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Autore: CassandraLeben    25/07/2012    5 recensioni
La memoria del passato è la chiave per affrontare il futuro.
Ma se proprio questo passato su cui facciamo tanto affidamento venisse meno?
E se improvvisamente Bella si trovasse sola, sperduta in un mondo che non riconosce più?
Cosa succederebbe a lei, a Edward, ai Cullen se un giorno la pioggia portasse via con sé anche i ricordi di Bella?
Ff ambientata tra Eclipse e Breaking Dawn (ed ideata prima dell’uscita del quarto libro).
Dal 1° cap: Mi trovavo proprio in mezzo alla strada quando, improvvisamente, un’auto uscì da un incrocio a destra. Correva a tutta velocità sull’asfalto bagnato. Tutto durò una manciata di secondi appena. Troppo poco perché persino Alice potesse aiutarmi.
Venni accecata dall’auto per un istante. Cercai di tornare
indietro ma le mie gambe non rispondevano.
Feci appena in tempo a portarmi le braccia sopra al capo in un infantile tentativo di proteggermi e poi sentii un suono acuto e spaventoso. Il guidatore, accortosi di me, aveva cercato di sterzare.
Ma l’asfalto era bagnato e lui perse il controllo del veicolo.
E poi tutto divenne nero...
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dopo tanto tempo ho ritrovato il coraggio di postare.
Sinceramente, non so come sia venuto questo capitolo che ho scritto più di un anno fa e che ho tirato fuori da un vecchio computer… il mio caro vecchio Edward! Ormai non lo uso più perchè è prossimo all’ultima dipartita ma, prima di salutarlo e lasciarlo nelle amorevoli mani del netturbino, sto salvando tutti i vecchi files tra cui i miei poveri capitoli perduti.
Spero che questo sia venuto bene e spero che il mio stile non sia cambiato troppo nell’ultimo anno perché ho intenzione di riprendere a scrivere e non vorrei che si notasse troppo la differenza. Spero di essere migliorata, questo sì, ma spero anche che il tempo non abbia stravolto il mio modo di scrivere.
 
Un ringraziamento a tutte voi che mi avete seguito e che spero continuerete a seguirmi.
Scrivere, per me, fa bene alla salute!. Grazie a voi, farlo è un piacere.
Un ringraziamento speciale a Francesca, i cui scritti mi hanno ispirata ridandomi la voglia di scrivere. Ti auguro fortuna per l’università! Ma sapendo quanto sei brava, non credo tu ne abbia bisogno.
 
Grazie a tutte, davvero,
 

Erika
 
 
Capitolo 27

                                                           Something will come to take away the pain
 
Bella’s POV
 
Quando aprii gli occhi, quella mattina,mi parve di essermi risvegliata dopo un lungo sonno.
Dentro di me albergava una strana ed inspiegabile felicità. Non ero più abituata a quell’emozione.
Un bel sogno. Ecco cosa forse mi aveva scatenato quel buonumore mattutino…
Mi stiracchiai e provai dolore. Le giunture, i muscoli ma, soprattutto, il polso.
Non ricordai subito la causa di quei dolori. Non finchè non vidi le mie mutandine arrotolate per terra, vicino al letto. Mi accorsi di indossare i pantaloni del pigiama e sotto… niente.
Strano. Non ero abituata a dormire senza biancheria. Anche sotto alla maglietta non c’era nulla. Confusa, mi sporsi per raccogliere i due capi di biancheria. Fu a quel punto che vidi, al mio anulare sinistro, un piccolo ed elegante cerchio d’oro. Una miriade di diamanti luccicavano incastonati sul piccolo gioiello.
E la notte meravigliosa che era appena trascorsa mi tornò in mente, più vivida che mai.
Aveva dormito con me. Mi ero risvegliata dopo l’ennesimo incubo in cui Phil mi picchiava e mi faceva del male in tutte le maniere possibili. Mi ero svegliata e lo avevo ritrovato accanto a me. E le sue mani mi avevano guidata verso il più dolce dei piaceri.
 
Dopo quello che mi era successo, dopo quello che mi aveva fatto Phil pensavo che non avrei più potuto vivere con serenità il sesso. A riprova di quel mio pensiero le esperienze che avevo avuto con Jason. Dolorose… insopportabili…
Ma con Edward era stato tutto diverso. Era stato bello. Bellissimo.
Avevo provato dolore ma nulla rispetto a quello che avevo patito fra le mani di Phil. E a quel dolore iniziale si era sostituito un piacere incommensurabile che scaturiva dai punti che Edward stimolava con le sue dita fredde. Arrossii pensando ai punti in cui le sue labbra mi avevano baciata…
Le sue carezze gelide erano riuscite a guarire le ustioni invisibili che Phil aveva lasciato sul mio corpo.
Mi aveva baciata, mi aveva sfiorata, mi aveva accarezzata, mi aveva amata come non mi sarei mai aspettata.
Mi aveva chiesto di sposarlo.
E io avevo accettato.
 
Seduta a gambe incrociate sul letto non potevo smettere di osservare l’anello che aveva una forma vagamente familiare. Era così bello…
Sembrava brillare di luce propria, esattamente come Edward.
Oddio! Ci saremmo sposati.
 
Balzai giù dal letto e per poco non inciampai nei miei stessi piedi.
Ero euforica.
Dopo tutto il dolore, tutte le sofferenze, sembrava che la vita fosse tornata ad essere meravigliosa.
Scelsi con cura ogni indumento, dalla biancheria al maglioncino. Volevo essere perfetta. Li poggiai con attenzione sul letto e poi mi fiondai in bagno, gettandomi sotto la doccia.
Il getto caldo e avvolgente contrastava così tanto con la freschezza eccitante della pelle di Edward…
Quando uscii dal box-doccia mi avvolsi nell’asciugamano ma prima, passando davanti allo specchio, notai con orrore i lividi sul mio corpo. Macchie violacee decoravano la pelle delle mie braccia, della mia schiena, delle mie gambe. I segni più vistosi intorno al mio polso.
Sentii il respiro sfuggirmi dai denti. Stavo per avere un attacco di panico. Dovetti sedermi per terra e porre la testa tra le ginocchia. Ci misi alcuni minuti per calmarmi.
Mi costrinsi a pensare alla notte meravigliosa, al piacere che avevo provato quando le mani di Edward mi avevano toccato. Lui era stato così gentile, così dolce…
Era stato così amorevole, premuroso e affettuoso mentre facevamo l’amore…
Perché quella notte ero stata partecipe e non avevo subito le torture di un criminale ma condiviso l’amore del ragazzo di cui ero da sempre innamorata.
 In certi momenti era stato difficile perché i ricordi mi impedivano di respirare ma, con molta fatica, ero riuscita a distinguere il passato dal presente, il dolore fine al piacere di un mostro dal dolore che avevo provato accogliendo Edward dentro di me.
Sentivo ancora bruciore all’inguine ma non era niente, niente in confronto a quanto avevo sofferto.
E i lividi… non erano il risultato di botte ma di strette troppo impetuose scaturite da un amore intenso.
Quando mi sentii pronta, tornai in camera.
 
Prima di infilare gli slip portai una mano all’inguine, lì dove un sordo pulsare e un leggero bruciore mi ricordavano la notte appena passata.
Ritrassi le dita e nessuna scia rossastra mi macchiava i polpastrelli. Sentii le lacrime formarsi agli angoli dei miei occhi.
Avevo perduto per sempre quell’esperienza che mi era stata rubata da Phil.
Era una cosa stupida, . Non mi importava della verginità in quanto tale… o di tutte quelle storie sulla purezza…
No. Era l’idea di aver vissuto quell’esperienza in quel modo, di aver subito il furto di quell’emozione che avrei voluto condividere per la prima volta con Edward.
Quello era il più grande dei rimpianti. Non era stata la mia prima volta, come pensava Edward.
Gli avevo mentito. Ma la verità era troppo dolorosa e orrenda per poter essere svelata.
Forse un giorno avrei trovato il coraggio…
 
Cercai di non pensarci mentre ripresi a vestirmi. Mentre mi stavo infilando il vestito cambiai idea. Decisi di mettermi il pigiama. Non volevo insospettire mia madre e pensai che il modo migliore fosse quello di mantenere le vecchie abitudini. Come ad esempio fare colazione non vestita come se stessi andando ad una prima di broadway.
Notai un biglietto piegato sul mio comodino.
Lo afferrai e vidi che era indirizzato alla “signora Cullen”
Lo aprii con di tremanti e lessi le poche parole vergate con la elegante calligrafia di Edward.
“Ti amo, ti ho sempre amata e ti amerò per sempre” Leggendo quelle parole mi sentii felice.
Non vedevo l’ora di baciarlo di nuovo.
Mi pettinai con attenzione e, a piedi scalzi, scesi in cucina.
Quando mi mancavano pochi gradini udii la voce di Edward. Parlava con mia madre.
< Ma Edward… non è necessario. Cucino io. >
< Reneé, permettimi di insistere. Non devi preoccuparti. Per me è un piacere rendermi utile. >
< Se proprio insisti… però davvero, non preoccuparti. Puoi scongelare qualcosa dal freezer… non è necessario che tu ci metta tutto questo impegno. >
Prese un profondo respiro e poi aggiunse: < Se lo fai per mia figlia, è inutile. Non sia quante volte ho cercato di ingraziarmela preparandole qualcosa di buono… e poi, ultimamente, è inappetente. Temo siano le medicine… >
Mi sentii in colpa. Mi rendevo conto di star facendo preoccupare mia madre. Eppure, quando c’era Phil, non ci riuscivo proprio a mangiare. Non era certo colpa dei farmaci che non assumevo più, nonostante le promesse fatte a Carlisle.
Con passo pesante mi diressi in cucina. Tutta l’euforia che avevo provato fino a pochi istanti prima era ormai svanita.
Trovai mia madre seduta a tavola, il piccolo Owen attaccato al suo seno.
Edward armeggiava ai fornelli. Si voltò e mi rivolse un sorriso tale da mozzarmi il fiato.
< Ben svegliata. Ti sto preparando il pranzo. >
< Pranzo? > domandai sbigottita. Cercai con gli occhi l’orologio ma Edward ripose alla mia domanda silenziosa. < Eri molto stanca. Sono le 13.40 circa. Non preoccuparti, fra poco sarà pronto. Magari hai voglia di vedere un po’ di televisione nel frattempo? >
< No, non preoccuparti. Preferisco restare qui. Vuoi una mano? >
< no, amo cucinare. >
Mia madre ci guardava sbigottita. Fino al giorno prima non rivolgevo neanche la parola ad Edward e ora ero così accondiscendente nei suoi confronti che sicuramente il mio comportamento le doveva sembrare assurdo.
Io, dal canto mio, tenevo la mano ornata dall’anello stretta in pugno e nascosta nella tasca del pigiama.
< Prego, accomodati. Comincio a servirti. >
< Edward, non dire cavolate… posso apparecchiare io. >
< No. Non transigo. Speravo ti alzassi un po’ più tardi lasciandomi il tempo di sistemare tutto. >
Sbuffai, fingendomi scocciata.
< Reneè, gradisci la cannella sullo strudel? >
< Oh, ma Edward, non devi preparare anche per me! >
< Reneé, insisto. >
E il tempo trascorse in quel modo. Con Edward che si occupava di ogni singolo particolare di quel branch e mia madre che non faceva altro che congratularsi della sua abilità in cucina. Continuava a ripetere che doveva aver appreso i segreti di Esme per poter cucinare così bene.
io rimasi in silenzio per tutta la durata del pasto. Appena mia madre non guardava, Edward mi rivolgeva degli sguardi che avrebbero potuto farmi prendere fuoco tanto erano intensi.
Un momento di imbarazzò calò quando Reneé si sporse verso di me e mi chiese: < Piccola, ma cos’hai fatto al labbro? È gonfio. >
< Me lo sono morsa… il labbro intendo… per sbaglio… > borbottai immergendomi nella torta.
Vidi Edward nascondere un sorriso dietro ad una tazza di latte.
Appena i piatti furono vuoti mi alzai per sparecchiare. Edward mi precedette impedendomi di muovere anche un solo dito.
< Ti va di uscire, questo pomeriggio? >
< Non saprei Edward… se tu ne hai voglia, possiamo andare da qualche parte. >
< Se tu ne hai voglia, ne ho voglia anche io. >
Mia madre, con gli occhi fuori dalle orbite, si alzò da tavola e si congedò da noi con un sorriso. Appena si fu allontanata abbastanza, Edward mi venne vicino, cingendomi la vita con le sue spalle.
Nella foga del momento mi ritrovai con la schiena premuta contro il frigo.
Le sue mani si infilarono sotto la mia maglietta.
< Puoi anche togliere la mano dalla tasca, adesso. > ansimò al mio orecchio.
Obbedii e, con quella stessa mano, mi aggrappai ai suoi capelli. L’altro mio braccio era saldo intorno al suo collo.
Sentii crescere nuovamente in me la frenesia dell’amore.
Mi afferrò per la vita, sollevandomi, e io serrai le gambe intorno al suo bacino.
Non so come, in quel turbinio di capelli rossi e castani, mi ritrovai seduta sul ripiano della cucina.
In quella stessa cucina dove Phil mi aveva picchiata ora Edward mi stava accarezzando, toccando, facendo impazzire cancellando i miei terribili ricordi.
Ansimavo tra le sue braccia.
< Bella, amore, se non vuoi che tua madre ci senta, sarà meglio smettere. >
< Ma io non voglio smettere! >
< Ma non vuoi che tua madre ci senta… a meno che tu non te la senta di dirle le belle novità. >
< Mhm… no, aspettiamo. Sai, mia madre si è sposata giovane con Charlie. Mi ha sempre messo in guardia dai matrimoni, soprattutto da quelli precoci. >
Oddio, che stranezza… mi sembrava di aver già fatto quel discorso. Ormai ero stufa di tutti quei dejavu.
< Beh, se non sei sicura, puoi tirarti indietro in qualsiasi momento. > la sua voce era pacata e rassicurante ma vi rintracciai una malinconia tale da costringermi ad alzare lo sguardo e a fissarlo negli occhi. Ci fissammo a lungo, con intensità.
< No, non vorrò mai nessun altro all’infuori di te. E voglio sposarti. Di questo sono sicura. >
< Ti va di andare da qualche parte, allora? >
Osai. < In camera mia? >
Le sue labbra si appoggiarono alle mie togliendomi il fiato, rubandomelo.
< Beh… magari invece di far capire a tua madre cosa succede nella stanza della sua bambina, potrei prenotare un albergo sulla costa, che ne dici? Un week-end romantico? Un piccolo assaggio della luna di miele… >
Felicemente sconvolta da quella sua proposta domandai sottovoce: < E a Reneé, cosa diremo? >
< Ci inventeremo qualcosa. >
Quel discorso era avvenuto nei momenti in cui riprendevamo fiato. Ci stavamo baciando con così tanto amore che la mia testa non riusciva a registrare altro se non le sue mani sulla pelle nuda della mia schiena.
Scese a baciarmi la pancia e io affondai la mano nei suoi capelli.
< Immagina… io e te, soli. Non dovrai morderti a sangue il labbro, non dovrai trattenerti… avremmo un paio di giorni solo per noi. Nessuno che ci venga a disturbare… >
Mentre parlava e mi massaggiava la schiena con le sue dita fredde, mentre mi prendeva l’ombelico con delicatezza tra i denti, le sue parole formarono nella mia mente immagini troppo belle per ignorarle.
< Sì… se riusciamo a convincere Reneé. Andiamo… > gli dissi un po’ incoerentemente.
Rimanemmo in cucina ancora alcuni minuti poi, quando ormai avevo il fiatone, mi fece scendere dal ripiano.
Scoccandomi un bacio veloce sulle labbra, mi suggerì di andare a far compagnia a mia madre mentre lui sparecchiava e lavava i piatti.
Mi chiesi come avrei potuto mai andare di là con lo sguardo innocente quando dentro di me infuriavano tutte quelle emozioni, quando il mio cervello rispondeva solo agli ormoni… Ma sapevo che aveva ragione Edward.
Decisi di fare come mi diceva e raggiunsi Reneé in salotto.
Il piccolo dormiva beato nella sua culla e mia madre lo fissava adorante.
< Mamma. > la salutai sedendomi sul divano accanto a lei. La mano sinistra era tornata a nascondersi nella tasca.
< Tesoro, volevo parlarti. >
Oh, no… non avevo voglia di una ramanzina, non in quel giorno così perfetto.
< Dimmi. >
< Senti, lo so che non devo intromettermi nella tua vita sentimentale ma… >
< Ma? >
< Ma sei sicura di quello che stai facendo? >
Feci la finta tonta: < Non capisco, cosa intendi? Non sto facendo nulla! >
< Intendo dire con Edward… cosa vuoi fare? Lasciarti prendere dal momento per poi macerarti nel dolore quando lui partirà di nuovo? >
< Ma mamma… non è come pensi! Io ed Edward… > sentivo il mio viso avvampare.
< Noi non… >
Mi carezzò la guancia. < Tesoro, io voglio solo il tuo bene. Ma lui? Ti ha abbandonato… >
< No. È stata solo un’incomprensione. > tentai di giustificare Edward.
Lui mi aveva detto che non poteva dirmi la verità ma che dovevo fidarmi di lui. Se me lo avesse detto chiunque altro non gli avrei dato retta ma, alle parole di Edward, credevo. E avevo deciso di fidarmi.
< Un’altra? > mi disse Reneé alzandosi in piedi e coprendo Owen con una trapuntina.
Era primavera ma faceva ancora abbastanza freddo. Non capii a cosa si riferisse.
< Mamma… a proposito di Edward… >
< Sì? >
< volevo chiederti una cosa… > il silenzio che seguì fu per me imbarazzante. Lei mi venne in aiuto.
< A me puoi dire tutto, non vergognarti. > ma mentre parlava notai un velo di isteria nella sua voce nonché un’ombra di angoscia attraversarle il volto. Chissà cosa pensava!
< Ehm… se per te va bene, noi vorremmo andare un paio di giorni da qualche parte. A fare un giro… >
Sentivo l’anello bruciare intorno al mio dito. Era sempre stato così pesante?
Si voltò e mi sorrise. Poi si sedette accanto a me e mi cinse in un abbraccio materno.
 < Non c’è proprio modo di tenervi lontani, eh? >
Arrossii violentemente. < Mamma, mi ama. > le confidai a bassa voce. 
Mi prese il volto tra le sue mani calde. < E tu? Tu, bambina mia? Lo ami? >
< Sì. Tanto, tantissimo. >
Mi venne così naturale contraccambiare l’abbraccio. Mi accorsi troppo tardi di aver tirato fuori la mano sinistra.
Reneé osservava l’anello con occhi spalancati.
Mi affrettai a giustificare quel gioiello sul mio dito.
< Ti piace? Me lo ha regalato Edward! > cercai di dire mostrandomi naturale.
Lei fece un sorriso forzato e poi mi carezzò i capelli.
< Parti con lui per Syracuse? >
< No… mamma, certo che no! Resterò a casa ancora per un po’. > visto che avevo scoperto, checché ne dicesse Edward, di saper mentire, continuai: < Vedremo come si evolve la nostra relazione… è tutto molto complicato. Edward ha un po’ di impegni… però ci terrei molto a partire per una piccola vacanza. > Era una mezza verità. “Metà è sempre meglio di niente” pensai cercando di giustificare quella mia ennesima bugia.
In quel momento Edward fece il suo ingresso in sala. Mia madre lo squadrò da capo a piedi. Lui salutò e finse di essere molto impegnato con il suo cellulare.
< Mamma… Allora? Possiamo fare il week-end fuori? Ti prego!!! > cercai di sussurrarle all’orecchio.
Lei tornò a guardarmi e qualcosa nel mio sguardo la convinse a dirmi di sì.
< Va bene… se ci tieni così tanto. >
Le saltai al collo baciandole la guancia.
< Quindi possiamo partire? > domandò Edward con voce candida.
Stava ascoltando…
Reneé annuii lentamente ed Edward disse: < Bella, che ne dici di andare a vestirti? Se ti va, posso prenotare ora e potremmo partire già questo pomeriggio. >
< Oh, sì! Assolutamente. Vado a preparare una valigia. >
E schizzai fuori dalla stanza.
Dalle scale però sentii mia madre dire:
< Edward! Ma cosa significa? E tutto quello che avevi detto? Tutto il tuo, il suo dolore? Avevi detto che… >
< Reneé, so che il mio comportamento potrà sembrarti assurdo ma… noi ci amiamo e non possiamo reprimere questo sentimento. Entrambi ci abbiamo provato ma ciò ha fatto male ad entrambi. Comunque, ti assicuro, io voglio solo la sua felicità. Mi sembra di averne dato ampiamente prova. Eppure, stando qui, sola, non mi è sembrata stare meglio. >
Il tono di mia madre si addolcì. < No, hai ragione. È da prima dell’incidente che non la vedo così felice… >
Ci fu un attimo di silenzio e poi mia madre aggiunse: < E l’anello di tua madre? Quello cosa centra? > il suo tono era d’accusa.
< Reneé, quell’anello appartiene a Bella. È giusto che lo abbia lei. Qualunque cosa accada. Ora devo andare. Devo telefonare in albergo per prenotare. Ho visto su una rivista un bel posto… credo che a Bella piacerà. >
< Sì, sicuramente lei ti ama. >
< Perché? >
< Ti permette di chiamarla “Bella”. Non lo permette a nessun altro. Credo che per lei fosse… doloroso. >
A quel punto smisi di ascoltare e salii velocemente le scale, cancellandomi le lacrime che erano scivolate dai miei occhi arrossati. Non volevo sapere quanto mia madre avesse intuito delle mie sofferenze. Di sicuro non ne conosceva la causa primaria.
Mentre ero in camera mia, qualcuno bussò.
< Avanti. > dissi prima di affondare di nuovo nell’armadio, alla ricerca di vestiti.
< Bella… ho prenotato. Un posto a circa un’ora da qui. È un bungalow nel Pumpkin hill creek preserve park. È una riserva naturale. Un posto un po’ appartato, solo per noi due.
Si vede l’oceano… il sorgere del sole… è un peccato che adesso piova. >
Si era immerso nel mio armadio per parlarmi. Un mio golfino gli era finito in testa.
< Non preoccuparti. Ci torneremo quando sarà bella stagione. > lo rassicurai prima di sporgermi per dargli un bacio. Mi sembrò triste e temetti di aver toccato un tasto dolente.
Gli presi la mano e lo guidai sul letto. Lo spinsi con delicatezza sul materasso e mi sedetti sulle sue ginocchia.
< Ho detto qualcosa di male? >
Mi sfiorò i capelli con la più leggera delle carezze. < No, Bella… no. Solo, non so quando potrò vederti di nuovo. È pericoloso e difficile. Per adesso, voglio solo godere di ogni istante che posso trascorrere con te. >
< L’importante è che tu sia al sicuro. Posso sopportare la tua lontananza, ora che so che mi ami. Preferisco saperti lontano ma non in pericolo che…  > ma non mi permise di terminare.
Mi baciò con veemenza, quasi violento. Sembrava mosso dalla frustrazione.
< Bella, per l’amor di Dio! È alla tua sicurezza ciò a cui devi pensare! >
Le sue mani mi toccavano ma non come la sera precedente. No… sembrava che si stesse accertando che io fossi ancora lì, con lui.
Aveva paura.
Lo strinsi a me, facendogli poggiare il capo sul mio seno.
Carezzandogli i capelli, gli sussurrai: < ti amo. >
Rimase alcuni minuti immobile. Alla fine osai chiedergli: < A cosa pensi? >
La sua voce, stranamente sommessa, mi stupì. < Ascolto il tuo cuore battere e penso a te. >


 
 
 
 
Ps: qualcuna di voi ha letto fifty shades of Grey/Darker/Freed?
Nel caso, mi piacerebbe sentire i vostri pareri. Nessuna che conosco lo ha letto ed è un libro che, dopo averlo letto, ti fa venire il bisogno di parlarne!!! E mi ha fatto tornane la voglia di scrivere!
 

  
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