Anime & Manga > Full Metal Alchemist
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Autore: Alechi    24/07/2012    2 recensioni
La mia prima fic su Full Metal Alchemist, su cui ho rimuginato per anni, credo. Ambientata prima e durante la guerra di Ishbar, ha come pesonaggi principali Roy, Maes e un personaggio extra ^^ E' la storia di un'amicizia vera e profonda, insomma, non la classica love story Roy x qualcuno. Spero che vi piaccia ^^
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Maes Hughes, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Non ci voleva. Ha cominciato a piovere."

"Ma non mi sembra che stia p..."

"Ti sbagli. Sta piovendo..."

"Ha ragione. Torniamo alla base. Qui fa freddo."

 

***
 

Non è semplice affrontare questo momento. E' come se rivivessi la stessa scena, un'altra volta. Quella scena che mi ero ripromesso che non mi si sarebbe mai più presentata davanti.

 

“Sta piovendo.”

 

Con quanta freddezza pronuncio queste parole. Una freddezza che ha iniziato ad appartenermi quando ho visto la morte per la prima volta. Una freddezza che sarei stato in grado di rimuovere, se coloro che potevano aiutarmi in questo non fossero -quasi- tutti morti.

 

“Farò un giro prima di rientrare, è tanto che non vengo qui.”

 

E' tanto che non mi faccio un bel giretto nel cimitero di Certral City, è vero. Da oggi ho una tomba in più da visitare, un'occasione in più anche per venire a trovare quella che ho ignorato per tanto tempo, magari.

 

No. Non ho mai ignorato quella tomba. E' ogni mattina il pensiero con cui mi sveglio, e ogni sera quello che mi accompagna nel mondo dei sogni.

Non la ignoro. La evito per sembrare forte a chi mi vede. Non so quanto serva, ma almeno sembro meno debole di quanto non sia in realtà, ed è già tanto.

 

Le mie gambe stanche mi guidano, senza che io sappia con precisione la strada che mi portano a fare. Io mi fido di loro, perché certamente ricordano meglio di me come arrivare nel luogo in cui sono diretto.

E, no, non sento il rumore dei passi che mi seguono. Se a camminare dietro di me non fosse qualcuno di cui posso fidarmi ciecamente ora sarei la persona più vulnerabile del mondo. Chiunque volesse farmi del male avrebbe una vera occasione d'oro, adesso.

 

I passi, uno dopo l'altro, rimbombano nella mia mente. Sono talmente forti che sembrano cannonate. E' ironico che proprio oggi io ricordi le cannonate della guerra. Proprio oggi. No, oggi non è un giorno importante, e non è ironico che io pensi alla guerra oggi. E' ironico che ci pensi mentre cammino verso la tomba di chi mi è stato crudelmente portato via dalla guerra. Ironico, buffo ed atroce. Tremendamente atroce.

 

Una lapide bianca, che potrei iniziare a scorgere se non fossi preso a guardarmi le scarpe. Una lapide bianca di marmo, bella, liscia. Con incisa una delle frasi più stupide mai messe insieme.

Una frase stupida che non sarebbe nata con l'intento di esserlo. L'unica causa della sua insensatezza è la disperazione che affliggeva chi la pronunciò. La disperazione che mi affliggeva, e che affliggeva Maes.

 

She'll always remain in the air

 

L'apoteosi della banalità.

 

Ma come descrivere il talento, la simpatia, la dolcezza, l'ironia, la stravaganza, la determinatezza e la passione di una persona che non c'è più? Come descrivere tutto con una frase sola? Come permettere che chiunque legga questa misera frase capisca chi era la persona sepolta sotto quella bella lapide di marmo bianco?

E' impossibile?

Io stesso a volte faccio fatica a spiegarmi come fosse quella persona, che pure conoscevo meglio di me stesso. Faccio fatica a capacitarmi, a venire a capo di quello che era il suo complesso carattere. Per non parlare poi della sua storia. Quella di cui con me ha parlato ma che non ha mai rivelato fino in fondo. Lei è un mistero. Lei è sempre stata un mistero per chiunque. Un mistero che nessuno mai risolverà. E che io ho avuto il privilegio, forse, di scoprire a metà.

 

Il fatto è che se n'è andata troppo presto. E che non è bastato il tempo che abbiamo avuto, perché tra le cannonate e le esplosioni il tempo sembra sempre troppo poco per mettersi a parlare, ad esaminare a fondo pensieri, sentimenti e storie.

Sembra che il tempo non basti mai, e questa lapide bianca è la dimostrazione che forse non si tratta solo di una mera sensazione.

 

She'll always remain in the air

 

Che idiozia.

Lei non è nell'aria. Lei E' l'aria. Importante come l'aria che respiro, per nessun altro motivo se non che lei stessa è l'aria che respiro.

Incontrarla era stata quella boccata d'aria fresca che ti aspetti, prima o poi, quando qualcosa non va bene, o quando per lo meno qualcosa potrebbe andare meglio.

 

“Colonnello, si sente bene?”

 

Sobbalzo. Non mi ero accorto di essermi bloccato di colpo, né tanto meno delle mie gambe che vacillano, come quelle di un vecchio. Non mi ero neppure accorto degli occhi di falco che mi seguivano a distanza ravvicinata, accompagnandomi fino a dove ho paura di arrivare.

 

“Va... Va tutto bene grazie. Non c'è bisogno che venga anche lei, tenente.”

 

Riparto, e smetto di ascoltate. So che mi seguirà anche se le ho detto di non farlo. E' fatta così.

 

 

 

 

 

Ed eccola, la lapide bianca, che si staglia dinnanzi a me, nel suo candore che mette i brividi.

 

E' passato troppo tempo. Ho lasciato passare troppo tempo, e me ne vergogno. Me ne vergogno perché i fiori che la circondano non sono stato io a portarli. Me ne vergogno perché avrei dovuto riempire tutto questo terreno con dei bellissimi gigli bianchi, e non lasciare che qualcuno vi poggiasse degli altri fiori. Fiori che non sono i suoi preferiti... Che non erano i suoi preferiti.

 

Eccone la dimostrazione. Non posso accettare che lei sia morta, ne parlo come fosse viva, quando qualcuno la nomina cambio argomento, quando mi viene in mente il suo volto penso ad altro.

Non posso accettarlo. Non posso. Non ce la faccio.

 

She'll always remain in the air

 

Ed eccomi ora chino sulla dannata lapide, sfiorare con un dito quell'incisione a lettere dorate.

Non è semplice. Fa male. Mi fa sentire uno stupido.

Mi fa sentire impotente e debole. E arrabbiato.

 

Rabbia.

 

Tanta, troppa rabbia.

 

E un'improvviso scatto d'ira, un calcio, un vaso che cade, rovesciandosi, cospargendo l'erba di fiori probabilmente finti.

 

Troppo poco per lei, dei semplici fiori finti.

 

Nulla è mai abbastanza per lei.

 

“Colonnello... Andiamo via...”

“Tu ti ricordi di lei, Tenente?”

“Sì, mi ricordo.”

“L'hai conosciuta, eravate amiche.”

“Sì, Colonnello.”

“E pensi che questi fiori finti siano abbastanza? Non pensi che chi ha avuto il coraggio di posarli qui si debba vergognare?”

“Penso che nulla sarebbe abbastanza per lei, Colonnello.”

“Andiamo a comprare dei fiori, Tenente. Vieni con me.”

 

Nessuna risposta, ma tanto verrà sicuramente.

 

Andiamo a comprare dei fiori. I migliori. I suoi preferiti. Probabilmente non sarà comunque abbastanza, ma lei merita almeno quel po' d'onore che non le è stato concesso quando era in vita.

 

“Andiamo a comprare i fiori.”

  
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