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Autore: ConsultingFangirls    25/07/2012    1 recensioni
È brutto non avere nulla da perdere. È ancora più brutto sapere di aver avuto qualcosa, ma di averlo già perso, e vivere nel ricordo di quel qualcosa che un tempo c'era stato, risognarne i dettagli; quel profumo di cannella, quelle note sul violino alle tre di notte che svegliavano tutto il palazzo. Quei due respiri vicini nel letto quando il violino orami era posato, e da soli la notte era davvero troppo buia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad occhi ancora aperti





Ed è quando non hai più paura dei temporali che dovresti iniziare a farti delle domande, quando non hai più paura che un fulmine ti cada sulla testa e bum, tutta la tua vita sparisca e tutto quello che hai vissuto diventi cenere che forse devi iniziare a chiederti se stai sbagliando qualcosa. È brutto non avere nulla da perdere. È ancora più brutto sapere di aver avuto qualcosa, ma di averlo già perso, e vivere nel ricordo di quel qualcosa che un tempo c'era stato, risognarne i dettagli; quel profumo di cannella, quelle note sul violino alle tre di notte che svegliavano tutto il palazzo. Quei due respiri vicini nel letto quando il violino orami era posato, e da soli la notte era davvero troppo buia. Non si dovrebbe mai essere da soli, di notte, dovrebbe esserci sempre qualcuno a tenerci compagnia, a stringerci la mano se facciamo brutti sogni. È brutto, dormire da soli, ma è ancora più brutto quando il letto è grande, ma l'altra metà, quella che era calda, adesso è piena solo di ricordi. Essere da soli mentre fuori tuona è ancora peggio. Quando sei piccolo hai paura dei temporali, perché se ti cade un fulmine in testa hai finito di vivere, e sei ancora davvero troppo giovane per  permettertelo. Si ha paura dei temporali anche quando si è più grandi, e si è attaccati alla vita perché adesso che sei cresciuto l'hai capito, che potrebbe anche essere un bel posto, questo. Quando invece rimani da solo sdraiato nel letto a guardare le pareti della stanza illuminarsi d'azzurro e i rumori di tuono e della pioggia che cade e non sbatti neanche le palpebre quando senti il rumore di qualcosa che, lontano, viene distrutto dal fulmine, allora devi guardare il soffitto, e vedere perché quel buco nero in mezzo ai tuoi pensieri è diventato così grosso. Quando è successo? Quando ti hanno portato via l'uomo alla finestra, quello che ti faceva preoccupare perché non mangiava e che guardava le stelle, apprezzandole senza capirle? Perché ti è stato rubato? Perché te l'ha rubato? Che diritto aveva, quell'uomo di nuvola, di portartelo via?

A volte senti ancora il suo profumo sul cuscino, quell'odore speciale di muschio e menta e lavanda e biscotti, e ti sembra quasi di vedere il suo profilo che si affaccia alla finestra, e se aspetti ancora un secondo sai che si girerà e ti sorriderà indicandoti qualcosa - un camino acceso dietro una finestra, una signora che porta le borse della spesa, un gatto su un davanzale - che tu non avresti visto, altrimenti, perché hai ormai imparato a vedere attraverso i suoi occhi. 

Ma poi tuona, e mentre tu stai a letto, immobile con gli occhi spalancati, senza neanche battere le ciglia quando vedi il lampo azzurro, sai perfettamente che non c'è mai stato, e che era soltanto un altro scherzo malvagio della tua mente provata. Hai visto tanto sangue, nella tua vita, hai visto tanta morte, e pensavi di avercela fatta, che non avresti mai più pianto, perché di lacrime ne avevi già versate abbastanza. Eppure questa notte tuona e tu non hai paura, ma il tuo cuscino è bagnato. Il tuo, non il suo. Il suo è rimasto lì, intoccato, c'è ancora qualche capello nero arricciato con le piume che escono dall'imbottitura. E ha quel profumo che ti resta nel naso, nella gola e negli occhi, e che ti farebbe salire altre lacrime alla gola, se te ne fossero rimaste. 

Vorresti solo prendere quella pistola, quella che è rimasta sepolta nel cassetto per così tanto tempo, e sparare. Un colpo basterebbe, lo sai. Uno solo, e tutti i tuoi pensieri non sarebbero più un problema. Tutti i rimpianti. Tutti i rimorsi. Tutta la tristezza. Però non sul letto, perché se sporchi il letto di sangue poi va anche sul suo cuscino, e questo non deve succedere. Sotto la finestra, allora, dove tutta Londra potrebbe vederti ma non ci sarà nessuno a farlo davvero. No. Suonava il violino, lì, quando pensava. Ti aveva anche chiesto se ti dava fastidio, ricordi? E adesso? Cosa ti da fastidio adesso? Neanche questi lampi blu. Nulla. Non c'è più nulla che ti faccia paura, nulla che ti spaventi perché non hai più niente da perdere, e questa casa è ancora così terribilmente piena di lui. Anche se non vuoi ammetterlo, i tuoi occhi - questi occhi che da così poco hanno dovuto imparare di nuovo a vedere, e a cogliere i piccoli dettagli senza che lui te li indicasse con un sorriso - parlano da soli. Sono spenti, ma non come in Afghanistan: sono spenti e hanno perso anche il più piccolo bagliore di speranza. Non c'è più niente che tu possa fare per riaccenderlo. Non basta addormentarsi e sperare che domani mattina qualcuno non partirà senza più tornare, no, perché sono già tutti partiti, e nessuno è più tornato. Adesso sei solo in questa stanza buia, che si ostina ad illuminarsi di azzurro. Sei solo, e salvarti ormai è troppo difficile. 

  
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