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Autore: Monique Namie    25/07/2012    7 recensioni
Considerate il titolo in modo letterale. C'è un pensiero che prende vita con sembianze umane e va incontro a numerose avventure mentre cerca di capirne di più riguardo il suo ideatore. Questo pensiero è come uno spirito bloccato in una dimensione tra realtà e ignoto. Nessuno può vederlo a parte il suo ideatore, solo qualche estraneo riesce a percepirlo. A rendere tutto più complicato, una sera, si mette in mezzo un'oscura entità che...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Pensiero Vivente" di Monique Namie
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Pensiero vivente
1
L'aggregazione

Vi siete mai chiesti come mai alcuni sogni si realizzano e altri vengono persi nel corso della vita e dimenticati? Ora cercherò di spiegarvelo raccontandovi come sono nato e come ho rischiato di svanire nel nulla durante un attimo di sfiducia verso il Fato.
Prima di tutto dovete sapere che i sogni sono anzitutto pensieri, e che esiste un luogo in ogni città del mondo in cui i pensieri prendono forma e iniziano a muoversi in modo autonomo animati da una forza misteriosa. Questo luogo può essere un campo incolto, un terreno coperto d’asfalto, un giardino, un lago, le fondamenta di un palazzo in costruzione, una zona industriale, ecc… Ogni angolo è buono purché vi sia il presupposto fondamentale per l’aggregazione delle particelle della materia ignota: cioè un minimo di fantasia.

___

È una notte estiva di luna piena nel mezzo di un giardino, precisamente sotto il tetto bianco di quella che mi sembrerà successivamente la brutta copia di un monoptero, ovvero un antico tempietto circolare. Uno di quegli edifici che i greci consideravano tra i più sacri e importanti in assoluto, e che i romani presero in prestito dai greci per abbellire le viuzze lastricate e interrompere la monotonia della città.
Dunque, al momento la prima cosa che avverto è il vento che inizia ad alzarsi trasportando la polvere e staccando le foglie ancora verdi dagli alberi e questo miscuglio di polvere e foglie danzanti al chiaro di luna appare un po’ come uno spettacolo pirotecnico di faville ardenti.
All’inizio è un tripudio di luci e suoni tintinnanti, di voci ridenti e frenetiche che sembrano giungere da ogni direzione. Poi le sei colonne di marmo che mi circondano acquistano nitidezza e assieme ad esse compaiono delle vecchie lanterne rosse spente, dimenticate lì da chissà quanto tempo. Appeso alle travi in alto, assieme alle lanterne, è posto uno scaccia-spiriti in metallo argentato.
Pian piano acquisto sensibilità in tutto il corpo, allora mi alzo e istintivamente porto le mani sul tessuto che mi ricopre: scopro così di indossare un elegante vestito principesco di colore blu scuro - che con la poca luce appare quasi nero -. I bordi delle maniche e le rifiniture della giacca sono dorate, mentre la fascia trasversale, che dalla spalla sinistra finisce nel fianco destro, è di blu più chiaro.
Non mi sorprendo più di tanto per l’abito, ma trovo piuttosto inusuale il fatto che la mia aggregazione si sia compiuta in un monoptero. È un luogo che nasconde in sé una vasta gamma di simbologie e di significati disparati quindi, per mia sfortuna, la faccenda si fa subito seria e alquanto complicata.
Sarei potuto nascere dalla polvere di un camino spento, dalla nebbia che si alza dalla strada dopo un acquazzone, dal fango lungo la riva di un fiume. In ciascuno di questi casi non avrei avuto problemi a identificare almeno parzialmente il carattere del mio ideatore, ma così non è stato e devo cercare di farmene una ragione.
Abbandono momentaneamente le mille congetture che mi si prospettano alla mente e decido che la cosa migliore da fare al momento è muoversi di lì e iniziare l’esplorazione: attraverso così lo spazio verde e giungo di fronte a quella che è una maestosa villa antica. La debole luce lunare distorce i veri colori delle pareti esterne che mi appaiono di un inverosimile arancione scuro.
Senza preoccuparmi dell’orario e del fatto che ci possono essere delle persone in casa, raggiungo il portico sostenuto da travi in legno e arrivo alla porta.

C’è una cosa importante che non bisogna sottovalutare: ogni mia azione, ogni mio desiderio è deciso in modo indiretto da colui o colei che mi ha creato. Io sono un suo pensiero e la cosa sconvolgente è che se questa persona smette - anche solo inconsciamente - di pensare a me, smetterei d'esistere. Praticamente se ora mi trovo a voler entrare dentro questa villa non è un caso, ma la reazione plausibile della materia ignota che forma il caos dell'universo.
Molti non avranno capito a cosa mi riferisco. Molti altri si chiederanno come sono venuto a conoscenza di questa cosa. È il mio ideatore che mi ha attribuito quest’esperienza, io non posso far altro che fidarmi di quello che sento. Se può aiutarvi a capire meglio, questa sensazione può essere definita quasi come un “sesto senso”, ma non ha nulla a che vedere con esso, perché è molto più forte ed estremamente più certa di un presentimento.

Mi sorprendo ancora fermo ad osservare il grande portone in legno della villa; se sono arrivato fino a qui tanto vale trovare un modo per entrare. All'inizio cerco di forzare l’uscio ma deve essere bloccato dall’interno, allora batto tre colpi.
Silenzio.
Batto altri tre colpi e qualcuno accende una luce: la vedo filtrare dalla soglia della porta.
Dei passi lenti si avvicinano.

«Chi è?» chiede la voce di una ragazza.
Mi prende alla sprovvista e non so cosa rispondere. Il mio pensatore non mi ha ancora dato la consapevolezza di un nome, poi mi torna in mente che indosso l’abito di un principe, allora mi faccio più sicuro e rispondo.

«Sono un principe.»
«C’è nessuno?»
continua lei come se non mi avesse udito.
Qualche attimo dopo sento un movimento metallico dietro la porta e l’uscio si apre appena. Una ragazza dagli occhi scuri e i capelli castani che le incorniciano il viso sbircia dalla fessura e poi spalanca completamente il portone per assicurarsi che non vi sia nessuno.
A primo avviso penso possa trattarsi di una domestica. In ogni caso sono già pronto a scusarmi per l'orario e il trambusto sfoderando un'espressione dispiaciuta e nel contempo affabile: qualcosa di talmente ben riuscito che avrei potuto esser degno di un Premio Oscar. Tutta fatica sprecata. Qualche istante prima di aprir bocca, mi rendo conto che il suo sguardo mi attraversa e va oltre. Come in un flash capisco che le persone normali non possono né vedermi né sentirmi, nello stesso momento mi sorge la certezza che solo il mio pensatore può accorgersi di me.
La faccenda prende in questo modo un piega inaspettata e mi lascia spiazzato.
Entro nella villa un attimo prima che la ragazza richiuda la porta; mi rifugio in un angolo della sala d'ingresso e sto rannicchiato a pensare.

Vicino a me c’è un braciere. La tenue luce del carbone incandescente svela l’esistenza di un grande specchio proprio davanti a me: quella è la prima volta che mi vedo riflesso. Ho i capelli biondi, gli occhi verdi, la linea delle labbra è sottile, la pelle liscia priva di imperfezioni. Credo di avere circa vent’anni. Colto da un fugace attimo di autoironia sorrido a me stesso e penso che il mio ideatore - chiunque esso sia - ha buon gusto in fatto di estetica. Dopo una manciata di secondi distolgo lo sguardo: restare ancora fermo lì a guardarsi in uno specchio non ha senso, decido di riposare un po’ fino all’alba. Il giorno seguente avrei iniziato la mia ricerca per scoprire la vera identità del mio ideatore.

   
 
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