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Autore: WtFerdie    25/07/2012    1 recensioni
La storia, ambientata a Berkeley agli inizi degli anni '90, parla di Janet Sullivan, una ragazza di 17 anni, e i suoi tre migliori amici: Billie, Samantha e Michael.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Alzati dormigliona!”
“C-cosa c’è? Che ore…Cazzo, è tardissimo!!”
Come al solito ero in ritardo per il pullman della scuola. Indossai in fretta un paio di jeans neri, una maglietta maniche corte con gli immancabili teschi e mi precipitai giù dalle scale. Presi lo zaino e una brioche, uscii di casa e corsi verso la fermata. Per fortuna non era ancora partito.
“Janet, finalmente sei arriva!”
Salii sul pullman “Scusa, Max. Grazie per avermi aspettata”
Sorrise; ormai era abituato ad aspettarmi qualche minuto in più. Mi diressi verso il fondo del pullman e mi sedetti vicino ad una ragazza magra, alta, con la pelle chiara e i capelli rossi.
“Lo sai che, se non fosse per Max, ti toccherebbe fare cinque kilometri a piedi fino a scuola, eh?!”
“Sam, fottiti” dissi scherzosamente,poi ripresi “Se solo Ricky non passasse dalla sua ragazza prima di andare a scuola verrei volentieri in macchina”
 
Cominciai a sentirmi meglio e la respirazione si regolarizzò, ma quando ti rilassi c’è sempre qualcuno a romperti i coglioni; nel mio caso: Melissa.
“Hey Jenna, allora quando hai detto che ti chiudono in riformatorio? Spero presto..”
D’impulso la presi dalla maglietta e la strattonai verso di me facendola quasi cadere dal sedile.
“Punto primo: io mi chiamo Janet, e non Jenna. Punto secondo: anche se fosse non sono affari tuoi e quello che faccio io sono cazzi miei”
 
Arrivammo a scuola. Appena scesi Melissa ricominciò ad infastidirmi come al suo solito. Spesso mi chiedevo se sapesse fare altro... Mancavano ancora dieci minuti prima dell’inizio delle lezioni, così io e Sam ci aggregrammo a Billie e Michael sotto i portici. Il primo era basso più o meno come me, abbastanza esile, con occhi verdi e capelli ricci color castano/scuro. Il secondo, invece, era più alto, ma non quanto Sam, con capelli neri e occhi marrone/chiaro. Noi quattro avevamo creato un band da un paio d’anni, ma solo verso la fine della prima superiore avevamo iniziato a provare quasi ogni giorno. Fondamentalmente io e Billie suonavamo la chitarra e cantavamo (anche sei io continuo a sostenere di avere una voce di merda, mentre la sua è a dir poco fantasica!), Mike la batteria e Sam il basso. Poi alla fine alcune volte ci scambiavamo tra di noi.
 
Era pieno ottobre, c’erano appena dieci gradi e soffiava un vento autunnale; e io, cogliona come sono, mi ero dimenticata il golfino prima di uscire di casa. Mancavano ancora due minuti e io stavo gelando!
“Ehm, Jen, vuoi che ti presti il mio golfino?”
“Magari...”
Mike si tolse il golfino e me lo passò rimanendo con una maglietta maniche lunghe degli Iron Maiden.
“Grazie mille, Mike”
“Figurati” Sorrise e ci avviammo all’entrata.
 
Quando entrai sentii immediatamente il calore su faccia e mani. Ero quasi felice di entrare in classe, finché non ricordai che come prima ora avevamo inglese. La rivalità tra me e il prof era cominciata già dal primo giorno di scuola quando lo incontrai nei corridoi. Mi chiese quale fosse l’ultimo libro che avevo letto, io risposi “Il signore degli anelli”. Lui disse che non era male come libro ma preferiva leggere libri di autori inglesi e io, non sapendo che sarebbe stato il mio prof di inglese, gli risposi
“Odio gli inglesi, odio la loro pronuncia e la loro aria da sapientoni. Si credo di essere superiori, ma non lo sono”
“Io sono nato a Londra, sono inglese e se sarò il tuo prof sappi che ti renderò la vita molto difficile” E così fece.
 
Erano le otto e ancora non era arrivato. Nel frattempo Melissa  continuava a stuzzicarmi. Dopo circa cinque minuti che discutevamo persi la calma e non riuscii a trattenermi dal darle un pugno in faccia. Proprio in quel momento entrò l’inglese, il quale mi cacciò dall’aula con un biglietto per la preside. Mentre mi allontanavo vidi Melissa con il sangue che le scendeva dal naso e mi sussurrò qualcosa come “Ti faccio mandare al riformatorio”
 
Ero andata talmente tante volte dalla preside, che ormai potevi andarci anche ad occhi chiusi. La porta era aperta, quindi entrai come se stessi andando a visitare un’amica di vecchia data.
 “Buon giorno, Mary!!” Si fece scappare una piccola risata
“Sullivan. Avanti, siediti. Ti devo dire qualche cosa. Innanzitutto, che ci fai qui?” Le porsi il biglietto. Mi guardò e scosse il capo in segno di rassegnazione, poi continuò “È la ventesima volta in neanche due mesi che ti manda qui!”
“Sarebbe più facile lasciarmi in classe a dormire o parlare con Billie, non trovi?”
“Sarebbe più facile, questo è vero, ma dopotutto bisogna rispettare le regole”
 
Passammo l’ora a chiacchierare e alle nove in punto suonò la campanella.
“Alla prossima, Marianne”
“Aspetta, prima di andartene prendi questo volantino.”
Lo infilai velocemente nello zaino senza neanche leggerlo e mi precipitai da Billie e gli altri in palestra.
 
Alle tre uscimmo da scuola e insieme ci dirigemmo lentamente a casa di Mike per le prove.
“Billie, qualcosa non va?” Aveva lo sguardo perso nel vuoto e non mi rispose. “Billie, rispondi!!”
Girò lo sguardo verso di me “Eh?! Scusa, hai chiesto qualcosa?”
Lo guardai negli occhi. Non erano belli luminosi come al solito; probabilmente non aveva dormito tutta la notte.
“Sei stato fuori tutta la notte con tuo cugino, come al tuo solito?”
“No, sono rimasto a casa”
Anche Sam cominciò a incuriosirsi “Sei rimasto a casa in compagnia di una ragazza, ammettilo. Su dimmi, che avete fatto?”
“No, Sam. Non ho dormito per colpa di Melissa. Qualcuno le ha dato il mio numero di cellulare…”
“Quindi?”
“Ha passato tutta la notte a mandarmi messaggi e chiamarmi. Cazzo, non la sopporto più!”
Intervenne anche Mike “Deve essersi pentita di averti mollato, dopotutto quale donna non ti vorrebbe?” Volse lo sguardo verso di me e fece l’occhiolino come se la frase si riferisse anche a me. Quindi lo guarda con un’espressione tipo “Cazzo ti viene in mente una cosa del genere?!”
Poi sentii una voce acuta, simile a quella di una gallina che sta tirando le cuoia.
“Billieee!! Ieri ho provato a chiamarti, ma non rispondevi…quindi ti ho mandato un paio di messaggi, li hai letti?”
Lui iniziò ad innervosirsi “Un paio??? Me ne avrai mandati un centinaio!!”
“Oh, poco male. Comunque, visto che continuavi a non rispondermi ho pensato di parlarti di persona. Come sai sta mattina non ho potuto, dato che ho passato tutto il tempo in bagno” Mi fulminò con lo sguardo e feci finta di essere spaventata. Poi si rigirò verso di lui e quasi gli saltò addosso e comincio a baciarlo. Billie cercò più volte di staccarsi ma, debole com’è, non riuscì a liberarsi dalla presa (Proprio per questo spesso lo prendevano in giro chiamandolo “femminuccia”). Nel momento in cui lei si staccò non riuscii a controllarmi e le diedi un altro pugno. Cominciò a scorrerle il sangue, sta volta più di prima.
“Merda! Sei scema per caso??”
“La prossima volta che provi a dare fastidio a me, Billie, Mike o Sam ti mando all’ospedale”
“Oh, adesso difendi il tuo ragazzo?”
La presi per la maglietta e la feci sbattere contro il muro esterno di uno dei negozi.
“Billie non è il mio ragazzo! Vedi di non farti più vedere”

Si allontanò velocemente con lo sguardo piuttosto impaurito e Billie venne verso di me.
“Sai, Jen, non vorrei mai trovarmi al suo posto. Grazie” mi abbracciò
“Per gli amici questo e altro!”
  
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