare ad alzarsi, ancora stringendo la mano di Hermione fra le sue - Tocca
a me.
Lei annuì, di nuovo, senza dire nulla.
Ron si alzò, ma prima di uscire, si chinò verso di
lei, sfiorandole una guancia con un tocco quasi inesistente - Troveremo la
strada giusta, devi stare tranquilla.
Hermione lo guardò mentre usciva, mentre si scambiava
qualche parola con Harry, mentre si sedeva accanto a lui.
E per la prima volta, osservandolo mentre si infilava
il medaglione, Hermione si rese conto che forse la sua più grande paura non era
tanto quella di non ritrovare la strada… quanto il pensiero che qualcuno di
loro potesse perderla definitivamente.
“ZzzzZzzz… zzZzzzzZzz…”
C’era solo il buio.
Buio fuori, buio dentro.
Neanche la più piccola delle luci ad illuminare la sua
strada.
Solo il buio attorno a lui.
Nella stanza umida e accogliente di Villa Conchiglia
che Bill e Fleur gli avevano gentilmente offerto, Ron continuava imperterrito a
fissare quella cartina ormai logora che suo fratello gli aveva procurato.
Di solito, quando si spostavano, lo facevano verso
nord…
Quindi era probabile che anche in quel caso avessero
fatto lo stesso.
Magari poteva provare a Smaterializzarsi in quella
zona, poteva provare a cercarli…
Magari loro lo avrebbero sentito, oppure lui avrebbe
cercato di farsi trovare.
No, troppo rischioso.
Rischiava solo di causargli danni, in quel modo.
Percorse con il dito una linea interna della mappa
della Gran Bretagna, un po’ più a est… un po’ più giù…
Erano giorni che analizzava quella mappa, cercando di
capire dove poteva cercarli.
Un po’ più a ovest, un po’ più al centro.
Ormai credeva di aver memorizzato ogni stupido nome,
ogni stupida montagna, ogni stupido corso d’acqua.
Forse un po’ più a nord, un po’ più a sinistra…
Con un gesto rapido e rabbioso, Ron spazzò via la
cartina che, semi-accartocciata, svolazzò a terra.
Si mise le mani tra i capelli, respirando forte. L’unica
cosa che voleva era urlare, voleva picchiarsi e voleva gridare ancora, voleva…
“Bacchetta…”.
Lasciò la presa sui capelli, mentre si guardava
attorno, confuso.
Quella voce…
- Hermione? - chiamò.
Silenzio. La stanza, illuminata solo dalla fioca luce
della lampada che teneva sul comodino, era immersa nel silenzio.
Oh, miseriaccia, stava impazzendo adesso?
Sentiva le voci ora?
Sentiva la sua voce?
“Ron…”.
Con un balzo scivolò giù. L’aveva sentita. Era lei,
stavolta ne era sicuro, era lei…
Senza neanche rendersi conto delle sue stesse azioni,
afferrò lo zaino posato accanto al letto e con un gesto sgraziato, ne vuotò a
terra il contenuto. Cercò fra le varie cianfrusaglie, finché lo vide.
Il deluminatore.
“Ron…”
Uno scatto, una luce, un verso di sorpresa.
Seguì con lo sguardo la piccola luce che danzava
leggiadra attorno alla stanza, che continuava a danzare fuori, che danzava nell’attesa
che lui la seguisse…
Senza pensare, senza riflettere, senza capire, Ron
afferrò il giaccone e infilò alla rinfusa gli oggetti nello zaino.
Si chinò a raccogliere la mappa, sapendo che non l’avrebbe
mai usata.
Non sapeva che strada avrebbe percorso, non sapeva
cosa lo avrebbe atteso.
Sapeva solo dove voleva andare e che sarebbe stata lei
ad illuminargli la via.
- Ma ti fidi se ti dico che è di qua? Ti fidi, santo
cielo? - sbottò spazientita Hermione, cercando di sovrastare con la voce il
rumore del traffico di Londra.
- E’ ovvio che mi fido, stavo solo chiedendo! - fece
Ron, senza grande convinzione, troppo intento ad ammirare le meraviglie babbane
che lo circondavano.
Automobili. Cartelloni pubblicitari. Venditori
ambulanti . Vetrine colorate.
Rumori, luci, movimento.
- Ricapitoliamo - disse Hermione, guidando Ron in
mezzo alla gente - Passiamo a casa mia, cerchiamo quei documenti e… Ron, fermo!
Non vedi che il semaforo è rosso?
Lo afferrò per la manica scura del giubbino e lo tirò
indietro, mentre una sflilza di automobili colorate sfrecciava sulla strada
davanti a loro. Una signora, ferma sul ciglio poco distante, li guardò
sospettosa, stringendosi la borsa al braccio con più forza.
- Vuoi più stare attento? - bisbigliò, cercando di non
dare troppo nell’occhio. Stavano già attirando l’attenzione più del necessario.
Lui fece un gesto distratto con la mano - Hai ragione,
mi ero dimenticato di quell’attrezzo cambia-colore. Certo che ‘sti
babbani ne sanno una più del diavolo…
Hermione sospirò, mentre attraversavano la strada -
Dicevo… arriviamo a casa, prendiamo i documenti…
-… confrontiamo i numeri di previdenza sociale con
quelli che abbiamo, recuperiamo dei vestiti puliti e domani pomeriggio ci
presentiamo all’aeroporto in perfetto orario - concluse Ron per lei - Hermione,
è tutto sotto controllo, stai tranquilla. Abbiamo tutto-sotto-controllo.
Lei annuì, guardando di sfuggita la vetrina di un
negozio di articoli sportivi - E’ vero, scusami, sono sempre esagerata.
Ron sorrise, passandole un braccio attorno alle spalle
e stringendola - Non lo sei. O meglio, lo sei… ma stavolta sei giustificata.
Hermione ridacchiò, dandogli un colpetto sulla spalla.
Camminarono per un altro piccolo tratto, mano per
mano.
Ron continuava ad osservare affascinato quel mondo a
lui quasi sconosciuto, quegli oggetti mai visti, quelle macchina mai trovate.
Osservava le strade, lasciando che lei lo guidasse in
quello che da sempre era stato il suo mondo.
Finchè non raggiunsero una piazza che Ron ricordava
bene. Molto bene.
- Aspetta!
Sì, era un piazzale che dava su una zona interna, al
riparo da traffico e dalla confusione delle strade principali.
C’erano delle macchine parcheggiate e dei palazzi…
probabilmente era una zona abitata che costeggiava il centro. Escludendo
qualche passante e qualche auto che si sentiva in lontananza, quella parte così
vicina al centro di Londra sembrava tranquilla e silenziosa.
- Che c’è? -gli chiese Hermione, voltandosi a
guardarlo.
Si erano fermati davanti ad una specie di bivio. Una parte conduceva verso quella che sembrava
una strada più grande, l’altra invece proseguiva verso l’interno, andandosi a
perdere tra palazzine e bassi edifici residenziali.
- Tu sei… sei sicura che sia quella la strada giusta? -
le chiese Ron, indicando la strada, quella principale, che Hermione pareva
intenzionata ad imboccare.
Hermione, confusa, si voltò a fissare la strada. Guardò
le macchine parcheggiate, guardò la fiancata del palazzo, tutta elegantemente
ricoperta di edera, poi guardò di nuovo la strada.
- Ma certo che ne sono sicura! Perché non dovrei? -
ridacchiò lei - E’ di qua.
E dicendo questo si avviò verso la strada che
indicava. Ma Ron rimase fermo.
- Sei proprio sicura? - insistette Ron,
dubbioso - No perché, vedi, nella mappa che ho fatto…
- “Nella mappa che ho fatto”?
Ron incrociò le braccia - Sì, ho preparato una mappa -
si grattò la testa, evitando di guardarla - Nel caso che ci fossimo persi… -
aggiunse a mezza voce.
Hermione sbuffò - Ma perché mai ci saremmo dovuti
perdere? Non ti ha minimamente sfiorato il fatto che io abbia vissuto qui per
anni?
- Era solo per sicurezza! - fece lui, alzando le mani
- Poi non dirmi che sono sempre impreparato, se poi, quando mi impegno… mi sgridi
così! - aggiunse Ron, dirigendosi verso l’imbocco indicato da Hermione.
La ragazza si passò una mano sugli occhi, tentando di
non ridere - Ron, va bene… va bene, scusa! Cosa dice la tua mappa
quindi? Che dobbiamo prendere l’altra via?
Ron annuì - Ma facciamo la strada che dici tu.
Hermione guardò verso l’altra strada, che sembrava
condurre verso l’interno - Alla fine penso sia la stessa cosa. Entrambe si
ricongiungono con la via principale… quella che dico io ci ri-immette
direttamente, la tua ci fa passare internamente… ma è uguale. Possiamo fare la
tua, se preferisci.
- No, no, no, no - si affrettò a dire lui - Così se
poi dovesse non essere la strada giusta potrai rinfacciarmelo ad oltranza? No,
facciamo la tua. Sei tu l’esperta della zona, no?
Hermione si morse le labbra e per amor di pace, seguì
Ron lungo la strada che lei stessa aveva indicato poco prima.
- E quindi hai preparato una specie di mappa. Tu
- disse lei, mentre fiancheggiavano una siepe ben curata.
- Sì.
- E l’hai disegnata tu, proprio?
- Saresti così gentile da toglierti quel sottofondo
ironico dalla voce? Te ne sarei molto grato - la rimbeccò lui, offeso.
Hermione ridacchiò, infilando un braccio sotto il suo
- Così non potrò più dirti che non sei preparato.
Ron si voltò a guardarla - No, così se mi dovessi
perdere, sarebbe colpa tua.
- Non ti faccio
perdere, non preoccuparti - gli disse lei, in un modo che gli procurò un
brivido lungo la schiena.
Le prese la mano e gliela baciò, incrociando le sue
dita con quelle di lei - Me lo auguro. E adesso ripetimi perché non ci siamo
Smaterializzati.
Hermione sollevò le spalle - Perché era impossibile
con gli incantesimi di protezione che ho fatto sulla casa prima di andare via.
Avremmo potuto Smaterializzarsi in giardino ma… capisci anche tu che sarebbe
stata una soluzione impensabile.
Ron schioccò la lingua - Quindi ci tocca prendere la…
il treno sotterraneo, grande.
- La metropolitana, si - confermò lei, mentre
si fermavano all’ennesimo semaforo. Come previsto, avevano ripreso la strada
principale, senza intoppi.
- Cioè, ma davvero ti sei messo a disegnare una
cartina con il percorso? - disse Hermione, non riuscendo a trattenere una
risatina.
- La vuoi smettere?
Attraversarono la strada, seguendo la grande insegna
della Metro che campeggiava sulle loro teste. Si avviarono verso l’entrata, ma
prima che Ron potesse scendere anche un solo scalino…
- Aspetta!
Lui si voltò e guardò lei che guardava a sua volta l’insegna
della metro.
- Abbiamo sbagliato - annunciò Hermione - Non
scendere, vieni qua!
- Cosa, come… che vuol dire “abbiamo sbagliato”?
C’è scritto “Metro”… - fece Ron, confuso, spostandosi dall’entrata per far
passare altra gente.
- Sì, ma non è la direzione giusta. Dobbiamo prendere
l’altra direzione, quella opposta - si guardò attorno - Ecco, quella là! -
disse indicando un’altra entrata, dall’altra parte della strada.
-Oh… Oh! - sul viso di Ron si dipinse un
sorrisetto soddisfatto.
Che non sfuggì ad Hermione.
- Chè c’è?
- Niente. Solo che…
Ma lei lo bloccò prima che potesse continuare - Non
dire che se avessimo seguito la tua cartina non sarebbe successo, Ronald, perché
questo non poteva esserci scritto!
Lui alzò le mani, in gesto di difesa - Non lo avrei
mai detto… sei tu l’esperta, no?
Hermione borbottò qualcosa, mentre scendevano le scale
che conducevano ai treni e mentre la seguiva, Ron pensò che dopotutto,
indipendentemente dalle strade che avrebbero seguito, dai treni che avrebbero
preso, lei non avrebbe mai infranto la sua promessa.
E se Hermione era lì con lui, era sicuro che non si
sarebbe mai perso.
- Cioè, ma dico io, hai fatto una cartina per Londra,
dove io vivo e che conosco bene, e non hai pensato a farne una per Melburne? -
si lamentò Hermione, scorrendo la lista dei nomi scritti sui citofoni, sotto il
sole cocente dell’Australia.
Ron poco distante, ripeteva la medesima operazione -
Hermione, stai scherzando? Dopo che mi hai preso in giro per i due
giorni successivi, adesso mi rimproveri di non aver fatto un’altra mappa?
Lei lo raggiunse - E’ che stavolta poteva essere utile
- disse Hermione, svogliatamente, mentre un senso di ansia mista a panico
iniziava a vorticargli nello stomaco - Trovato niente?
Ron scosse la testa, allontanandosi dai citofoni e
dirigendosi verso il palazzo successivo - Niente neanche qua. Ma la strada è
quella giusta, Hermione. Vedrai che li troviamo - aggiunse, vedendo scendere un’ombra
di scoraggiamento sul viso della ragazza.
- Avrei dovuto fare più ricerche! - si lamentò lei,
passandosi una mano tra i capelli - Sono stata ingenua e superficiale a pensare
di poter venire qua… e tac! Trovarli subito!
- Hermione…
- Potrebbero essersene andati, per quello che ne
sappiamo! - continuò lei, seguendo con lo sguardo un uomo ben vestito che
usciva da un palazzo lì vicino - L’incantesimo prevedeva solo che loro
venissero qui, ma non significa…
-Hermione!
-… che ci siano rimasti! Santo cielo, come ho potuto non pensare a questa
eventualità?
- Hermione! - stavolta Ron le andò vicino e la afferrò
per i polsi, trascinandola all’entrata di un palazzo a vetri - Guarda! - gli
disse, indicandole una targa.
“Studio dentistico Wilkins. Orari studio…”.
- Oh, mio dio! - Hermione si portò una mano
alla bocca, mentre gli occhi le diventavano lucidi - Sono loro! Li hai trovati,
Ron, li hai trovati!
Gli buttò le braccia al collo, incurante del caldo e del
luogo.
- Hai visto? Me lo sentivo che era la strada giusta… -
fece lui, arrossendo, mentre lei gli baciava ripetutamente il viso, le guance
le labbra.
- Ora ci tocca solo completarla questa strada - disse
Ron, mentre Hermione, incerta, guardava l’interno del palazzo. Le tese la mano
- Saliamo?
Hermione annuì, lasciando che stavolta fosse lui a
guidarla dentro.
Ron
sorrise, guardando divertito la piccola pergamena che teneva fra le dita, su
cui lui stesso qualche anno prima aveva disegnato un’incerta versione del
centro di Londra.
Quante
strade avevano percorso da allora?
Quante
storie avevano vissuto? Quante ne stavano ancora vivendo?
Afferrò
un altro enorme tomo di Hermione e lo ripose accanto agli altri, un secondo
prima che la porta della sua stanza si spalancasse.
-
Quando Molly mi ha detto che eri nella tua camera a riordinare, non le ho
creduto! - annunciò Hermione, appoggiata a braccia conserte allo stipite della
porta - Sono voluta salire per assistere a questa memorabile scena con i miei occhi.
Ron
fece una finta espressione stupita - Ma come siamo simpatiche questo
pomeriggio, signorina. Te l’ha suggerita mia madre questa battuta?
La
ragazza ridacchiò, chiudendosi la porta alle spalle - In effetti, sì. E a
proposito… non starai mica maltrattando i miei libri, vero? - chiese,
sorridendo, indicando con la mano i vari volumi sparsi un po’ sulla scrivania,
un po’ sulla libreria.
- Scherzi?
Li sto trattando con la delicatezza più assoluta.
- Se è
la stessa delicatezza che usi con Grattastinchi, siamo perduti - si sedette sul
letto di Ron, riuscendo a farsi largo tra riviste e scacchi - Allora, come
procede?
Lui
sollevò le spalle - Procede. Il problema è che ogni volta che guardo questi
librazzi mi sale l’ansia.
Hermione
lo guardò, inclinando la testa e sorridendogli dolcemente - L’importante è
sapere quale strada vuoi percorrere, no? Le difficoltà si affrontano volta per
volta - disse semplicemente.
- Già…
- fece Ron, grattandosi la fronte - E’ che certe volte mi chiedo se davvero
riuscirò ad affrontarle, queste difficoltà… - aggiunse, soppesando un librone
di almeno duemila pagine.
- E
secondo te io che ci sto a fare, qui? - la voce di Hermione giunse poco prima
che le sue braccia si stringessero attorno alla schiena di Ron.
Lei
accarezzò le mani che Hermione teneva intrecciate sul suo ventre - Lo so, lo
so.
Dopodiché,
Hermione si sciolse dall’abbraccio, posandogli un bacio sulla spalla e afferrando la borsa - Basta che tu mi
faccia sapere che strada vuoi prendere… e la percorreremo insieme, come sempre,
no?
Ron
non disse nulla, si limitò a bloccarla e a baciarla come se in quel momento non
valesse la pena di fare altro.
- Come
sempre - le disse lui, quando Hermione si sciolse dalla sua presa e si avviò
verso la porta - Magari preparo anche una mappa, sai com’è… dovessimo
sbagliare direzione! - disse, voltandosi per non far vedere che stava
ridendo.
- Stupido!
- lo rimbeccò lei, prima di chiudere la porta.
Ron
ridacchiò apertamente, continuando il suo lavoro, nella convinzione che
qualunque strada avrebbe deciso di percorrere non si sarebbe smarrito. Non
lo avrebbe più fatto.
Prese
uno dei libri di Hermione e, sedutosi sul letto, lo aprì.
E
cominciò a leggere.
“Perché questa scrive ‘ste cose, quando ha una
raccolta ancora da completare?”.
Lo so che ve lo state chiedendo, non provate a
negarlo.
Ed è una bella domanda, davvero. Fossi in voi,
sarei la prima a chiederlo.
L’unica cosa che non vorrei sarebbe essere nei
panni di quella che deve rispondere! ;-)
Scherzi a parte, non so quando arriverà il terzo
capitolo di Ten Days.
Anzi, mi vergogno a dire che non so proprio SE
arriverà.
Io odio lasciare le cose incomplete, ma sono
davvero finita in un buco nero.
Quindi considerate questa storia come il mio
augurio per una sfrenatissima estate 2012!
A presto, ragazzi!
Vi abbraccio
Titti