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Autore: Zeranzo    08/02/2007    0 recensioni
Mentre accadevano queste cose, io ero ormai diventato famoso nell’alta borghesia, tanto che ero invitato a moltissime feste.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre accadevano queste cose, io ero ormai diventato famoso nell’alta borghesia, tanto che ero invitato a moltissime feste. Tutto sommato, erano feste tranquillissime fatte da persone più che altro annoiate o, semplicemente, persone che non avevano niente da fare. Comunque, io non mancavo mai a queste “feste”, se vogliamo farle così. L’unica cosa che mi stancava era la frequenza: alla settimana, facendo dei calcoli, partecipavo mediamente a 3-4 feste. Per la verità, non mi dispiaceva che mi invitassero. Soltanto che tornavo a casa semi-distrutto da quella fatica immane di essere presente alle feste. Guardate che partecipare alle feste non è una passeggiata! Soltanto Superman saprebbe resistere alla frequenze di feste che ho fatto io. Stavo più fuori che in casa, figuriamoci. Ora, per quanto mi lamentavo di quella situazione abbastanza stressante (nonostante tutto, poteva praticamente diventare un lavoro) era migliore di quella in cui sto vivendo adesso. Non so come mai sono stato “beneficiato” della situazione in cui mi trovo ora. Ma vorrei trovare un modo per tornare dove ero prima (cosa impossibile, purtroppo).
Ma andiamo con ordine. Il mio nome è Carl Hapless. sono un imprenditore edile (evitiamo di parlarne,ok? parlarne mi secca, sopratutto per certi miei colleghi disonesti). Non ho né moglie né figli e, fino a poco tempo fa, pensavo che le feste fossero inutili. SI festeggia ciò che è assolutamente inutile. Ma, per quanto la odiassi in precedenza, non ci sono mai stato. Le feste di compleanno, da piccolo, le odiavo. Ero quel tipo di persona chiusa, austera, in un certo senso "antipatica". tuttavia un mio amico mi "convinse" a partecipare a una festa (leggasi: legato, imbavagliato e portato a forza). Non so se essere felice o triste di quell'avvenimento (se, per sé, fosse stato positivo o negativo). Mi iniziarono a piacere le feste e iniziai a uscire tutte le notti. Come disse il saggio: "per non fare niente, devi stare in alto", parole che mi si addicono. Oltretutto, mi sono fatto l'immagine positiva nella società, quindi mi ha fatto lievitare gli affari (non me ne freghi, adesso).
Ora mi accingo a raccontare una storia incredibile. Certo, non come quella di Poe, anche perché quella era anche domestica. Magari lo fosse. E invece mi capitò mentre stavo a una delle feste sopracitate. Ma non mi voglio perdere in digressioni. Per prima cosa, vorrei raccontare l'antefatto di quello che sto per narrare. Il contesto, in sostanza. Stavo tornando da una delle mie solite feste. Non avevo bevuto niente perché sapevo di dover guidare. Mi ricordo tutto del viaggio di ritorno. La luna era ormai alta in cielo, splendente come al solito. Il cielo era terso, quindi potei assistere alla luce delle stelle che, come dei piccoli puntini che interrompevano quel blu scuro che era la notte. Oltre alla luce lunare, le uniche luci erano quelle dei lampioni che illuminavano la strada, ormai deserta. Tutte le insegne che, fino a qualche ora prima, illuminavano le strade, ora erano spente, sembrando anche loro che si riposassero. Era notte tarda e non avrei mai trovato anima viva sulle strade. A parte qualche prostituta o, eventualmente, qualche povero che girava. Ma per il resto, la città era abbracciata alle braccia di Morfeo. Le case, le piante, perfino il cemento che, nonostante fosse grigio e spento già di suo, sembrava che dormisse. Era una notte tranquilla come il mare in bonaccia.
Parcheggiai la macchina e decisi di fare un pezzo di strada a piedi, tanto per sgranchirmi le gambe. Non ero ubriaco, ma ero rinco lo stesso (le feste mi fanno sempre questo effetto). La mia andatura faceva pensare a una bevuta di proporzioni galattiche. Non mi ricordo a cosa pensavo, a avrò fatto qualche elugubrazione mentale o qualcosa del genere (normale amministrazione). E, anche se la cosa non mi sfiorò all’inizio, avevo come l’impressione che… la luce si muovesse. Ovviamente pensai che fosse per il mio stato (in mezzo fra uno stato di ubriachezza da sobrio e rincretinimento da musica) quindi non ci feci caso. Continuai a camminare vedendo queste luci che si muovevano (e pensai di essermi fatto una canna di sicuro).
Entrai di casa barcollando ancora. Evidentemente era stata una festa pesante, visto come ero ridotto. Tuttavia, notai qualcosa di strano. La poltrona era messa davanti al camino, come avrebbe voluto Guy De Maupassant. Il camino in questione era acceso e emanava una fiamma viva. Sulla poltrona c’era nettamente una figura umana. Inizialmente pensai a uno scherzo. Magari, come il migliore dei cattivi, aveva la poltrona girevole e si sarebbe girato facendo vedere il suo volto. Ovviamente, mi sbagliavo. Tuttavia la figura non si mosse e quindi, incuriosito da chi fosse quella figura, mi avvicinai. Ero ormai dietro lo schienale quando la figura si voltò. Ora, non ricordo i tratti somatici, ma era di sicuro una donna. Mi guardava con degli occhi azzurri. L’unica cosa del suo volto che mi ricordai. Alzò le braccia e mi prese con le unghie sotto le orecchie, come se dovesse togliermi qualcosa. Mi fece male, e… mi svegliai. Solo un sogno, per fortuna. Mi diressi subito nel luogo dove l’avevo incontrata. Niente. Meno male.
Quella sera ero stato invitato a una festa per la Pasqua . C’erano, come al solito, i ricchi fanfaroni che non avevano niente da fare o vecchie signore il cui unico obbiettivo nella vita è stare a festeggiare. Venni anche io (mica potevo mancare; la mia etica la impedisce). Era sera ormai inoltrata e raggiunsi il gruppo solito (fatto da persone che appartenevano alle classi sopra citate). All’inizio andò tutto bene. Tuttavia, iniziai a vedere male. Non so cosa mi era successo, ma iniziavo a vedere le persone… distorte. Ero confuso da quel che vedevo. Infatti iniziai a vedere che quei uomini, lentamente, iniziavano a screpolarsi. Mi appoggiai a una sedia. Mi grattai la testa per vedere meglio quello che accadeva. Dopo, la pelle iniziava a cadere, come i muscoli sotto la pelle. In breve tempo, li vidi che erano degli scheletri, morti da chissà quanto tempo. Mi girava la testa, non sapevo cosa stava succedendo, sudavo, cosa succedeva, non sapevo, impazzivo, confuso, distorto, il mondo girava, gli scheletri, la morte, confusione! Mi stava succedendo qualcosa di strano, non so! Uno degli scheletri mi appoggiò la mano sulla spalla dicendo (quello che capii è perché ho letto il “labiale”, se si può parlare di questo) “tutto bene?”. Mi allontanai da quello. Paura. Uscii da quel luogo di morte, scappai in strada.
Corsi. Tanto. Paura. Confusione. Dolore. Morte. Scheletri. Vita. Strada. Pietre. Luce. Auto. Botto. Non capivo.
Ora capisco.
  
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